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Roma, 17 luglio 2001

 

CIRCOLARE N.103/2001

 

OGGETTO: AZIONE DI GOVERNO – PROGRAMMA DEI 100 GIORNI.

 

Come è noto, nei giorni scorsi il Governo ha approvato il pacchetto di misure che compongono il cosiddetto programma dei cento giorni, sul quale si dovrà ora esprimere il Parlamento.

La parte più cospicua di tali misure è contenuta in due disegni di legge (atti Senato nn.373 e 374) concernenti rispettivamente gli interventi per rilanciare l’economia (tra cui reintroduzione della legge Tremonti, regolarizzazione del sommerso, soppressione della tassa di successione e di donazione) e quelli in materia di infrastrutture (tra cui introduzione della legge obiettivo e liberalizzazione delle ristrutturazioni immobiliari).

 

Se ne illustrano di seguito gli aspetti principali.

 

DISEGNO DI LEGGE N.373/SENATO

 

Tremonti bis (artt.4 e 5) – Sarà reintrodotta la legge Tremonti già in vigore durante il primo Governo Berlusconi (legge n.489/94). Il meccanismo prevede, come in passato, a favore delle imprese di qualsiasi dimensione di tutti i settori la detassazione degli utili reinvestiti in beni strumentali nell’esercizio dell’attività produttiva; inoltre il beneficio sarà esteso anche alle spese sostenute per la formazione e l’aggiornamento del personale. Il cumulo della Tremonti bis con le agevolazioni fiscali già in vigore (es. superdit, credito d’imposta per investimenti nelle aree depresse) sarà ammesso solo per determinate situazioni.

 

Sommerso (artt. da 1 a 3) – Allo scopo di favorire l’emersione del lavoro sommerso saranno previste, per le imprese che si regolarizzino, condizioni agevolate nonché sconti fiscali e contributivi per il triennio successivo all’autodenuncia.

 

Semplificazioni fiscali (artt. da 8 a 11) – Saranno soppressi o snelliti molti adempimenti fiscali e contabili attualmente gravanti sulle imprese; tra gli adempimenti da sopprimere si segnalano le dichiarazioni periodiche IVA, la vidimazione dei registri contabili e il versamento delle imposte al 16 agosto.

 

Capitale sociale (art. 6) – Sarà introdotta la possibilità di sottoscrivere il capitale delle società per azioni e di quelle a responsabilità limitata in tutto o in parte mediante una polizza di assicurazione.

 

Successioni e donazioni (artt. da 13 a 17) – Sarà soppressa l’imposta sulle donazioni e sulle successioni, pur nel rispetto di alcune cautele volte ad evitare che il nuovo regime possa essere utilizzato per operazioni elusive.

 

Passaggio all’Euro (art.9) – Sarà consentito a tutte le società di capitale di convertire in Euro il capitale sociale attraverso una semplice determinazione degli amministratori senza necessità di convocare l’Assemblea dei soci.

 

DISEGNO DI LEGGE N.374/SENATO

 

Legge obiettivo (art. 1) – Allo scopo di rilanciare una politica a favore delle grandi opere pubbliche, sarà introdotto un nuovo strumento giuridico, definito appunto legge obiettivo, per accelerare la realizzazione degli interventi infrastrutturali ritenuti strategici per il Paese; un elenco di tali interventi sarà inserito anno per anno nella legge finanziaria.

 

Ristrutturazioni (art. 2) – Ferma restando l’osservanza di alcune cautele fondamentali, sarà consentita la ristrutturazione interna di edifici sulla base di una semplice denuncia di inizio attività, anziché previo rilascio di un’apposita autorizzazione come avviene attualmente.

 

Semplificazioni ambientali (art.3) – Accanto agli interventi nel campo delle infrastrutture è stata inserita una disposizione per ridurre e semplificare gli adempimenti a carico delle imprese in materia ambientale, come la denuncia annuale dei rifiuti prevista dal decreto Ronchi (D.lgvo n.22/1997). Saranno inoltre snellite le procedure di iscrizione all’Albo delle imprese di smaltimento rifiuti e sarà ridotta la composizione dello stesso.

 

f.to dr. Piero M. Luzzati

Allegati due

 

M-D/cp

 

 

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SENATO DELLA REPUBBLICA

———– XIV LEGISLATURA ———–

N. 373

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal Ministro dell’economia e delle finanze

(TREMONTI)

di concerto col Ministro del lavoro e delle politiche sociali

(MARONI)

col Ministro delle attività produttive

(MARZANO)

col Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio

(MATTEOLI)

col Ministro della giustizia

(CASTELLI)

col Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca

(MORATTI)

e col Ministro per l’innovazione e le tecnologie

(STANCA)

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 LUGLIO 2001

———–

Primi interventi per il rilancio dell’economia

———–

Onorevoli Senatori. – 1. Questa manovra è mirata ad un obiettivo, soggetta ad un vincolo.

    Obiettivo è passare dal declino allo sviluppo. Riallineare la crescita alle reali potenzialità del paese, enormemente maggiori rispetto a quelle espresse nel corso dell’ultimo decennio.

    Vincolo è promuovere e garantire bassa inflazione e finanza pubblica in equilibrio.

    Dato questo specifico vincolo, in particolare:

        a)  sulla base di dati della Banca d’Italia è stata avviata, all’interno dei conti pubblici, una rigorosa verifica, sviluppata nella logica della due diligence. Cause ed effetti, profili dimensionali e temporali delle dinamiche in atto all’interno dei conti pubblici saranno evidenziati nel Documento di programmazione economico- finanziaria (DPEF);

        b)  gli interventi contenuti in questa manovra vengono sostanzialmente concentrati sul settore privato. E qui, in specie, sul settore produttivo.

    Sostanzialmente, si tratta di interventi che non costano, ma sbloccano fattori economici fondamentali nella strategia dello sviluppo: lavoro, capitali, infrastrutture, tecnologia.

    L’effetto prodotto sui conti pubblici sarà conseguentemente un effetto di ritorno, positivo.

    2.  Il programma di Governo annuncia ed impegna ad una legislatura caratterizzata da intense riforme strutturali.

    Solo realizzando un piano mirato a riforme di questo tipo il paese può infatti uscire dalla tendenza al declino che, come premesso, ha caratterizzato lo scorso decennio.

    3. Questa prima manovra, costruita nella logica «100 giorni», ne anticipa una parte, in coerenza con l’Agenda di governo che abbiamo presentato agli elettori.

    È possibile, è anzi necessario, realizzare da subito interventi che sblocchino risorse, accrescano le chance di sviluppo, correggano le aspettative.

    Gli effetti di una manovra così strutturata possono prodursi, e positivamente, sul lavoro, sulle infrastrutture, sul capitale materiale ed immateriale, sull’innovazione, sulla motivazione a produrre, a ristrutturare: nel complesso a lavorare.

    Per come è costruita la «manovra», questi effetti si possono manifestare in positivo a partire dall’immediato futuro ed in specie a partire dal mese di settembre quando, già approvati dal Parlamento i provvedimenti che compongono la «manovra», imprese e cittadini potranno, su nuove basi, formulare i loro piani e progetti di attività e di lavoro.

CAPO I - NORME PER INCENTIVARE L’EMERSIONE DALL’ECONOMIA SOMMERSA

    1. Il «sommerso» ha, in Italia, una dimensione economicamente abnorme, moralmente inaccettabile.

    2. La dimensione economica del fenomeno si trova analiticamente esposta nel documento conclusivo relativo all’Indagine conoscitiva sul lavoro nero e minorile, condotta dalla XI Commissione permanente della Camera dei deputati nella XIII legislatura.

    In sintesi, secondo il Consiglio nazionale dell’rconomia e del lavoro (CNEL), in Italia, la percentuale di lavoratori irregolari costituirebbe circa il 23 per cento del totale della forza lavoro.

    All’interno dell’area di irregolarità, il 45 per cento dei lavoratori non risulterebbe iscritto al libro paga delle imprese, il 36 per cento svolgerebbe un doppio lavoro, circa il 15 per cento sarebbe rappresentato da stranieri, in gran parte clandestini.

    Per quanto riguarda il Mezzogiorno, i rapporti annuali della Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (SVIMEZ) ci segnalano con costanza che un lavoratore su 3 sarebbe irregolare.

    Un dato pare comunque fuori discussione: l’Italia è ai vertici della classifica dell’incidenza, sul Prodotto interno lordo (PIL), dell’economia sommersa.

    La situazione è particolarmente grave nel meridione, per gli intrecci, con i bassi livelli di occupazione legale, di forme di economia criminale.

    3. La dimensione morale del fenomeno è ancora più complessa.

    Non è solo questione di concorrenza sleale o di mancata contribuzione fiscale. E’ questione di lealtà alle istituzioni democratiche, di civiltà.

    In particolare, il lavoro nero, grigio o comunque irregolare:

  «...è più diffuso in ambienti socialmente deteriorati; si associa spesso ad altre forme di irregolarità; confina talora con attività economiche illegali. Toglie ai giovani la dignità di un rapporto di lavoro trasparente; li può indurre a considerare ammissibile e naturale l’esercizio di attività illecite, in casi estremi criminose.

    In Italia una parte non trascurabile dell’occupazione è costituita da lavoratori irregolari. In mancanza di questa forma deteriore di flessibilità aumenterebbe fortemente il tasso di disoccupazione.

    Sul fenomeno del lavoro irregolare, sempre precario e in genere non adeguatamente remunerato, influisce l’onerosità delle condizioni di offerta del lavoro regolare.

    Sono necessari una presa di coscienza dell’estensione e della gravità del fenomeno e interventi che rivedano la struttura dei rapporti di lavoro in modo da favorire un rientro nella legalità».

    (Così nella Prolusione di Antonio Fazio, Governatore della Banca d’Italia al documento Quale società civile per l’Italia di domani, Conferenza Episcopale Italiana, XLIII Settimana Sociale dei Cattolici Italiani).

    4. La irregolarità è politicamente accettabile, se si manifesta in «numeri piccoli».

    In questo caso, la irregolarità si manifesta infatti all’interno della categoria giuridica classica della «devianza e marginalità».

    Su questa scala, è un fenomeno negativo, ma gestibile e reprimibile, con tecniche efficienti di amministrazione di polizia.

    Non è così, se si passa ai «grandi numeri».

    Se il «sommerso» è una quota enorme del prodotto interno lordo, è infatti evidente che la irregolarità esce dalla categoria della «devianza e marginalità», assumendo una configurazione negativa enormemente diversa.

    Si entra, in questi termini, in un dominio in cui è chiaro che quello del «sommerso» non è più (solo) un problema di polizia. Ma un problema di morale politica.

    Vuole dire che non sbagliano solo i trasgressori, in questo caso gli imprenditori ed i lavoratori.

    Vuole dire che sbagliano anche i legislatori.

    5. Le politiche fatte finora sono state necessarie, ma non sufficienti.

    Le formule di soluzione adottate dai precedenti Governi, in specie i contratti di riallineamento retributivo, (i) se certo hanno costituito una positiva innovazione, nelle strategie di emersione del sommerso, perché hanno aggiunto alla logica repressiva e sanzionatoria una prospettiva di tipo promozionale ed incentivante, (ii) tuttavia non hanno agito (non agiscono) con la necessaria forza sui «fattori – ostacolo» all’emersione, che restano così sostanzialmente invariati nella loro composizione strutturale.
    L’azione sui fattori «criminogeni», la prospettazione di chance di emersione, devono essere rafforzate.

    6. L’azione del Governo, con fondamentale riferimento al meridione del paese, è programmata, e sarà sviluppata, su vasta scala: dal contrasto alla criminalità, alle infrastrutture, mirata a favorire le maggiori possibili condizioni di sviluppo.

    E’ comunque fondamentale, per il successo di questa strategia, il varo di un piano straordinario mirato ad incentivare l’emersione dall’economia «sommersa».

    7. Nella impostazione di piani di questo tipo, la ricerca e la definizione dei punti di equilibrio morale ed economico è sempre difficile.

    Ciò che può sembrare ingiusto, in particolare prospettando ed analizzando ad esempio uno specifico caso, può invece essere considerato giusto, guardando più in generale, guardando al futuro.

    Quello del bene collettivo è, necessariamente, un concetto di sintesi.

    La prima accusa che si può fare, a chi propone un piano per incentivare l’emersione dall’economia «sommersa», è quella di proporre un «condono».

    Non è così, non ne abbiamo bisogno. Non per ragioni politiche. Non per ragioni di cassa.

    La logica di questo provvedimento è diversa. E’ quella di un investimento (necessario) sul futuro del paese.

    In ogni caso, quello che proponiamo non è un condono per le ragioni che seguono:

        a)  i condoni si sviluppano nella sequenza:

    pagamento – perdono – continuazione delle chance di evasione (anzi, incremento delle chance di evasione, data l’aspettativa di successivi condoni);

      b) la sequenza che qui si ipotizza è invece radicalmente diversa.

    Il profilo temporale è ribaltato: non ex post, ma ex ante. Non si guarda solo al passato, si guarda soprattutto al futuro.

    Le condizioni di accesso sono di conseguenza radicalmente diverse.

    Ciò che costituisce titolo principale, per entrare nel piano emersione, non è il pagamento di ciò che è stato sottratto, ma l’assunzione di lavoratori.

    In specie, la nuova e diversa sequenza su cui si basa il piano è:

    «assunzione di lavoratori – pagamento – perdono – su questa base, riducendosi radicalmente l’area dell’economia «sommersa» residua, si determinano nel futuro immediato reali condizioni per un efficace contrasto dell’illegalità».

    È in specie evidente che, nell’economia politica di un piano di questo tipo, tutto si deve tenere.

    Il meccanismo produce alla fine un bene collettivo, se funziona organicamente: (i) se il piano di emersione è realmente e convintamente sostenuto dalle forze politiche, sociali, economiche; (ii) se viene spiegato e compreso con onestà e trasparenza, (iii) se determina fiducia negli onesti e paura nei disonesti.

    In specie, nell’economia politica del piano di emersione dall’economia «sommersa» che proponiamo, la bilancia della giustizia può pendere dalla parte del giusto a due condizioni:

        a) se il provvedimento produce un bene collettivo: se fa davvero e significativamente crescere l’area dell’economia legale;

        b) se il provvedimento elimina un male, che è stato nel passato, che è nel presente, e che – altrimenti – sarebbe anche in futuro strutturale: un’economia «sommersa» estesa su di un’area tanto vasta da pregiudicare, nel futuro, l’equilibrio democratico del paese.

    Si può essere fatalisti, lasciare che le cose continuino ad andare come vanno. Si può invece essere più positivamente determinati.

    8. A noi pare che le condizioni di successo del piano siano realizzabili, e che possano essere realizzate, sulla base della meccanica combinatoria progressiva che caratterizza questo strumento.

    Nei termini che seguono, in sintesi:

        a) il volume del lavoro che emerge costituisce la base per l’applicazione di aliquote incentive, che tengono conto (in rapporto standard di 1 a 3) del valore aggiunto nella produzione;

        b) l’incentivo si riduce, se si riduce il lavoro emerso;

        c) le nuove assunzioni sono, in parallelo, incentivate dalla permanenza dei «premi di assunzione» (introdotti per la prima volta nel 1994, e poi giustamente confermati);

        d) il volume del lavoro che emerge è il limite per il calcolo (sempre in rapporto di 1 a 3); altrimenti nessuno è incentivato ad autodenunciarsi;

        e) in questi termini è evidente che il meccanismo è costruito in modo da estendersi con efficienza al lavoro ed ai capannoni, al futuro ed al passato, passando dalla normativa fiscale a quella previdenziale, urbanistica, e così via;

        f) sull’area dell’economia che resta «sommersa», senza più le motivazioni e gli alibi costituiti da un eccesso di costi, si concentra un programma straordinario di accertamenti, efficace non solo per la tecnica di attuazione (controlli incrociati basati sulle utenze), ma anche per la riduzione del campo di intervento, effetto questo che naturalmente consegue all’emersione.

    Dati più analitici si trovano, oltre che nell’articolato, nella Relazione tecnica.

    9. Ferma la permanenza (coesistenza) degli attuali meccanismi di riallineamento ed emersione (che, si è premesso, sono necessari ma non sufficienti), è evidente che un piano di questo tipo, esteso su scala molto più vasta, può – si ripete – produrre effetti significativi solo sul presupposto di un consenso generale.

    Per questo è necessario il maggior grado possibile di consenso delle forze politiche, sociali, economiche, tanto nella fase di discussione parlamentare (il presente testo è naturalmente aperto ad ogni contributo), quanto nella fase di gestione.

    10. Per i lavoratori, si apre la concreta possibilità di costruirsi un futuro basato su legalità, garanzie, pensione.
    Per gli imprenditori, è la chance (i) di fare crescere il valore delle loro imprese, perché nel medio periodo ciò che è legale vale più di ciò che è illegale, (ii) di ridurre il rischio di sanzioni, che diventa effettivo, perché i controlli possono essere concentrati sull’area residua dell’economia che resta «sommersa», (iii) nel complesso, di investire sul futuro.

    Per il paese è una occasione straordinaria di modernizzazione e di progresso.

    Si passa, ora, alla illustrazione in dettaglio delle disposizioni che compongono il Capo  I.

    Articolo 1. La disposizione s’inserisce nel quadro degli interventi volti al recupero nella dimensione di piena legalità dei rapporti di lavoro svolti in violazione delle previsioni normative in materia tributaria e contributiva. Si tratta di una misura che mira a favorire l’emersione di tali rapporti, consentendo il riconoscimento della piena tutela previdenziale ed assistenziale nei confronti dei lavoratori interessati contemporaneamente ad una agevolata definizione delle pendenze tributarie e previdenziali relative agli anni pregressi. Peraltro, per consentire realisticamente il recupero nella dimensione di piena legalità di tali rapporti, occorre offrire condizioni non eccessivamente gravose per consentirne la regolarizzazione. A tal fine, si prevede un articolato meccanismo di valorizzazione a fini previdenziali e tributari degli oneri così emergenti a carico del datore di lavoro, proporzionatamente dimensionati in funzione, però, della corrispondente emersione di redditi aggiuntivi rispetto a quelli risultanti per gli anni precedenti. Questo meccanismo consente di indurre alla dichiarazione soggetti che fino ad ora trovavano maggiore convenienza economica nel regime di illegalità, ottenendo effetti positivi in termini di risorse finanziarie aggiuntive per l’erario, sia in campo fiscale che previdenziale. Proprio il dimensionamento del nuovo regime impositivo in funzione esclusivamente degli incrementi reddituali dichiarati, infatti, consente di evitare decrementi del gettito tributario che, invece, si prevede possa essere incrementato attraverso l’allargamento della base imponibile in misura direttamente corrispondente all’incentivazione offerta.

    Resta solo da aggiungere che l’incentivo così offerto rappresenta un ponte verso la prossima realizzazione di una radicale riforma fiscale del sistema impositivo ai fini delle imposte sui redditi, fondato sulla riduzione del numero degli scaglioni e dell’entità delle aliquote, coerenti con il percorso delineato per i soggetti attratti nel nuovo regime speciale.

    Si prevede, nel comma 1, che gli imprenditori (per tali dovendosi intendere non soltanto gli imprenditori persone fisiche, ma anche le persone giuridiche, come reso evidente dalle conseguenze previste anche in tema di Imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) che hanno fatto ricorso a lavoro irregolare, non assolvendo in tutto o in parte agli obblighi di legge in materia fiscale e previdenziale, possono presentare apposita «dichiarazione di emersione» entro il 30 novembre 2001, usufruendo di un incentivo fiscale e previdenziale, in attesa della riforma fiscale, per il periodo d’imposta in corso alla data di presentazione della dichiarazione e per i due successivi. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), sentite le organizzazioni sindacali, approva i programmi di emersione e di assistenza.

    Come già precisato, la dichiarazione di emersione costituisce titolo per accedere ad uno speciale regime fiscale e previdenziale. Possono presentare la dichiarazione di emersione tutti gli imprenditori, per tali intendendosi tutti i titolari di reddito d’impresa, persone fisiche, società di ogni tipo ed enti, come sopra accennato. La dichiarazione di emersione può riguardare qualunque lavoratore irregolare, cioè lavoratori dipendenti a tempo indeterminato o a tempo determinato, e indipendentemente dal carattere subordinato o meno del rapporto di lavoro, intendendo valorizzare in questa sede ogni prestazione lavorativa funzionalmente utilizzata nell’attività di impresa.

    Per usufruire dei vantaggi offerti dalla previsione normativa è necessario che tali soggetti, oltre a presentare la dichiarazione di emersione, s’impegnino nel programma di emersione e, conseguentemente, incrementino il loro imponibile ai fini fiscali rispetto a quello del periodo d’imposta precedente.
    In presenza delle richiamate condizioni, gli imprenditori hanno diritto, fino a concorrenza del triplo del costo del lavoro emerso, all’applicazione sull’incremento dell’imponibile di una imposta sostitutiva dell’IRPEF, dell’IRPEG e dell’IRAP dovuta in ragione di un’aliquota del 10 per cento per il primo periodo d’imposta e delle aliquote del 15 e del 20 per cento rispettivamente per il secondo ed il terzo periodo d’imposta. In pratica, l’incremento di imponibile fiscale viene assoggettato a tassazione separatamente e, pertanto, per gli imprenditori persone fisiche non è soggetto neanche alle addizionali all’IRPEF. La parte di reddito agevolato non può comunque superare un importo predeterminato e, cioè, il triplo del costo del lavoro emerso. E’, inoltre, espressamente previsto che per i due periodi successivi a quello di presentazione della dichiarazione, nel calcolo dell’incentivo si tiene conto delle variazioni in diminuzione del costo complessivo del lavoro emerso. Sul maggiore imponibile conseguente alla dichiarazione di emersione si applica una contribuzione previdenziale ed assistenziale sostitutiva, dovuta in ragione di un’aliquota dell’8, del 10 e del 12 per cento, rispettivamente per il primo, il secondo ed il terzo periodo.

    Anche per i lavoratori che si impegnano nel programma di emersione attivato dal datore di lavoro è previsto uno speciale regime fiscale e previdenziale. Essi, infatti, sono esclusi da contribuzione previdenziale. Sui loro redditi di lavoro si applica una imposta sostitutiva dell’IRPEF dovuta in ragione di un’aliquota del 6 per cento per il primo anno, dell’8 e del 10 per cento, rispettivamente, per il secondo e terzo anno. Tali redditi, quindi, sono esclusi dal reddito complessivo e tassati separatamente; pertanto, non rilevano neppure ai fini delle addizionali all’IRPEF.

    È inoltre stabilito che per gli imprenditori, la dichiarazione di emersione costituisce, per tutti gli anni pregressi, richiesta di concordato a fini tributari, previdenziali ed assistenziali, se presentata prima dell’inizio di accessi, ispezioni e verifiche o della notifica dell’avviso di accertamento o di rettifica; la stessa, se ricorrono le condizioni di legge, inclusa tra queste la coerenza con il programma di emersione, produce effetti preclusivi degli accertamenti fiscali e previdenziali nei limiti del triplo del costo del lavoro irregolare utilizzato. A tal fine, è necessario che l’interessato provveda al pagamento di una imposta sostitutiva dell’IRPEF, dell’IRPEG, dell’IRAP, dell’IVA e dei contributi previdenziali, dovuta in ragione di un’aliquota dell’8 per cento della base imponibile, rappresentata dal costo del lavoro irregolare utilizzato e dichiarato per gli anni pregressi, senza applicazione di sanzioni e interessi. Detta imposta potrà essere pagata in unica soluzione, entro la data del 30 novembre 2001, con una riduzione del 25 per cento, oppure in 24 rate mensili senza applicazione di sanzioni e interessi. Con l’integrale pagamento, sono estinti i delitti di cui agli articoli 4 (dichiarazione infedele) e 5 (omessa dichiarazione) del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, nonché i reati contravvenzionali e le violazioni amministrative e civili connesse a quelle fiscali e previdenziali dell’impresa in relazione all’esistenza del lavoro sommerso.

    Anche i lavoratori delle imprese che aderiscono al programma di emersione possono estinguere i loro debiti fiscali e previdenziali, con il pagamento di una contribuzione sostitutiva dovuta in ragione di lire 200.000 per ogni periodo pregresso, senza applicazione di sanzioni e interessi. Il versamento dovrà essere effettuato entro il 30 novembre 2001 in unica soluzione, oppure in 24 rate mensili a decorrere dalla predetta data. Nei loro confronti è precluso l’accertamento fiscale sui redditi di lavoro per i periodi d’imposta interessati; inoltre, tali soggetti sono esclusi da contribuzione sociale obbligatoria. Nel loro esclusivo interesse è stato previsto che i lavoratori possono ricostruire la loro posizione pensionistica per gli anni pregressi, fino ad un massimo di cinque, mediante contribuzione volontaria integrata fino al massimo di un terzo, con trasferimenti a carico del fondo previsto dall’articolo 5 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), nei limiti delle disponibilità finanziarie del predetto fondo. Restano fermi, in alternativa per gli interessati, i piani di riallineamento retributivo e di emersione del lavoro irregolare delineati dalla vigente normativa.

    Viene, poi, stabilito che con decreto emanato di concerto con i Ministri competenti è definito un piano straordinario, operativo dal 1º gennaio 2002, di controllo a fini previdenziali e fiscali e di repressione dell’utilizzo del lavoro irregolare. Tale piano costituisce priorità di intervento delle autorità di vigilanza del settore ed è basato su idonee forme di acquisizione ed utilizzo incrociato dei dati dell’anagrafe tributaria e previdenziale, di gestori di servizi di pubblica utilità, dei registri dei beni immobili e dei beni mobili registrati. Ciò consente di evitare che per l’avvenire permangano fasce di lavoro sommerso e giustifica il carattere straordinario delle misure ora offerte per la regolarizzazione dei rapporti di lavoro irregolari, nell’imminenza dell’avvio di un programma di massiccia repressione degli illeciti in materia.

    Nel presente articolo si prevede, infine, che le maggiori entrate derivanti dalle disposizioni illustrate affluiscono al fondo istituito, ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 388 del 2000, finalizzato alla riduzione dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta sul reddito delle persone fisiche gravanti sul reddito d’impresa. Con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze saranno rideterminate le quote destinate, rispettivamente, al riequilibrio dei conti pubblici e alla riduzione della pressione contributiva, nonché, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, alla determinazione dei livelli del trattamento previdenziale relativi ai periodi oggetto della regolarizzazione.

    Articolo 2 – Viene prevista una ulteriore agevolazione per coloro che aderiscono alla regolarizzazione del lavoro sommerso. E’, infatti, stabilito che per i soggetti in questione si applicano, successivamente alla regolarizzazione del lavoro sommerso, gli articoli 20, 21 e 24 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (relativi al procedimento di prescrizione e regolarizzazione in materia di disciplina sanzionatoria del lavoro), anche per le violazioni amministrative e penali in materia ambientale che determinano solo lesione di interessi amministrativi e sono caratterizzate dalla messa in pericolo e non dal danno al bene protetto. Tuttavia è fatto salvo quanto previsto dall’articolo 163 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, circa le sanzioni penali comminate nei confronti di coloro che senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa eseguono lavori di qualsiasi genere su beni ambientali.

    Viene, inoltre, conferita al Governo una delega ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in commento, uno o più decreti legislativi in materia di tutela ambientale. Con l’emanazione di tali decreti, il Governo deve introdurre una causa estintiva speciale dei reati ambientali, in connessione ad ordini di fare emanati dalla pubblica amministrazione, consistente nel pagamento di una somma di danaro a titolo di sanzione pecuniaria amministrativa, e in ottemperanza all’ordine di facere mirante a ricondurre il destinatario dell’ordine al rispetto della normativa ambientale. I medesimi decreti stabiliranno una procedura di ravvedimento operoso, prima dell’accertamento, per tutte le violazioni ambientali di carattere amministrativo, consistente nel pagamento di una somma ridotta per chi regolarizza le violazioni.

    La delega dovrà essere esercitata secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

 

        a) esclusione dai predetti meccanismi di tutte le violazioni connotate da danno ambientale;

        b) semplicità e rapidità delle procedure volte alla verifica dell’adempimento agli ordini di facere;

        c) automaticità dell’estinzione delle violazioni amministrative in caso di ravvedimento operoso.

    È espressamente previsto che il CIPE, al fine di una compiuta ed efficiente attuazione dei piani di emersione, sentite la Conferenza unificata e le organizzazioni sindacali, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, predisponga programmi di coordinamento e incentivazione delle attività delle autonomie locali finalizzati al risanamento ambientale, nonché al recupero dei siti inquinati ed alla riqualificazione urbana.

    Articolo 3. – Si prevede che con decreto interministeriale siano emanate disposizioni concernenti forma e contenuto della dichiarazione di emersione e degli altri modelli, modalità di pagamento delle imposte e delle contribuzioni sostitutive, modalità di presentazione delle dichiarazioni di emersione, e attività amministrative idonee a garantire adeguate forme di partecipazione delle organizzazioni sindacali al fine di favorire l’emersione del lavoro irregolare. Al comma 2 viene inoltre precisato che le imposte e le contribuzioni sostitutive non sono né compensabili, né deducibili ai fini della determinazione di imposte, tasse o contributi, e al comma 3 viene stabilito che l’imposta sostitutiva concorre a determinare l’ammontare di cui all’articolo 105, comma 1, lettera a) del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) e, pertanto, il nuovo regime previsto non comporta il riconoscimento di un credito di imposta virtuale in favore dei soci.

    E’, infine, stabilito che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono determinate le regolazioni contabili degli effetti finanziari per lo Stato, le regioni e gli enti locali, conseguenti all’attuazione del presente Capo.

CAPO II - INCENTIVI FISCALI PER GLI INVESTIMENTI E LO SVILUPPO

    1. La presente proposta di detassazione degli utili reinvestiti in beni strumentali nell’esercizio dell’attività produttiva ha le seguenti caratteristiche, funzionali e strutturali.

    2. Funzionalmente, la nuova normativa è mirata a:

        a) trasmettere un impulso positivo all’economia, in fase di stagnazione. Si veda, a questo proposito, la Relazione tecnica;

        b) lanciare un ponte verso la riforma fiscale, che sarà disegnata su (i) basi imponibili più razionali delle attuali; (ii) una sola aliquota del 33 per cento, utilizzabile da tutti i produttori, in sostituzione delle attuali aliquote, segmentate e scalate regressivamente in rapporto alla dimensione e alla sofisticazione delle imprese.

    A questo proposito, si veda in particolare il Rapporto Mediobanca – Unioncamere (Milano, dicembre 2000), da cui emerge che, se alcuni soggetti pagano meno, a volte molto meno, delle aliquote formali, altri soggetti sostengono invece un carico fiscale complessivo che può arrivare anche al 70 per cento del loro reddito.

    3. Strutturalmente, il contenuto di questo disegno di legge è sostanzialmente analogo a quello di cui al decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489.

    In particolare, la differenza tra gli attuali regimi di tipo Dual Income Tax (DIT), ed il regime di detassazione che qui si propone, si manifesta come segue:

        a) la DIT parte dal capitale sociale, per arrivare all’economia reale.

    La detassazione degli utili reinvestiti in beni strumentali è invece direttamente dentro all’economia reale.
    È infatti necessario e sufficiente, per utilizzare questo particolare tipo di incentivo, che sia operato un investimento in un bene strumentale all’attività produttiva.

    L’effetto (positivo) è, in questi termini, automatico e diretto.

    Ne deriva la radicale differenza di campo di applicazione, che separa i due strumenti.

    I soggetti DIT sono pochissimi, la detassazione ha invece un campo di applicazione enormemente più vasto e coerente con la reale struttura di una vasta parte dell’economia italiana per una ragione semplice:
    perché la detassazione degli investimenti funziona anche «a livello di capannone»;

        b) la DIT è in specie sofisticata, utilizzabile da soggetti che non solo hanno un «capitale sociale», ma possono farlo crescere, programmarlo, manovrarlo.

    La detassazione può invece essere utilizzata da tutti i produttori, non solo da quelli più fortunati e più sofisticati.
    Ne deriva che gli effetti d’impulso all’economia sono molto più diretti, rapidi, vasti.

    4. Le differenze e particolarità, rispetto alla citata legge 8 agosto 1994, n. 489, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, sono in dettaglio le seguenti:

      a) estensione del campo oggettivo di applicazione anche agli investimenti in «capitale umano», attraverso la detassazione degli investimenti in formazione ed aggiornamento del personale;

        b) estensione del campo soggettivo di applicazione:

          ai lavoratori autonomi;

          a banche ed assicurazioni.

  La ragione di quest’ultima specifica estensione è data, (i) oltre che dall’obiettivo di evitare una discriminazione, probabilmente contestabile in giudizio e/o in sede comunitaria, (ii) dalla scelta di interrompere, per il futuro, i meccanismi di agevolazione fiscale di tipo DIT, meccanismi che sono particolarmente utilizzati in questi specifici settori, (iii) l’effetto conseguente è di ridurre l’impatto del rientro di questi soggetti dai relativi regimi di favore;

      c) alternatività facoltativa, rispetto ai precedenti regimi di favore fiscale.

  In particolare:

      a) i soggetti che hanno utilizzato il regime DIT (per cui, si nota per inciso, non esiste «copertura» contabile: si veda la Relazione tecnica) possono, nel rispetto dei diritti acquisiti, continuare a goderne sui redditi futuri figurativamente imputabili agli aumenti di capitale già operati. Salva solo l’eliminazione, per il futuro, dell’attribuzione di un credito di imposta verso imposte non pagate. Il relativo credito d’imposta continua, dunque, ma solo – come per gli altri soggetti – a fronte di imposte realmente pagate.

    Gli stessi soggetti, in alternativa facoltativa per il futuro, e periodo per periodo, possono comunque optare per la detassazione degli utili che decidono di reinvestire in beni strumentali.

    La cumulabilità con i regimi DIT è comunque in ogni caso prevista per gli investimenti in capitale umano (formazione ed aggiornamento del capitale);

        b) i soggetti che accedono al molto più ampio meccanismo di credito d’imposta per investimenti nel Sud (sostanzialmente, non si tratta di una detassazione di utili, ma di un finanziamento a fondo perduto, operato a mezzo riconoscimento di un credito a valere automaticamente per pagamenti, oltre che di imposta sui redditi, di IVA, di contributi), possono continuare a goderne, in alternativa rispetto al regime disposto dal presente disegno legge, e fino a concorrenza della effettiva copertura in bilancio dei relativi stanziamenti.

  Ferma comunque, come sopra, la cumulabilità con gli investimenti in capitale umano (formazione ed aggiornamento del personale).

    5. Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche del meccanismo di copertura, si rinvia alla Relazione tecnica.

  Qui in sintesi si nota che la Relazione tecnica è basata sul «principio di precauzione», che si sostanzia nei seguenti elementi:

        a) alla base della valutazione sono gli andamenti reali dell’economia italiana, valutati nel contesto degli andamenti ciclici di quella europea;

        b) analisi recenti, alcune delle quali ancora in corso di pubblicazione, indicano una forte caduta del dinamismo produttivo del paese;

        c) nel consuntivo di fine anno, la ripresa degli investimenti dipenderà dunque, prevalentemente, dal successo derivante dall’approvazione del presente disegno di legge, dalla sua capacità di incidere sulle aspettative imprenditoriali, attualmente orientate negativamente o in posizione di attesa;

        d) nel valutare la portata economica e finanziaria del provvedimento, non si è tenuto conto dei «risparmi» derivanti dalla alternatività facoltativa rispetto alla legge 13 maggio 1999, n. 133 (cosiddetta legge Visco) e del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 446 (cosiddetta DIT);

        e) questa scelta è motivata da ragioni di opportunità. Nei casi previsti dalla normativa in vigore si incentiva la «capitalizzazione» societaria. Questo disegno di legge punta, invece, sullo sviluppo e sulla crescita dell’economia, coinvolgendo interamente la struttura delle piccole e medie imprese italiane;

        f) l’aver separato i due mondi legislativi ha consentito una migliore individuazione degli oneri pregressi e non contabilizzati. La conseguente emersione ha posto in luce l’esistenza di squilibri finanziari, dovuti al mancato vaglio (citato decreto legislativo n. 466 del 1997) della normativa vigente, da parte delle competenti Commissioni parlamentari;

        g) le ipotesi di una possibile ripresa del processo di investimento, quale conseguenza del successo applicativo derivante dall’approvazione di questo disegno di legge, sono state confrontate con le valutazioni a bilancio, per gli anni 2001 e 2002, per saggiarne i profili di coerenza. L’esito del giudizio è stato positivo.

 

    Nel valutare gli effetti delle norme proposte, ci si è limitati ad applicare un criterio, per così dire, di «carattere meccanico». Non si è cioè considerata una possibile ripresa del ciclo, indotta dai meccanismi di incentivazione, e non si sono considerati i suoi effetti moltiplicativi sul sistema economico. Si è operata, cioè, un’interpretazione conservativa dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione.

    Si passa, ora, alla illustrazione in dettaglio delle disposizioni che compongono il Capo II.

  Articolo 4. – Le disposizioni del presente articolo concernono incentivi fiscali per investimenti produttivi, riproponendo nella sostanza la detassazione del reddito di impresa reinvestito a suo tempo disposta con l’articolo 3 del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489. Tuttavia, la presente formulazione è di contenuto più ampio in quanto l’agevolazione in parola opera anche in favore delle banche e delle imprese di assicurazione (precedentemente escluse), nonché delle attività di lavoro autonomo.

    Venendo al contenuto dell’articolo in commento, il comma 1 prevede che per il periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge (successivamente al 30 giugno) e per l’intero periodo di imposta successivo, è escluso dall’imposizione del reddito d’impresa e di lavoro autonomo il 50 per cento del volume degli investimenti realizzati in detti periodi d’imposta in eccedenza rispetto alla media degli investimenti realizzati nei cinque periodi d’imposta precedenti. Ai fini del calcolo della media degli investimenti, viene data facoltà all’impresa di considerare solo quattro dei cinque periodi di imposta precedenti, escludendo dal conteggio il periodo nel quale l’investimento è stato di maggior valore.

    Il comma 2 estende l’agevolazione in parola anche alle spese sostenute per la formazione e l’aggiornamento professionale del personale, compreso, entro il limite del 20 per cento delle relative retribuzioni complessivamente corrisposte in ciascun periodo di imposta, il costo dello stesso personale impegnato nell’attività di formazione e aggiornamento.

    Il comma 3 precisa che, anche le imprese e i lavoratori autonomi che alla data di entrata in vigore della legge sono in attività da meno di cinque anni, possono determinare la media degli investimenti escludendo dal computo il periodo di imposta nel quale l’investimento è stato di maggior valore.

    Nel comma 4 viene definito il concetto di investimento e si chiarisce che l’investimento immobiliare si riferisce esclusivamente ai beni strumentali per natura.

    Per quanto riguarda le attività industriali soggette a rischi di incidenti rilevanti, la concessione degli incentivi è subordinata al comprovato adempimento degli obblighi previsti dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, concernente l’attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose.

    A fini antielusivi, il comma 6 dispone la revoca delle agevolazioni in parola qualora l’imprenditore o il lavoratore autonomo ceda a terzi o destini i beni oggetto dell’investimento a finalità estranee all’attività entro il secondo periodo d’imposta successivo all’acquisto, ovvero entro il quinto periodo d’imposta successivo se trattasi di beni immobili.

    Il comma 7 detta disposizioni in materia di acconto IRPEF e IRPEG per il secondo periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge. In particolare, viene stabilito che ai fini del calcolo dell’acconto dovuto per tale periodo deve assumersi come imposta del periodo precedente quella che sarebbe stata determinata in assenza delle agevolazioni di cui al presente articolo.

    Per ciò che concerne le modalità di applicazione della detassazione del reddito d’impresa ed in particolare per quanto riguarda le tipologie di investimenti agevolabili, il comma 8 prevede l’espresso rinvio alle disposizioni di cui al citato articolo 3 del decreto-legge n. 357 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 489 del 1994. Conseguentemente, per la migliore comprensione della norma si potrà fare riferimento, in quanto applicabili, alle circolari esplicative emanate in attuazione di detto articolo.

  Articolo 5. – Per una corretta e coordinata disciplina del passaggio al nuovo regime agevolativo, l’articolo in commento reca l’abrogazione di altre disposizioni agevolative vigenti di cui alla tabella allegata al disegno di legge. Dall’abrogazione sono fatte salve le disposizioni relative ai soggetti che alla data del 30 giugno 2001 hanno realizzato investimenti, conferimenti in denaro o accantonamenti di utili a riserva assoggettati alle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 8, della citata legge n. 133 del 1999; per questi soggetti è prevista l’opzione tra la richiamata disciplina e quella prevista dall’articolo 15. Parimenti si prevede che ai soggetti che alla predetta data del 30 giugno 2001 hanno eseguito variazioni in aumento del capitale ai sensi delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 466 del 1997, continua ad applicarsi la stessa disciplina tributaria. Per ciò che concerne il valore del patrimonio netto da assumere a tali fini da parte di persone fisiche, società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, è previsto che lo stesso non sia inferiore a quello risultante dal bilancio dell’esercizio anteriore a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. Tuttavia anche tali soggetti possono optare per l’applicazione dell’agevolazione di cui all’articolo 15, in alternativa alla fruizione del regime emergente dal citato decreto legislativo n. 466 del 1997, per ciascun anno di vigenza del nuovo regime. Resta impregiudicata la possibilità di fruire del cumulo tra le agevolazioni derivanti dal citato decreto legislativo e quelle conseguenti all’applicazione dell’articolo 15 del disegno di legge in esame qualora l’imponibile assoggettato ad aliquota agevolata DIT sia inferiore al 10 per cento dell’imponibile totale, al fine di offrire un più robusto strumento di incentivazione fiscale nei confronti dei contribuenti con un livello di imposizione sui redditi medi più elevato.

    Inoltre, sia nel caso di investimenti effettuati ai sensi dell’articolo 2, commi da 8 a 13, della legge n. 133 del 1999, sia nel caso di operazioni di variazione in aumento del capitale ai sensi del decreto legislativo n. 466 del 1997, è in ogni caso possibile valersi del cumulo di tali agevolazioni con gli effetti derivanti dall’articolo 4 del provvedimento in esame, quanto alle spese per la formazione del personale sostenute nei periodi di imposta interessati.

    La stessa facoltà di opzione sopra rammentata è prevista inoltre per coloro che hanno effettuato investimenti nelle aree svantaggiate ai sensi dell’articolo 8, commi 1, 2 e 3 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, senza peraltro prevedere la abrogazione di tale disciplina che, pertanto, potrà continuare ad essere applicata anche dopo l’entrata in vigore del regime previsto dall’articolo 15 del presente provvedimento.
    L’articolo in rassegna dispone, infine, in deroga all’articolo 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, la concessione di un credito d’imposta, pari alle imposte corrisposte dalla società sugli utili distribuiti ai soci per effetto delle agevolazioni di cui al decreto legislativo n. 466 del 1997, e all’articolo 2, commi da 8 a 13, della legge n. 133 del 1999, concernenti disposizioni agevolative per favorire la capitalizzazione delle imprese. In sostanza, si tratta del venir meno del credito di imposta virtuale riconosciuto ai soci di tali società qualora le stesse fruiscano delle predette agevolazioni fiscali. Conseguentemente, l’ammontare del credito di imposta spettante ai sensi dell’articolo 14 del TUIR verrà commisurato – ovviamente in proporzione alla quota di spettanza di ciascun socio – esclusivamente in ragione dell’ammontare delle imposte effettivamente pagate dalla società. Quest’ultima, quindi, provvederà a rilevare le imposte versate, anche fruendo dei citati regimi agevolativi, ai sensi dell’articolo 105, comma 2, del citato TUIR.

 

CAPO III - INNOVAZIONE

    Questa parte della manovra si basa su due norme di legge, sviluppate come segue.

    1. «Sottoscrizione del «capitale sociale» con una polizza di assicurazione».

  La attuale «classica» disciplina normativa delle società di capitali deriva dal «macchinismo» industriale. Ed in specie da un’età storica in cui il capitale finanziava strutturalmente l’investimento in asset fisici.

  Ora non è più così o, meglio, non è più necessariamente così. La transizione dalle res alle new properties rompe infatti il legame funzionale storico tra capitale finanziario ed asset (non più solo fisici).

  Il capitale strategicamente più rilevante sono le idee. Le idee sono asset in sé. E le idee si producono anche con bassa intensità di capitale (spesso in quasi totale assenza di capitale). Non solo. Le idee tendono ad autofinanziarsi e comunque tendono a «remunerare» il capitale in forme finanziarie diverse da quelle classiche.

  Conseguentemente, il ruolo del capitale declina, da mezzo di finanziamento, (i) a semplice fondo di garanzia per i terzi (ii) ovvero a parametro basico, su cui commisurare alcune tipiche operazioni societarie.
  In sintesi, per evitare che la bassa «capitalizzazione» societaria ostacoli la nascita di imprese che, industrialmente, non hanno bisogno di «mezzi propri» come strumento di finanziamento, la norma introduce uno strumento alternativo, di tipo «derivativo» rispetto al capitale sociale, e lo identifica in una polizza di assicurazione «ad hoc».

    Dati lo standing proprio del settore assicurativo e comunque la sua soggezione istituzionale a vigilanza, si può ragionevolmente assumere che il nuovo strumento – pur se «rivoluzionario» – possa produrre i suoi effetti positivi, senza alterazioni dell’ordinamento societario.

    2. «Le invenzioni sono degli inventori».

  La proprietà delle «invenzioni» realizzate nelle Università e nei laboratori pubblici deve essere degli inventori, professori e ricercatori, che avranno così il diritto di registrarle a loro nome e, su questa base, la possibilità di attirare ed attivare il capitale finanziario necessario per svilupparle.

  Alle università ed ai laboratori pubblici competerà una quota significativa dei guadagni ottenuti dagli inventori. Su questa base, capitali ed idee potranno incontrarsi, all’interno di un processo positivo di accelerato sviluppo del Paese.

  Si passa, ora, alla illustrazione in dettaglio delle disposizioni che compongono il Capo III.

  Articolo 6. – Si introduce la possibilità di sostituire, con la stipula di una polizza di assicurazione, la sottoscrizione del capitale delle società per azioni e delle società a responsabilità limitata, eccettuate, però, le banche e gli altri enti e società finanziarie di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, e le imprese di assicurazione. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono determinate le necessarie forme di equivalenza.

  Articolo 7. – L’articolo detta nuove regole in materia di proprietà intellettuale delle invenzioni industriali. Esso, infatti, opera un intervento innovatore con modifica alla disciplina recata dal regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127, in conseguenza del quale – in deroga alle ordinarie disposizioni in materia di invenzioni industriali fatte in adempimento ad una prestazione lavorativa avente ad oggetto l’attività inventiva – al ricercatore, legato da un rapporto di lavoro con una pubblica amministrazione avente tra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca o con una università, è riconosciuta la proprietà esclusiva dell’invenzione brevettabile di cui è autore, trattenendo di conseguenza, oltre al diritto alla paternità della scoperta, anche i connessi diritti patrimoniali, di cui sarebbe stato diversamente titolare il datore di lavoro. All’inventore è riconosciuto un diritto sul canone di sfruttamento del bene in misura non inferiore al cinquanta per cento.

    Al fine di provvedere comunque alla salvaguardia del pubblico interesse, il diritto di proprietà esclusiva sull’invenzione passa alla pubblica amministrazione qualora il ricercatore non abbia dato inizio allo sfruttamento industriale dell’opera entro cinque anni dalla data di rilascio del brevetto.

 

CAPO IV - SOPPRESSIONE DI ADEMPIMENTI INUTILI E SEMPLIFICAZIONE

    1. La «burocrazia» economica, l’adempimento degli obblighi contabili e fiscali imposti a chi produce, è un’«imposta sull’imposta».

  Un’«imposta in più», un onere che grava sui produttori, pesantemente e regressivamente, perché la parte fissa dei relativi costi incide relativamente di più sui piccoli che sui grandi.

  È un costo necessario, se gli adempimenti imposti servono realmente per controlli ed accertamenti.

  È invece un costo assurdo, se gli adempimenti imposti non servono a questo scopo, perché sono doppioni, o perché le relative forme di adempimento sono inutilmente costose.

  Registrando più volte, o su più libri, la stessa operazione, non si ottiene maggiore efficacia probatoria. Solo si moltiplicano le possibilità di errore.

  E così si rende odioso lo Stato «fiscale».

  Il disonesto si costruisce infatti, normalmente, una contabilità formalmente perfetta.

  È l’onesto che lavora davvero, e che per ciò concentra il suo tempo sulla produzione, che rischia di più. Per disattenzione, non per evasione.

  È lo stesso, in termini di inutile odiosità del «rapporto fiscale», nel caso degli adempimenti imposti in agosto, e così via.

    2. La corvée contabile e fiscale imposta in Italia non trova riscontro in Europa.

  A questo proposito, ad esempio, il paragone con la Germania è fortemente indicativo.

  È anche questo un fattore di spiazzamento competitivo, che va superato. È poi, e più in generale, essenziale trasmettere a chi produce un messaggio diverso: lavorate più serenamente, riducendo i vostri costi, riducendo i vostri rischi.

  Si ripete: non è imponendo doppioni, o adempimenti in date impossibili che si tutelano gli interessi e l’immagine dello Stato. Anzi.

    I provvedimenti che compongono questo profilo dell’intervento, presentati in un corpus unitario, per evidenziarne la logica organica, avranno applicazione attraverso strumenti giuridici diversi.

    In specie, in parte trovano spazio nel presente disegno di legge in parte in un parallelo regolamento di semplificazione, per consentire, in questo modo, di utilizzare in pieno gli strumenti normativi dotati di maggiore flessibilità, data la presenza di deleghe e norme di delegificazione in materia.

    3. Nell’opera di soppressione e semplificazione, in particolare, si comincia dalla soppressione delle dichiarazioni periodiche dell’IVA, per arrivare all’esonero della tenuta dei registri IVA, alla soppressione della vidimazione dei registri, alla soppressione del versamento delle imposte a ferragosto, unico caso in Europa, fino alla sostanziale soppressione della dichiarazione dei sostituti d’imposta.

    4. Per avere un’idea più precisa della portata innovativa di questo provvedimento, si invita ad esaminare i dati inseriti nella tabella allegata.

  Gli effetti «quantitativi» del provvedimento sono in specie sintetizzabili come segue:

 

TABELLA SOPPRESSIONE ADEMPIMENTI

SOGGETTI ED OPERAZIONI INTERESSATE
(NOTA)

ADEMPIMENTI
ELIMINATI

Soggetti in contabilità ordinaria: soppressione della vidimazione iniziale del libro giornale e libro inventari (1 libro all’anno)

1.645.000

Soggetti in contabilità ordinaria: soppressione registrazioni IVA di fatture in acquisto e in vendita (ipotesi 50 documenti all’anno)

82.250.000

Soggetti in contabilità ordinaria: soppressione registro beni ammortizzabili (5 registrazioni all’anno)

8.225.000

Soggetti in contabilità semplificata: soppressione registro beni ammortizzabili (3 registrazioni all’anno)

6.300.000

Eliminazione annotazione utilizzo plafond (12 all’anno)

852.000

Soppressione delle dichiarazioni periodiche IVA mensili e trimestrali

26.680.000

Soppressione delle annotazioni delle liquidazioni periodiche mensili e trimestrali

26.680.000

Soppressione del Mod. 770 per le ritenute d’acconto su redditi di lavoro dipendente ed autonomo (5 sostituti d’imposta per lavoratore autonomo)

37.950.000

Totale

190.882.000

 

 

___________
        (NOTA)
        1. Soggetti in contabilità ordinaria1.645.000
        2. Soggetti in contabilità semplificata2.100.000
        3. Contribuenti mensili760.000
        4. Contribuenti trimestrali4.390.000
        5. Esportatori abituali71.000        6. Numero lavoratori dipendenti14.200.000
        7. Numero lavoratori autonomi4.750.000
    5. In conclusione. Un sistema fiscale basato sui formalismi, più che sulla sostanza, colpisce e danneggia, in termini di costi operativi, di rischi, di angoscia e demotivazione, soprattutto i soggetti che hanno fatto del lavoro produttivo la loro bandiera.
    In specie, sono proprio quelli che si impegnano in maniera totale nel proprio lavoro, che rischiano di vedere vanificati i loro sforzi, a causa di una normativa costosa ed inutilmente odiosa.
    E’ questo uno dei principali fattori generatori di sfiducia, al limite del rancore, verso le istituzioni e verso tutto ciò che fa capo allo Stato.
    Questo provvedimento mira a modificare in positivo questa situazione.
  E’ per questo che ha un’importanza che va oltre la logica della pura e semplice semplificazione.
  E’ un provvedimento che serve per trasmettere un segnale di fiducia, e dunque di cambiamento del sistema, per ricostruire in positivo la credibilità del rapporto tra Stato e contribuenti. E’ dunque anche un investimento che lo Stato fa su se stesso.
    Si passa, ora, alla illustrazione in dettaglio delle disposizioni che compongono il Capo  IV.

  Articolo 8. – Il presente articolo apporta modifiche all’articolo 2215 del codice civile che comportano l’eliminazione dell’obbligo della bollatura e della vidimazione iniziale per il libro giornale e il libro degli inventari.

    Già con il decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489, era stata abolita la vidimazione annuale di detti libri.
    L’ordinamento attuale con le sue scadenze fiscali periodiche impone di fatto formalità e adempimenti tali da garantire non soltanto la cronologia e la tempestività delle registrazioni, ma anche l’impossibilità delle loro manipolazioni.
    Per le stesse ragioni, l’abolizione della vidimazione iniziale, da un lato nulla toglie alla possibilità di controllo e di accertamento dell’amministrazione finanziaria, dall’altro rimuove un ostacolo per le imprese che utilizzano procedure informatiche per la tenuta della contabilità.
    L’abrogazione dell’obbligo della bollatura e della vidimazione consente l’innesco di un articolato effetto complessivo di semplificazione, attraverso l’estensione delle conseguenze di tale disposizione anche ai registri previsti dalle norme fiscali, attraverso interventi mirati sugli articoli 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e 22, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
    Permane, quale unica formalità, la numerazione progressiva delle pagine utilizzate.
    La riduzione di gettito dovuta al mancato pagamento della tassa sulle concessioni governative in occasione delle vidimazioni del libro giornale e del libro degli inventari, viene compensata dall’aumento dell’imposta di bollo. In tal senso vanno interpretate le modifiche riguardanti il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642.

    Articolo 9. – La norma relativa alla conversione del capitale sociale in euro completa le previsioni del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, concernente disposizioni per l’introduzione dell’euro nell’ordinamento nazionale.

    La norma consente a tutte le società di capitale, anche diverse dalle società per azioni, di convertire in euro il proprio capitale sociale attraverso una determinazione degli amministratori, senza necessità di convocare l’assemblea dei soci, estendendo così anche alle società a responsabilità limitata e, in generale, a tutte le società di capitale diverse dalle società per azioni la medesima procedura prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 213 del 1998 esclusivamente per le società per azioni. È di tutta evidenza la estrema semplificazione degli adempimenti che ne deriva per un gran numero di soggetti interessati, tenuti all’esecuzione di tali adempimenti nei prossimi mesi, per le esigenze di adeguamento all’introduzione dell’euro e alla conseguente conversione del capitale sociale.
    Inoltre, con la disposizione contenuta nella lettera a) dell’articolo in commento, si chiarisce che, data la possibilità che la delibera di conversione del capitale sociale possa anche non risultare da verbale ricevuto da notaio, non occorre l’omologa della predetta deliberazione in qualunque forma la stessa risulti.

  Articolo 10. – Al fine di agevolare il contribuente nella definizione dell’accertamento con adesione dei suoi carichi tributari, il presente articolo dispone che lo stesso possa essere rappresentato da un procuratore munito di procura speciale conferita per iscritto con firma autenticata ai sensi dell’articolo 63 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. Nel caso la procura sia rilasciata ad un Centro di assistenza fiscale, la procura stessa è autenticata dal direttore tecnico del Centro.
    Articolo 11. – Con la disposizione in parola si interviene sulla disciplina recata dall’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, relativa agli adempimenti che i comuni devono porre in essere per avvalersi della facoltà di fissazione di una aliquota dell’addizionale provinciale e comunale IRPEF diversa ed ulteriore rispetto a quella di compartecipazione. In particolare, rispetto alla norma vigente, deriva una migliore specificazione della successione degli adempimenti ai quali viene chiamato l’ente locale. L’esigenza che si rappresenta è costituita dalla necessità di assicurare a tutti i contribuenti la agevole conoscibilità della delibera che determini l’applicazione della citata addizionale, fissandone anche l’entità. Tali rilievi risultano ulteriormente amplificati rispetto agli adempimenti ordinariamente posti a carico dei sostituti di imposta, tenuti ad operare le ritenute sui redditi dagli stessi erogati con cadenza periodica nel corso dell’anno. In presenza, allora, di percettori di redditi residenti in diversi comuni, può risultare gravoso per molti sostituti di imposta mantenersi tempestivamente informati su quanto stabilito in ciascun comune.

    A tal fine, con la disposizione in esame si prevede espressamente che la delibera comunale con la quale viene fissata l’aliquota della suddetta addizionale deve essere pubblicata su un sito informatico da individuare con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con i Ministri della giustizia e dell’interno; lo stesso decreto stabilisce altresì le modalità applicative. L’efficacia della delibera decorre dal giorno della pubblicazione sul predetto sito informatico. E’ evidente che le differenti forme di pubblicità delle deliberazioni degli enti locali, mediante affissione all’albo pretorio, finiscono per risolversi in un onere conoscitivo eccessivamente dispendioso per i contribuenti ed i sostituti di imposta. È appena il caso di osservare che tale disposizione, proprio per le pressanti esigenze sottese, costituiva già il contenuto dell’intervento normativo realizzato con l’articolo 28, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342. Tuttavia, un non coordinato successivo intervento normativo, contenuto nell’articolo 53, comma 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, pur non derogando espressamente alla disciplina introdotta con la citata legge n. 342 del 2000, aveva alimentato pesanti dubbi interpretativi circa la disciplina cui concretamente fare riferimento; ciò aveva finito per proiettarsi corrispondentemente anche sull’affidamento degli stessi enti locali e sulle relative dinamiche procedimentali. Con le modifiche apportate dal presente articolo, avendo prioritariamente di mira le esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti e dei sostituti d’imposta, si elimina pertanto il cennato clima di diffusa incertezza, avvalendosi di strumenti tecnici innovativi in grado di coniugare le esigenze di massima diffusione dei dati occorrenti per assolvere a prestazioni tributarie, di rapidità nel reperimento degli stessi dati e di certezza per gli enti impositori interessati, direttamente conseguente alla immediatezza della trasmissione in via informatica dei medesimi dati.
    La disposizione conferma che la variazione dell’aliquota di compartecipazione non può essere superiore a complessivi 0,5 punti percentuali e a un incremento annuo di 0,2 punti percentuali.
    Il comma 2 dell’articolo 11, a decorrere dal 1º gennaio 2002, sposta dal 16 all’ultimo giorno del mese le scadenze dei versamenti periodici fiscali e previdenziali, soddisfacendo l’esigenza dei contribuenti di disporre, per effettuare il calcolo delle somme dovute, di un lasso di tempo maggiore tra la chiusura del periodo di riferimento ed il termine per effettuare tali versamenti. Per motivi di natura tecnica e di contabilità pubblica, la preesistente scadenza del 16 dicembre viene mantenuta inalterata. Le disposizioni in commento naturalmente, non esplicano effetti sui termini di versamento dell’IRAP dovuta dalle pubbliche amministrazioni, per le quali, a differenza dei privati, non opera il mero rinvio ai termini previsti in materia di imposte sui redditi, regolamentati con decreto ministeriale 2 novembre 1998, n. 421.

CAPO V - RIORGANIZZAZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA

    La disciplina è mirata a ricondurre ad una struttura unitaria le funzioni statali in materia di giochi, scommesse e concorsi a premi.

    La proposta non individua direttamente questa struttura, demandandone la disciplina ad un regolamento governativo.
    Il regolamento potrà anche prevedere la creazione di una apposita Agenzia.
    L’unificazione delle funzioni consente di evitare le diseconomie derivanti dalla frammentazione delle competenze in materia di gestione dei giochi e di connessa attività di controllo. A questo proposito, è sufficiente considerare l’irrazionale attuale coesistenza di una pluralità di sistemi informativi.
    La unificazione della gestione consentirà, inoltre, di razionalizzare gli investimenti pubblicitari e la possibilità di approvare un piano di sviluppo razionale.
    Le disposizioni prevedono inoltre, attraverso la delegificazione, la possibilità che venga modificata la disciplina dei singoli giochi. In questo modo si intende, da un lato, evitare fenomeni di anomala concorrenzialità tra i vari giochi, che garantiscono diverse quote di prelievo erariale; dall’altro lato, assicurare la flessibilità necessaria per seguire con efficienza gli andamenti del mercato.
    Infine, nel capo in oggetto, si prevede il reimpiego (i) del personale già impiegato nella liquidazione dell’imposta sulle successioni, (ii) in una più proficua attività di accertamento.
    Si passa, ora, alla illustrazione in dettaglio delle disposizioni che compongono il Capo  V.

    Articolo 12. – L’articolo reca una delega al Governo per il riordino delle funzioni statali in materia di giochi, al fine di ottimizzare il relativo gettito erariale. Per eliminare duplicazioni e sovrapposizioni di competenze, tali funzioni dovranno essere attribuite ad una struttura unitaria, che sarà individuata in un organismo già esistente ovvero da istituire.

    Il Ministro dell’economia e delle finanze provvederà a disciplinare, con propri decreti di natura regolamentare, i giochi, le scommesse e i concorsi a premio, mentre le modalità tecniche di svolgimento di tali giochi saranno fissate con decreto dirigenziale.
    Il presente articolo, al comma 3, dispone l’utilizzazione, con carattere prioritario, per la realizzazione del programma straordinario per l’emersione del lavoro irregolare previsto dal capo I, del personale già addetto alla gestione dell’imposta sulle successioni e donazioni che viene soppressa con l’articolo 13 del presente provvedimento. A tal fine è previsto che il personale in questione sarà adeguatamente formato e riqualificato a cura della Scuola superiore dell’economia e delle finanze, senza oneri finanziari a carico dell’Agenzia delle entrate.

CAPO VI - SOPPRESSIONE DELL’IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI

        1. Per eliminare l’imposta sulle successioni e donazioni, ci sono due ordini di ragioni essenziali: ragioni di carattere politico e ragioni di carattere economico.

    Ragioni di carattere politico. Politicamente, l’imposta sulle successioni e sulle donazioni è superata dalla storia.
    Espressione di un’ideologia sviluppata nell’800 contro i rentier, questo tipo di imposizione fiscale è superato dalla progressiva estensione di altri e più efficienti strumenti sociali e fiscali, mirati all’equità ed al Welfare.
    La prova sistematica del progressivo declino politico delle forme di imposizione derivate dall’800 si trova del resto, e più in generale, nella sostanziale scomparsa dallo scenario politico dell’«imposta patrimoniale» e nella caduta del «mito» dell’imposta personale progressiva.
  Ragioni di carattere economico. Economicamente, l’imposta sulle successioni (e donazioni):

        a) in generale, è spiazzata dalle evoluzioni intervenute nella struttura della ricchezza. Lo scenario originario dell’imposta, costituito da asset patrimoniali fisici, localizzati e controllabili, è infatti progressivamente svanito all’interno di uno scenario in cui la ricchezza, nelle sue parti strategicamente più rilevanti, è progressivamente dematerializzata e globalizzata, così da fuoriuscire dal campo di applicazione degli strumenti fiscali territoriali originariamente tipici della fiscalità nazionale.

    Ne deriva, nel caso di imposte come quella sulle successioni e donazioni, un effetto di sostanziale regressività, che nega di fatto l’obiettivo che si vorrebbe fosse realizzato di diritto.
    La parte della ricchezza più «affluente» e che sarebbe perciò più «meritevole» di trattamento fiscale «redistributivo», si sottrae in specie – si ripete – strutturalmente e sistematicamente all’imposizione sulle successioni e donazioni, che resta dunque irrazionalmente ad insistere solo o soprattutto sulla parte residua della ricchezza.
      b) in particolare, nel caso dell’Italia:

            la regressività dell’imposta sulle successioni e donazioni è accentuata dall’esenzione storicamente riservata ai titoli del debito pubblico italiano e, per estensione, da questi ai titoli sovranazionali equiparati.

  In questi termini, è davvero difficile comprendere la ragione per cui, fatto pari ad x il valore di un asset, x lire investite in un portafoglio finanziario sono esenti; x lire investite in un capannone aziendale sono invece tassate;
            la irrazionalità economica di questa forma di imposizione si moltiplica in rapporto alla filiera produttiva tipica del nostro paese.

    La natura propria, il particularisme positivo tipico del capitalismo italiano è, infatti, nell’essere non solo un capitalismo «istituzionale», costituito dalla grande società per azioni asettica ed atemporale, ma piuttosto un tipo di capitalismo strettamente legato all’attività e alla capacità dell’imprenditore individuale.

    Dato il legame, strutturale e diffuso in Italia, tra assetto produttivo e ciclo vitale dell’imprenditore individuale, ne deriva che l’applicazione di un tipo di imposta come l’imposta sulle successioni e donazioni ha un costo costituito dalla sostanziale conseguente alterazione della filiera produttiva.
    In specie, quando l’impresa entra in crisi, per effetto della scomparsa dell’imprenditore, la crisi è moltiplicata dal prelievo fiscale.

    2. La «riforma» dell’imposta, appena operata, riduce solo parzialmente la portata complessiva di questi argomenti negativi.

    Basata su presupposti ideologici ed economici fortemente discutibili, la «riforma» ha in realtà in piccola parte i pregi, in gran parte i difetti di un intervento radicale.
    3. È invece arrivato il momento in cui lo Stato deve interrompere ed invertire il suo ciclo di espansione, riconoscendo il valore originario, fondamentale e liberale, proprio della proprietà privata, concedendo al cittadino di essere «padrone a casa sua».
    È questo lo spirito che anima questo disegno di legge.
    Una proposta che tra l’altro, (i) oltre a liberare risorse amministrative utilizzabili in forma più efficace, (ii) non solo elimina tanto gli effetti negativi esercitati dalla fiscalità sulla catena produttiva, quanto la spinta all’«esportazione» di capitali, (iii) ma all’opposto, costituisce un fattore di attrazione di capitali dall’estero in Italia e, rimuovendo gli effetti interni di manomorta patrimoniale, favorisce l’accesso delle imprese al mercato dei capitali.
    4. Ulteriori informazioni si trovano nella Relazione tecnica.
    Si passa, ora, alla illustrazione in dettaglio delle disposizioni che compongono il Capo VI.

  Articolo 13. – Il comma 1 abolisce l’imposta sulle successioni e donazioni.

    Il comma 2 stabilisce che le donazioni o altre liberalità tra vivi a favore di soggetti che siano in rapporto di parentela oltre il quarto grado, diversi dal coniuge, sono assoggettate ad imposta con il trattamento tributario previsto per il corrispondente atto di trasferimento a titolo oneroso. L’imposta così determinata si rende applicabile soltanto se il valore della quota spettante a ciascun beneficiario è superiore a lire 350 milioni. Risulta in tal modo conservato lo stesso livello di imposizione indiretta sui trasferimenti a titolo di donazione derivante dal regime precedente, al fine di non determinare un aggravio di imposizione sui trasferimenti di minore importo economico (e cioè, per l’appunto, inferiori alla citata franchigia di lire 350.000.000).

    Articolo 14. – Con tale articolo vengono fatte salve le disposizioni riguardanti le agevolazioni, le esenzioni e la determinazione della base imponibile in materia di imposta sulle successioni e donazioni: le medesime vengono riferite, in quanto compatibili, all’imposta ora dovuta sugli atti di donazione o altra liberalità tra vivi.
    Articolo 15 – Ai fini della presentazione degli atti dichiarativi di avvenuta successione, il presente articolo rinvia alle modalità stabilite dagli articoli 28 e seguenti del testo unico in materia d’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, ivi compresi i termini stabiliti ai fini del corretto adempimento degli obblighi predetti; naturalmente anche in questo caso ogni riferimento all’imposta sulle successioni deve leggersi in relazione alla nuova imposta di registro dovuta, ma potendo continuare a fare applicazione del relativo bagaglio normativo (innanzi tutto quanto a termini e modalità di presentazione della dichiarazione). Dal complessivo coordinamento normativo, peraltro, risulta evidente come la presentazione della dichiarazione di successione sia prescritta esclusivamente nel caso in cui tra i beni caduti in successione figurino beni immobili, o diritti reali su beni immobili, non risultando altrimenti prescritta la presentazione della citata dichiarazione.

    Si prevede, altresì, la successiva emanazione dei decreti previsti nei commi 8 e 11 dell’articolo 69 della legge n. 342 del 2000 (trasmissione telematica delle dichiarazioni di successione, e, più in generale, misure di semplificazione degli adempimenti previsti in questa ipotesi).
    Il comma 2 dello stesso articolo stabilisce che la presentazione della dichiarazione di avvenuta successione contenente beni immobili solleva gli eredi o legatari dall’obbligo di presentare la dichiarazione ai fini dell’imposta comunale sugli immobili, in quanto rimane a carico degli uffici fiscali la trasmissione di una copia della dichiarazione a ciascun comune ove sono ubicati gli immobili. Si realizza, in tal modo, una radicale semplificazione degli adempimenti posti a carico dei contribuenti interessati, spesso destinatari di attribuzioni successorie che prevede il trasferimento della proprietà di beni immobili situati in comuni differenti, in questo modo rendendo particolarmente gravoso il puntuale assolvimento dell’obbligo di presentazione della dichiarazione prescritta ai fini dell’Imposta comunale sugli immobili (ICI). Attraverso la nuova disciplina segnata nell’articolo 15, comma 2, invece, il contribuente viene liberato dall’incombenza, pesantemente sanzionata in caso di inosservanza, di presentazione di tale dichiarazione, essendo prescritto che a tale adempimento provvederà direttamente l’ufficio dell’amministrazione finanziaria alla quale sia stata presentata la dichiarazione di successione, che, pertanto, può affermarsi tiene luogo a tutti gli effetti di tale dichiarazione. Né può reputarsi addossato all’amministrazione finanziaria un onere eccessivo e esorbitante rispetto alla sua capacità operativa: da un lato, infatti, la soppressione dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni è funzionale proprio al recupero di risorse amministrative e di efficienza in precedenza distolte verso obiettivi di minore significato, in termini di entità del gettito tributario rispetto alla mole delle risorse finanziarie a ciò destinate.
    Per altro verso, l’assolvimento di questo compito si iscrive direttamente nell’ottica del principio di collaborazione, sancito dall’articolo 10, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, e cioè lo Statuto dei diritti del contribuente, affermando un nuovo piano di rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente. Nella medesima prospettiva, peraltro, pare collocarsi anche la previsione contenuta nell’articolo 6, comma 4, della citata legge n. 212 del 2000, ai sensi della quale non possono essere richiesti al contribuente adempimenti in termini di oneri di presentazione documentali rispetto a dati già in possesso non solo dell’amministrazione finanziaria, ma anche di altre amministrazioni pubbliche. Adeguatamente valorizzando i principi di collaborazione e salvaguardia emergenti da tale disposizione, allora, è possibile cogliere la coerenza complessiva con le previsioni contenute nel citato articolo 15, comma 2, del presente disegno di legge, in chiave di eliminazione di adempimenti del contribuente rispondenti, piuttosto, a precisi compiti istituzionali e di servizio dell’amministrazione finanziaria.

    Articolo 16. – L’articolo detta importanti disposizioni volte a contenere possibili strumentalizzazioni del nuovo regime, con finalità eminentemente antielusive. Intervenendo in materia d’imposta sostitutiva di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 (imposta sostitutiva sui capital gain), si introduce una presunzione legale ai fini dell’applicazione della stessa imposta sostitutiva. In particolare, l’ipotesi è quella di un trasferimento di beni, diritti o valori mobiliari assoggettati alla citata imposta sostitutiva, disposto a titolo di donazione. L’applicazione della disciplina contenuta nell’articolo 13 del presente provvedimento impone, anche in tale evenienza, l’esenzione da imposizione al di sotto della quota di 350 milioni di lire per ciascuna attribuzione, l’applicazione della sola imposta di registro in misura fissa pari a lire 250.000, per la parte eccedente qualora il trasferimento avvenga in favore del coniuge, ovvero di parenti e affini entro il quarto grado, e l’applicazione dell’imposta con le stesse aliquote previste per i corrispondenti atti di trasferimento tra vivi, nelle altre ipotesi (sempre, per la parte eccedente la quota di 350 milioni di lire per ciascuna attribuzione). Senonché, dall’applicazione di tale regime potrebbero derivare effetti impropri, qualora lo stesso fosse utilizzato indipendentemente dall’attribuzione a titolo di liberalità, bensì esclusivamente per ridurre, strumentalmente, gli oneri fiscali ordinariamente dovuti in caso di cessione dei valori mobiliari sopra indicati. Allo scopo di evitare un esito di questo genere, tale da rappresentare effettivamente un abuso delle posizioni soggettive riconosciute dall’ordinamento tributario, attraverso la strumentalizzazione elusiva delle stesse, si è introdotta la presunzione di cui all’articolo 40, secondo la quale ogni trasferimento a titolo di donazione di beni e diritti assoggettati al pagamento dell’imposta sostitutiva sui capital gain, se seguito dal successivo trasferimento degli stessi beni o diritti in un arco di tempo normativamente previsto (pari a cinque anni) comporta il recupero a tassazione del trasferimento stesso con l’applicazione delle imposte ordinariamente dovute. In altri termini si tratta di una ipotesi particolare di applicazione di un meccanismo di reazione dell’ordinamento alla strumentalizzazione elusiva non diverso da quelli previsti dall’articolo 37-bis, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, o dall’articolo 20 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, in virtù del quale il compimento di una operazione elusiva comporta il disconoscimento dei relativi effetti da parte dell’ordinamento tributario e l’applicazione del regime impositivo corrispondente alla fattispecie dissimulata, o della quale si è tentato l’aggiramento elusivo. L’imposta sostitutiva di cui al decreto legislativo n. 461 del 1997 viene, in tale evenienza, posta a carico del soggetto che ha effettuato l’originario trasferimento, avvenuto a titolo di donazione, ma successivamente seguito da un ulteriore ritrasferimento con atto tra vivi (a titolo oneroso) entro il termine quinquennale che fa scattare il sospetto elusivo. Per la determinazione delle plusvalenze sulle quali applicare l’imposta sostitutiva predetta, si rinvia ai criteri di cui all’articolo 82 del TUIR.

    Nel comma 2 dell’articolo 16 si amplia la previsione normativa già contenuta nell’articolo 54, comma 5, del TUIR, e successive modificazioni, al fine di stabilire il regime agevolato delle plusvalenze patrimoniali in caso di trasferimento a titolo di successione per causa di morte o di donazione dell’azienda nell’ipotesi di prosecuzione dell’attività dell’impresa. In tale evenienza, indipendentemente dal grado di parentela o dal rapporto di coniugio del beneficiario del trasferimento, si stabilisce che il trasferimento avviene in regime di neutralità fiscale ai fini delle imposte sui redditi, senza l’emergere di plusvalenze.

    Articolo 17. – L’articolo stabilisce il campo di applicazione del nuovo regime fiscale. La nuova disciplina si applica alle successioni aperte e alle donazioni fatte dopo la data di entrata in vigore della presente legge.
    Articolo 18. – Tale articolo, infine, individua i mezzi di copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni del provvedimento.

 DISPOSIZIONI IN MATERIA DI VERSAMENTI

        Per quanto concerne il differimento alla fine di ciascun mese del termine di versamento previsto dall’articolo 18 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, si valuta che gli oneri finanziari derivanti da tale disposizione ammontino a circa 90 miliardi di lire per l’anno 2002.

        Infatti, considerando un tasso di interesse di circa il 5 per cento annuo e tenuto conto che mensilmente in sede di versamenti unificati affluiscono, in media, circa 40.000 miliardi e che lo slittamento sarebbe di circa 14-15 giorni, si ottiene un onere di 83 miliardi (40.000 x 15/360 x 0,050), che prudenzialmente viene arrotondato a 90 miliardi.

 

DISEGNO DI LEGGE

Capo I

NORME PER INCENTIVARE
L’EMERSIONE DALL’ECONOMIA
SOMMERSA

 

Art. 1.

(Dichiarazione di emersione)

    1. Gli imprenditori che hanno fatto ricorso a lavoro irregolare, non adempiendo in tutto o in parte agli obblighi previsti dalla normativa vigente in materia fiscale e previdenziale, possono farlo emergere, tramite apposita dichiarazione di emersione, da presentare entro il 30 novembre 2001. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), sentite le organizzazioni sindacali e di categoria, approva i programmi di emersione di cui all’articolo 2, comma 4.

    2. Per il periodo di imposta in corso alla data di presentazione della dichiarazione di emersione di cui al comma 1, e per i due periodi successivi, la medesima dichiarazione costituisce titolo di accesso al seguente regime di incentivo fiscale e previdenziale:

        a) gli imprenditori che, con la dichiarazione di cui al comma 1, si impegnano nel programma di emersione, e conseguentemente incrementano l’imponibile dichiarato, rispetto a quello relativo al periodo di imposta immediatamente precedente, hanno diritto, fino a concorrenza del triplo del costo del lavoro che hanno fatto emergere con la dichiarazione, all’applicazione sull’incremento stesso di una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), con tassazione separata rispetto al rimanente imponibile, dovuta in ragione di un’aliquota del 10 per cento per il primo periodo di imposta, del 15 per cento per il secondo periodo di imposta e del 20 per cento per il terzo periodo di imposta. Per il secondo ed il terzo periodo di imposta, nel calcolo dell’incentivo si tiene conto delle eventuali variazioni in diminuzione del costo del lavoro emerso. Sul maggiore imponibile previdenziale relativo ai redditi di lavoro emersi dichiarati, e conseguente alla dichiarazione di emersione, si applica una contribuzione sostitutiva, dovuta in ragione di un’aliquota dell’8 per cento per il primo periodo, del 10 per cento per il secondo periodo e del 12 per cento per il terzo periodo;

        b) i lavoratori che, parallelamente, si impegnano nel programma di emersione sono esclusi da contribuzione previdenziale e, sui loro redditi di lavoro emersi, si applica una imposta sostitutiva dell’IRPEF, con tassazione separata rispetto al rimanente imponibile, dovuta in ragione di un’aliquota del 6 per cento per il primo anno, dell’8 per cento per il secondo anno e del 10 per cento per il terzo anno.

    3. Per gli imprenditori, su specifica richiesta, la dichiarazione di emersione vale anche come proposta di concordato tributario e previdenziale, se presentata prima dell’inizio di eventuali accessi, ispezioni e verifiche o della notifica dell’avviso di accertamento o di rettifica. In questo caso, fino a concorrenza del costo del lavoro oggetto della dichiarazione di emersione, l’imprenditore dichiara, per ciascuno dei periodi precedenti, il costo del lavoro irregolare utilizzato. Per ciascuno di questi periodi il concordato si perfeziona con il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, dell’IRPEG, dell’IRAP, dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e dei contributi previdenziali, con tassazione separata rispetto al rimanente imponibile, dovuta in ragione di un’aliquota dell’8 per cento del costo del lavoro irregolare utilizzato e dichiarato, senza applicazione di sanzioni e interessi. Per ciascuno degli stessi periodi, sul presupposto della sussistenza dei requisiti di legge, il concordato produce effetti preclusivi automatici degli accertamenti fiscali sul reddito di impresa e previdenziali, fino a concorrenza del triplo del costo del lavoro irregolare utilizzato. Il pagamento dell’imposta sostitutiva può essere effettuato in unica soluzione, entro il termine di presentazione della dichiarazione di emersione, con una riduzione del 25 per cento, ovvero in ventiquattro rate mensili a partire dal predetto termine, senza applicazione di interessi. Con l’integrale pagamento sono estinti i delitti di cui agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, nonché i reati contravvenzionali e le violazioni amministrative e civili connessi alle violazioni fiscali e previdenziali relative all’esistenza del lavoro sommerso. In caso di rateazione, sono sospesi i termini di prescrizione degli illeciti di cui al presente comma.

    4. I lavoratori delle imprese che aderiscono ai programmi di emersione possono, parallelamente, estinguere i loro debiti fiscali e previdenziali, connessi alla prestazione di lavoro irregolare, per ciascuno degli anni che intendono regolarizzare, mediante il pagamento di una contribuzione sostitutiva, con tassazione separata rispetto al rimanente imponibile, dovuta in ragione di lire 200.000 per ogni anno pregresso, senza applicazione di sanzioni e interessi. Il pagamento è effettuato nei termini e con le modalità di cui al comma 3. È precluso ogni accertamento fiscale e previdenziale sui redditi di lavoro per gli anni regolarizzati. I lavoratori possono, a domanda, ricostruire in tutto o in parte la loro posizione pensionistica per gli anni pregressi, fino ad un massimo di cinque anni, esclusivamente mediante contribuzione volontaria, integrata fino al massimo di un terzo con trasferimenti a carico del fondo di cui all’articolo 5 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nei limiti delle risorse disponibili presso il predetto fondo.
    5. Restano fermi, in alternativa, per gli interessati, i regimi connessi ai piani di riallineamento retributivo e di emersione del lavoro irregolare, di cui all’articolo 5 del decreto-legge 1º ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, agli articoli 75 e 78 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, all’articolo 63 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, e all’articolo 116 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
    6. Con decreto di concerto dei ministri competenti, è definito un piano straordinario di accertamento, operativo dal 1º gennaio 2002, mirato al contrasto dell’economia sommersa. Il piano costituisce priorità di intervento delle autorità di vigilanza del settore ed è basato su idonee forme di acquisizione ed utilizzo incrociato dei dati dell’anagrafe tributaria e previdenziale, dei gestori di servizi di pubblica utilità, dei registri dei beni immobili e dei beni mobili registrati.
    7. Le maggiori entrate derivanti dal recupero di base imponibile connessa ai programmi di emersione, con esclusione di quelle contributive, affluiscono al fondo di cui all’articolo 5 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze è determinata la quota del predetto fondo destinata al riequilibrio dei conti pubblici. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, è determinata la quota destinata alla riduzione della pressione contributiva, al netto delle risorse eventualmente disponibili per essere destinate all’integrazione del contributo previdenziale dei lavoratori che si impegnano nei programmi di emersione ai sensi del comma 2, lettera b), del presente articolo, e agli oneri concernenti la eventuale ricostruzione della loro posizione previdenziale relativamente agli anni pregressi, ai sensi del comma 4 del presente articolo; con lo stesso decreto sono inoltre determinati i livelli contributivi e del trattamento previdenziale relativi agli stessi lavoratori per i periodi oggetto della dichiarazione di emersione. I commi 2 e 3 dell’articolo 5 della citata legge n. 388 del 2000 sono abrogati.

Art. 2.

(Ulteriori effetti della dichiarazione di emersione)

    1. Gli imprenditori che aderiscono ai programmi di emersione, di cui all’articolo 1, possono regolarizzare i loro insediamenti produttivi, accedendo al regime di cui agli articoli 20, 21 e 24 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, esteso anche alle violazioni amministrative e penali in materia ambientale che determinano solo lesione di interessi amministrativi e sono caratterizzate dalla messa in pericolo e non dal danno al bene protetto. Sono sempre esclusi i casi di esecuzione di lavori di qualsiasi genere su beni ambientali, realizzata senza la prescritta autorizzazione o in difformità dalla stessa, disciplinati dall’articolo 163 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

    2. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di tutela ambientale aventi lo scopo di introdurre:

        a) una causa estintiva speciale dei reati ambientali, in connessione ad ordini di fare emanati dalla pubblica amministrazione, consistente nel pagamento di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria amministrativa e nell’ottemperanza all’ordine di fare mirante a ricondurre il destinatario dell’ordine al rispetto della normativa ambientale;

        b) una procedura di ravvedimento operoso, prima dell’accertamento, per tutte le violazioni ambientali di carattere amministrativo, consistente nel pagamento di una somma ridotta per chi regolarizza le violazioni.

    3. La delega è esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
        a) esclusione dai predetti meccanismi di tutte le violazioni connotate da danno ambientale;

        b) semplicità e rapidità delle procedure volte alla verifica dell’adempimento agli ordini di fare;
        c) automaticità dell’estinzione delle violazioni amministrative in caso di ravvedimento operoso.

    4. Al fine di una compiuta ed efficiente attuazione dei piani di emersione, sentite la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le organizzazioni sindacali e di categoria, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, il CIPE adotta programmi di coordinamento e incentivazione delle attività delle autonomie locali finalizzati al risanamento ambientale, al recupero dei siti inquinati ed alla riqualificazione urbana, anche ai fini della regolarizzazione degli insediamenti produttivi esistenti.

Art. 3.

(Disposizioni di attuazione)

    1. Con decreto interministeriale sono determinati forma e contenuto della dichiarazione di emersione di cui all’articolo 1 e degli altri modelli di dichiarazione, in modo da garantire l’applicazione dell’incentivo fiscale a tassazione separata in caso di cumulo tra redditi agevolati ed altri redditi, nonché le modalità di pagamento delle imposte e delle contribuzioni sostitutive di cui all’articolo 1, commi 2, 3 e 4. Con lo stesso decreto sono approvate le istruzioni sulle modalità di presentazione delle dichiarazioni predette e sulle attività amministrative idonee a garantire adeguate forme di partecipazione delle organizzazioni sindacali e di categoria al fine di favorire l’emersione dell’economia sommersa.

    2. Le imposte e le contribuzioni sostitutive di cui all’articolo 1, commi 2, 3 e 4, non sono comunque compensabili e non sono deducibili ai fini della determinazione di alcuna imposta, tassa o contributo. Per l’accertamento, la riscossione, il contenzioso e le sanzioni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per le imposte sui redditi.
    3. L’imposta sostitutiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a), non genera credito di imposta in favore del socio, ai sensi dell’articolo 14 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e concorre a determinare l’ammontare di cui all’articolo 105, comma 1, lettera a), del predetto testo unico.
    4. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono determinate le regolazioni contabili degli effetti finanziari per lo Stato, le regioni e gli enti locali, conseguenti all’attuazione del presente Capo.

Capo II

INCENTIVI FISCALI PER
GLI INVESTIMENTI E LO SVILUPPO

Art. 4.

(Detassazione del reddito di impresa e di lavoro autonomo reinvestito)

    1. E’ escluso dall’imposizione del reddito di impresa e di lavoro autonomo il 50 per cento del volume degli investimenti in beni strumentali realizzati nel periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge successivamente al 30 giugno e nell’intero periodo di imposta successivo, in eccedenza rispetto alla media degli investimenti realizzati nei cinque periodi di imposta precedenti, con facoltà di escludere dal calcolo della media il periodo in cui l’investimento è stato maggiore.

    2. L’incentivo si applica anche alle spese sostenute per la formazione e l’aggiornamento del personale. A questo importo si aggiunge anche il costo del personale impegnato nell’attività di formazione e aggiornamento, fino a concorrenza del 20 per cento del volume delle relative retribuzioni complessivamente corrisposte in ciascun periodo di imposta. L’attestazione di effettività delle spese sostenute è rilasciata dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto nell’albo dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o in quello dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall’articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, ovvero dal responsabile del centro di assistenza fiscale.
    3. L’incentivo fiscale di cui ai commi 1 e 2 si applica anche alle imprese e ai lavoratori autonomi in attività alla data di entrata in vigore della presente legge, anche se con un’attività d’impresa o di lavoro autonomo inferiore ai cinque anni. Per tali soggetti la media degli investimenti da considerare è quella risultante dagli investimenti effettuati nei periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge o a quello successivo, con facoltà di escludere dal calcolo della media il periodo in cui l’investimento è stato maggiore.
    4. Per investimento si intende la realizzazione nel territorio dello Stato di nuovi impianti, il completamento di opere sospese, l’ampliamento, la riattivazione, l’ammodernamento di impianti esistenti e l’acquisto di beni strumentali nuovi anche mediante contratti di locazione finanziaria. L’investimento immobiliare è limitato ai beni strumentali per natura.
    5. I fabbricanti, titolari di attività industriali a rischio di incidenti rilevanti, individuate ai sensi del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, possono usufruire degli incentivi tributari di cui ai commi 1 e 2 solo se è documentato l’adempimento degli obblighi e delle prescrizioni di cui al citato decreto.
    6. L’incentivo fiscale è revocato se l’imprenditore o il lavoratore autonomo cedono a terzi o destinano i beni oggetto degli investimenti a finalità estranee all’esercizio di impresa o all’attività di lavoro autonomo entro il secondo periodo di imposta successivo all’acquisto, ovvero entro il quinto periodo di imposta successivo in caso di beni immobili.
    7. Per il secondo periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l’acconto dell’IRPEF e dell’IRPEG è calcolato, in base alle disposizioni della legge 23 marzo 1977, n. 97, assumendo come imposta del periodo precedente quella che si sarebbe applicata in assenza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2.
    8. Le modalità di applicazione dell’incentivo fiscale sono, per il resto, le stesse disposte con l’articolo 3 del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489.

Art. 5.

(Sostituzione di precedenti
agevolazioni fiscali)

    1. Le agevolazioni fiscali di cui alla tabella allegata alla presente legge sono soppresse, salvo quanto segue:

        a) i soggetti che nel periodo di imposta in corso alla data del 30 giugno 2001 abbiano già realizzato investimenti ed eseguito conferimenti in denaro o accantonamenti di utili a riserva assoggettati alla disciplina di cui all’articolo 2, commi da 8 a 13, della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive modificazioni, possono continuare a fruire dei relativi benefici, ovvero, in alternativa, optare per l’incentivo di cui all’articolo 4, comma 1, della presente legge. Il cumulo degli incentivi è comunque consentito per le spese sostenute per formazione e aggiornamento del personale, ai sensi dell’articolo 4, comma 2;

        b) i soggetti che alla data del 30 giugno 2001 abbiano già eseguito operazioni di variazione in aumento del capitale ai sensi del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 466, continuano a fruire dei relativi benefici. Il valore del patrimonio netto che si assume a questi fini da parte di persone fisiche, società in nome collettivo e società in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, anche per opzione irrevocabile, non può eccedere quello risultante dal bilancio relativo all’ultimo esercizio anteriore a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, salvi gli eventuali decrementi successivi. Gli stessi soggetti possono, in alternativa e per ciascun periodo di imposta, rinunciare ai predetti benefici optando per l’applicazione dell’incentivo di cui all’articolo 4, comma 1. Il cumulo degli incentivi è comunque consentito per le spese sostenute per la formazione e l’aggiornamento del personale, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, e, in ogni caso, quando l’imponibile assoggettato ad aliquota agevolata ai sensi del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.  466, è inferiore al 10 per cento dell’imponibile totale.

    2. I soggetti che effettuano investimenti ai sensi dell’articolo 8, commi 1, 2 e 3 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, possono continuare a fruire dei relativi benefici, ovvero, in alternativa e per ciascun periodo di imposta, rinunciare ai predetti benefici optando per l’applicazione dell’incentivo di cui all’articolo 4, comma 1. Il cumulo degli incentivi è comunque consentito per le spese sostenute per la formazione e l’aggiornamento del personale, ai sensi dell’articolo 4, comma 2.

    3. In deroga all’articolo 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, i redditi prodotti a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e fruenti delle agevolazioni contenute nel decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 466, e nell’articolo 2, commi da 8 a 13, della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive modificazioni, non rilevano ai fini della attribuzione del credito di imposta limitato sugli utili distribuiti ai soci di cui all’articolo 105, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917, e successive modificazioni.

Capo III

INNOVAZIONE

Art. 6.

(Nuove disposizioni in materia
di sottoscrizione del capitale sociale)

    1. La sottoscrizione del capitale delle società per azioni e delle società a responsabilità limitata può essere, in tutto o in parte, sostituita dalla stipula di una polizza di assicurazione. Le forme di equivalenza tra polizza stipulata e capitale sottoscritto, in quanto fondo di garanzia e parametro operativo, sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Sono esclusi da questa facoltà le banche e gli altri enti e società finanziari indicati nell’articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, e successive modificazioni, nonché le imprese di assicurazione.

Art. 7.

(Nuove regole sulla proprietà intellettuale di invenzioni industriali)

    1. Al regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) all’articolo 24, primo comma, le parole «o dell’Amministrazione pubblica» sono soppresse;

        b) dopo l’articolo 24 è inserito il seguente:

    «Art. 24-bis. -     1. In deroga all’articolo 23, quando il rapporto di lavoro intercorre con una università o con una pubblica amministrazione avente fra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca, il ricercatore è proprietario esclusivo dell’invenzione brevettabile di cui è autore. In caso di più autori, dipendenti delle università, delle pubbliche amministrazioni predette ovvero di altre pubbliche amministrazioni, l’invenzione appartiene a tutti in parti uguali, salvo diversa pattuizione. L’inventore deve dare comunicazione alla pubblica amministrazione dell’invenzione e presenta la domanda di brevetto.

    2. Le università e le pubbliche amministrazioni, nel rispetto della loro autonomia, stabiliscono l’importo massimo dei canoni, relativi a licenze a terzi, spettanti alla stessa università o alla pubblica amministrazione, ovvero a privati finanziatori della ricerca.
    3. In ogni caso, l’inventore ha diritto a non meno del cinquanta per cento dei proventi o dei canoni di sfruttamento del bene. Nel caso in cui le università o le amministrazioni pubbliche non provvedano alle determinazioni di cui al comma 2, alle stesse compete il 30 per cento dei proventi o canoni.
    4. Trascorsi cinque anni dalla data di rilascio del brevetto, qualora il ricercatore o i suoi aventi causa non ne abbiano iniziato lo sfruttamento industriale, la pubblica amministrazione di cui l’inventore è dipendente acquisisce automaticamente un diritto gratuito, non esclusivo, di sfruttare l’invenzione e i diritti patrimoniali ad essa connessi, o di farli sfruttare da terzi, salvo il diritto spettante all’inventore di esserne riconosciuto autore.».

Capo IV

SOPPRESSIONE DI ADEMPIMENTI
INUTILI E SEMPLIFICAZIONE

Art. 8.

(Soppressione dell’obbligo di numerazione e bollatura di alcuni libri contabili
obbligatori)

    1. L’articolo 2215 del codice civile è sostituito dal seguente:

    «Art. 2215. - (Modalità di tenuta delle scritture contabili). – I libri contabili, prima di essere messi in uso, devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e, qualora sia previsto l’obbligo della bollatura o della vidimazione, devono essere bollati in ogni foglio dall’ufficio del registro delle imprese o da un notaio secondo le disposizioni delle leggi speciali. L’ufficio del registro o il notaio deve dichiarare nell’ultima pagina dei libri il numero dei fogli che li compongono.

    Il libro giornale e il libro degli inventari devono essere numerati progressivamente e non sono soggetti a bollatura né a vidimazione.».
    2. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, concernente l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), l’articolo 39, primo comma, è sostituito dal seguente:

    «I registri previsti dal presente decreto, compresi i bollettari di cui all’articolo 32, devono essere tenuti a norma dell’articolo 2219 del codice civile e numerati progressivamente in ogni pagina, in esenzione dall’imposta di bollo. E’ ammesso l’impiego di schedari a fogli mobili o tabulati di macchine elettrocontabili secondo modalità previamente approvate dall’Amministrazione finanziaria su richiesta del contribuente.».
    3. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, l’articolo 22, primo comma, è sostituito dal seguente:
    «Fermo restando quanto stabilito dal codice civile per il libro giornale e per il libro degli inventari e dalle leggi speciali per i libri e registri da esse prescritti, le scritture contabili di cui ai precedenti articoli, ad eccezione delle scritture ausiliarie di cui alla lettera c) e alla lettera d) dell’articolo 14, devono essere tenute a norma dell’articolo 2219 del codice stesso e numerate progressivamente in ogni pagina, in esenzione dall’imposta di bollo. Le registrazioni nelle scritture cronologiche e nelle scritture ausiliarie di magazzino devono essere eseguite non oltre sessanta giorni.».
    4. All’articolo 16 della Tariffa, Parte I, annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, concernente la disciplina dell’imposta di bollo, come sostituita dal decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 1992, sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) alla lettera a) sono soppresse le parole: «libri di cui all’articolo 2214, primo comma, del codice civile;»;

        b) dopo la lettera a) è inserita la seguente: «a-bis) libri di cui all’articolo 2214, primo comma, del codice civile: per ogni cento pagine o frazione di cento pagine: L. 40.000»;
        c) alla colonna «Modo di pagamento», in corrispondenza della lettera a-bis), dopo il numero 2 è inserito il seguente:

    «2-bis. Da effettuarsi preventivamente in relazione alle pagine da utilizzare, con le modalità di cui al decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237.».

Art. 9.

(Semplificazione di adempimenti in vista dell’introduzione dell’euro)

    1. All’articolo 17 del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) al comma 5, il quarto periodo, è sostituito dal seguente: «Per l’iscrizione nel registro delle imprese, le delibere, anche se risultano da verbale non ricevuto da notaio, non sono soggette alla omologazione di cui al secondo comma dell’articolo 2411 del codice civile.»;

        b) al comma 10, è aggiunto in fine il seguente periodo: «Le operazioni di conversione in euro del capitale sociale possono essere deliberate dall’organo amministrativo secondo le stesse modalità di cui al comma 5.».

Art. 10.

(Rappresentanza dei contribuenti per la definizione dell’accertamento con adesione)

    1. All’articolo 7 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

    «1-bis. Il contribuente può farsi rappresentare da un procuratore munito di procura speciale, nelle forme previste dall’articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, ovvero, quando la procura è rilasciata ad un funzionario di un centro di assistenza fiscale, essa deve essere autenticata dal responsabile del predetto centro.».

Art. 11.

(Versamenti dell’addizionale comunale all’IRPEF e di altri tributi)

    1. L’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, e successive modificazioni, recante disposizioni in materia di addizionale comunale all’IRPEF, è sostituito dal seguente:

    «3. I comuni possono deliberare la variazione dell’aliquota di compartecipazione dell’addizionale da applicare a partire dall’anno successivo con deliberazione da pubblicare su un sito informatico individuato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, emanato di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell’interno, che stabilisce altresì le necessarie modalità applicative. L’efficacia della deliberazione decorre dalla pubblicazione sul predetto sito informatico. La variazione dell’aliquota di compartecipazione dell’addizionale non può eccedere complessivamente 0,5 punti percentuali, con un incremento annuo non superiore a 0,2 punti percentuali. La deliberazione può essere adottata dai comuni anche in mancanza dei decreti di cui al comma 2.».

    2. All’articolo 18 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, il primo periodo del comma 1 è sostituito dal seguente: «Le somme di cui all’articolo 17 sono versate entro l’ultimo giorno del mese di scadenza, e quelle scadenti nel mese di dicembre sono versate entro il giorno sedici di tale mese.».
    3. Le disposizioni di cui al comma 2 hanno effetto a decorrere dal 1º gennaio 2002.

Capo V

RIORGANIZZAZIONE
DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA

Art. 12.

(Gestione unitaria delle funzioni statali in materia di giochi e formazione del
personale)

    1. Al fine di ottimizzare il gettito erariale derivante dal settore, le funzioni statali in materia di organizzazione e gestione dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a premi e le relative risorse sono riordinate con uno o più decreti del Presidente della Repubblica, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sulla base dei seguenti criteri direttivi:

        a) eliminazione di duplicazioni e sovrapposizione di competenze, con attribuzione delle predette funzioni ad una struttura unitaria;

        b) individuazione della predetta struttura in un organismo esistente, ovvero da istituire ai sensi degli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

    2. I giochi, le scommesse ed i concorsi a premi di cui al comma 1 sono disciplinati tenendo anche conto dell’esigenza di razionalizzare i sistemi informatici esistenti, con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 16, comma 1, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 13 maggio 1999, n. 133. Le modalità tecniche dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a premi sono comunque stabilite con decreto dirigenziale. Sino alla data di entrata in vigore dei decreti emanati ai sensi del presente comma continuano ad applicarsi le disposizioni di legge e regolamentari vigenti.

    3. Il personale addetto alla gestione dell’imposta sulle successioni e donazioni, soppressa ai sensi del Capo VI la presente legge, è prioritariamente addetto alla realizzazione del piano straordinario di accertamento di cui all’articolo 1, comma 6, previa adeguata ed idonea formazione e riqualificazione a cura della Scuola superiore dell’economia e delle finanze, senza oneri finanziari per l’Agenzia delle entrate.
    4. Con le modalità previste dal comma 4 dell’articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dai commi 2 e 3 dell’articolo 67 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e dai regolamenti di amministrazione delle agenzie fiscali, nei confronti dei dirigenti e altri soggetti appartenenti alle strutture interessate dal riordino previsto dal presente articolo può essere disposto unilateralmente il passaggio ad altro incarico, fermo restando, fino alla scadenza del contratto, il trattamento economico previsto.

Capo VI

SOPPRESSIONE DELL’IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI

Art. 13.

(Soppressione dell’imposta sulle successioni e donazioni)

    1. L’imposta sulle successioni e donazioni è soppressa.

    2. I trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi, compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi, fatti a favore di soggetti diversi dal coniuge, dai parenti in linea retta e dagli altri parenti fino al quarto grado, sono soggetti alle imposte sui trasferimenti ordinariamente applicabili per le operazioni a titolo oneroso, se il valore della quota spettante a ciascun beneficiario è superiore all’importo di 350 milioni di lire. In questa ipotesi si applicano, sulla parte di valore della quota che supera l’importo di 350 milioni di lire, le aliquote previste per il corrispondente atto di trasferimento a titolo oneroso.

Art. 14.

(Esenzioni e riduzioni di imposta)

    1. Le disposizioni concernenti esenzioni, agevolazioni, franchigie e determinazione della base imponibile, già vigenti in materia di imposta sulle successioni e donazioni, si intendono riferite all’imposta dovuta per gli atti di trasferimento di cui all’articolo 13, comma 2.

Art. 15.

(Disposizioni di attuazione
e di semplificazione)

    1. In attesa della emanazione dei decreti previsti dall’articolo 69, commi 8 e 11, della legge 21 novembre 2000, n. 342, la dichiarazione di successione, con l’indicazione degli immobili e dei diritti immobiliari oggetto di successione, è presentata secondo le modalità stabilite dagli articoli 28 e seguenti del testo unico delle disposizioni relative all’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.

    2. Per gli immobili inclusi nella dichiarazione di successione l’erede ed i legatari non sono obbligati a presentare la dichiarazione ai fini dell’imposta comunale sugli immobili (ICI). L’ufficio presso il quale è presentata la dichiarazione di successione ne trasmette una copia a ciascun comune nel cui territorio sono ubicati gli immobili.

Art. 16.

(Disposizioni antielusive)

    1. Il soggetto che trasferisce, per donazione o per altra liberalità tra vivi, valori mobiliari inclusi nel campo di applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, nel caso in cui il beneficiario della liberalità, ovvero un suo avente causa a titolo gratuito, ceda i valori stessi entro i successivi cinque anni, è tenuto al pagamento dell’imposta sostitutiva, calcolata come se la donazione non fosse stata fatta, con diritto allo scomputo dall’imposta sostitutiva delle imposte eventualmente assolte ai sensi dell’articolo 13, comma 2.

    2. In caso di trasferimento a titolo di successione per causa di morte o di donazione dell’azienda o del ramo di azienda, con prosecuzione dell’attività di impresa, i beni e le attività ceduti sono assunti ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa.
    3. Le disposizioni antielusive di cui all’articolo 69, comma 7, della legge 21 novembre 2000, n. 342, si applicano con riferimento alle imposte dovute in conseguenza dei trasferimenti a titolo di donazione o altra liberalità.

Art. 17.

(Applicazione delle nuove disposizioni)

    1. Le disposizioni di cui al presente Capo si applicano alle successioni per causa di morte aperte e alle donazioni fatte successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

    2. Il termine di cui all’articolo 56-bis, comma 3, del testo unico delle disposizioni relative all’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, per effettuare la registrazione volontaria delle liberalità indirette e delle donazioni fatte all’estero a favore di residenti, con l’applicazione dell’imposta di registro nella misura del 3 per cento sull’importo che eccede la franchigia indicata all’articolo 13, comma 2, è prorogato al 30 giugno 2002.

Art. 18.

(Copertura finanziaria)

    1. Agli oneri derivanti dalla presente legge, valutati in lire 90 miliardi per l’anno 2002, in lire 2.469 miliardi per l’anno 2003 e in lire 298 miliardi per l’anno 2004, si provvede mediante utilizzo di corrispondente quota delle maggiori entrate recate, per gli anni 2001 e 2002, dal Capo II della presente legge, che confluiscono, con esclusione di 90 miliardi di lire relativi all’anno 2002, in apposita contabilità speciale denominata «Fondi per il rilancio dell’economia» intestata al Ministero dell’economia e delle finanze – dipartimento per le politiche fiscali, per essere riversate all’entrata del bilancio dello Stato negli anni 2003 e 2004.

 

 

 

Tabella
(articolo 5, comma 1)

        1) Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 466, recante «Riordino delle imposte personali sul reddito al fine di favorire la capitalizzazione delle imprese, a norma dell’articolo 3, comma 162, lettere a), b), c), d) ed f), della L. 23 dicembre 1996, n. 662»;

        2) Legge 13 maggio 1999, n. 133, contenente «Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale»: articolo 2, commi da 8 a 13;
        3) Decreto legislativo 23 dicembre 1999, n. 505, concernente modifiche al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 466: articolo 12;
        4) Legge 21 novembre 2000, n. 342, concernente «Misure in materia fiscale»: articolo 3, commi 1 e 2;
        5) Legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernente «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)»: articolo 6, commi 4, 5 e 24;
        6) Legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernente «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)»: articolo 9;
        7) Legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernente «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)»: articolo 145, commi 74 e 95;
        8) Decreto legislativo 18 gennaio 2000, n. 9, concernente «Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi n. 463/1997 e n. 466/1997 inerenti, rispettivamente, l’utilizzazione di procedure telematiche per la semplificazione degli adempimenti tributari in materia di atti immobiliari e di ulteriori interventi di riordino delle imposte personali sul reddito al fine di favorire la capitalizzazione delle imprese»: articolo 2.

 

FINE TESTO DDL


 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

———– XIV LEGISLATURA ———–

N. 374

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal Ministro dell’economia e delle finanze

(TREMONTI)

dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti

(LUNARDI)

dal Ministro delle attività produttive

(MARZANO)

e dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio

(MATTEOLI)

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 LUGLIO 2001

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Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti industriali strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive

———–

Onorevoli Senatori. – Lo schema di disegno di legge si compone di tre capi concernenti:
        a) (legge obiettivo) individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti industriali strategici;

        b) la denuncia di inizio attività in materia edilizia;
        c) modifiche al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, in materia di residui di imballaggi.

Capo I

LEGGE «OBIETTIVO»

    1. Da circa trenta anni non si realizzano, in Italia, grandi opere pubbliche. All’estero avviene l’opposto. Restando così, il nostro Paese, invece di modernizzarsi, si isola e progressivamente declina.

    Dopo l’unità d’Italia, e sulla base di una apposita legislazione, sono state realizzate le «grandi opere di unificazione» del Paese. Ora lo scenario è cambiato:

        a) servono grandi opere, oltre che di unificazione, di apertura del Paese al crescente traffico europeo;

        b) serve una legislazione speciale per realizzarle, perché quella esistente è paralizzante;
        c) in questa strategia, un ruolo-chiave può (e deve) essere giocato, oltre che dallo Stato, dalle regioni e dal coordinamento delle regioni interessate.

    Dati questi obiettivi, lo strumento per realizzarli è costituito dalla «legge-obiettivo», base della necessaria strategia di modernizzazione del Paese.

    L’introduzione all’interno dell’ordinamento giuridico italiano di questo nuovo strumento è l’oggetto specifico della presente proposta di legge. Si tratta di uno strumento radicalmente innovativo, capace di superare la situazione attuale, che si configura in termini oggettivamente paradossali:

        a) il bisogno di interventi è fuori discussione. Basti pensare al traffico;

        b) a monte, c’è disponibilità di capitali, pubblici e soprattutto privati, mobilizzabili con la tecnica del project financing;
        c) a valle, si possono attivare, e su vastissima scala, gli appalti, perché c’è ampia disponibilità di risorse industriali (asset, know-how,eccetera);
        d) il deficit si trova fuori dall’economia ed è, insieme, un deficit politico ed un deficit giuridico.

    Un deficit politico. Sono finora mancate una visione politica d’insieme, il coraggio per pensare in grande, un disegno per riaprire il territorio del Paese ai grandi e crescenti flussi del traffico europeo.

    E poi c’è il deficit giuridico. È finora mancato, all’interno dell’ordinamento giuridico italiano, uno strumento giuridico funzionale al raggiungimento di grandi obiettivi di modernizzazione strutturale. All’opposto, il territorio è disseminato di paralizzanti, vischiosi e paludosi ostacoli giuridici.
    È così che un consiglio di quartiere può bloccare un comune, un comune può bloccare una provincia, una provincia può bloccare una regione, una regione può bloccare lo Stato. Un teatro in cui gli ostacoli giuridici e, intorno a questi, le più varie forme del particularisme politico, si sommano sistematicamente in un gioco «a somma zero».
    È così che abbiamo i difetti, senza i pregi, tanto del centralismo quanto del localismo. E, si noti, questo non è «federalismo», ma la sua caricatura; ovvero il suo opposto. Perché il federalismo non è chiusura ma, all’opposto, apertura dei territori alla più intensa possibile circolazione delle persone, delle merci, delle idee. E poi, ancora, il federalismo è concorso efficiente al disegno di modernizzazione, insieme con lo Stato, delle regioni interessate e, se necessario in funzione dell’estensione geografica delle opere, del loro coordinamento. È anche per questa ragione che il coordinamento tra regioni costituisce, nel nostro disegno politico generale, la forma nuova, più moderna e più vitale, di un «federalismo» che intendiamo anche come strumento di governo della modernizzazione.
    2. La legge «obiettivo», il nuovo strumento giuridico che proponiamo di introdurre all’interno dell’ordinamento giuridico italiano, è costruita in una logica radicalmente innovativa. Mirati gli obiettivi (si prevede in particolare di identificarli, anno per anno, in un elenco da inserire nella legge finanziaria); la legge «obiettivo» consente di superare tutti gli ostacoli giuridici e, conseguentemente, di realizzare concretamente e velocemente i progetti-obiettivo.
    Nella logica della legge «obiettivo», la legittimità politica e giuridica dell’opera è, infatti, nell’opera in sé, in quanto identificata come obiettivo strategico. Tutte le altre leggi, causa sistematica di ostacolo, vengono conseguentemente disapplicate. Restano fermi solo i princìpi comunitari, i princìpi costituzionali, ed i princìpi del codice penale.
    La previsione di una delega per introdurre una legislazione diversa da quella vigente, e quanto più possibile «snella» e veloce, mira all’obiettivo di rispettare i vincoli comunitari con il possibile minore effetto di immobilizzo a carico dell’economia italiana.
    3. Va aggiunto che lo schema operativo su cui proponiamo di muoverci non è quello «dirigista», dello «Stato-appaltatore». L’intervento pubblico deve essere infatti limitato al «design» politico delle opere, ed al controllo sulla loro realizzazione, che deve essere operato soprattutto a livello di regione, ovvero sulla base del coordinamento delle regioni interessate. In questa logica, le opere possono essere finanziate e realizzate dall’iniziativa privata e prevalentemente dal capitale privato.
    Non si esclude ovviamente «a priori» l’utilizzo anche di capitale pubblico. Ma, in questi termini, lo sforzo erariale può essere razionalmente selezionato e contenuto in dimensioni pienamente sostenibili. Un conto è infatti, per l’erario, sostenere tout court l’onere di un investimento integralmente pubblico; un conto è sostenere, con la leva pubblica, solo l’onere finanziario per gli interessi dovuti al servizio di un piano di finanziamento costruito con la tecnica del project financing. In questa logica, tra l’altro, possono essere mobilizzati (e non sprecati) i fondi comunitari.
    In ogni caso, la nostra idea di opera pubblica non è idea di opera fatta dalla «mano pubblica», ma più modernamente idea di opera fatta al servizio del pubblico.
    Questa, per noi, è la «governance» moderna. Ed è su questa che chiediamo il voto ed il giudizio degli elettori. Con una specifica. Nell’economia del nostro progetto, il disegno politico di modernizzazione del Paese non si ferma alle infrastrutture «viarie». Nell’economia di un disegno politico di modernizzazione del Paese, da operare su vasta scala, sono infatti essenziali anche l’ampliamento degli aeroporti e dei porti, e lo sviluppo dei grandi sistemi di collegamento informatico.
    È su questa base, una base in cui prende forma la prima fase strategica del nostro progetto, che si può passare alla seconda fase, identificando le aree di insediamento industriale, del sud e del nord, in cui concentrare lo sforzo di modernizzazione produttiva del Paese. Fermo restando che il lancio su vasta scala di una strategia di «grandi opere» è già di per sé, per gli «effetti-volano» che produce, un fortissimo motore di sviluppo economico del Paese.
    4. Più in dettaglio, la logica politica e giuridica della nostra proposta si sviluppa nei seguenti termini.
    In un famoso passo di Kant, il sovrano si rivolge al mercante e, con atteggiamento benevolo e disponibile, gli chiede: «Cosa posso fare per voi?». Il mercante risponde: «Maestà, dateci moneta buona e strade sicure, al resto pensiamo noi».
    Attualizzando e venendo all’Italia: abbiamo l’euro, che è moneta buona, ma le «strade» italiane non sono affatto buone. Intese le «strade» come simbolo delle grandi opere pubbliche. Quelle che «modernamente» si chiamano «infrastrutture».
    Lo strumento che qui si propone di utilizzare, la legge «obiettivo», non esaurisce certo la sua funzione nel campo delle infrastrutture. Si tratta infatti di uno strumento che può essere positivamente utilizzato per una vastissima gamma di interventi pubblici. Ma certo le infrastrutture ne sono un campo di applicazione prioritario e fortemente simbolico.
    In materia di infrastrutture, il caso italiano è in realtà, e come si è premesso, davvero un caso paradossale. Nei Paesi in via di sviluppo, le «infrastrutture» non si fanno, per carenza di risorse finanziarie ed industriali, non certo per mancanza di volontà politica. In Italia le infrastrutture non si fanno, ma per la ragione opposta: ci sono le risorse finanziarie ed industriali, ma manca la forza «politica» per farle e, per suo conto, l’«ambiente» giuridico sembra fatto apposta per bloccarle.
    Il deficit italiano è in specie, oltre che un deficit politico, un deficit istituzionale. Per come è attualmente strutturato (destrutturato), infatti, il sistema amministrativo italiano non solo è incapace (in positivo) di mobilizzare le risorse disponibili, mirandole ad obiettivi di sviluppo, ma – ciò che è ancora peggio – è capace (in negativo) di bloccare ogni tentativo di sviluppo. È così che si formano e crescono, nell’opinione pubblica, l’anti-Stato e l’anti-politica: se lo Stato non fa neppure quel «minimo» richiesto dal mercante di Kant; peggio, se impedisce ai privati di farlo, allora viene davvero naturale chiedersi: a cosa serve lo Stato; perché si pagano le tasse?
    In Italia il crescente astensionismo dal voto non è, come nel resto d’Europa, un segno di fiducia nello Stato, ma all’opposto proprio un segno di disgusto. E, se lo Stato non trova presto il modo di cambiare, al posto dell’astensionismo verrà la secessione dal voto. Che è ancora peggio, perché è secessione dagli ideali e dall’idea stessa del Paese.
    In questi termini, la nostra proposta va radicalmente in controtendenza. È una occasione per dimostrare concretamente che ancora c’è una ragione d’essere dello Stato. È un modo per soddisfare la domanda che viene dal Paese: che non vuole l’assenza dello Stato, ma che all’opposto domanda «governance».
    È questa la ragione per cui qui si propone l’utilizzo di uno strumento giuridico radicale, come certamente è la legge «obiettivo». Infatti, o il sistema trova al suo interno la forza per superare lo stallo, o ne viene travolto. È per questo che si deve fare ricorso alla legge «obiettivo»: perché è l’unico strumento capace di concretare, nell’«ambiente» istituzionale italiano, il modello giuridico (kantiano) dell’imperativo pragmatico, caratterizzato dalla prevalenza empirica del fine sul mezzo: dato un fine obiettivo, il mezzo va (può essere) adeguato.
    E’ certo vero che, nella meccanica propria di norme di legge di questo tipo, è implicito ed evidente il carattere dell’autoritarietà. Ma è anche e soprattutto vero, ed empiricamente provato, che non esistono altri strumenti per ricostruire quella linea di potere che è essenziale insieme per la modernizzazione e per lo sviluppo del Paese. Potere che è peraltro bilanciato, ed anzi reso ancora più efficiente, dal correttivo positivo costituito dalle regioni e dal coordinamento delle regioni interessate.
    L’effetto che si produce con questo strumento è infatti l’esatto opposto di quell’anarchia, asistematica e paralizzante, che è attualmente «vigente», e che blocca «giuridicamente» lo sviluppo del Paese, o lo limita, costringendolo fuori dalla legge.
    In specie, non è vera la tesi demagogica secondo cui soluzioni legislative del tipo qui proposto contengono in sé un surplus di «centralismo» ovvero un deficit di democrazia e/o di giustizia perché superano d’un colpo gli sbarramenti assemblearistici o giuridici.
    All’opposto, proposte di politica legislativa di questo tipo:

        a) realizzano il federalismo, nel doppio senso che:
            1) aumentano i collegamenti e perciò favoriscono l’autonomo sviluppo dei territori. Il federalismo non è infatti localismo e/o isolazionismo, ma l’opposto: solo aprendosi, i territori possono infatti acquistare e sviluppare gradi crescenti di «libertà»;

            2) vengono realizzate, in molti casi (soprattutto in caso di infrastrutture locali), soprattutto su impulso «periferico». Possono infatti essere soprattutto i territori che si attivano e si organizzano per promuovere specifiche infrastrutture di loro specifico interesse, promuovendo comitati per le leggi-obiettivo, organizzando la sottoscrizione delle emissioni obbligazionarie al servizio della costruzione delle infrastrutture identificate come interessanti, eccetera. Resta fermo infine, e decisivamente, il ruolo fondamentale assegnato alle regioni ed al coordinamento delle regioni interessate;

        b) non contrastano con le politiche ambientali. All’opposto. Infatti, a parità di numero dei veicoli in circolazione, il blocco in coda (oltre a bruciare ore di lavoro, chance in affari, eccetera) inquina enormemente più del movimento.

    Non solo, sempre a parità di traffico, la circolazione dei veicoli esplosa nella rete viaria ordinaria, all’interno dei centri storici, nel verde residuo, eccetera, è molto più devastante della concentrazione del traffico su di un solo asse autostradale, dove tra l’altro possono essere attrezzate le maggiori possibili protezioni ambientali;
        c) sono infine del tutto democratiche. La democrazia non consiste infatti nell’irresponsabilità dei troppi centri di potere, diffusi sul territorio ed attivi solo nel senso del veto reciproco. All’opposto, se si vuole conservare la fiducia nello Stato, bisogna dimostrarne in positivo l’utilità, nella forma di una reale capacità di «governance». Ed è poi su questa che, democraticamente, si vota. Se le forze politiche trovano la forza per approvare ed applicare strumenti di questo tipo, poi invariabilmente vengono sottoposte concretamente – nella logica alternativa del premio o della «punizione» – al giudizio democratico fondamentale, che è il giudizio elettorale.

    5. Ci sono fasi in cui l’ordinamento giuridico ordinario non è più sufficiente. Nel momento presente, e nel caso dell’Italia, ciò è evidente per una ragione paradossale, opposta rispetto a quella normale.

    L’ordinamento giuridico italiano nella sua forma «vigente» non basta più, non perché ce n’è poco, ma all’opposto perché ce n’è troppo. È in questo contesto che emerge quella che Saverio Vertone definisce (giustamente) come la «catastrofe amministrativa che ha colpito il Paese».
    Abbiamo in realtà, come si è premesso, in Italia, i difetti senza i pregi del centralismo. I difetti, senza i pregi, del localismo. In specie, si ripete, all’interno delle istituzioni italiane, un consiglio di quartiere può bloccare un comune, un comune può bloccare una provincia, una provincia può bloccare una regione, una regione può bloccare lo Stato. Senza contare la casistica, ancora più efficace nella meccanica dell’interdizione, dell’assemblearismo, del movimentismo più o meno «spontaneo», del corporativismo, del situazionismo, della proiezione negativa dell’interesse particolare su quello generale.
    6. La soluzione non si trova negli strumenti normali, offerti dall’ordinamento vigente. Con questi, come è provato dall’esperienza degli ultimi due decenni, ogni tentativo positivo è infatti destinato ad impantanarsi. La soluzione può essere trovata solo procedendo per linee di rottura, e dunque fuori dall’ordinamento vigente, costituendo un ordinamento superiore.
    Più specificamente, la soluzione può essere trovata nel rispetto dei princìpi giuridici fondamentali e generali (che pure in qualche modo ancora sopravvivono all’interno della pletora delle norme vigenti), ma disapplicando l’universo delle norme specifiche e particolari. In specie, disapplicando quella massa di norme che, soprattutto nel corso degli ultimi due decenni, con il trionfo post-sessantotto delle ideologie e delle tecniche assembleariste, si sono accumulate e stratificate intorno ai princìpi generali dell’ordinamento, oscurandone la fondamentale ragione d’essere.
    Nel caso delle infrastrutture, i princìpi generali sono essenzialmente quelli contenuti nella Costituzione (ad esempio, il diritto all’indennizzo, in caso di esproprio), nella normativa comunitaria (ad esempio, in materia di appalti), infine nel codice penale (ad esempio, non rubare sugli appalti).
    Le norme specifiche o particolari, da disapplicare, sono, per differenza, tutte le altre, che hanno rotto la naturale e necessaria uniformità dell’ordinamento giuridico, frantumandolo nell’asistematicità puntiforme e casuale del particularisme di infiniti paralizzanti localismi, di estenuanti «egoismi» politici. Come in un nuovo medioevo, in cui al posto dei vincoli derivanti dagli antichi usi e superstizioni naturali si trovano superstizioni «sociali» di tipo nuovo, ma in realtà ancora più oscure, irrazionali e paralizzanti di quelle vecchie.
    È proprio in questi termini che, ancora una volta, la questione dello sviluppo viene ad intrecciarsi con la questione del diritto. Non è un caso (è anzi per questo) che, nella storia, i cambiamenti strutturali si sono sempre manifestati come cambiamenti giuridici del vecchio ordine, basati su forti scelte di politica legislativa.
    Nel mondo giuridico, lo schema di base della legge «obiettivo» è in particolare rappresentato dalla legge speciale. Ed è essenzialmente basato sul criterio della deroga.
    Normalmente, è speciale la legge che non è programmaticamente «generale». La legge speciale è, in particolare, speciale:

        a) in funzione di eventi straordinari di carattere naturale (ad esempio, calamità naturali) o di carattere sociale (ad esempio, lo stato d’assedio);

        b) ovvero in funzione del suo specifico campo di applicazione.

    È proprio in questi ultimi termini che la legge «obiettivo» è una legge speciale, in quanto mirata ad un obiettivo e conseguentemente definita per campo di applicazione.

    Finora (soprattutto nella storia italiana più recente) il ricorso alla legislazione speciale è stato motivato da ragioni di ordine sociale (ad esempio, legislazione anti-criminalità organizzata).
    Qui in particolare la proposta (la relativa novità) è di (tornare ad) utilizzare questo strumento «specializzandolo» in funzione delle infrastrutture. Mirandolo cioè ad obiettivi operativi, costituiti appunto da specifiche infrastrutture.
    In questi termini, il «fulcro» della legge «obiettivo» è costituito dall’infrastruttura, identificata e definita nelle sue specifiche tecniche, anno per anno, in sede di legge finanziaria.
    7. Dato questo obiettivo ed in funzione di questo obiettivo, lo strumento normativo che si introduce è quello di una delega, precisa su obiettivi e criteri, definiti come sopra, pienamente rispettosa dei principi delle autonomie, dei principi di tutela dell’ambiente, dei diritti dei cittadini, efficace nel suo meccanismo operativo ed economico.
    In particolare l’articolo 1, comma 1, dispone che, al fine della modernizzazione e dello sviluppo del Paese, entro il 30 giugno di ogni anno, il Governo individua, sulla base di un programma inserito nel DPEF e comunicato alla Conferenza unificata, le infrastrutture e gli insediamenti industriali strategici da realizzare, attraverso la loro indicazione in un provvedimento legislativo collegato alla legge finanziaria, con l’indicazione anche dei finanziamenti occorrenti.
    Conseguentemente con i commi 2 e 4 sono previste due deleghe al Governo per l’emanazione di decreti legislativi per l’introduzione di un regime speciale per la realizzazione degli obiettivi suddetti.
    La prima delega contenuta nel comma 2, da attuare entro 6 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, mira ad un riordino, nel settore delle opere strategiche, del complesso della disciplina dei lavori pubblici secondo nuovi principi e criteri direttivi aventi lo scopo di accelerare la realizzazione delle opere e di sottrarle in parte al regime «panpubblicistico» della legge Merloni (legge 11 febbraio 1994, n. 109), fermo il rispetto degli obblighi comunitari in tema di evidenza pubblica e concorrenza. La filosofia della delega si articola nel modo seguente:

        1) generalizzazione dello strumento del project financing ove possibile, scelta in linea con l’attuale situazione dei bilanci pubblici nell’età della crisi del welfare state;

        2) semplificazione delle procedure per l’approvazione dei progetti preliminari e, ove occorra, della valutazione di impatto ambientale e per la definizione delle procedure necessarie per la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza;
        3) attribuzione al CIPE, integrato con la presenza dei Presidenti delle regioni interessate, del compito di approvazione del progetto definitivo e di vigilanza sull’esecuzione dei progetti approvati, avvalendosi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nonché, eventualmente, anche di una struttura tecnica di advisor e di commissari straordinari che operano con gli stessi poteri previsti per analoghi organi istituiti con l’articolo 13 del decreto-legge n. 67 del 1997 concernente interventi urgenti per favorire l’occupazione;
        4) disciplina di una speciale conferenza di servizi per le varianti migliorative al progetto sulla base delle proposte delle amministrazioni competenti da acquisire entro il termine perentorio di 90 giorni; le decisioni della conferenza sono sostitutive di tutti i provvedimenti concessori e autorizzatori;
        5) definizione (in ottemperanza all’articolo 1 della direttiva 93/37 CEE) con norma, che costituisce il fulcro della riforma, del soggetto attuatore come contraente generale avente caratteristiche tali che lo liberano dal rispetto «a valle» delle norme relative all’evidenza pubblica;
        6) introduzione di una normativa derogatoria alla legge quadro sui lavori pubblici per tutti gli aspetti non caratterizzati da una disciplina comunitariamente vincolata;
        7) introduzione di forme di tutela solo risarcitoria per equivalente, al fine di rendere più rapida la realizzazione dell’opera dopo la stipula del contratto;
        8) previsione di rapide procedure di collaudo anche con ricorso a strutture esterne.

    La seconda delega, contenuta nel comma 4 e da attuare entro 4 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, è limitata all’anno 2002 in attesa della disciplina di riordino, per l’esigenza di consentire immediatamente l’avvio dei lavori per i quali già vi sono progetti in stato di avanzata formulazione. La delega prevede la possibilità di approvare le opere con provvedimento di legge, previo parere favorevole del CIPE, integrato con la presenza dei Presidenti delle regioni interessate. Si tratta quindi dell’adozione di leggi-provvedimento aventi un contenuto concreto, ma temporaneo ed eccezionale. In tal senso deve ritenersi costituzionalmente compatibile il ricorso eccezionale al provvedimento legislativo ai fini dell’approvazione e localizzazione delle opere, anche per il carattere strategico, ai fini dello sviluppo nazionale, delle opere medesime.

Capo II

LIBERALIZZAZIONE DELLE
RISTRUTTURAZIONI DI IMMOBILI

    1. Lo spirito di questo provvedimento si sintetizza in una formula semplice: «padroni a casa nostra!».

    Rispettando le facciate esterne ed i volumi, le ristrutturazioni interne agli edifici sono liberalizzate, sul presupposto della semplice denunzia di inizio di attività.
    E’ un principio già contenuto nella normativa varata da alcune regioni, ed in parte già contenuto nel (futuro) testo unico delle disposizioni in materia edilizia, di cui questa normativa costituisce dunque una parziale anticipazione ed estensione.
    2. La presente proposta si basa su di un presupposto essenziale: meno controlli formali e più controlli sostanziali.
    Ne deriva che:

        a) l’attività di esame e di istruttoria dell’amministrazione deve concentrarsi su interventi complessi, che necessitano di un attento esame per la definizione finale del progetto proposto;

        b) una volta che il piano ha disciplinato tutti i parametri urbanistici, la definizione degli aspetti edilizi può essere rimessa al titolare della domanda di intervento coadiuvato dal progettista;
        c) l’autocertificazione responsabilizza il proprietario ed il progettista e consente di superare concretamente gli ostacoli burocratici;
        d) il sistema dell’autocertificazione dovrebbe portare anche ad una riduzione delle domande di concessione e conseguentemente al rispetto dei tempi per il rilascio della stessa, nonché ad un miglioramento della qualità dei progetti, considerato anche che le ultime leggi hanno di fatto abolito le commissioni edilizie, che non garantivano certo la qualità architettonica degli interventi, ma erano solo il luogo per dispute interpretative sulle prescrizioni di piano.

    In definitiva, gli effetti positivi della proposta si evidenziano proprio nel miglioramento del rapporto tra amministrazione e cittadini, ispirato ad un nuovo senso di collaborazione e confronto.

    3. In dettaglio, si prevede di sottoporre a denuncia di inizio attività (DIA) non solo tutte le opere già indicate dalla legge n. 662 del 1996 e successive modifiche, ma anche quelle, ad oggi soggette ad autorizzazione edilizia, così realizzando una forma di omogeneizzazione tra le diverse previsioni delle leggi regionali che autonomamente hanno introdotto l’autorizzazione per particolari opere, non previste dal legislatore statale.
    In più, possono entrare nel campo di applicazione della DIA interventi che non producono effetti urbanistici rilevanti, quali gli ampliamenti degli edifici esistenti e l’attività di demolizione e ricostruzione di analogo edificio.
    Inoltre, sul presupposto che l’amministrazione abbia già definito le condizioni urbanistiche di riferimento, possono essere realizzati con DIA anche gli interventi in diretta esecuzione del piano regolatore e delle sue puntuali prescrizioni (le costruzioni singole), nonché interventi ricompresi in piani attuativi accompagnati da un plano-volumetrico, che definisca compiutamente le tipologie e le caratteristiche costruttive, residuando così soltanto la progettazione edilizia dei singoli lotti.
    In proposito, è da notare che molto spesso i piani regolatori delle nostre città sono stati criticati per essere troppo dettagliati, prescrivendo i particolari costruttivi quasi con una forma di esasperazione.
    In questo caso la critica, da tutti condivisa, può essere invocata come garanzia per la conformità della successiva denuncia di inizio attività, che pertanto si muove entro ambiti ben definiti, che non lasciano spazi ad arbitrarie discrezionalità.
    Una considerazione particolare meritano gli immobili vincolati.
    Una volta acquisita l’autorizzazione da parte dell’organo istituzionalmente preposto alla tutela del vincolo, che può rilasciare o negare tale assenso, ovvero imporre prescrizioni, non esiste alcun ostacolo all’applicazione anche a tali immobili della procedura di DIA, in assenza di tipologie di interventi ricompresi nel campo di applicazione della stessa.
    La garanzia di tutela è assicurata dall’autorizzazione preventiva, non dal successivo procedimento edilizio.
    Si introducono, infine, due chiarimenti che sgombrano il campo da equivoci:

        a) una denuncia di inizio attività in contrasto con gli strumenti urbanistici è come se non fosse stata presentata, per cui in caso di esecuzione dei lavori, gli stessi sono da considerare abusivi;

        b) se si ricorre alla DIA, in luogo della concessione edilizia, si applica il regime sanzionatorio che prevede le sanzioni penali con le aggravanti fissate per le zone vincolate.

    Conseguentemente con l’articolo 2 si introducono importanti innovazioni in materia edilizia, finalizzate ad ampliare l’ambito di operatività del più agile strumento della denuncia di inizio attività che troverà applicazione in relazione ad ipotesi di interventi edilizi per la cui realizzazione la normativa attualmente in vigore prevede il rilascio di appositi atti concessori da parte dell’autorità amministrativa dell’ente territoriale competente.

    In particolare è subordinata unicamente alla denuncia di inizio attività la realizzazione di sopralzi e addizioni, ampliamenti, ristrutturazioni edilizie comprensive di demolizioni e ricostruzioni e nuove edificazioni direttamente esecutive del PRG o del piano attuativo comprensivo delle disposizioni plano-volumetriche.
    Le regioni a statuto ordinario (nelle quali le disposizioni in argomento si applicano a decorrere dal novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge) possono stabilire, con legge, quali siano gli interventi sottoposti ad appositi atti concessori o autorizzatori. Resta, invece, salva la potestà legislativa esclusiva in materia delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.

Capo III

SOPPRESSIONE DI ADEMPIMENTI BUROCRATICI INUTILI A CARICO DELLE IMPRESE

    1. Il sistema delle imprese ha bisogno di poche e semplici leggi, di procedure applicative semplici, che consentano alle imprese di svolgere fino in fondo il loro compito: creare ricchezza, aumentare l’occupazione.

    Anche in materia ambientale, le norme di rispetto del territorio e della salute dei cittadini devono essere formulate in modo da consentire alle imprese di rispettarle correttamente e razionalmente. Oggi, invece, prevalgono la confusione, la complessità, l’eccesso di burocrazia, l’accanimento sanzionatorio.
    Certamente la difesa dell’ambiente e della sicurezza del lavoro sono principi condivisi ed indiscussi. Ma l’iperproduzione legislativa, e gli eccessi burocratici, più che determinare certezze, finiscono soltanto per alimentare dubbi, disorientando cittadini e imprenditori.
    Senza dubbio in materia di tutela ambientale e di sicurezza sul lavoro c’è un eccesso di fonti normative: al 30 settembre 2000 erano 962.
    Negli ultimi 5 anni sono aumentate del 37 per cento, con un’impennata del 29 per cento a partire da settembre 1998.
    Tante leggi finiscono inevitabilmente per diventare confuse e contraddittorie.
    Al punto che neanche la Pubblica Amministrazione sa come applicarle e farle rispettare.
    A pagarne le conseguenze sono gli imprenditori, troppo spesso puniti ingiustamente, o per semplici errori formali.
    Basti pensare che le 500.000 imprese italiane interessate da tutto l’iter gestionale dei rifiuti devono compilare ogni anno 3 milioni di moduli, impiegando 50 milioni di ore di lavoro e spendendo 1.400 miliardi.
    Registri, formulari, moduli di denuncia annuale, devono essere acquistati, vidimati, compilati con numeri incrociati e conservati.
    Quanto poi al settore del trasporto di rifiuti, è stato introdotto un apposito Albo con procedure di iscrizione tra le più complesse dell’ordinamento italiano.
    Per il solo rinnovo dell’iscrizione, cioè per continuare un’attività già in essere, è necessario rifare tutte le perizie, i certificati, le garanzie finanziarie e le attestazioni di acquisita professionalità già prodotte per la prima iscrizione.
    2. Il senso delle innovazioni proposte consiste proprio nello snellire e semplificare i passaggi amministrativi contenuti in uno dei principali atti legislativi che disciplinano la materia ambientale: il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, concernente la gestione dei rifiuti.
    Lo si fa riducendo il numero di imprese tenute ad alcuni obblighi, operando una selezione degli adempimenti strettamente necessari alla migliore effettuazione dei controlli, razionalizzando la materia in modo che la stessa impresa sia sollevata da incombenze che ne riducono la competitività.
    Per quanto riguarda la denuncia annuale dei rifiuti, si sono selezionati i soggetti tenuti all’obbligo, identificando solo quelli che professionalmente gestiscono i rifiuti, ottenendo così maggiore affidabilità dei dati e ricostruendone il percorso in modo più veritiero.
    Ciò produce, tra l’altro, un risparmio per il sistema economico valutabile intorno ai 50 miliardi l’anno per le sole spese relative all’invio della denuncia; si tratta di una semplificazione che beneficia non meno di 500.000 imprese interessate.
    Inoltre, con l’istituzione dei registri di carico e scarico dei rifiuti pericolosi, si mantengono gli obblighi solo sulle imprese che possono causare danni ambientali, anche qui semplificando gli adempimenti per circa 500.000 imprese, per lo più di piccola dimensione e imprese artigiane.
    Si è inoltre adeguata la legge italiana alle norme comunitarie, in questo ambito meno stringenti.
    Per spingere oltre la semplificazione, si prevede poi la facoltà di tenere i registri stessi presso strutture specializzate, che garantiscono una maggiore affidabilità tecnica ed un controllo professionale. La quantificazione del risparmio risulta qui più difficile, ma sul piano qualitativo la semplificazione va a toccare non meno di 1.000.000 di imprese ed è quindi certamente rilevante.
    Vi sono poi misure mirate a migliorare la gestione dei rifiuti, allungando i tempi delle registrazioni, chiarendo la titolarità dei rifiuti in capo a colui che esercita l’attività che li origina, modificando le norme che governano il principale strumento pubblico di registrazione degli smaltitori, l’Albo nazionale dei gestori servizi di smaltimento.
    Qui gli interessati sono circa 20.000 imprese, le cui attività sono ancora imbrigliate da una serie di procedure burocratiche che si ripresentano, uguali a sé stesse, in ogni occasione.
    Si è introdotta la possibilità di rinnovare l’iscrizione ogni cinque anni e non ogni due anni, semplicemente attraverso una conferma delle caratteristiche tecniche presenti. Il risparmio per il sistema imprenditoriale è valutabile intorno ai 50 miliardi l’anno, per le sole spese relative alle ridondanti pratiche amministrative.
    Il risultato finale ottenuto consiste nell’aumento della competitività derivante dall’allentamento della pressione burocratica.
    A tale riguardo l’articolo 3 apporta modifiche alla disciplina introdotta dal cosiddetto decreto legislativo Ronchi (decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) recante attuazione delle direttive comunitarie sui rifiuti, rifiuti pericolosi, imballaggi e sui rifiuti di imballaggio.
    In particolare, si introduce una nuova definizione di «produttore» specificando che tra le attività che generano rifiuti devono annoverarsi anche le attività edili di demolizione.
    Inoltre, si ampliano le categorie di soggetti che sono tenuti a comunicare annualmente le quantità e le caratteristiche dei rifiuti oggetto della propria attività in quanto è venuto meno il presupposto della «professionalità» quale requisito dell’attività di raccolta, di trasporto di rifiuti, eccetera dal quale scaturisce l’obbligo di porre in essere tale comunicazione. D’altra parte, nella nuova formulazione della disposizione non è più previsto che la stessa comunicazione debba essere effettuata dalle imprese e dagli enti che producono rifiuti pericolosi e non pericolosi.
    E’ poi conferita all’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (ANPA), nonché alle associazioni imprenditoriali, la possibilità di concordare campagne di raccolta di dati statistici relativi alla produzione di rifiuti.
    Al fine di raggiungere un migliore coordinamento tra autorità amministrativa ed operatori del settore, si prevede che il modello unico di dichiarazione in materia ambientale è adottato ed aggiornato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa consultazione delle associazioni nazionali di categoria dei soggetti obbligati.
    Si intende inoltre semplificare e snellire gli adempimenti relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico sui quali devono essere annotate le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative. In particolare:

        1) per quanto riguarda la categoria dei produttori, l’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico riguarderà i soli produttori di rifiuti pericolosi;

        2) il termine di una settimana nel quale gli operatori del settore devono procedere alle annotazioni nei registri di carico e scarico viene fissato, nella maggior parte dei casi, a quindici giorni;
        3) per quanto riguarda l’obbligo di conservazione dei registri di carico e scarico viene previsto il termine di tre anni (in luogo di cinque);
        4) viene prevista la possibilità per i produttori di rifiuti di adempiere all’obbligo di tenuta dei registri tramite le proprie organizzazioni di categoria, indipendentemente dalla quantità di rifiuti prodotta (attualmente ciò è stabilito soltanto se la quantità di rifiuti prodotta annualmente non eccede le 5 tonnellate);
        5) viene prevista altresì una disciplina semplificata di tenuta dei registri mediante strumenti informatici.

    Viene stabilito che la gestione da parte dei comuni dei rifiuti in regime di privativa non si applica, oltre che alle attività di recupero, anche alle attività di raccolta.

    Secondo la vigente normativa il soggetto che intende installare un impianto mobile di smaltimento o di recupero deve renderne edotta la regione almeno sessanta giorni prima di tale installazione: tale termine viene ridotto a quindici giorni ed inoltre la comunicazione alla regione potrà riguardare la utilizzazione di impianti anche collocati in siti diversi.
    Si interviene in merito alla disciplina concernente l’Albo delle imprese esercenti smaltimento dei rifiuti, con le seguenti finalità:

        1) localizzare le sezioni regionali dell’Albo presso le regioni e le province autonome, anziché presso le Camere di commercio;

        2) operare la modifica della composizione del Comitato nazionale dell’Albo riducendo il numero di membri da 20 a 10;
        3) elevare la quantità di rifiuti trattati (da trenta a sessanta chilogrammi e da trenta a sessanta litri al giorno) al di sopra della quale è richiesta la iscrizione all’Albo in questione. Viene inoltre cancellato l’obbligo di rinnovare l’iscrizione ogni cinque anni sostituendolo con una conferma della stessa, previa dichiarazione sostitutiva dell’interessato;
        4) introdurre una specifica disciplina concernente le modalità di iscrizione all’Albo per le imprese che effettuano attività di rimozione e bonifica dei siti e dei beni contenenti amianto;
        5) prevedere che l’Albo si pronunci in merito ai provvedimenti di propria competenza entro 90 giorni e che sempre entro 90 giorni deliberi il Comitato nazionale dell’Albo sui ricorsi presentati avverso i provvedimenti delle sezioni regionali dell’Albo;
        6) introdurre modalità semplificate di versamento dei diritti annuali di iscrizione all’Albo;
        7) specificare che trascorsi 10 giorni dal ricevimento della comunicazione di inizio attività da parte delle sezioni regionali e provinciali dell’Albo, le imprese che hanno inviato la stessa possono iniziare l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti.

 

 

DISEGNO DI LEGGE

Capo I

LEGGE «OBIETTIVO»

Art. 1.

(Deleghe al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti industriali strategici)

    1. Dato l’obiettivo di modernizzazione e sviluppo del Paese, il Governo individua le infrastrutture e gli insediamenti industriali strategici da realizzare inserendoli nei provvedimenti collegati alla legge finanziaria. L’individuazione è operata, entro il 30 giugno di ogni anno, sulla base di un programma, formulato su proposta dei Ministri competenti, ovvero delle regioni interessate, inserito nel documento di programmazione economico-finanziaria e comunicato alla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione.

    2. Il Governo è delegato ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a definire un quadro normativo coerente con l’esigenza di riformare le procedure per la valutazione di impatto ambientale, di favorire la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti individuati ai sensi del comma 1, anche per quanto concerne un necessario regime autorizzatorio speciale, in deroga agli articoli 2, da 7 a 16, 19, 20, 21, da 23 a 30, 34, 37-bis, 37-ter e 37-quater della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) progettazione industriale preferibilmente basata sulla tecnica del project financing;

        b) definizione delle procedure da seguire in sostituzione di quelle previste per il rilascio dei provvedimenti concessori o autorizzatori di ogni specie, la cui durata non può superare i sei mesi per la approvazione dei progetti preliminari, comprensivi di quanto necessario per la localizzazione dell’opera d’intesa con la regione o la provincia autonoma competente e, ove occorra, della valutazione di impatto ambientale, nonché definizione delle procedure necessarie per la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e per la approvazione del progetto definitivo, la cui durata non può superare il termine di ulteriori sette mesi;
        c) attribuzione al CIPE, integrato dai presidenti delle regioni interessate, del compito di monitorare e istruire le proposte, di approvare il progetto definitivo, di vigilare sull’esecuzione dei progetti approvati adottando i provvedimenti concessori e autorizzatori necessari, comprensivi della localizzazione dell’opera e, ove occorra, della valutazione di impatto ambientale, avvalendosi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e, eventualmente, di una apposita struttura tecnica, di advisor e di commissari straordinari, che agiscono con le modalità e i poteri di cui all’articolo 13 del decreto-legge 25 marzo 1997 n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135;
        d) modificazione della disciplina in materia di conferenza di servizi con la previsione della facoltà per detta conferenza di apportare varianti migliorative sulla base della acquisizione, nel termine perentorio di 90 giorni, delle proposte di prescrizioni e varianti al progetto definitivo da parte di tutte le amministrazioni competenti a rilasciare permessi e autorizzazioni comunque denominati; previsione che la decisione finale della conferenza è sostitutiva di tutti i provvedimenti concessori ed autorizzatori richiesti in relazione alle varianti migliorative; previsione del potere della conferenza di deliberare a maggioranza;
        e) affidamento, mediante gara, della realizzazione delle infrastrutture strategiche ad un unico soggetto contraente generale o concessionario;
        f) disciplina dell’affidamento a contraente generale, definito, in ottemperanza all’articolo 1 della direttiva 93/37 CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, come esecuzione con qualsiasi mezzo di un’opera rispondente alle esigenze specificate dal soggetto aggiudicatore, distinto dal concessionario di opere pubbliche per l’esclusione della gestione dell’opera eseguita e qualificato per i connotati di imprenditorialità delle attività del contraente generale, per il rischio finanziario assunto integralmente o prevalentemente con mezzi finanziari privati, per la libertà di forme nella realizzazione dell’opera, per la natura prevalente di obbligazione di risultato complessivo del rapporto che lega detta figura al soggetto aggiudicatore; previsione dell’obbligo del contraente generale di prestazione di performance bond ovvero di partecipazione diretta al finanziamento dell’opera o di reperimento dei mezzi finanziari occorrenti;
        g) previsione dell’obbligo per il soggetto aggiudicatore, nel caso in cui l’opera sia realizzata prevalentemente con fondi pubblici, di rispettare la normativa europea in tema di evidenza pubblica, e di scelta dei fornitori di beni o servizi, ma con soggezione ad un regime derogatorio rispetto alla legge quadro sui lavori pubblici per tutti gli aspetti di essa non aventi necessaria rilevanza comunitaria;
        h) introduzione di specifiche deroghe alla vigente disciplina in materia di aggiudicazione di lavori pubblici e di realizzazione degli stessi, fermo il rispetto della normativa comunitaria, finalizzate a favorire il contenimento dei tempi e la massima flessibilità degli strumenti giuridici; in particolare, in caso di ricorso a un contraente generale, previsione che lo stesso, ferma restando la propria responsabilità, possa liberamente affidare a terzi l’esecuzione di proprie prestazioni con l’obbligo di rispettare, in ogni caso, la legislazione antimafia e quella relativa ai requisiti prescritti per gli appaltatori; previsione, altresì, della possibilità di riutilizzare eventuali risparmi rispetto al prezzo base della gara, realizzati in occasione dell’aggiudicazione, come premio, proporzionalmente commisurato, per l’esecuzione anticipata del contratto rispetto ai tempi prestabiliti; previsione della possibilità di costituire una società di progetto ai sensi dell’articolo 37-quinquies della legge n. 109 del 1994, anche con la partecipazione di istituzioni finanziarie, assicurative e tecnico-operative già indicate dallo stesso contraente generale nel corso della procedura di affidamento; previsione della possibilità di emettere titoli obbligazionari ai sensi dell’articolo 37-sexies della legge n. 109 del 1994, ovvero di avvalersi di altri strumenti finanziari, con la previsione del relativo regime di garanzia di restituzione, anche da parte di soggetti aggiudicatori ed utilizzazione dei medesimi titoli e strumenti finanziari per la costituzione delle riserve bancarie o assicurative previste dalla legislazione vigente;
        i) previsione, in caso di concessione di opera pubblica, unita a gestione della stessa, della possibilità di riconoscere al concessionario, anche in corso d’opera e senza limiti massimi, un prezzo in aggiunta al diritto di sfruttamento economico dell’opera, ed anche a fronte della prestazione successiva di beni o servizi allo stesso soggetto aggiudicatore relativamente all’opera realizzata, nonché della possibilità di fissare la durata della concessione anche oltre 30 anni e di consentire al concessionario di affidare a terzi determinati lavori, con il solo vincolo delle previsioni della citata direttiva 93/37 CEE relative agli appalti del concessionario e nel limite percentuale eventualmente indicato in sede di gara a norma della medesima direttiva;
        l) previsione, dopo la stipula dei contratti di progettazione, appalto o concessione, di forme di tutela risarcitoria per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica; restrizione, per tutti gli interessi patrimoniali, della tutela cautelare al pagamento di una provvisionale;
        m) previsione di apposite procedure di collaudo delle opere entro termini perentori ed anche attraverso strutture esterne.

    3. I decreti legislativi previsti dal comma 2 del presente articolo sono emanati sentito il parere delle Commissioni parlamentari permanenti competenti per materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, nonché quello della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nei due anni successivi alla loro emanazione possono essere emanate disposizioni correttive ed integrative dei decreti legislativi, nel rispetto della medesima procedura e secondo gli stessi principi e criteri direttivi.

    4. Limitatamente all’anno 2002 il Governo è delegato ad emanare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui al comma 2, previo parere favorevole del CIPE, integrato dai presidenti delle regioni interessate, sentite le Commissioni parlamentari permanenti competenti e la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, uno o più decreti legislativi recanti l’approvazione definitiva di specifici progetti di infrastrutture strategiche individuate secondo quanto previsto al comma 1.

Capo II

LIBERALIZZAZIONE DELLE
RISTRUTTURAZIONI DI IMMOBILI

Art. 2.

(Denuncia di inizio attività)

    1. In anticipazione rispetto alla entrata in vigore del testo unico delle disposizioni in materia edilizia, previsto ai sensi dell’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 1999, n. 50, e successive modificazioni, in alternativa a concessioni e autorizzazioni edilizie, a scelta dell’interessato, possono essere realizzati, in base a semplice denuncia di inizio attività:

        a) gli interventi edilizi minori, di cui all’articolo 4 del decreto-legge 23 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, come sostituito dall’articolo 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni;

        b) le ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e ricostruzione con lo stesso ingombro volumetrico. Ai fini del calcolo dell’ingombro volumetrico non si tiene conto delle innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica;
        c) gli interventi sottoposti a concessione, se sono specificamente disciplinati dai piani attuativi che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal consiglio comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti;
        d) i sopralzi, le addizioni, gli ampliamenti e le nuove edificazioni in diretta esecuzione di idonei strumenti urbanistici diversi da quelli indicati alla lettera c), ma recanti analoghe previsioni di dettaglio.

    2. Nulla è innovato quanto all’obbligo di versare il contributo commisurato agli oneri di urbanizzazione ed al costo di costruzione.

    3. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano nelle regioni a statuto ordinario a decorrere dal novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le regioni a statuto ordinario, con legge, possono individuare quali degli interventi indicati al comma 1 sono assoggettati a concessione edilizia o ad autorizzazione edilizia.
    4. E’ fatta in ogni caso salva la potestà legislativa esclusiva delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Capo III

SOPPRESSIONE DI ADEMPIMENTI
BUROCRATICI INUTILI A CARICO
DELLE IMPRESE

Art. 3.

(Modificazioni al decreto legislativo
5 febbraio 1997, n. 22)

    1. Nel decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, recante recepimento di norme comunitarie in materia di residui di imballaggi, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) all’articolo 6, comma 1, la lettera b) è sostituta dalla seguente: «b) produttore: il produttore iniziale ossia il soggetto le cui attività, incluse le attività edili di demolizione, hanno prodotto rifiuti e il soggetto che ha effettuato operazioni di pretrattamento o di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti;»;

        b) all’articolo 11, il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Chiunque effettua attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, commercio e intermediazione di rifiuti, ovvero svolge le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, compreso il produttore non iniziale, è tenuto a comunicare annualmente con le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, concernente il modello unico di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia o di notificazione in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza pubblica, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività.»
        c) all’articolo 12:

            1) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. I soggetti di cui all’articolo 11, comma 3, nonchè i produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi, hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico, con fogli numerati e vidimati, su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate:
                a) per i produttori di rifiuti pericolosi, entro quindici giorni dalla produzione del rifiuto e comunque prima della raccolta nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti e dallo scarico del medesimo;

                b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto di rifiuti prodotti da terzi, entro quindici giorni dall’effettuazione del trasporto;
                c) per i commercianti e gli intermediari, entro quindici giorni dall’effettuazione della transazione relativa;
                d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento, entro sette giorni dalla presa in carico dei rifiuti;
                e) per gli impianti che effettuano solo lo stoccaggio, entro ventiquattro ore dalla presa in carico.»;

            2) al comma 2, lettera c), dopo la parola «impiegato» sono aggiunte le seguenti: «, limitatamente alle sole imprese che svolgono attività di smaltimento o di recupero dei rifiuti»;

            3) al comma 3, secondo periodo, le parole: «sono conservati per cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «sono conservati per tre anni, anche su supporto informatico con le modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sentita l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione»;
            4) al comma 3-bis, dopo le parole: «I registri di carico e scarico relativi ai rifiuti» è inserita la parola: «pericolosi»;
            5) al comma 4, le parole: «la cui produzione annua di rifiuti non eccede le 5 tonnellate di rifiuti non pericolosi ed una tonnellata di rifiuti pericolosi,» sono sostituite dalle seguenti: «obbligati alla tenuta dei registri di carico e scarico»;
            6) dopo il comma 6, sono aggiunti i seguenti : «6-bis. I registri di carico e scarico sono tenuti anche mediante strumenti informatici; con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sentita l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione sono fissate le relative regole tecniche.

        6-ter. I registri tenuti dalle associazioni di categoria ai sensi dell’articolo 12, comma 4, possono essere vidimati con la procedura prevista dalla normativa vigente per le scritture contabili.

        6-quater. I registri di carico e scarico istituiti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, possono continuare ad essere utilizzati fino al loro esaurimento purché contengano tutti gli elementi previsti ai sensi dei commi 6, 6-bis e 6-ter.
        6-quinquies. Al fine della razionalizzazione e della tempestiva semplificazione delle procedure di attuazione del presente decreto, gli adempimenti formali dei soggetti obbligati alla tenuta dei registri di carico e scarico sono disciplinati con regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e delle attività produttive, tenuto conto dell’adozione di nuove tecnologie per il trattamento e la conservazione delle informazioni.»;
        d) all’articolo 21, il comma 7 è sostituito dal seguente: «7. La privativa di cui al comma 1 non si applica alle attività di raccolta e di recupero dei rifiuti che rientrano negli accordi di programma di cui all’articolo 22, comma 11, e alle attività di raccolta e di recupero dei rifiuti assimilati, che il produttore provvede a destinare al recupero.»;
        e) all’articolo 28, comma 7, secondo periodo, le parole da «l’interessato» a «dell’impianto,» sono sostituite dalle seguenti: «, intese come attività programmatorie volte a pianificare l’utilizzazione degli impianti mobili anche collocati in siti diversi, esclusi gli impianti di incenerimento, l’interessato, almeno quindici giorni prima dell’inizio della campagna,»;
        f) all’articolo 30 sono apportate le seguenti modificazioni:

            1) al comma 1, le parole: «istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione» sono sostituite dalle seguenti: «istituite presso le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono delegare i compiti previsti dal presente decreto alle sedi regionali e delle province autonome delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente.»;

            2) il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Il Comitato nazionale dell’Albo ha potere deliberante ed è composto da dieci membri esperti nella materia nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, e designati rispettivamente:

                a) tre dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, uno dei quali con funzioni di presidente;

                b) uno dal Ministro delle attività produttive;
                c) uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
                d) due dalle regioni;
                e) tre dalle categorie economiche, uno dei quali con funzioni di vicepresidente.»;

            3) al comma 3, nelle lettere b) e c) le parole: «da un funzionario o dirigente esperto in rappresentanza» sono sostituite dalle seguenti: «da un esperto designato in rappresentanza»; nel medesimo comma, dopo la lettera d) è aggiunta la seguente: «d-bis) da un esperto designato dalle categorie economiche»;

            4) il comma 4 è sostituito dal seguente: «4. Le imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi, esclusi i trasporti di rifiuti pericolosi che non eccedano la quantità di cinquanta chilogrammi al giorno o di sessanta litri al giorno effettuati dal produttore degli stessi rifiuti, nonché le imprese che intendono effettuare attività di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti, di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi, e di gestione di impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti, ad esclusione della sola riduzione volumetrica, devono essere iscritte all’Albo. La validità dell’iscrizione è confermata ogni cinque anni dalla sezione regionale dell’Albo mediante dichiarazione sostituiva di atto di notorietà di cui all’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, resa dall’interessato, che sostituisce l’autorizzazione all’esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l’iscrizione abilita alla gestione degli impianti il cui esercizio sia stato autorizzato ai sensi del presente decreto.»;
            5) dopo il comma 4, è inserito il seguente: «4-bis. Le imprese che intendono iscriversi all’Albo per svolgere attività di raccolta e trasporto di rifiuti e per attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti devono prestare le garanzie finanziarie a favore dello Stato. Le imprese che effettuano attività di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi, le imprese che effettuano le attività di gestione di impianti mobili di smaltimento e recupero dei rifiuti, nonché le imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare le garanzie finanziarie a favore della regione territorialmente competente secondo i seguenti criteri:

                a) le imprese che effettuano l’attività di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi devono prestare le garanzie finanziarie a favore della regione per ogni singolo impianto gestito;

                b) le imprese che effettuano l’attività di gestione di impianti mobili di smaltimento e recupero dei rifiuti devono prestare le garanzie finanziarie a favore della regione per lo svolgimento di ogni campagna di attività;
                c) le imprese che effettuano l’attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare le garanzie finanziarie a favore della regione per ogni intervento di bonifica.»;

            6) al comma 5 dopo le parole: «delle garanzie finanziarie» sono inserite le seguenti: «che devono essere prestate a favore dello Stato»; nel medesimo comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L’Albo deve deliberare entro novanta giorni.»;

            7) al comma 6 dopo le parole: «che devono essere prestate a favore dello Stato», sono soppresse le parole: «dalle imprese di cui al comma 4»;
            8) dopo il comma 7 è inserito il seguente: «7-bis. Per l’anno 2000 e per gli anni successivi il versamento dei diritti annuali di iscrizione all’Albo di cui all’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406, concernente le risorse finanziarie del predetto Albo, deve essere effettuato, per le imprese già iscritte l’anno precedente, entro il 30 luglio di ogni anno.»;
            9) al comma 10 il primo periodo è sostituito dal seguente: «Il possesso dei requisiti per lo svolgimento delle attività di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati da parte delle aziende speciali, delle società e dei consorzi istituiti ai sensi degli articoli 31 e 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e delle cooperative sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, è attestato dal comune o dal consorzio di comuni»; al medesimo comma, nel secondo periodo, dopo le parole: «territorialmente competente» sono inserite le seguenti: «, non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie»; nello stesso periodo, le parole: «ai quali il Comune partecipa» sono soppresse;
            10) al comma 11, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «che deve rispondere entro 90 giorni»;
            11) al comma 12, le parole: «secondo criteri stabiliti» sono sostituite dalle seguenti: «secondo criteri di competenza e professionalità stabiliti»;
            12) al comma 14 la parola: «non» è soppressa;
            13) al comma 16, secondo periodo, le parole: «rinnovata ogni due anni» sono sostituite dalle seguenti: «confermata ogni cinque anni mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui all’articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,»;
            14) al comma 16-bis, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Decorso tale termine l’attività può avere inizio.»;
            15) dopo il comma 16-bis è inserito il seguente: «16-ter. Le deliberazioni adottate dal Comitato nazionale dell’Albo sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.»;

        g) all’articolo 33, comma 5, la parola: «rinnovata» è sostituita dalla seguente: «confermata»; nel medesimo comma, dopo le parole: «e comunque» è inserita la seguente: «rinnovata». 

 

FINE TESTO DDL