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Roma, 17 luglio 2001
CIRCOLARE N.103/2001
OGGETTO: AZIONE DI GOVERNO –
PROGRAMMA DEI 100 GIORNI.
Come è noto, nei giorni scorsi il Governo ha approvato il pacchetto di
misure che compongono il cosiddetto programma dei cento giorni, sul
quale si dovrà ora esprimere il Parlamento.
La parte più cospicua di tali misure è contenuta in due disegni di
legge (atti Senato nn.373 e 374) concernenti rispettivamente gli interventi per
rilanciare l’economia (tra cui reintroduzione della legge Tremonti,
regolarizzazione del sommerso, soppressione della tassa di successione e
di donazione) e quelli in materia di infrastrutture (tra cui introduzione della
legge obiettivo e liberalizzazione delle ristrutturazioni immobiliari).
Se ne illustrano di seguito gli aspetti principali.
Tremonti bis (artt.4 e 5) – Sarà reintrodotta la legge Tremonti
già in vigore durante il primo Governo Berlusconi (legge n.489/94). Il
meccanismo prevede, come in passato, a favore delle imprese di qualsiasi
dimensione di tutti i settori la detassazione degli utili reinvestiti in beni
strumentali nell’esercizio dell’attività produttiva; inoltre il beneficio sarà
esteso anche alle spese sostenute per la formazione e l’aggiornamento del
personale. Il cumulo della Tremonti bis con le agevolazioni fiscali già
in vigore (es. superdit, credito d’imposta per investimenti nelle aree
depresse) sarà ammesso solo per determinate situazioni.
Sommerso (artt. da 1 a 3) – Allo scopo di favorire
l’emersione del lavoro sommerso saranno previste, per le imprese che si
regolarizzino, condizioni agevolate nonché sconti fiscali e contributivi per il
triennio successivo all’autodenuncia.
Semplificazioni fiscali (artt. da 8 a 11) – Saranno
soppressi o snelliti molti adempimenti fiscali e contabili attualmente gravanti
sulle imprese; tra gli adempimenti da sopprimere si segnalano le dichiarazioni
periodiche IVA, la vidimazione dei registri contabili e il versamento delle
imposte al 16 agosto.
Capitale sociale (art. 6) – Sarà introdotta la possibilità di
sottoscrivere il capitale delle società per azioni e di quelle a responsabilità
limitata in tutto o in parte mediante una polizza di assicurazione.
Successioni e donazioni (artt. da 13 a 17) – Sarà
soppressa l’imposta sulle donazioni e sulle successioni, pur nel rispetto di
alcune cautele volte ad evitare che il nuovo regime possa essere utilizzato per
operazioni elusive.
Passaggio all’Euro (art.9) – Sarà consentito a tutte le società di
capitale di convertire in Euro il capitale sociale attraverso una semplice
determinazione degli amministratori senza necessità di convocare l’Assemblea
dei soci.
Legge obiettivo (art. 1) – Allo scopo di rilanciare una politica a
favore delle grandi opere pubbliche, sarà introdotto un nuovo strumento
giuridico, definito appunto legge obiettivo, per accelerare la realizzazione
degli interventi infrastrutturali ritenuti strategici per il Paese; un elenco
di tali interventi sarà inserito anno per anno nella legge finanziaria.
Ristrutturazioni (art. 2) – Ferma restando l’osservanza di alcune
cautele fondamentali, sarà consentita la ristrutturazione interna di edifici
sulla base di una semplice denuncia di inizio attività, anziché previo rilascio
di un’apposita autorizzazione come avviene attualmente.
Semplificazioni ambientali (art.3) – Accanto agli
interventi nel campo delle infrastrutture è stata inserita una disposizione per
ridurre e semplificare gli adempimenti a carico delle imprese in materia
ambientale, come la denuncia annuale dei rifiuti prevista dal decreto Ronchi
(D.lgvo n.22/1997). Saranno inoltre snellite le procedure di iscrizione
all’Albo delle imprese di smaltimento rifiuti e sarà ridotta la composizione
dello stesso.
f.to
dr. Piero M. Luzzati |
Allegati due
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M-D/cp |
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esclusivamente alle organizzazioni aderenti alla Confetra. |
SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XIV LEGISLATURA ———–
N. 373
presentato dal Ministro dell’economia e delle finanze
(TREMONTI)
di concerto col Ministro del lavoro e delle politiche sociali
(MARONI)
col Ministro delle attività produttive
(MARZANO)
col Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio
(MATTEOLI)
col Ministro della giustizia
(CASTELLI)
col Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca
(MORATTI)
e col Ministro per l’innovazione e le tecnologie
(STANCA)
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 LUGLIO 2001
———–
Primi interventi per il rilancio dell’economia
———–
Onorevoli Senatori. – 1. Questa manovra è mirata ad un
obiettivo, soggetta ad un vincolo.
Obiettivo è passare dal declino allo
sviluppo. Riallineare la crescita alle reali potenzialità del paese,
enormemente maggiori rispetto a quelle espresse nel corso dell’ultimo decennio.
Vincolo è promuovere e garantire bassa
inflazione e finanza pubblica in equilibrio.
Dato questo specifico vincolo, in particolare:
a) sulla
base di dati della Banca d’Italia è stata avviata, all’interno dei conti
pubblici, una rigorosa verifica, sviluppata nella logica della due diligence.
Cause ed effetti, profili dimensionali e temporali delle dinamiche in atto
all’interno dei conti pubblici saranno evidenziati nel Documento di
programmazione economico- finanziaria (DPEF);
b) gli
interventi contenuti in questa manovra vengono sostanzialmente concentrati sul
settore privato. E qui, in specie, sul settore produttivo.
Sostanzialmente, si tratta di interventi che
non costano, ma sbloccano fattori economici fondamentali nella strategia dello sviluppo:
lavoro, capitali, infrastrutture, tecnologia.
L’effetto prodotto sui conti pubblici sarà
conseguentemente un effetto di ritorno, positivo.
2. Il programma di Governo annuncia
ed impegna ad una legislatura caratterizzata da intense riforme strutturali.
Solo realizzando un piano mirato a riforme di
questo tipo il paese può infatti uscire dalla tendenza al declino che, come
premesso, ha caratterizzato lo scorso decennio.
3. Questa prima manovra, costruita nella
logica «100 giorni», ne anticipa una parte, in coerenza con l’Agenda
di governo che abbiamo presentato agli elettori.
È possibile, è anzi necessario, realizzare da
subito interventi che sblocchino risorse, accrescano le chance di
sviluppo, correggano le aspettative.
Gli effetti di una manovra così strutturata
possono prodursi, e positivamente, sul lavoro, sulle infrastrutture, sul
capitale materiale ed immateriale, sull’innovazione, sulla motivazione a
produrre, a ristrutturare: nel complesso a lavorare.
Per come è costruita la «manovra», questi
effetti si possono manifestare in positivo a partire dall’immediato futuro ed
in specie a partire dal mese di settembre quando, già approvati dal Parlamento
i provvedimenti che compongono la «manovra», imprese e cittadini potranno, su
nuove basi, formulare i loro piani e progetti di attività e di lavoro.
CAPO I - NORME PER INCENTIVARE L’EMERSIONE DALL’ECONOMIA SOMMERSA
1. Il «sommerso» ha, in Italia, una
dimensione economicamente abnorme, moralmente inaccettabile.
2. La dimensione economica del fenomeno si
trova analiticamente esposta nel documento conclusivo relativo all’Indagine
conoscitiva sul lavoro nero e minorile, condotta dalla XI Commissione
permanente della Camera dei deputati nella XIII legislatura.
In sintesi, secondo il Consiglio nazionale
dell’rconomia e del lavoro (CNEL), in Italia, la percentuale di lavoratori
irregolari costituirebbe circa il 23 per cento del totale della forza lavoro.
All’interno dell’area di irregolarità, il 45
per cento dei lavoratori non risulterebbe iscritto al libro paga delle imprese,
il 36 per cento svolgerebbe un doppio lavoro, circa il 15 per cento sarebbe
rappresentato da stranieri, in gran parte clandestini.
Per quanto riguarda il Mezzogiorno, i rapporti
annuali della Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno
(SVIMEZ) ci segnalano con costanza che un lavoratore su 3 sarebbe irregolare.
Un dato pare comunque fuori discussione:
l’Italia è ai vertici della classifica dell’incidenza, sul Prodotto interno
lordo (PIL), dell’economia sommersa.
La situazione è particolarmente grave nel
meridione, per gli intrecci, con i bassi livelli di occupazione legale, di
forme di economia criminale.
3. La dimensione morale del fenomeno è
ancora più complessa.
Non è solo questione di concorrenza sleale o
di mancata contribuzione fiscale. E’ questione di lealtà alle istituzioni
democratiche, di civiltà.
In particolare, il lavoro nero, grigio o
comunque irregolare:
«...è più diffuso in ambienti socialmente deteriorati; si
associa spesso ad altre forme di irregolarità; confina talora con attività
economiche illegali. Toglie ai giovani la dignità di un rapporto di lavoro
trasparente; li può indurre a considerare ammissibile e naturale l’esercizio di
attività illecite, in casi estremi criminose.
In Italia una parte non trascurabile
dell’occupazione è costituita da lavoratori irregolari. In mancanza di questa
forma deteriore di flessibilità aumenterebbe fortemente il tasso di
disoccupazione.
Sul fenomeno del lavoro irregolare, sempre
precario e in genere non adeguatamente remunerato, influisce l’onerosità delle
condizioni di offerta del lavoro regolare.
Sono necessari una presa di coscienza
dell’estensione e della gravità del fenomeno e interventi che rivedano la
struttura dei rapporti di lavoro in modo da favorire un rientro nella
legalità».
(Così nella Prolusione di Antonio Fazio,
Governatore della Banca d’Italia al documento Quale società civile per l’Italia
di domani, Conferenza Episcopale Italiana, XLIII Settimana Sociale dei
Cattolici Italiani).
4. La irregolarità è politicamente
accettabile, se si manifesta in «numeri piccoli».
In questo caso, la irregolarità si manifesta
infatti all’interno della categoria giuridica classica della «devianza e
marginalità».
Su questa scala, è un fenomeno negativo, ma
gestibile e reprimibile, con tecniche efficienti di amministrazione di polizia.
Non è così, se si passa ai «grandi numeri».
Se il «sommerso» è una quota enorme del
prodotto interno lordo, è infatti evidente che la irregolarità esce dalla
categoria della «devianza e marginalità», assumendo una configurazione negativa
enormemente diversa.
Si entra, in questi termini, in un dominio in
cui è chiaro che quello del «sommerso» non è più (solo) un problema di polizia.
Ma un problema di morale politica.
Vuole dire che non sbagliano solo i
trasgressori, in questo caso gli imprenditori ed i lavoratori.
Vuole dire che sbagliano anche i legislatori.
5. Le politiche fatte finora sono state
necessarie, ma non sufficienti.
Le formule di soluzione adottate dai
precedenti Governi, in specie i contratti di riallineamento retributivo, (i) se
certo hanno costituito una positiva innovazione, nelle strategie di emersione
del sommerso, perché hanno aggiunto alla logica repressiva e sanzionatoria una
prospettiva di tipo promozionale ed incentivante, (ii) tuttavia non hanno agito
(non agiscono) con la necessaria forza sui «fattori – ostacolo» all’emersione,
che restano così sostanzialmente invariati nella loro composizione strutturale.
L’azione sui fattori «criminogeni», la prospettazione
di chance di emersione, devono essere rafforzate.
6. L’azione del Governo, con fondamentale
riferimento al meridione del paese, è programmata, e sarà sviluppata, su vasta
scala: dal contrasto alla criminalità, alle infrastrutture, mirata a favorire
le maggiori possibili condizioni di sviluppo.
E’ comunque fondamentale, per il successo di
questa strategia, il varo di un piano straordinario mirato ad incentivare
l’emersione dall’economia «sommersa».
7. Nella impostazione di piani di questo tipo,
la ricerca e la definizione dei punti di equilibrio morale ed economico
è sempre difficile.
Ciò che può sembrare ingiusto, in particolare
prospettando ed analizzando ad esempio uno specifico caso, può invece essere
considerato giusto, guardando più in generale, guardando al futuro.
Quello del bene collettivo è,
necessariamente, un concetto di sintesi.
La prima accusa che si può fare, a chi propone
un piano per incentivare l’emersione dall’economia «sommersa», è quella di
proporre un «condono».
Non è così, non ne abbiamo bisogno. Non per
ragioni politiche. Non per ragioni di cassa.
La logica di questo provvedimento è diversa.
E’ quella di un investimento (necessario) sul futuro del paese.
In ogni caso, quello che proponiamo non
è un condono per le ragioni che seguono:
a) i
condoni si sviluppano nella sequenza:
pagamento – perdono – continuazione delle chance
di evasione (anzi, incremento delle chance di evasione, data
l’aspettativa di successivi condoni);
b) la sequenza che qui si
ipotizza è invece radicalmente diversa.
Il profilo temporale è ribaltato: non ex
post, ma ex ante. Non si guarda solo al passato, si guarda
soprattutto al futuro.
Le condizioni di accesso sono di conseguenza
radicalmente diverse.
Ciò che costituisce titolo principale, per
entrare nel piano emersione, non è il pagamento di ciò che è stato sottratto,
ma l’assunzione di lavoratori.
In specie, la nuova e diversa sequenza su cui
si basa il piano è:
«assunzione di lavoratori – pagamento –
perdono – su questa base, riducendosi radicalmente l’area dell’economia
«sommersa» residua, si determinano nel futuro immediato reali condizioni per un
efficace contrasto dell’illegalità».
È in specie evidente che, nell’economia
politica di un piano di questo tipo, tutto si deve tenere.
Il meccanismo produce alla fine un bene
collettivo, se funziona organicamente: (i) se il piano di emersione è
realmente e convintamente sostenuto dalle forze politiche, sociali, economiche;
(ii) se viene spiegato e compreso con onestà e trasparenza, (iii) se determina
fiducia negli onesti e paura nei disonesti.
In specie, nell’economia politica del piano di
emersione dall’economia «sommersa» che proponiamo, la bilancia della giustizia
può pendere dalla parte del giusto a due condizioni:
a) se il
provvedimento produce un bene collettivo: se fa davvero e
significativamente crescere l’area dell’economia legale;
b) se il
provvedimento elimina un male, che è stato nel passato, che è nel
presente, e che – altrimenti – sarebbe anche in futuro strutturale:
un’economia «sommersa» estesa su di un’area tanto vasta da pregiudicare, nel
futuro, l’equilibrio democratico del paese.
Si può essere fatalisti, lasciare che le cose
continuino ad andare come vanno. Si può invece essere più positivamente
determinati.
8. A noi pare che le condizioni di successo
del piano siano realizzabili, e che possano essere realizzate, sulla base della
meccanica combinatoria progressiva che caratterizza questo strumento.
Nei termini che seguono, in sintesi:
a) il volume
del lavoro che emerge costituisce la base per l’applicazione di aliquote
incentive, che tengono conto (in rapporto standard di 1 a 3) del valore
aggiunto nella produzione;
b) l’incentivo
si riduce, se si riduce il lavoro emerso;
c) le nuove
assunzioni sono, in parallelo, incentivate dalla permanenza dei «premi di
assunzione» (introdotti per la prima volta nel 1994, e poi giustamente
confermati);
d) il volume
del lavoro che emerge è il limite per il calcolo (sempre in rapporto di 1 a 3);
altrimenti nessuno è incentivato ad autodenunciarsi;
e) in questi
termini è evidente che il meccanismo è costruito in modo da estendersi con
efficienza al lavoro ed ai capannoni, al futuro ed al passato, passando dalla
normativa fiscale a quella previdenziale, urbanistica, e così via;
f) sull’area
dell’economia che resta «sommersa», senza più le motivazioni e gli alibi
costituiti da un eccesso di costi, si concentra un programma straordinario
di accertamenti, efficace non solo per la tecnica di attuazione (controlli
incrociati basati sulle utenze), ma anche per la riduzione del campo di
intervento, effetto questo che naturalmente consegue all’emersione.
Dati più analitici si trovano, oltre che
nell’articolato, nella Relazione tecnica.
9. Ferma la permanenza (coesistenza) degli
attuali meccanismi di riallineamento ed emersione (che, si è premesso, sono
necessari ma non sufficienti), è evidente che un piano di questo tipo, esteso
su scala molto più vasta, può – si ripete – produrre effetti significativi solo
sul presupposto di un consenso generale.
Per questo è necessario il maggior grado
possibile di consenso delle forze politiche, sociali, economiche, tanto nella
fase di discussione parlamentare (il presente testo è naturalmente aperto ad
ogni contributo), quanto nella fase di gestione.
10. Per i lavoratori, si apre la concreta
possibilità di costruirsi un futuro basato su legalità, garanzie,
pensione.
Per gli imprenditori, è la chance (i) di fare
crescere il valore delle loro imprese, perché nel medio periodo ciò che
è legale vale più di ciò che è illegale, (ii) di ridurre il rischio
di sanzioni, che diventa effettivo, perché i controlli possono essere
concentrati sull’area residua dell’economia che resta «sommersa», (iii) nel
complesso, di investire sul futuro.
Per il paese è una occasione straordinaria di modernizzazione
e di progresso.
Si passa, ora, alla illustrazione in dettaglio
delle disposizioni che compongono il Capo I.
Articolo 1. La disposizione s’inserisce nel quadro
degli interventi volti al recupero nella dimensione di piena legalità dei
rapporti di lavoro svolti in violazione delle previsioni normative in materia
tributaria e contributiva. Si tratta di una misura che mira a favorire
l’emersione di tali rapporti, consentendo il riconoscimento della piena tutela
previdenziale ed assistenziale nei confronti dei lavoratori interessati
contemporaneamente ad una agevolata definizione delle pendenze tributarie e
previdenziali relative agli anni pregressi. Peraltro, per consentire
realisticamente il recupero nella dimensione di piena legalità di tali
rapporti, occorre offrire condizioni non eccessivamente gravose per consentirne
la regolarizzazione. A tal fine, si prevede un articolato meccanismo di
valorizzazione a fini previdenziali e tributari degli oneri così emergenti a
carico del datore di lavoro, proporzionatamente dimensionati in funzione, però,
della corrispondente emersione di redditi aggiuntivi rispetto a quelli
risultanti per gli anni precedenti. Questo meccanismo consente di indurre alla
dichiarazione soggetti che fino ad ora trovavano maggiore convenienza economica
nel regime di illegalità, ottenendo effetti positivi in termini di risorse
finanziarie aggiuntive per l’erario, sia in campo fiscale che previdenziale.
Proprio il dimensionamento del nuovo regime impositivo in funzione
esclusivamente degli incrementi reddituali dichiarati, infatti, consente di
evitare decrementi del gettito tributario che, invece, si prevede possa essere
incrementato attraverso l’allargamento della base imponibile in misura
direttamente corrispondente all’incentivazione offerta.
Resta solo da aggiungere che l’incentivo così
offerto rappresenta un ponte verso la prossima realizzazione di una radicale
riforma fiscale del sistema impositivo ai fini delle imposte sui redditi,
fondato sulla riduzione del numero degli scaglioni e dell’entità delle
aliquote, coerenti con il percorso delineato per i soggetti attratti nel nuovo
regime speciale.
Si prevede, nel comma 1, che gli imprenditori
(per tali dovendosi intendere non soltanto gli imprenditori persone fisiche, ma
anche le persone giuridiche, come reso evidente dalle conseguenze previste
anche in tema di Imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) che hanno
fatto ricorso a lavoro irregolare, non assolvendo in tutto o in parte agli
obblighi di legge in materia fiscale e previdenziale, possono presentare
apposita «dichiarazione di emersione» entro il 30 novembre 2001, usufruendo di
un incentivo fiscale e previdenziale, in attesa della riforma fiscale, per il
periodo d’imposta in corso alla data di presentazione della dichiarazione e per
i due successivi. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica
(CIPE), sentite le organizzazioni sindacali, approva i programmi di emersione e
di assistenza.
Come già precisato, la dichiarazione di
emersione costituisce titolo per accedere ad uno speciale regime fiscale e
previdenziale. Possono presentare la dichiarazione di emersione tutti gli
imprenditori, per tali intendendosi tutti i titolari di reddito d’impresa,
persone fisiche, società di ogni tipo ed enti, come sopra accennato. La
dichiarazione di emersione può riguardare qualunque lavoratore irregolare, cioè
lavoratori dipendenti a tempo indeterminato o a tempo determinato, e
indipendentemente dal carattere subordinato o meno del rapporto di lavoro,
intendendo valorizzare in questa sede ogni prestazione lavorativa
funzionalmente utilizzata nell’attività di impresa.
Per usufruire dei vantaggi offerti dalla
previsione normativa è necessario che tali soggetti, oltre a presentare la
dichiarazione di emersione, s’impegnino nel programma di emersione e,
conseguentemente, incrementino il loro imponibile ai fini fiscali rispetto a quello
del periodo d’imposta precedente.
In presenza delle richiamate condizioni, gli
imprenditori hanno diritto, fino a concorrenza del triplo del costo del lavoro
emerso, all’applicazione sull’incremento dell’imponibile di una imposta
sostitutiva dell’IRPEF, dell’IRPEG e dell’IRAP dovuta in ragione di un’aliquota
del 10 per cento per il primo periodo d’imposta e delle aliquote del 15 e del
20 per cento rispettivamente per il secondo ed il terzo periodo d’imposta. In
pratica, l’incremento di imponibile fiscale viene assoggettato a tassazione
separatamente e, pertanto, per gli imprenditori persone fisiche non è soggetto
neanche alle addizionali all’IRPEF. La parte di reddito agevolato non può
comunque superare un importo predeterminato e, cioè, il triplo del costo del
lavoro emerso. E’, inoltre, espressamente previsto che per i due periodi
successivi a quello di presentazione della dichiarazione, nel calcolo
dell’incentivo si tiene conto delle variazioni in diminuzione del costo
complessivo del lavoro emerso. Sul maggiore imponibile conseguente alla
dichiarazione di emersione si applica una contribuzione previdenziale ed
assistenziale sostitutiva, dovuta in ragione di un’aliquota dell’8, del 10 e
del 12 per cento, rispettivamente per il primo, il secondo ed il terzo periodo.
Anche per i lavoratori che si impegnano nel
programma di emersione attivato dal datore di lavoro è previsto uno speciale
regime fiscale e previdenziale. Essi, infatti, sono esclusi da contribuzione
previdenziale. Sui loro redditi di lavoro si applica una imposta sostitutiva
dell’IRPEF dovuta in ragione di un’aliquota del 6 per cento per il primo anno,
dell’8 e del 10 per cento, rispettivamente, per il secondo e terzo anno. Tali
redditi, quindi, sono esclusi dal reddito complessivo e tassati separatamente;
pertanto, non rilevano neppure ai fini delle addizionali all’IRPEF.
È inoltre stabilito che per gli imprenditori,
la dichiarazione di emersione costituisce, per tutti gli anni pregressi,
richiesta di concordato a fini tributari, previdenziali ed assistenziali, se
presentata prima dell’inizio di accessi, ispezioni e verifiche o della notifica
dell’avviso di accertamento o di rettifica; la stessa, se ricorrono le
condizioni di legge, inclusa tra queste la coerenza con il programma di emersione,
produce effetti preclusivi degli accertamenti fiscali e previdenziali nei
limiti del triplo del costo del lavoro irregolare utilizzato. A tal fine, è
necessario che l’interessato provveda al pagamento di una imposta sostitutiva
dell’IRPEF, dell’IRPEG, dell’IRAP, dell’IVA e dei contributi previdenziali,
dovuta in ragione di un’aliquota dell’8 per cento della base imponibile,
rappresentata dal costo del lavoro irregolare utilizzato e dichiarato per gli
anni pregressi, senza applicazione di sanzioni e interessi. Detta imposta potrà
essere pagata in unica soluzione, entro la data del 30 novembre 2001,
con una riduzione del 25 per cento, oppure in 24 rate mensili senza
applicazione di sanzioni e interessi. Con l’integrale pagamento, sono estinti i
delitti di cui agli articoli 4 (dichiarazione infedele) e 5 (omessa
dichiarazione) del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, nonché i reati
contravvenzionali e le violazioni amministrative e civili connesse a quelle
fiscali e previdenziali dell’impresa in relazione all’esistenza del lavoro
sommerso.
Anche i lavoratori delle imprese che
aderiscono al programma di emersione possono estinguere i loro debiti fiscali e
previdenziali, con il pagamento di una contribuzione sostitutiva dovuta in
ragione di lire 200.000 per ogni periodo pregresso, senza applicazione di
sanzioni e interessi. Il versamento dovrà essere effettuato entro il 30
novembre 2001 in unica soluzione, oppure in 24 rate mensili a decorrere dalla
predetta data. Nei loro confronti è precluso l’accertamento fiscale sui redditi
di lavoro per i periodi d’imposta interessati; inoltre, tali soggetti sono
esclusi da contribuzione sociale obbligatoria. Nel loro esclusivo interesse è
stato previsto che i lavoratori possono ricostruire la loro posizione pensionistica
per gli anni pregressi, fino ad un massimo di cinque, mediante contribuzione
volontaria integrata fino al massimo di un terzo, con trasferimenti a carico
del fondo previsto dall’articolo 5 della legge 23 dicembre 2000, n. 388
(legge finanziaria per il 2001), nei limiti delle disponibilità finanziarie del
predetto fondo. Restano fermi, in alternativa per gli interessati, i piani di
riallineamento retributivo e di emersione del lavoro irregolare delineati dalla
vigente normativa.
Viene, poi, stabilito che con decreto emanato
di concerto con i Ministri competenti è definito un piano straordinario,
operativo dal 1º gennaio 2002, di controllo a fini previdenziali e fiscali e di
repressione dell’utilizzo del lavoro irregolare. Tale piano costituisce
priorità di intervento delle autorità di vigilanza del settore ed è basato su
idonee forme di acquisizione ed utilizzo incrociato dei dati dell’anagrafe
tributaria e previdenziale, di gestori di servizi di pubblica utilità, dei
registri dei beni immobili e dei beni mobili registrati. Ciò consente di
evitare che per l’avvenire permangano fasce di lavoro sommerso e giustifica il
carattere straordinario delle misure ora offerte per la regolarizzazione dei
rapporti di lavoro irregolari, nell’imminenza dell’avvio di un programma di
massiccia repressione degli illeciti in materia.
Nel presente articolo si prevede, infine, che
le maggiori entrate derivanti dalle disposizioni illustrate affluiscono al
fondo istituito, ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 388 del 2000,
finalizzato alla riduzione dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e
dell’imposta sul reddito delle persone fisiche gravanti sul reddito d’impresa.
Con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze saranno rideterminate le
quote destinate, rispettivamente, al riequilibrio dei conti pubblici e alla
riduzione della pressione contributiva, nonché, di concerto con il Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, alla determinazione dei livelli del
trattamento previdenziale relativi ai periodi oggetto della regolarizzazione.
Articolo 2 – Viene prevista una ulteriore
agevolazione per coloro che aderiscono alla regolarizzazione del lavoro
sommerso. E’, infatti, stabilito che per i soggetti in questione si applicano,
successivamente alla regolarizzazione del lavoro sommerso, gli articoli 20, 21
e 24 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (relativi al procedimento
di prescrizione e regolarizzazione in materia di disciplina sanzionatoria del
lavoro), anche per le violazioni amministrative e penali in materia ambientale
che determinano solo lesione di interessi amministrativi e sono caratterizzate
dalla messa in pericolo e non dal danno al bene protetto. Tuttavia è fatto
salvo quanto previsto dall’articolo 163 del decreto legislativo 29 ottobre
1999, n. 490, circa le sanzioni penali comminate nei confronti di coloro che
senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa eseguono lavori di
qualsiasi genere su beni ambientali.
Viene, inoltre, conferita al Governo una delega
ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in
commento, uno o più decreti legislativi in materia di tutela ambientale. Con
l’emanazione di tali decreti, il Governo deve introdurre una causa estintiva
speciale dei reati ambientali, in connessione ad ordini di fare emanati dalla
pubblica amministrazione, consistente nel pagamento di una somma di danaro a
titolo di sanzione pecuniaria amministrativa, e in ottemperanza all’ordine di facere
mirante a ricondurre il destinatario dell’ordine al rispetto della
normativa ambientale. I medesimi decreti stabiliranno una procedura di
ravvedimento operoso, prima dell’accertamento, per tutte le violazioni
ambientali di carattere amministrativo, consistente nel pagamento di una somma
ridotta per chi regolarizza le violazioni.
La delega dovrà essere esercitata secondo i
seguenti principi e criteri direttivi:
a) esclusione
dai predetti meccanismi di tutte le violazioni connotate da danno ambientale;
b) semplicità e
rapidità delle procedure volte alla verifica dell’adempimento agli ordini di facere;
c) automaticità
dell’estinzione delle violazioni amministrative in caso di ravvedimento
operoso.
È espressamente previsto che il CIPE, al fine
di una compiuta ed efficiente attuazione dei piani di emersione, sentite la
Conferenza unificata e le organizzazioni sindacali, su proposta del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio, predisponga programmi di
coordinamento e incentivazione delle attività delle autonomie locali
finalizzati al risanamento ambientale, nonché al recupero dei siti inquinati ed
alla riqualificazione urbana.
Articolo 3. – Si prevede che con decreto
interministeriale siano emanate disposizioni concernenti forma e contenuto
della dichiarazione di emersione e degli altri modelli, modalità di pagamento
delle imposte e delle contribuzioni sostitutive, modalità di presentazione
delle dichiarazioni di emersione, e attività amministrative idonee a garantire
adeguate forme di partecipazione delle organizzazioni sindacali al fine di
favorire l’emersione del lavoro irregolare. Al comma 2 viene inoltre precisato
che le imposte e le contribuzioni sostitutive non sono né compensabili, né
deducibili ai fini della determinazione di imposte, tasse o contributi, e al
comma 3 viene stabilito che l’imposta sostitutiva concorre a determinare
l’ammontare di cui all’articolo 105, comma 1, lettera a) del testo unico
delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917 (TUIR) e, pertanto, il nuovo regime previsto non
comporta il riconoscimento di un credito di imposta virtuale in favore dei
soci.
E’, infine, stabilito che con decreto del
Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono
determinate le regolazioni contabili degli effetti finanziari per lo Stato, le
regioni e gli enti locali, conseguenti all’attuazione del presente Capo.
CAPO II - INCENTIVI FISCALI PER GLI INVESTIMENTI E LO SVILUPPO
1. La presente proposta di detassazione degli
utili reinvestiti in beni strumentali nell’esercizio dell’attività produttiva
ha le seguenti caratteristiche, funzionali e strutturali.
2. Funzionalmente, la nuova normativa è mirata
a:
a) trasmettere
un impulso positivo all’economia, in fase di stagnazione. Si veda, a
questo proposito, la Relazione tecnica;
b) lanciare un
ponte verso la riforma fiscale, che sarà disegnata su (i) basi imponibili più
razionali delle attuali; (ii) una sola aliquota del 33 per cento, utilizzabile
da tutti i produttori, in sostituzione delle attuali aliquote, segmentate e
scalate regressivamente in rapporto alla dimensione e alla sofisticazione delle
imprese.
A questo proposito, si veda in particolare il
Rapporto Mediobanca – Unioncamere (Milano, dicembre 2000), da cui emerge
che, se alcuni soggetti pagano meno, a volte molto meno, delle aliquote
formali, altri soggetti sostengono invece un carico fiscale complessivo che può
arrivare anche al 70 per cento del loro reddito.
3. Strutturalmente, il contenuto di
questo disegno di legge è sostanzialmente analogo a quello di cui al
decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla
legge 8 agosto 1994, n. 489.
In particolare, la differenza tra gli attuali
regimi di tipo Dual Income Tax (DIT), ed il regime di detassazione che
qui si propone, si manifesta come segue:
a) la DIT parte
dal capitale sociale, per arrivare all’economia reale.
La detassazione degli utili reinvestiti in
beni strumentali è invece direttamente dentro all’economia reale.
È infatti necessario e sufficiente, per utilizzare
questo particolare tipo di incentivo, che sia operato un investimento in un
bene strumentale all’attività produttiva.
L’effetto (positivo) è, in questi termini,
automatico e diretto.
Ne deriva la radicale differenza di campo di
applicazione, che separa i due strumenti.
I soggetti DIT sono pochissimi, la detassazione
ha invece un campo di applicazione enormemente più vasto e coerente con la
reale struttura di una vasta parte dell’economia italiana per una ragione
semplice:
perché la detassazione degli investimenti funziona
anche «a livello di capannone»;
b) la DIT è in
specie sofisticata, utilizzabile da soggetti che non solo hanno un «capitale
sociale», ma possono farlo crescere, programmarlo, manovrarlo.
La detassazione può invece essere utilizzata
da tutti i produttori, non solo da quelli più fortunati e più sofisticati.
Ne deriva che gli effetti d’impulso all’economia sono
molto più diretti, rapidi, vasti.
4. Le differenze e particolarità, rispetto
alla citata legge 8 agosto 1994, n. 489, di conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, sono in dettaglio
le seguenti:
a) estensione del campo
oggettivo di applicazione anche agli investimenti in «capitale umano»,
attraverso la detassazione degli investimenti in formazione ed aggiornamento
del personale;
b) estensione del
campo soggettivo di applicazione:
ai
lavoratori autonomi;
a banche
ed assicurazioni.
La ragione di quest’ultima specifica estensione è data,
(i) oltre che dall’obiettivo di evitare una discriminazione, probabilmente
contestabile in giudizio e/o in sede comunitaria, (ii) dalla scelta di
interrompere, per il futuro, i meccanismi di agevolazione fiscale di tipo DIT,
meccanismi che sono particolarmente utilizzati in questi specifici settori,
(iii) l’effetto conseguente è di ridurre l’impatto del rientro di questi
soggetti dai relativi regimi di favore;
c) alternatività facoltativa,
rispetto ai precedenti regimi di favore fiscale.
In particolare:
a) i soggetti che hanno
utilizzato il regime DIT (per cui, si nota per inciso, non esiste «copertura»
contabile: si veda la Relazione tecnica) possono, nel rispetto dei diritti
acquisiti, continuare a goderne sui redditi futuri figurativamente imputabili
agli aumenti di capitale già operati. Salva solo l’eliminazione, per il futuro,
dell’attribuzione di un credito di imposta verso imposte non pagate. Il
relativo credito d’imposta continua, dunque, ma solo – come per gli altri
soggetti – a fronte di imposte realmente pagate.
Gli stessi soggetti, in alternativa
facoltativa per il futuro, e periodo per periodo, possono comunque optare per
la detassazione degli utili che decidono di reinvestire in beni strumentali.
La cumulabilità con i regimi DIT è comunque in
ogni caso prevista per gli investimenti in capitale umano (formazione ed
aggiornamento del capitale);
b) i soggetti
che accedono al molto più ampio meccanismo di credito d’imposta per
investimenti nel Sud (sostanzialmente, non si tratta di una detassazione di
utili, ma di un finanziamento a fondo perduto, operato a mezzo riconoscimento
di un credito a valere automaticamente per pagamenti, oltre che di imposta sui
redditi, di IVA, di contributi), possono continuare a goderne, in alternativa
rispetto al regime disposto dal presente disegno legge, e fino a concorrenza
della effettiva copertura in bilancio dei relativi stanziamenti.
Ferma comunque, come sopra, la cumulabilità con gli
investimenti in capitale umano (formazione ed aggiornamento del
personale).
5. Per quanto riguarda le caratteristiche
tecniche del meccanismo di copertura, si rinvia alla Relazione tecnica.
Qui in sintesi si nota che la Relazione tecnica è basata
sul «principio di precauzione», che si sostanzia nei seguenti elementi:
a) alla base
della valutazione sono gli andamenti reali dell’economia italiana, valutati nel
contesto degli andamenti ciclici di quella europea;
b) analisi
recenti, alcune delle quali ancora in corso di pubblicazione, indicano una
forte caduta del dinamismo produttivo del paese;
c) nel
consuntivo di fine anno, la ripresa degli investimenti dipenderà dunque,
prevalentemente, dal successo derivante dall’approvazione del presente disegno
di legge, dalla sua capacità di incidere sulle aspettative imprenditoriali,
attualmente orientate negativamente o in posizione di attesa;
d) nel valutare
la portata economica e finanziaria del provvedimento, non si è tenuto conto dei
«risparmi» derivanti dalla alternatività facoltativa rispetto alla legge 13
maggio 1999, n. 133 (cosiddetta legge Visco) e del decreto legislativo 18
dicembre 1997, n. 446 (cosiddetta DIT);
e) questa
scelta è motivata da ragioni di opportunità. Nei casi previsti dalla normativa
in vigore si incentiva la «capitalizzazione» societaria. Questo disegno di
legge punta, invece, sullo sviluppo e sulla crescita dell’economia,
coinvolgendo interamente la struttura delle piccole e medie imprese italiane;
f) l’aver
separato i due mondi legislativi ha consentito una migliore individuazione
degli oneri pregressi e non contabilizzati. La conseguente emersione ha posto
in luce l’esistenza di squilibri finanziari, dovuti al mancato vaglio (citato
decreto legislativo n. 466 del 1997) della normativa vigente, da parte
delle competenti Commissioni parlamentari;
g) le ipotesi
di una possibile ripresa del processo di investimento, quale conseguenza del
successo applicativo derivante dall’approvazione di questo disegno di legge,
sono state confrontate con le valutazioni a bilancio, per gli anni 2001 e 2002,
per saggiarne i profili di coerenza. L’esito del giudizio è stato positivo.
Nel valutare gli effetti delle norme proposte,
ci si è limitati ad applicare un criterio, per così dire, di «carattere meccanico».
Non si è cioè considerata una possibile ripresa del ciclo, indotta dai
meccanismi di incentivazione, e non si sono considerati i suoi effetti
moltiplicativi sul sistema economico. Si è operata, cioè, un’interpretazione
conservativa dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione.
Si passa, ora, alla illustrazione in dettaglio
delle disposizioni che compongono il Capo II.
Articolo 4. – Le disposizioni del presente articolo
concernono incentivi fiscali per investimenti produttivi, riproponendo nella
sostanza la detassazione del reddito di impresa reinvestito a suo tempo
disposta con l’articolo 3 del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito,
con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489. Tuttavia, la presente
formulazione è di contenuto più ampio in quanto l’agevolazione in parola opera
anche in favore delle banche e delle imprese di assicurazione (precedentemente
escluse), nonché delle attività di lavoro autonomo.
Venendo al contenuto dell’articolo in
commento, il comma 1 prevede che per il periodo d’imposta in corso alla data di
entrata in vigore della legge (successivamente al 30 giugno) e per l’intero
periodo di imposta successivo, è escluso dall’imposizione del reddito d’impresa
e di lavoro autonomo il 50 per cento del volume degli investimenti realizzati
in detti periodi d’imposta in eccedenza rispetto alla media degli investimenti
realizzati nei cinque periodi d’imposta precedenti. Ai fini del calcolo della
media degli investimenti, viene data facoltà all’impresa di considerare solo
quattro dei cinque periodi di imposta precedenti, escludendo dal conteggio il
periodo nel quale l’investimento è stato di maggior valore.
Il comma 2 estende l’agevolazione in parola
anche alle spese sostenute per la formazione e l’aggiornamento professionale
del personale, compreso, entro il limite del 20 per cento delle relative
retribuzioni complessivamente corrisposte in ciascun periodo di imposta, il
costo dello stesso personale impegnato nell’attività di formazione e
aggiornamento.
Il comma 3 precisa che, anche le imprese e i
lavoratori autonomi che alla data di entrata in vigore della legge sono in
attività da meno di cinque anni, possono determinare la media degli
investimenti escludendo dal computo il periodo di imposta nel quale
l’investimento è stato di maggior valore.
Nel comma 4 viene definito il concetto di
investimento e si chiarisce che l’investimento immobiliare si riferisce
esclusivamente ai beni strumentali per natura.
Per quanto riguarda le attività industriali
soggette a rischi di incidenti rilevanti, la concessione degli incentivi è
subordinata al comprovato adempimento degli obblighi previsti dal decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334, concernente l’attuazione della direttiva
96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con
determinate sostanze pericolose.
A fini antielusivi, il comma 6 dispone la
revoca delle agevolazioni in parola qualora l’imprenditore o il lavoratore
autonomo ceda a terzi o destini i beni oggetto dell’investimento a finalità
estranee all’attività entro il secondo periodo d’imposta successivo
all’acquisto, ovvero entro il quinto periodo d’imposta successivo se trattasi
di beni immobili.
Il comma 7 detta disposizioni in materia di
acconto IRPEF e IRPEG per il secondo periodo di imposta successivo a quello in
corso alla data di entrata in vigore della legge. In particolare, viene
stabilito che ai fini del calcolo dell’acconto dovuto per tale periodo deve
assumersi come imposta del periodo precedente quella che sarebbe stata
determinata in assenza delle agevolazioni di cui al presente articolo.
Per ciò che concerne le modalità di
applicazione della detassazione del reddito d’impresa ed in particolare per
quanto riguarda le tipologie di investimenti agevolabili, il comma 8 prevede
l’espresso rinvio alle disposizioni di cui al citato articolo 3 del
decreto-legge n. 357 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n.
489 del 1994. Conseguentemente, per la migliore comprensione della norma si potrà
fare riferimento, in quanto applicabili, alle circolari esplicative emanate in
attuazione di detto articolo.
Articolo 5. – Per una corretta e coordinata disciplina del
passaggio al nuovo regime agevolativo, l’articolo in commento reca
l’abrogazione di altre disposizioni agevolative vigenti di cui alla tabella
allegata al disegno di legge. Dall’abrogazione sono fatte salve le disposizioni
relative ai soggetti che alla data del 30 giugno 2001 hanno realizzato
investimenti, conferimenti in denaro o accantonamenti di utili a riserva
assoggettati alle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 8, della citata
legge n. 133 del 1999; per questi soggetti è prevista l’opzione tra la
richiamata disciplina e quella prevista dall’articolo 15. Parimenti si prevede
che ai soggetti che alla predetta data del 30 giugno 2001 hanno eseguito
variazioni in aumento del capitale ai sensi delle disposizioni di cui al
decreto legislativo n. 466 del 1997, continua ad applicarsi la stessa
disciplina tributaria. Per ciò che concerne il valore del patrimonio netto da
assumere a tali fini da parte di persone fisiche, società in nome collettivo e
in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, è previsto che lo
stesso non sia inferiore a quello risultante dal bilancio dell’esercizio
anteriore a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente
legge. Tuttavia anche tali soggetti possono optare per l’applicazione
dell’agevolazione di cui all’articolo 15, in alternativa alla fruizione del
regime emergente dal citato decreto legislativo n. 466 del 1997, per
ciascun anno di vigenza del nuovo regime. Resta impregiudicata la possibilità
di fruire del cumulo tra le agevolazioni derivanti dal citato decreto
legislativo e quelle conseguenti all’applicazione dell’articolo 15 del disegno
di legge in esame qualora l’imponibile assoggettato ad aliquota agevolata DIT
sia inferiore al 10 per cento dell’imponibile totale, al fine di offrire un più
robusto strumento di incentivazione fiscale nei confronti dei contribuenti con
un livello di imposizione sui redditi medi più elevato.
Inoltre, sia nel caso di investimenti
effettuati ai sensi dell’articolo 2, commi da 8 a 13, della legge n. 133
del 1999, sia nel caso di operazioni di variazione in aumento del capitale ai
sensi del decreto legislativo n. 466 del 1997, è in ogni caso possibile
valersi del cumulo di tali agevolazioni con gli effetti derivanti dall’articolo
4 del provvedimento in esame, quanto alle spese per la formazione del personale
sostenute nei periodi di imposta interessati.
La stessa facoltà di opzione sopra rammentata
è prevista inoltre per coloro che hanno effettuato investimenti nelle aree
svantaggiate ai sensi dell’articolo 8, commi 1, 2 e 3 della legge 23 dicembre
2000, n. 388, senza peraltro prevedere la abrogazione di tale disciplina
che, pertanto, potrà continuare ad essere applicata anche dopo l’entrata in
vigore del regime previsto dall’articolo 15 del presente provvedimento.
L’articolo in rassegna dispone, infine, in deroga
all’articolo 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, la concessione di
un credito d’imposta, pari alle imposte corrisposte dalla società sugli utili
distribuiti ai soci per effetto delle agevolazioni di cui al decreto
legislativo n. 466 del 1997, e all’articolo 2, commi da 8 a 13, della legge n.
133 del 1999, concernenti disposizioni agevolative per favorire la
capitalizzazione delle imprese. In sostanza, si tratta del venir meno del
credito di imposta virtuale riconosciuto ai soci di tali società qualora le
stesse fruiscano delle predette agevolazioni fiscali. Conseguentemente,
l’ammontare del credito di imposta spettante ai sensi dell’articolo 14 del TUIR
verrà commisurato – ovviamente in proporzione alla quota di spettanza di
ciascun socio – esclusivamente in ragione dell’ammontare delle imposte
effettivamente pagate dalla società. Quest’ultima, quindi, provvederà a
rilevare le imposte versate, anche fruendo dei citati regimi agevolativi, ai
sensi dell’articolo 105, comma 2, del citato TUIR.
CAPO III - INNOVAZIONE
Questa parte della manovra si basa su due
norme di legge, sviluppate come segue.
1. «Sottoscrizione del «capitale sociale»
con una polizza di assicurazione».
La attuale «classica» disciplina normativa delle società
di capitali deriva dal «macchinismo» industriale. Ed in specie da un’età
storica in cui il capitale finanziava strutturalmente l’investimento in
asset fisici.
Ora non è più così o, meglio, non è più necessariamente
così. La transizione dalle res alle new properties rompe infatti
il legame funzionale storico tra capitale finanziario ed asset (non più
solo fisici).
Il capitale strategicamente più rilevante sono le idee. Le
idee sono asset in sé. E le idee si producono anche con bassa intensità
di capitale (spesso in quasi totale assenza di capitale). Non solo. Le idee
tendono ad autofinanziarsi e comunque tendono a «remunerare» il capitale in
forme finanziarie diverse da quelle classiche.
Conseguentemente, il ruolo del capitale declina, da mezzo
di finanziamento, (i) a semplice fondo di garanzia per i terzi
(ii) ovvero a parametro basico, su cui commisurare alcune tipiche
operazioni societarie.
In sintesi, per evitare che la bassa «capitalizzazione» societaria
ostacoli la nascita di imprese che, industrialmente, non hanno bisogno di «mezzi
propri» come strumento di finanziamento, la norma introduce uno strumento
alternativo, di tipo «derivativo» rispetto al capitale sociale, e lo identifica
in una polizza di assicurazione «ad hoc».
Dati lo standing proprio del settore
assicurativo e comunque la sua soggezione istituzionale a vigilanza, si può
ragionevolmente assumere che il nuovo strumento – pur se «rivoluzionario» –
possa produrre i suoi effetti positivi, senza alterazioni dell’ordinamento
societario.
2. «Le invenzioni sono degli inventori».
La proprietà delle «invenzioni» realizzate nelle
Università e nei laboratori pubblici deve essere degli inventori, professori e
ricercatori, che avranno così il diritto di registrarle a loro nome e, su
questa base, la possibilità di attirare ed attivare il capitale finanziario
necessario per svilupparle.
Alle università ed ai laboratori pubblici competerà una
quota significativa dei guadagni ottenuti dagli inventori. Su questa base,
capitali ed idee potranno incontrarsi, all’interno di un processo positivo di
accelerato sviluppo del Paese.
Si passa, ora, alla illustrazione in dettaglio delle
disposizioni che compongono il Capo III.
Articolo 6. – Si introduce la possibilità di sostituire,
con la stipula di una polizza di assicurazione, la sottoscrizione del capitale
delle società per azioni e delle società a responsabilità limitata, eccettuate,
però, le banche e gli altri enti e società finanziarie di cui all’articolo 1
del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, e le imprese di assicurazione.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono determinate le
necessarie forme di equivalenza.
Articolo 7. – L’articolo detta nuove regole in materia di
proprietà intellettuale delle invenzioni industriali. Esso, infatti, opera un intervento
innovatore con modifica alla disciplina recata dal regio decreto 29 giugno
1939, n. 1127, in conseguenza del quale – in deroga alle ordinarie disposizioni
in materia di invenzioni industriali fatte in adempimento ad una prestazione
lavorativa avente ad oggetto l’attività inventiva – al ricercatore, legato da
un rapporto di lavoro con una pubblica amministrazione avente tra i suoi scopi
istituzionali finalità di ricerca o con una università, è riconosciuta la
proprietà esclusiva dell’invenzione brevettabile di cui è autore, trattenendo
di conseguenza, oltre al diritto alla paternità della scoperta, anche i
connessi diritti patrimoniali, di cui sarebbe stato diversamente titolare il
datore di lavoro. All’inventore è riconosciuto un diritto sul canone di
sfruttamento del bene in misura non inferiore al cinquanta per cento.
Al fine di provvedere comunque alla
salvaguardia del pubblico interesse, il diritto di proprietà esclusiva
sull’invenzione passa alla pubblica amministrazione qualora il ricercatore non
abbia dato inizio allo sfruttamento industriale dell’opera entro cinque anni
dalla data di rilascio del brevetto.
CAPO IV - SOPPRESSIONE DI ADEMPIMENTI INUTILI E SEMPLIFICAZIONE
1. La «burocrazia» economica, l’adempimento
degli obblighi contabili e fiscali imposti a chi produce, è un’«imposta
sull’imposta».
Un’«imposta in più», un onere che grava sui produttori, pesantemente
e regressivamente, perché la parte fissa dei relativi costi incide
relativamente di più sui piccoli che sui grandi.
È un costo necessario, se gli adempimenti imposti
servono realmente per controlli ed accertamenti.
È invece un costo assurdo, se gli adempimenti
imposti non servono a questo scopo, perché sono doppioni, o perché le relative
forme di adempimento sono inutilmente costose.
Registrando più volte, o su più libri, la stessa
operazione, non si ottiene maggiore efficacia probatoria. Solo si moltiplicano
le possibilità di errore.
E così si rende odioso lo Stato «fiscale».
Il disonesto si costruisce infatti, normalmente, una
contabilità formalmente perfetta.
È l’onesto che lavora davvero, e che per ciò concentra il
suo tempo sulla produzione, che rischia di più. Per disattenzione, non per
evasione.
È lo stesso, in termini di inutile odiosità del «rapporto fiscale»,
nel caso degli adempimenti imposti in agosto, e così via.
2. La corvée contabile e fiscale
imposta in Italia non trova riscontro in Europa.
A questo proposito, ad esempio, il paragone con la
Germania è fortemente indicativo.
È anche questo un fattore di spiazzamento competitivo, che
va superato. È poi, e più in generale, essenziale trasmettere a chi produce un
messaggio diverso: lavorate più serenamente, riducendo i vostri costi,
riducendo i vostri rischi.
Si ripete: non è imponendo doppioni, o adempimenti in date
impossibili che si tutelano gli interessi e l’immagine dello Stato. Anzi.
I provvedimenti che compongono questo profilo
dell’intervento, presentati in un corpus unitario, per evidenziarne la
logica organica, avranno applicazione attraverso strumenti giuridici diversi.
In specie, in parte trovano spazio nel
presente disegno di legge in parte in un parallelo regolamento di
semplificazione, per consentire, in questo modo, di utilizzare in pieno gli
strumenti normativi dotati di maggiore flessibilità, data la presenza di
deleghe e norme di delegificazione in materia.
3. Nell’opera di soppressione e
semplificazione, in particolare, si comincia dalla soppressione delle
dichiarazioni periodiche dell’IVA, per arrivare all’esonero della tenuta dei
registri IVA, alla soppressione della vidimazione dei registri, alla
soppressione del versamento delle imposte a ferragosto, unico caso in Europa,
fino alla sostanziale soppressione della dichiarazione dei sostituti d’imposta.
4. Per avere un’idea più precisa della portata
innovativa di questo provvedimento, si invita ad esaminare i dati inseriti
nella tabella allegata.
Gli effetti «quantitativi» del provvedimento sono in
specie sintetizzabili come segue:
TABELLA SOPPRESSIONE ADEMPIMENTI |
|
SOGGETTI ED OPERAZIONI INTERESSATE |
ADEMPIMENTI |
Soggetti in contabilità ordinaria: soppressione della vidimazione
iniziale del libro giornale e libro inventari (1 libro all’anno) |
1.645.000 |
Soggetti in contabilità ordinaria: soppressione registrazioni IVA di
fatture in acquisto e in vendita (ipotesi 50 documenti all’anno) |
82.250.000 |
Soggetti in contabilità ordinaria: soppressione registro beni
ammortizzabili (5 registrazioni all’anno) |
8.225.000 |
Soggetti in contabilità semplificata: soppressione registro beni
ammortizzabili (3 registrazioni all’anno) |
6.300.000 |
Eliminazione annotazione utilizzo plafond (12 all’anno) |
852.000 |
Soppressione delle dichiarazioni periodiche IVA mensili e
trimestrali |
26.680.000 |
Soppressione delle annotazioni delle liquidazioni periodiche mensili
e trimestrali |
26.680.000 |
Soppressione del Mod. 770 per le ritenute d’acconto su redditi di
lavoro dipendente ed autonomo (5 sostituti d’imposta per lavoratore autonomo) |
37.950.000 |
Totale |
190.882.000 |
|
|
___________
(NOTA)
1. Soggetti in contabilità
ordinaria1.645.000
2. Soggetti in contabilità semplificata2.100.000
3. Contribuenti mensili760.000
4. Contribuenti
trimestrali4.390.000
5. Esportatori
abituali71.000 6. Numero
lavoratori dipendenti14.200.000
7. Numero lavoratori
autonomi4.750.000
5. In conclusione. Un sistema fiscale basato sui
formalismi, più che sulla sostanza, colpisce e danneggia, in termini di costi
operativi, di rischi, di angoscia e demotivazione, soprattutto i soggetti che
hanno fatto del lavoro produttivo la loro bandiera.
In specie, sono proprio quelli che si impegnano in
maniera totale nel proprio lavoro, che rischiano di vedere vanificati i loro
sforzi, a causa di una normativa costosa ed inutilmente odiosa.
E’ questo uno dei principali fattori generatori di
sfiducia, al limite del rancore, verso le istituzioni e verso tutto ciò che fa
capo allo Stato.
Questo provvedimento mira a modificare in positivo
questa situazione.
E’ per questo che ha un’importanza che va oltre la logica della
pura e semplice semplificazione.
E’ un provvedimento che serve per trasmettere un segnale di
fiducia, e dunque di cambiamento del sistema, per ricostruire in positivo la
credibilità del rapporto tra Stato e contribuenti. E’ dunque anche un
investimento che lo Stato fa su se stesso.
Si passa, ora, alla illustrazione in dettaglio delle
disposizioni che compongono il Capo IV.
Articolo 8. – Il presente articolo apporta modifiche
all’articolo 2215 del codice civile che comportano l’eliminazione dell’obbligo
della bollatura e della vidimazione iniziale per il libro giornale e il libro
degli inventari.
Già con il decreto-legge 10 giugno 1994, n.
357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489, era
stata abolita la vidimazione annuale di detti libri.
L’ordinamento attuale con le sue scadenze fiscali
periodiche impone di fatto formalità e adempimenti tali da garantire non
soltanto la cronologia e la tempestività delle registrazioni, ma anche
l’impossibilità delle loro manipolazioni.
Per le stesse ragioni, l’abolizione della vidimazione
iniziale, da un lato nulla toglie alla possibilità di controllo e di
accertamento dell’amministrazione finanziaria, dall’altro rimuove un ostacolo
per le imprese che utilizzano procedure informatiche per la tenuta della
contabilità.
L’abrogazione dell’obbligo della bollatura e della
vidimazione consente l’innesco di un articolato effetto complessivo di
semplificazione, attraverso l’estensione delle conseguenze di tale disposizione
anche ai registri previsti dalle norme fiscali, attraverso interventi mirati
sugli articoli 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n. 633, e 22, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600.
Permane, quale unica formalità, la numerazione
progressiva delle pagine utilizzate.
La riduzione di gettito dovuta al mancato pagamento
della tassa sulle concessioni governative in occasione delle vidimazioni del
libro giornale e del libro degli inventari, viene compensata dall’aumento
dell’imposta di bollo. In tal senso vanno interpretate le modifiche riguardanti
il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642.
Articolo 9. – La norma relativa alla
conversione del capitale sociale in euro completa le previsioni del decreto
legislativo 24 giugno 1998, n. 213, concernente disposizioni per
l’introduzione dell’euro nell’ordinamento nazionale.
La norma consente a tutte le società di
capitale, anche diverse dalle società per azioni, di convertire in euro il
proprio capitale sociale attraverso una determinazione degli amministratori,
senza necessità di convocare l’assemblea dei soci, estendendo così anche alle
società a responsabilità limitata e, in generale, a tutte le società di
capitale diverse dalle società per azioni la medesima procedura prevista
dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 213 del 1998 esclusivamente
per le società per azioni. È di tutta evidenza la estrema semplificazione degli
adempimenti che ne deriva per un gran numero di soggetti interessati, tenuti
all’esecuzione di tali adempimenti nei prossimi mesi, per le esigenze di
adeguamento all’introduzione dell’euro e alla conseguente conversione del
capitale sociale.
Inoltre, con la disposizione contenuta nella lettera a)
dell’articolo in commento, si chiarisce che, data la possibilità che la
delibera di conversione del capitale sociale possa anche non risultare da
verbale ricevuto da notaio, non occorre l’omologa della predetta deliberazione
in qualunque forma la stessa risulti.
Articolo 10. – Al fine di agevolare il contribuente nella
definizione dell’accertamento con adesione dei suoi carichi tributari, il
presente articolo dispone che lo stesso possa essere rappresentato da un
procuratore munito di procura speciale conferita per iscritto con firma
autenticata ai sensi dell’articolo 63 del citato decreto del Presidente della
Repubblica n. 600 del 1973. Nel caso la procura sia rilasciata ad un
Centro di assistenza fiscale, la procura stessa è autenticata dal direttore
tecnico del Centro.
Articolo 11. – Con la disposizione in parola si
interviene sulla disciplina recata dall’articolo 1, comma 3, del decreto
legislativo 28 settembre 1998, n. 360, relativa agli adempimenti che i
comuni devono porre in essere per avvalersi della facoltà di fissazione di una
aliquota dell’addizionale provinciale e comunale IRPEF diversa ed ulteriore
rispetto a quella di compartecipazione. In particolare, rispetto alla norma
vigente, deriva una migliore specificazione della successione degli adempimenti
ai quali viene chiamato l’ente locale. L’esigenza che si rappresenta è
costituita dalla necessità di assicurare a tutti i contribuenti la agevole
conoscibilità della delibera che determini l’applicazione della citata
addizionale, fissandone anche l’entità. Tali rilievi risultano ulteriormente
amplificati rispetto agli adempimenti ordinariamente posti a carico dei
sostituti di imposta, tenuti ad operare le ritenute sui redditi dagli stessi
erogati con cadenza periodica nel corso dell’anno. In presenza, allora, di percettori
di redditi residenti in diversi comuni, può risultare gravoso per molti
sostituti di imposta mantenersi tempestivamente informati su quanto stabilito
in ciascun comune.
A tal fine, con la disposizione in esame si
prevede espressamente che la delibera comunale con la quale viene fissata
l’aliquota della suddetta addizionale deve essere pubblicata su un sito
informatico da individuare con decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze di concerto con i Ministri della giustizia e dell’interno; lo stesso
decreto stabilisce altresì le modalità applicative. L’efficacia della delibera
decorre dal giorno della pubblicazione sul predetto sito informatico. E’
evidente che le differenti forme di pubblicità delle deliberazioni degli enti
locali, mediante affissione all’albo pretorio, finiscono per risolversi in un
onere conoscitivo eccessivamente dispendioso per i contribuenti ed i sostituti
di imposta. È appena il caso di osservare che tale disposizione, proprio per le
pressanti esigenze sottese, costituiva già il contenuto dell’intervento
normativo realizzato con l’articolo 28, comma 1, della legge 21 novembre 2000,
n. 342. Tuttavia, un non coordinato successivo intervento normativo, contenuto
nell’articolo 53, comma 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, pur non
derogando espressamente alla disciplina introdotta con la citata legge
n. 342 del 2000, aveva alimentato pesanti dubbi interpretativi circa la
disciplina cui concretamente fare riferimento; ciò aveva finito per proiettarsi
corrispondentemente anche sull’affidamento degli stessi enti locali e sulle
relative dinamiche procedimentali. Con le modifiche apportate dal presente
articolo, avendo prioritariamente di mira le esigenze di semplificazione degli
adempimenti dei contribuenti e dei sostituti d’imposta, si elimina pertanto il
cennato clima di diffusa incertezza, avvalendosi di strumenti tecnici
innovativi in grado di coniugare le esigenze di massima diffusione dei dati
occorrenti per assolvere a prestazioni tributarie, di rapidità nel reperimento
degli stessi dati e di certezza per gli enti impositori interessati,
direttamente conseguente alla immediatezza della trasmissione in via
informatica dei medesimi dati.
La disposizione conferma che la variazione
dell’aliquota di compartecipazione non può essere superiore a complessivi 0,5
punti percentuali e a un incremento annuo di 0,2 punti percentuali.
Il comma 2 dell’articolo 11, a decorrere dal 1º gennaio
2002, sposta dal 16 all’ultimo giorno del mese le scadenze dei versamenti
periodici fiscali e previdenziali, soddisfacendo l’esigenza dei contribuenti di
disporre, per effettuare il calcolo delle somme dovute, di un lasso di tempo
maggiore tra la chiusura del periodo di riferimento ed il termine per
effettuare tali versamenti. Per motivi di natura tecnica e di contabilità
pubblica, la preesistente scadenza del 16 dicembre viene mantenuta inalterata.
Le disposizioni in commento naturalmente, non esplicano effetti sui termini di
versamento dell’IRAP dovuta dalle pubbliche amministrazioni, per le quali, a
differenza dei privati, non opera il mero rinvio ai termini previsti in materia
di imposte sui redditi, regolamentati con decreto ministeriale 2 novembre 1998,
n. 421.
CAPO V - RIORGANIZZAZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA
La disciplina è mirata a ricondurre ad una
struttura unitaria le funzioni statali in materia di giochi, scommesse e
concorsi a premi.
La proposta non individua direttamente questa
struttura, demandandone la disciplina ad un regolamento governativo.
Il regolamento potrà anche prevedere la creazione di
una apposita Agenzia.
L’unificazione delle funzioni consente di evitare le
diseconomie derivanti dalla frammentazione delle competenze in materia di
gestione dei giochi e di connessa attività di controllo. A questo proposito, è
sufficiente considerare l’irrazionale attuale coesistenza di una pluralità di
sistemi informativi.
La unificazione della gestione consentirà, inoltre, di
razionalizzare gli investimenti pubblicitari e la possibilità di approvare un
piano di sviluppo razionale.
Le disposizioni prevedono inoltre, attraverso la
delegificazione, la possibilità che venga modificata la disciplina dei singoli
giochi. In questo modo si intende, da un lato, evitare fenomeni di anomala
concorrenzialità tra i vari giochi, che garantiscono diverse quote di prelievo
erariale; dall’altro lato, assicurare la flessibilità necessaria per seguire
con efficienza gli andamenti del mercato.
Infine, nel capo in oggetto, si prevede il reimpiego
(i) del personale già impiegato nella liquidazione dell’imposta sulle
successioni, (ii) in una più proficua attività di accertamento.
Si passa, ora, alla illustrazione in dettaglio delle
disposizioni che compongono il Capo V.
Articolo 12. – L’articolo reca una delega al
Governo per il riordino delle funzioni statali in materia di giochi, al fine di
ottimizzare il relativo gettito erariale. Per eliminare duplicazioni e
sovrapposizioni di competenze, tali funzioni dovranno essere attribuite ad una
struttura unitaria, che sarà individuata in un organismo già esistente ovvero
da istituire.
Il Ministro dell’economia e delle finanze
provvederà a disciplinare, con propri decreti di natura regolamentare, i
giochi, le scommesse e i concorsi a premio, mentre le modalità tecniche di
svolgimento di tali giochi saranno fissate con decreto dirigenziale.
Il presente articolo, al comma 3, dispone
l’utilizzazione, con carattere prioritario, per la realizzazione del programma
straordinario per l’emersione del lavoro irregolare previsto dal capo I, del
personale già addetto alla gestione dell’imposta sulle successioni e donazioni
che viene soppressa con l’articolo 13 del presente provvedimento. A tal fine è
previsto che il personale in questione sarà adeguatamente formato e
riqualificato a cura della Scuola superiore dell’economia e delle finanze,
senza oneri finanziari a carico dell’Agenzia delle entrate.
CAPO VI - SOPPRESSIONE DELL’IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI
1. Per eliminare
l’imposta sulle successioni e donazioni, ci sono due ordini di ragioni
essenziali: ragioni di carattere politico e ragioni di carattere economico.
Ragioni di carattere politico.
Politicamente, l’imposta sulle successioni e sulle donazioni è superata dalla
storia.
Espressione di un’ideologia sviluppata nell’800 contro
i rentier, questo tipo di imposizione fiscale è superato dalla
progressiva estensione di altri e più efficienti strumenti sociali e fiscali,
mirati all’equità ed al Welfare.
La prova sistematica del progressivo declino politico
delle forme di imposizione derivate dall’800 si trova del resto, e più in
generale, nella sostanziale scomparsa dallo scenario politico dell’«imposta
patrimoniale» e nella caduta del «mito» dell’imposta personale progressiva.
Ragioni di carattere economico. Economicamente, l’imposta
sulle successioni (e donazioni):
a) in generale,
è spiazzata dalle evoluzioni intervenute nella struttura della ricchezza. Lo
scenario originario dell’imposta, costituito da asset patrimoniali
fisici, localizzati e controllabili, è infatti progressivamente svanito
all’interno di uno scenario in cui la ricchezza, nelle sue parti
strategicamente più rilevanti, è progressivamente dematerializzata e
globalizzata, così da fuoriuscire dal campo di applicazione degli strumenti
fiscali territoriali originariamente tipici della fiscalità nazionale.
Ne deriva, nel caso di imposte come quella
sulle successioni e donazioni, un effetto di sostanziale regressività,
che nega di fatto l’obiettivo che si vorrebbe fosse realizzato di diritto.
La parte della ricchezza più «affluente» e che sarebbe
perciò più «meritevole» di trattamento fiscale «redistributivo», si sottrae in
specie – si ripete – strutturalmente e sistematicamente all’imposizione sulle
successioni e donazioni, che resta dunque irrazionalmente ad insistere solo o soprattutto
sulla parte residua della ricchezza.
b) in particolare, nel caso
dell’Italia:
la
regressività dell’imposta sulle successioni e donazioni è accentuata
dall’esenzione storicamente riservata ai titoli del debito pubblico italiano e,
per estensione, da questi ai titoli sovranazionali equiparati.
In questi termini, è davvero difficile comprendere la
ragione per cui, fatto pari ad x il valore di un asset, x lire investite
in un portafoglio finanziario sono esenti; x lire investite in un capannone
aziendale sono invece tassate;
la
irrazionalità economica di questa forma di imposizione si moltiplica in
rapporto alla filiera produttiva tipica del nostro paese.
La natura propria, il particularisme
positivo tipico del capitalismo italiano è, infatti, nell’essere non solo un
capitalismo «istituzionale», costituito dalla grande società per azioni
asettica ed atemporale, ma piuttosto un tipo di capitalismo strettamente legato
all’attività e alla capacità dell’imprenditore individuale.
Dato il legame, strutturale e diffuso in
Italia, tra assetto produttivo e ciclo vitale dell’imprenditore individuale, ne
deriva che l’applicazione di un tipo di imposta come l’imposta sulle
successioni e donazioni ha un costo costituito dalla sostanziale
conseguente alterazione della filiera produttiva.
In specie, quando l’impresa entra in crisi, per effetto
della scomparsa dell’imprenditore, la crisi è moltiplicata dal prelievo fiscale.
2. La «riforma» dell’imposta, appena
operata, riduce solo parzialmente la portata complessiva di questi argomenti
negativi.
Basata su presupposti ideologici ed economici
fortemente discutibili, la «riforma» ha in realtà in piccola parte i pregi, in
gran parte i difetti di un intervento radicale.
3. È invece arrivato il momento in cui lo Stato deve
interrompere ed invertire il suo ciclo di espansione, riconoscendo il valore
originario, fondamentale e liberale, proprio della proprietà privata, concedendo
al cittadino di essere «padrone a casa sua».
È questo lo spirito che anima questo disegno di legge.
Una proposta che tra l’altro, (i) oltre a liberare
risorse amministrative utilizzabili in forma più efficace, (ii) non solo
elimina tanto gli effetti negativi esercitati dalla fiscalità sulla catena
produttiva, quanto la spinta all’«esportazione» di capitali, (iii) ma
all’opposto, costituisce un fattore di attrazione di capitali dall’estero in
Italia e, rimuovendo gli effetti interni di manomorta patrimoniale, favorisce
l’accesso delle imprese al mercato dei capitali.
4. Ulteriori informazioni si trovano nella Relazione
tecnica.
Si passa, ora, alla illustrazione in dettaglio delle
disposizioni che compongono il Capo VI.
Articolo 13. – Il comma 1 abolisce l’imposta sulle
successioni e donazioni.
Il comma 2 stabilisce che le donazioni o altre
liberalità tra vivi a favore di soggetti che siano in rapporto di parentela
oltre il quarto grado, diversi dal coniuge, sono assoggettate ad imposta con il
trattamento tributario previsto per il corrispondente atto di trasferimento a
titolo oneroso. L’imposta così determinata si rende applicabile soltanto se il
valore della quota spettante a ciascun beneficiario è superiore a lire 350
milioni. Risulta in tal modo conservato lo stesso livello di imposizione
indiretta sui trasferimenti a titolo di donazione derivante dal regime
precedente, al fine di non determinare un aggravio di imposizione sui
trasferimenti di minore importo economico (e cioè, per l’appunto, inferiori
alla citata franchigia di lire 350.000.000).
Articolo 14. – Con tale articolo vengono fatte
salve le disposizioni riguardanti le agevolazioni, le esenzioni e la
determinazione della base imponibile in materia di imposta sulle successioni e
donazioni: le medesime vengono riferite, in quanto compatibili, all’imposta ora
dovuta sugli atti di donazione o altra liberalità tra vivi.
Articolo 15 – Ai fini della presentazione degli atti
dichiarativi di avvenuta successione, il presente articolo rinvia alle modalità
stabilite dagli articoli 28 e seguenti del testo unico in materia d’imposta
sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990,
n. 346, ivi compresi i termini stabiliti ai fini del corretto adempimento
degli obblighi predetti; naturalmente anche in questo caso ogni riferimento
all’imposta sulle successioni deve leggersi in relazione alla nuova imposta di
registro dovuta, ma potendo continuare a fare applicazione del relativo
bagaglio normativo (innanzi tutto quanto a termini e modalità di presentazione
della dichiarazione). Dal complessivo coordinamento normativo, peraltro,
risulta evidente come la presentazione della dichiarazione di successione sia
prescritta esclusivamente nel caso in cui tra i beni caduti in successione
figurino beni immobili, o diritti reali su beni immobili, non risultando
altrimenti prescritta la presentazione della citata dichiarazione.
Si prevede, altresì, la successiva emanazione
dei decreti previsti nei commi 8 e 11 dell’articolo 69 della legge n. 342
del 2000 (trasmissione telematica delle dichiarazioni di successione, e, più in
generale, misure di semplificazione degli adempimenti previsti in questa
ipotesi).
Il comma 2 dello stesso articolo stabilisce che la presentazione
della dichiarazione di avvenuta successione contenente beni immobili solleva
gli eredi o legatari dall’obbligo di presentare la dichiarazione ai fini
dell’imposta comunale sugli immobili, in quanto rimane a carico degli uffici
fiscali la trasmissione di una copia della dichiarazione a ciascun comune ove
sono ubicati gli immobili. Si realizza, in tal modo, una radicale
semplificazione degli adempimenti posti a carico dei contribuenti interessati,
spesso destinatari di attribuzioni successorie che prevede il trasferimento
della proprietà di beni immobili situati in comuni differenti, in questo modo
rendendo particolarmente gravoso il puntuale assolvimento dell’obbligo di
presentazione della dichiarazione prescritta ai fini dell’Imposta comunale sugli
immobili (ICI). Attraverso la nuova disciplina segnata nell’articolo 15, comma
2, invece, il contribuente viene liberato dall’incombenza, pesantemente
sanzionata in caso di inosservanza, di presentazione di tale dichiarazione,
essendo prescritto che a tale adempimento provvederà direttamente l’ufficio
dell’amministrazione finanziaria alla quale sia stata presentata la
dichiarazione di successione, che, pertanto, può affermarsi tiene luogo a tutti
gli effetti di tale dichiarazione. Né può reputarsi addossato
all’amministrazione finanziaria un onere eccessivo e esorbitante rispetto alla
sua capacità operativa: da un lato, infatti, la soppressione dell’imposta sulle
successioni e sulle donazioni è funzionale proprio al recupero di risorse
amministrative e di efficienza in precedenza distolte verso obiettivi di minore
significato, in termini di entità del gettito tributario rispetto alla mole
delle risorse finanziarie a ciò destinate.
Per altro verso, l’assolvimento di questo compito si
iscrive direttamente nell’ottica del principio di collaborazione, sancito
dall’articolo 10, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, e cioè lo
Statuto dei diritti del contribuente, affermando un nuovo piano di rapporti tra
amministrazione finanziaria e contribuente. Nella medesima prospettiva,
peraltro, pare collocarsi anche la previsione contenuta nell’articolo 6, comma
4, della citata legge n. 212 del 2000, ai sensi della quale non possono
essere richiesti al contribuente adempimenti in termini di oneri di presentazione
documentali rispetto a dati già in possesso non solo dell’amministrazione
finanziaria, ma anche di altre amministrazioni pubbliche. Adeguatamente
valorizzando i principi di collaborazione e salvaguardia emergenti da tale
disposizione, allora, è possibile cogliere la coerenza complessiva con le
previsioni contenute nel citato articolo 15, comma 2, del presente disegno di
legge, in chiave di eliminazione di adempimenti del contribuente rispondenti,
piuttosto, a precisi compiti istituzionali e di servizio dell’amministrazione
finanziaria.
Articolo 16. – L’articolo detta importanti
disposizioni volte a contenere possibili strumentalizzazioni del nuovo regime,
con finalità eminentemente antielusive. Intervenendo in materia d’imposta
sostitutiva di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n.
461 (imposta sostitutiva sui capital gain), si introduce una presunzione
legale ai fini dell’applicazione della stessa imposta sostitutiva. In
particolare, l’ipotesi è quella di un trasferimento di beni, diritti o valori
mobiliari assoggettati alla citata imposta sostitutiva, disposto a titolo di
donazione. L’applicazione della disciplina contenuta nell’articolo 13 del
presente provvedimento impone, anche in tale evenienza, l’esenzione da
imposizione al di sotto della quota di 350 milioni di lire per ciascuna
attribuzione, l’applicazione della sola imposta di registro in misura fissa
pari a lire 250.000, per la parte eccedente qualora il trasferimento avvenga in
favore del coniuge, ovvero di parenti e affini entro il quarto grado, e
l’applicazione dell’imposta con le stesse aliquote previste per i
corrispondenti atti di trasferimento tra vivi, nelle altre ipotesi (sempre, per
la parte eccedente la quota di 350 milioni di lire per ciascuna attribuzione).
Senonché, dall’applicazione di tale regime potrebbero derivare effetti
impropri, qualora lo stesso fosse utilizzato indipendentemente
dall’attribuzione a titolo di liberalità, bensì esclusivamente per ridurre,
strumentalmente, gli oneri fiscali ordinariamente dovuti in caso di cessione
dei valori mobiliari sopra indicati. Allo scopo di evitare un esito di questo
genere, tale da rappresentare effettivamente un abuso delle posizioni
soggettive riconosciute dall’ordinamento tributario, attraverso la strumentalizzazione
elusiva delle stesse, si è introdotta la presunzione di cui all’articolo 40,
secondo la quale ogni trasferimento a titolo di donazione di beni e diritti
assoggettati al pagamento dell’imposta sostitutiva sui capital gain, se
seguito dal successivo trasferimento degli stessi beni o diritti in un arco di
tempo normativamente previsto (pari a cinque anni) comporta il recupero a
tassazione del trasferimento stesso con l’applicazione delle imposte
ordinariamente dovute. In altri termini si tratta di una ipotesi particolare di
applicazione di un meccanismo di reazione dell’ordinamento alla
strumentalizzazione elusiva non diverso da quelli previsti dall’articolo 37-bis,
commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,
n. 600, o dall’articolo 20 del testo unico delle disposizioni concernenti
l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26
aprile 1986, n. 131, in virtù del quale il compimento di una operazione
elusiva comporta il disconoscimento dei relativi effetti da parte
dell’ordinamento tributario e l’applicazione del regime impositivo
corrispondente alla fattispecie dissimulata, o della quale si è tentato
l’aggiramento elusivo. L’imposta sostitutiva di cui al decreto legislativo
n. 461 del 1997 viene, in tale evenienza, posta a carico del soggetto che
ha effettuato l’originario trasferimento, avvenuto a titolo di donazione, ma
successivamente seguito da un ulteriore ritrasferimento con atto tra vivi (a
titolo oneroso) entro il termine quinquennale che fa scattare il sospetto
elusivo. Per la determinazione delle plusvalenze sulle quali applicare
l’imposta sostitutiva predetta, si rinvia ai criteri di cui all’articolo 82 del
TUIR.
Nel comma 2 dell’articolo 16 si amplia la
previsione normativa già contenuta nell’articolo 54, comma 5, del TUIR, e
successive modificazioni, al fine di stabilire il regime agevolato delle
plusvalenze patrimoniali in caso di trasferimento a titolo di successione per
causa di morte o di donazione dell’azienda nell’ipotesi di prosecuzione
dell’attività dell’impresa. In tale evenienza, indipendentemente dal grado di
parentela o dal rapporto di coniugio del beneficiario del trasferimento, si
stabilisce che il trasferimento avviene in regime di neutralità fiscale ai fini
delle imposte sui redditi, senza l’emergere di plusvalenze.
Articolo 17. – L’articolo stabilisce il campo
di applicazione del nuovo regime fiscale. La nuova disciplina si applica alle
successioni aperte e alle donazioni fatte dopo la data di entrata in vigore
della presente legge.
Articolo 18. – Tale articolo, infine, individua i mezzi
di copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni del
provvedimento.
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI VERSAMENTI
Per quanto concerne il
differimento alla fine di ciascun mese del termine di versamento previsto
dall’articolo 18 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e
successive modificazioni, si valuta che gli oneri finanziari derivanti da tale
disposizione ammontino a circa 90 miliardi di lire per l’anno 2002.
Infatti, considerando
un tasso di interesse di circa il 5 per cento annuo e tenuto conto che
mensilmente in sede di versamenti unificati affluiscono, in media, circa 40.000
miliardi e che lo slittamento sarebbe di circa 14-15 giorni, si ottiene un
onere di 83 miliardi (40.000 x 15/360 x 0,050), che prudenzialmente viene
arrotondato a 90 miliardi.
DISEGNO DI LEGGE
Capo I
NORME PER INCENTIVARE
L’EMERSIONE DALL’ECONOMIA
SOMMERSA
Art. 1.
(Dichiarazione di emersione)
1. Gli imprenditori che hanno fatto ricorso a
lavoro irregolare, non adempiendo in tutto o in parte agli obblighi previsti
dalla normativa vigente in materia fiscale e previdenziale, possono farlo
emergere, tramite apposita dichiarazione di emersione, da presentare entro il
30 novembre 2001. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica
(CIPE), sentite le organizzazioni sindacali e di categoria, approva i programmi
di emersione di cui all’articolo 2, comma 4.
2. Per il periodo di imposta in corso alla
data di presentazione della dichiarazione di emersione di cui al comma 1, e per
i due periodi successivi, la medesima dichiarazione costituisce titolo di
accesso al seguente regime di incentivo fiscale e previdenziale:
a) gli
imprenditori che, con la dichiarazione di cui al comma 1, si impegnano nel
programma di emersione, e conseguentemente incrementano l’imponibile
dichiarato, rispetto a quello relativo al periodo di imposta immediatamente
precedente, hanno diritto, fino a concorrenza del triplo del costo del lavoro
che hanno fatto emergere con la dichiarazione, all’applicazione sull’incremento
stesso di una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone
fisiche (IRPEF), dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e
dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), con tassazione
separata rispetto al rimanente imponibile, dovuta in ragione di un’aliquota del
10 per cento per il primo periodo di imposta, del 15 per cento per il secondo
periodo di imposta e del 20 per cento per il terzo periodo di imposta. Per il
secondo ed il terzo periodo di imposta, nel calcolo dell’incentivo si tiene
conto delle eventuali variazioni in diminuzione del costo del lavoro emerso.
Sul maggiore imponibile previdenziale relativo ai redditi di lavoro emersi
dichiarati, e conseguente alla dichiarazione di emersione, si applica una
contribuzione sostitutiva, dovuta in ragione di un’aliquota dell’8 per cento
per il primo periodo, del 10 per cento per il secondo periodo e del 12 per
cento per il terzo periodo;
b) i
lavoratori che, parallelamente, si impegnano nel programma di emersione sono
esclusi da contribuzione previdenziale e, sui loro redditi di lavoro emersi, si
applica una imposta sostitutiva dell’IRPEF, con tassazione separata rispetto al
rimanente imponibile, dovuta in ragione di un’aliquota del 6 per cento per il
primo anno, dell’8 per cento per il secondo anno e del 10 per cento per il
terzo anno.
3. Per gli imprenditori, su specifica
richiesta, la dichiarazione di emersione vale anche come proposta di concordato
tributario e previdenziale, se presentata prima dell’inizio di eventuali
accessi, ispezioni e verifiche o della notifica dell’avviso di accertamento o
di rettifica. In questo caso, fino a concorrenza del costo del lavoro oggetto
della dichiarazione di emersione, l’imprenditore dichiara, per ciascuno dei
periodi precedenti, il costo del lavoro irregolare utilizzato. Per ciascuno di
questi periodi il concordato si perfeziona con il pagamento di un’imposta
sostitutiva dell’IRPEF, dell’IRPEG, dell’IRAP, dell’imposta sul valore aggiunto
(IVA) e dei contributi previdenziali, con tassazione separata rispetto al
rimanente imponibile, dovuta in ragione di un’aliquota dell’8 per cento del
costo del lavoro irregolare utilizzato e dichiarato, senza applicazione di
sanzioni e interessi. Per ciascuno degli stessi periodi, sul presupposto della
sussistenza dei requisiti di legge, il concordato produce effetti preclusivi
automatici degli accertamenti fiscali sul reddito di impresa e previdenziali,
fino a concorrenza del triplo del costo del lavoro irregolare utilizzato. Il
pagamento dell’imposta sostitutiva può essere effettuato in unica soluzione,
entro il termine di presentazione della dichiarazione di emersione, con una
riduzione del 25 per cento, ovvero in ventiquattro rate mensili a partire dal
predetto termine, senza applicazione di interessi. Con l’integrale pagamento
sono estinti i delitti di cui agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo 10
marzo 2000, n. 74, nonché i reati contravvenzionali e le violazioni
amministrative e civili connessi alle violazioni fiscali e previdenziali
relative all’esistenza del lavoro sommerso. In caso di rateazione, sono sospesi
i termini di prescrizione degli illeciti di cui al presente comma.
4. I lavoratori delle imprese che aderiscono
ai programmi di emersione possono, parallelamente, estinguere i loro debiti
fiscali e previdenziali, connessi alla prestazione di lavoro irregolare, per
ciascuno degli anni che intendono regolarizzare, mediante il pagamento di una
contribuzione sostitutiva, con tassazione separata rispetto al rimanente
imponibile, dovuta in ragione di lire 200.000 per ogni anno pregresso, senza
applicazione di sanzioni e interessi. Il pagamento è effettuato nei termini e
con le modalità di cui al comma 3. È precluso ogni accertamento fiscale e
previdenziale sui redditi di lavoro per gli anni regolarizzati. I lavoratori
possono, a domanda, ricostruire in tutto o in parte la loro posizione
pensionistica per gli anni pregressi, fino ad un massimo di cinque anni,
esclusivamente mediante contribuzione volontaria, integrata fino al massimo di
un terzo con trasferimenti a carico del fondo di cui all’articolo 5 della legge
23 dicembre 2000, n. 388, nei limiti delle risorse disponibili presso il
predetto fondo.
5. Restano fermi, in alternativa, per gli interessati,
i regimi connessi ai piani di riallineamento retributivo e di emersione del
lavoro irregolare, di cui all’articolo 5 del decreto-legge 1º ottobre 1996,
n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996,
n. 608, agli articoli 75 e 78 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e
successive modificazioni, all’articolo 63 della legge 23 dicembre 1999,
n. 488, e successive modificazioni, e all’articolo 116 della legge 23
dicembre 2000, n. 388.
6. Con decreto di concerto dei ministri competenti, è
definito un piano straordinario di accertamento, operativo dal 1º gennaio 2002,
mirato al contrasto dell’economia sommersa. Il piano costituisce priorità di
intervento delle autorità di vigilanza del settore ed è basato su idonee forme
di acquisizione ed utilizzo incrociato dei dati dell’anagrafe tributaria e
previdenziale, dei gestori di servizi di pubblica utilità, dei registri dei
beni immobili e dei beni mobili registrati.
7. Le maggiori entrate derivanti dal recupero di base
imponibile connessa ai programmi di emersione, con esclusione di quelle
contributive, affluiscono al fondo di cui all’articolo 5 della legge 23
dicembre 2000, n. 388. Con uno o più decreti del Ministro dell’economia e
delle finanze è determinata la quota del predetto fondo destinata al
riequilibrio dei conti pubblici. Con decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, è
determinata la quota destinata alla riduzione della pressione contributiva, al
netto delle risorse eventualmente disponibili per essere destinate
all’integrazione del contributo previdenziale dei lavoratori che si impegnano
nei programmi di emersione ai sensi del comma 2, lettera b), del
presente articolo, e agli oneri concernenti la eventuale ricostruzione della
loro posizione previdenziale relativamente agli anni pregressi, ai sensi del
comma 4 del presente articolo; con lo stesso decreto sono inoltre determinati i
livelli contributivi e del trattamento previdenziale relativi agli stessi
lavoratori per i periodi oggetto della dichiarazione di emersione. I commi 2 e
3 dell’articolo 5 della citata legge n. 388 del 2000 sono abrogati.
Art. 2.
(Ulteriori effetti della dichiarazione di emersione)
1. Gli imprenditori che aderiscono ai
programmi di emersione, di cui all’articolo 1, possono regolarizzare i loro
insediamenti produttivi, accedendo al regime di cui agli articoli 20, 21 e 24
del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, esteso anche alle
violazioni amministrative e penali in materia ambientale che determinano solo
lesione di interessi amministrativi e sono caratterizzate dalla messa in
pericolo e non dal danno al bene protetto. Sono sempre esclusi i casi di
esecuzione di lavori di qualsiasi genere su beni ambientali, realizzata senza
la prescritta autorizzazione o in difformità dalla stessa, disciplinati
dall’articolo 163 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di
beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999,
n. 490.
2. Il Governo è delegato ad adottare, entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più
decreti legislativi in materia di tutela ambientale aventi lo scopo di
introdurre:
a) una
causa estintiva speciale dei reati ambientali, in connessione ad ordini di fare
emanati dalla pubblica amministrazione, consistente nel pagamento di una somma
di denaro a titolo di sanzione pecuniaria amministrativa e nell’ottemperanza
all’ordine di fare mirante a ricondurre il destinatario dell’ordine al rispetto
della normativa ambientale;
b) una
procedura di ravvedimento operoso, prima dell’accertamento, per tutte le
violazioni ambientali di carattere amministrativo, consistente nel pagamento di
una somma ridotta per chi regolarizza le violazioni.
3. La delega è esercitata nel rispetto dei
seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) esclusione dai
predetti meccanismi di tutte le violazioni connotate da danno ambientale;
b) semplicità
e rapidità delle procedure volte alla verifica dell’adempimento agli ordini di
fare;
c) automaticità
dell’estinzione delle violazioni amministrative in caso di ravvedimento
operoso.
4. Al fine di una compiuta ed efficiente
attuazione dei piani di emersione, sentite la Conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le
organizzazioni sindacali e di categoria, su proposta del Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio, il CIPE adotta programmi di coordinamento e
incentivazione delle attività delle autonomie locali finalizzati al risanamento
ambientale, al recupero dei siti inquinati ed alla riqualificazione urbana,
anche ai fini della regolarizzazione degli insediamenti produttivi esistenti.
Art. 3.
(Disposizioni di attuazione)
1. Con decreto interministeriale sono
determinati forma e contenuto della dichiarazione di emersione di cui
all’articolo 1 e degli altri modelli di dichiarazione, in modo da garantire
l’applicazione dell’incentivo fiscale a tassazione separata in caso di cumulo
tra redditi agevolati ed altri redditi, nonché le modalità di pagamento delle
imposte e delle contribuzioni sostitutive di cui all’articolo 1, commi 2, 3 e
4. Con lo stesso decreto sono approvate le istruzioni sulle modalità di
presentazione delle dichiarazioni predette e sulle attività amministrative
idonee a garantire adeguate forme di partecipazione delle organizzazioni
sindacali e di categoria al fine di favorire l’emersione dell’economia
sommersa.
2. Le imposte e le contribuzioni sostitutive
di cui all’articolo 1, commi 2, 3 e 4, non sono comunque compensabili e non
sono deducibili ai fini della determinazione di alcuna imposta, tassa o contributo.
Per l’accertamento, la riscossione, il contenzioso e le sanzioni si applicano,
in quanto compatibili, le disposizioni previste per le imposte sui redditi.
3. L’imposta sostitutiva di cui all’articolo 1, comma
2, lettera a), non genera credito di imposta in favore del socio, ai
sensi dell’articolo 14 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e
successive modificazioni, e concorre a determinare l’ammontare di cui all’articolo
105, comma 1, lettera a), del predetto testo unico.
4. Con decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono determinate le regolazioni
contabili degli effetti finanziari per lo Stato, le regioni e gli enti locali,
conseguenti all’attuazione del presente Capo.
Capo II
INCENTIVI FISCALI PER
GLI INVESTIMENTI E LO SVILUPPO
Art. 4.
(Detassazione del reddito di impresa e di lavoro autonomo reinvestito)
1. E’ escluso dall’imposizione del reddito di
impresa e di lavoro autonomo il 50 per cento del volume degli investimenti in
beni strumentali realizzati nel periodo d’imposta in corso alla data di entrata
in vigore della presente legge successivamente al 30 giugno e nell’intero
periodo di imposta successivo, in eccedenza rispetto alla media degli
investimenti realizzati nei cinque periodi di imposta precedenti, con facoltà
di escludere dal calcolo della media il periodo in cui l’investimento è stato
maggiore.
2. L’incentivo si applica anche alle spese
sostenute per la formazione e l’aggiornamento del personale. A questo importo
si aggiunge anche il costo del personale impegnato nell’attività di formazione
e aggiornamento, fino a concorrenza del 20 per cento del volume delle relative
retribuzioni complessivamente corrisposte in ciascun periodo di imposta.
L’attestazione di effettività delle spese sostenute è rilasciata dal presidente
del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un
professionista iscritto nell’albo dei revisori dei conti, dei dottori
commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o in quello dei consulenti
del lavoro, nelle forme previste dall’articolo 13, comma 2, del decreto-legge
28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio
1997, n. 140, e successive modificazioni, ovvero dal responsabile del
centro di assistenza fiscale.
3. L’incentivo fiscale di cui ai commi 1 e 2 si applica
anche alle imprese e ai lavoratori autonomi in attività alla data di entrata in
vigore della presente legge, anche se con un’attività d’impresa o di lavoro
autonomo inferiore ai cinque anni. Per tali soggetti la media degli
investimenti da considerare è quella risultante dagli investimenti effettuati
nei periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in
vigore della presente legge o a quello successivo, con facoltà di escludere dal
calcolo della media il periodo in cui l’investimento è stato maggiore.
4. Per investimento si intende la realizzazione nel
territorio dello Stato di nuovi impianti, il completamento di opere sospese,
l’ampliamento, la riattivazione, l’ammodernamento di impianti esistenti e
l’acquisto di beni strumentali nuovi anche mediante contratti di locazione
finanziaria. L’investimento immobiliare è limitato ai beni strumentali per
natura.
5. I fabbricanti, titolari di attività industriali a
rischio di incidenti rilevanti, individuate ai sensi del decreto legislativo 17
agosto 1999, n. 334, possono usufruire degli incentivi tributari di cui ai
commi 1 e 2 solo se è documentato l’adempimento degli obblighi e delle
prescrizioni di cui al citato decreto.
6. L’incentivo fiscale è revocato se l’imprenditore o
il lavoratore autonomo cedono a terzi o destinano i beni oggetto degli
investimenti a finalità estranee all’esercizio di impresa o all’attività di
lavoro autonomo entro il secondo periodo di imposta successivo all’acquisto,
ovvero entro il quinto periodo di imposta successivo in caso di beni immobili.
7. Per il secondo periodo di imposta successivo a
quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l’acconto
dell’IRPEF e dell’IRPEG è calcolato, in base alle disposizioni della legge 23
marzo 1977, n. 97, assumendo come imposta del periodo precedente quella
che si sarebbe applicata in assenza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2.
8. Le modalità di applicazione dell’incentivo fiscale
sono, per il resto, le stesse disposte con l’articolo 3 del decreto-legge 10
giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto
1994, n. 489.
Art. 5.
(Sostituzione di precedenti
agevolazioni fiscali)
1. Le agevolazioni fiscali di cui alla tabella
allegata alla presente legge sono soppresse, salvo quanto segue:
a) i
soggetti che nel periodo di imposta in corso alla data del 30 giugno 2001
abbiano già realizzato investimenti ed eseguito conferimenti in denaro o
accantonamenti di utili a riserva assoggettati alla disciplina di cui
all’articolo 2, commi da 8 a 13, della legge 13 maggio 1999, n. 133, e
successive modificazioni, possono continuare a fruire dei relativi benefici,
ovvero, in alternativa, optare per l’incentivo di cui all’articolo 4, comma 1,
della presente legge. Il cumulo degli incentivi è comunque consentito per le
spese sostenute per formazione e aggiornamento del personale, ai sensi
dell’articolo 4, comma 2;
b) i
soggetti che alla data del 30 giugno 2001 abbiano già eseguito operazioni di
variazione in aumento del capitale ai sensi del decreto legislativo 18 dicembre
1997, n. 466, continuano a fruire dei relativi benefici. Il valore del
patrimonio netto che si assume a questi fini da parte di persone fisiche,
società in nome collettivo e società in accomandita semplice in regime di contabilità
ordinaria, anche per opzione irrevocabile, non può eccedere quello risultante
dal bilancio relativo all’ultimo esercizio anteriore a quello in corso alla
data di entrata in vigore della presente legge, salvi gli eventuali decrementi
successivi. Gli stessi soggetti possono, in alternativa e per ciascun periodo
di imposta, rinunciare ai predetti benefici optando per l’applicazione
dell’incentivo di cui all’articolo 4, comma 1. Il cumulo degli incentivi è
comunque consentito per le spese sostenute per la formazione e l’aggiornamento
del personale, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, e, in ogni caso, quando
l’imponibile assoggettato ad aliquota agevolata ai sensi del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 466, è inferiore al 10 per cento
dell’imponibile totale.
2. I soggetti che effettuano investimenti ai
sensi dell’articolo 8, commi 1, 2 e 3 della legge 23 dicembre 2000,
n. 388, possono continuare a fruire dei relativi benefici, ovvero, in
alternativa e per ciascun periodo di imposta, rinunciare ai predetti benefici
optando per l’applicazione dell’incentivo di cui all’articolo 4, comma 1. Il
cumulo degli incentivi è comunque consentito per le spese sostenute per la
formazione e l’aggiornamento del personale, ai sensi dell’articolo 4, comma 2.
3. In deroga all’articolo 3, comma 1, della
legge 27 luglio 2000, n. 212, i redditi prodotti a decorrere dal periodo
di imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e
fruenti delle agevolazioni contenute nel decreto legislativo 18 dicembre 1997,
n. 466, e nell’articolo 2, commi da 8 a 13, della legge 13 maggio 1999,
n. 133, e successive modificazioni, non rilevano ai fini della
attribuzione del credito di imposta limitato sugli utili distribuiti ai soci di
cui all’articolo 105, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,
e successive modificazioni.
Capo III
INNOVAZIONE
Art. 6.
(Nuove disposizioni in materia
di sottoscrizione del capitale sociale)
1. La sottoscrizione del capitale delle
società per azioni e delle società a responsabilità limitata può essere, in
tutto o in parte, sostituita dalla stipula di una polizza di assicurazione. Le
forme di equivalenza tra polizza stipulata e capitale sottoscritto, in quanto
fondo di garanzia e parametro operativo, sono determinate con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri. Sono esclusi da questa facoltà le banche
e gli altri enti e società finanziari indicati nell’articolo 1 del decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, e successive modificazioni, nonché le
imprese di assicurazione.
Art. 7.
(Nuove regole sulla proprietà intellettuale di invenzioni industriali)
1. Al regio decreto 29 giugno 1939,
n. 1127, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo
24, primo comma, le parole «o dell’Amministrazione pubblica» sono soppresse;
b) dopo
l’articolo 24 è inserito il seguente:
«Art. 24-bis. - 1.
In deroga all’articolo 23, quando il rapporto di lavoro intercorre con una università
o con una pubblica amministrazione avente fra i suoi scopi istituzionali
finalità di ricerca, il ricercatore è proprietario esclusivo dell’invenzione
brevettabile di cui è autore. In caso di più autori, dipendenti delle
università, delle pubbliche amministrazioni predette ovvero di altre pubbliche
amministrazioni, l’invenzione appartiene a tutti in parti uguali, salvo diversa
pattuizione. L’inventore deve dare comunicazione alla pubblica amministrazione
dell’invenzione e presenta la domanda di brevetto.
2. Le università e le pubbliche
amministrazioni, nel rispetto della loro autonomia, stabiliscono l’importo
massimo dei canoni, relativi a licenze a terzi, spettanti alla stessa
università o alla pubblica amministrazione, ovvero a privati finanziatori della
ricerca.
3. In ogni caso, l’inventore ha diritto a non meno del
cinquanta per cento dei proventi o dei canoni di sfruttamento del bene. Nel
caso in cui le università o le amministrazioni pubbliche non provvedano alle
determinazioni di cui al comma 2, alle stesse compete il 30 per cento dei
proventi o canoni.
4. Trascorsi cinque anni dalla data di rilascio del
brevetto, qualora il ricercatore o i suoi aventi causa non ne abbiano iniziato
lo sfruttamento industriale, la pubblica amministrazione di cui l’inventore è
dipendente acquisisce automaticamente un diritto gratuito, non esclusivo, di
sfruttare l’invenzione e i diritti patrimoniali ad essa connessi, o di farli
sfruttare da terzi, salvo il diritto spettante all’inventore di esserne riconosciuto
autore.».
Capo IV
SOPPRESSIONE DI ADEMPIMENTI
INUTILI E SEMPLIFICAZIONE
Art. 8.
(Soppressione dell’obbligo di numerazione e bollatura di alcuni libri
contabili
obbligatori)
1. L’articolo 2215 del codice civile è
sostituito dal seguente:
«Art. 2215. - (Modalità di tenuta delle
scritture contabili). – I libri contabili, prima di essere messi in uso,
devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e, qualora sia previsto
l’obbligo della bollatura o della vidimazione, devono essere bollati in ogni
foglio dall’ufficio del registro delle imprese o da un notaio secondo le
disposizioni delle leggi speciali. L’ufficio del registro o il notaio deve
dichiarare nell’ultima pagina dei libri il numero dei fogli che li compongono.
Il libro giornale e il libro degli inventari
devono essere numerati progressivamente e non sono soggetti a bollatura né a
vidimazione.».
2. Al decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633, concernente l’istituzione e la disciplina
dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), l’articolo 39, primo comma, è
sostituito dal seguente:
«I registri previsti dal presente decreto,
compresi i bollettari di cui all’articolo 32, devono essere tenuti a norma
dell’articolo 2219 del codice civile e numerati progressivamente in ogni
pagina, in esenzione dall’imposta di bollo. E’ ammesso l’impiego di schedari a
fogli mobili o tabulati di macchine elettrocontabili secondo modalità
previamente approvate dall’Amministrazione finanziaria su richiesta del
contribuente.».
3. Al decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di
accertamento delle imposte sui redditi, l’articolo 22, primo comma, è
sostituito dal seguente:
«Fermo restando quanto stabilito dal codice civile per
il libro giornale e per il libro degli inventari e dalle leggi speciali per i
libri e registri da esse prescritti, le scritture contabili di cui ai
precedenti articoli, ad eccezione delle scritture ausiliarie di cui alla
lettera c) e alla lettera d) dell’articolo 14, devono essere
tenute a norma dell’articolo 2219 del codice stesso e numerate progressivamente
in ogni pagina, in esenzione dall’imposta di bollo. Le registrazioni nelle
scritture cronologiche e nelle scritture ausiliarie di magazzino devono essere
eseguite non oltre sessanta giorni.».
4. All’articolo 16 della Tariffa, Parte I, annessa al
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642,
concernente la disciplina dell’imposta di bollo, come sostituita dal decreto
del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, pubblicato nel supplemento ordinario
della Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 1992, sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) alla lettera a)
sono soppresse le parole: «libri di cui all’articolo 2214, primo comma, del
codice civile;»;
b) dopo la
lettera a) è inserita la seguente: «a-bis) libri di cui
all’articolo 2214, primo comma, del codice civile: per ogni cento pagine o
frazione di cento pagine: L. 40.000»;
c) alla colonna «Modo di
pagamento», in corrispondenza della lettera a-bis), dopo il numero 2 è
inserito il seguente:
«2-bis. Da effettuarsi preventivamente
in relazione alle pagine da utilizzare, con le modalità di cui al decreto
legislativo 9 luglio 1997, n. 237.».
Art. 9.
(Semplificazione di adempimenti in vista dell’introduzione dell’euro)
1. All’articolo 17 del decreto legislativo 24
giugno 1998, n. 213, e successive modificazioni, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al comma 5,
il quarto periodo, è sostituito dal seguente: «Per l’iscrizione nel registro
delle imprese, le delibere, anche se risultano da verbale non ricevuto da
notaio, non sono soggette alla omologazione di cui al secondo comma dell’articolo
2411 del codice civile.»;
b) al comma 10,
è aggiunto in fine il seguente periodo: «Le operazioni di conversione in euro
del capitale sociale possono essere deliberate dall’organo amministrativo
secondo le stesse modalità di cui al comma 5.».
Art. 10.
(Rappresentanza dei contribuenti per la definizione dell’accertamento
con adesione)
1. All’articolo 7 del decreto legislativo 19
giugno 1997, n. 218, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
«1-bis. Il contribuente può farsi
rappresentare da un procuratore munito di procura speciale, nelle forme
previste dall’articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, ovvero, quando la
procura è rilasciata ad un funzionario di un centro di assistenza fiscale, essa
deve essere autenticata dal responsabile del predetto centro.».
Art. 11.
(Versamenti dell’addizionale comunale all’IRPEF e di altri tributi)
1. L’articolo 1, comma 3, del decreto
legislativo 28 settembre 1998, n. 360, e successive modificazioni, recante
disposizioni in materia di addizionale comunale all’IRPEF, è sostituito dal
seguente:
«3. I comuni possono deliberare la
variazione dell’aliquota di compartecipazione dell’addizionale da applicare a
partire dall’anno successivo con deliberazione da pubblicare su un sito
informatico individuato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze,
emanato di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro
dell’interno, che stabilisce altresì le necessarie modalità applicative.
L’efficacia della deliberazione decorre dalla pubblicazione sul predetto sito
informatico. La variazione dell’aliquota di compartecipazione dell’addizionale
non può eccedere complessivamente 0,5 punti percentuali, con un incremento annuo
non superiore a 0,2 punti percentuali. La deliberazione può essere adottata dai
comuni anche in mancanza dei decreti di cui al comma 2.».
2. All’articolo 18 del decreto legislativo 9
luglio 1997, n. 241, il primo periodo del comma 1 è sostituito dal seguente:
«Le somme di cui all’articolo 17 sono versate entro l’ultimo giorno del mese di
scadenza, e quelle scadenti nel mese di dicembre sono versate entro il giorno
sedici di tale mese.».
3. Le disposizioni di cui al comma 2 hanno effetto a
decorrere dal 1º gennaio 2002.
Capo V
RIORGANIZZAZIONE
DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA
Art. 12.
(Gestione unitaria delle funzioni statali in materia di giochi e
formazione del
personale)
1. Al fine di ottimizzare il gettito erariale
derivante dal settore, le funzioni statali in materia di organizzazione e
gestione dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a premi e le relative
risorse sono riordinate con uno o più decreti del Presidente della Repubblica,
da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, sulla base dei seguenti criteri direttivi:
a) eliminazione
di duplicazioni e sovrapposizione di competenze, con attribuzione delle
predette funzioni ad una struttura unitaria;
b) individuazione
della predetta struttura in un organismo esistente, ovvero da istituire ai
sensi degli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
2. I giochi, le scommesse ed i concorsi a
premi di cui al comma 1 sono disciplinati tenendo anche conto dell’esigenza di
razionalizzare i sistemi informatici esistenti, con uno o più decreti del
Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare ai sensi dell’articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Resta fermo quanto previsto
dall’articolo 16, comma 1, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 13
maggio 1999, n. 133. Le modalità tecniche dei giochi, delle scommesse e
dei concorsi a premi sono comunque stabilite con decreto dirigenziale. Sino
alla data di entrata in vigore dei decreti emanati ai sensi del presente comma
continuano ad applicarsi le disposizioni di legge e regolamentari vigenti.
3. Il personale addetto alla gestione
dell’imposta sulle successioni e donazioni, soppressa ai sensi del Capo VI la
presente legge, è prioritariamente addetto alla realizzazione del piano
straordinario di accertamento di cui all’articolo 1, comma 6, previa adeguata
ed idonea formazione e riqualificazione a cura della Scuola superiore
dell’economia e delle finanze, senza oneri finanziari per l’Agenzia delle
entrate.
4. Con le modalità previste dal comma 4 dell’articolo
19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dai commi 2 e 3
dell’articolo 67 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e dai
regolamenti di amministrazione delle agenzie fiscali, nei confronti dei
dirigenti e altri soggetti appartenenti alle strutture interessate dal riordino
previsto dal presente articolo può essere disposto unilateralmente il passaggio
ad altro incarico, fermo restando, fino alla scadenza del contratto, il
trattamento economico previsto.
Capo VI
SOPPRESSIONE DELL’IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI
Art. 13.
(Soppressione dell’imposta sulle successioni e donazioni)
1. L’imposta sulle successioni e donazioni è
soppressa.
2. I trasferimenti di beni e diritti per
donazione o altra liberalità tra vivi, compresa la rinuncia pura e semplice
agli stessi, fatti a favore di soggetti diversi dal coniuge, dai parenti in
linea retta e dagli altri parenti fino al quarto grado, sono soggetti alle
imposte sui trasferimenti ordinariamente applicabili per le operazioni a titolo
oneroso, se il valore della quota spettante a ciascun beneficiario è superiore
all’importo di 350 milioni di lire. In questa ipotesi si applicano, sulla parte
di valore della quota che supera l’importo di 350 milioni di lire, le aliquote
previste per il corrispondente atto di trasferimento a titolo oneroso.
Art. 14.
(Esenzioni e riduzioni di imposta)
1. Le disposizioni concernenti esenzioni,
agevolazioni, franchigie e determinazione della base imponibile, già vigenti in
materia di imposta sulle successioni e donazioni, si intendono riferite
all’imposta dovuta per gli atti di trasferimento di cui all’articolo 13, comma
2.
Art. 15.
(Disposizioni di attuazione
e di semplificazione)
1. In attesa della emanazione dei decreti
previsti dall’articolo 69, commi 8 e 11, della legge 21 novembre 2000,
n. 342, la dichiarazione di successione, con l’indicazione degli immobili
e dei diritti immobiliari oggetto di successione, è presentata secondo le
modalità stabilite dagli articoli 28 e seguenti del testo unico delle
disposizioni relative all’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al
decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.
2. Per gli immobili inclusi nella dichiarazione
di successione l’erede ed i legatari non sono obbligati a presentare la
dichiarazione ai fini dell’imposta comunale sugli immobili (ICI). L’ufficio
presso il quale è presentata la dichiarazione di successione ne trasmette una
copia a ciascun comune nel cui territorio sono ubicati gli immobili.
Art. 16.
(Disposizioni antielusive)
1. Il soggetto che trasferisce, per donazione
o per altra liberalità tra vivi, valori mobiliari inclusi nel campo di
applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 5 del decreto
legislativo 21 novembre 1997, n. 461, nel caso in cui il beneficiario
della liberalità, ovvero un suo avente causa a titolo gratuito, ceda i valori
stessi entro i successivi cinque anni, è tenuto al pagamento dell’imposta
sostitutiva, calcolata come se la donazione non fosse stata fatta, con diritto
allo scomputo dall’imposta sostitutiva delle imposte eventualmente assolte ai
sensi dell’articolo 13, comma 2.
2. In caso di trasferimento a titolo di
successione per causa di morte o di donazione dell’azienda o del ramo di
azienda, con prosecuzione dell’attività di impresa, i beni e le attività ceduti
sono assunti ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del
dante causa.
3. Le disposizioni antielusive di cui all’articolo 69,
comma 7, della legge 21 novembre 2000, n. 342, si applicano con
riferimento alle imposte dovute in conseguenza dei trasferimenti a titolo di
donazione o altra liberalità.
Art. 17.
(Applicazione delle nuove disposizioni)
1. Le disposizioni di cui al presente Capo si
applicano alle successioni per causa di morte aperte e alle donazioni fatte
successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il termine di cui all’articolo 56-bis,
comma 3, del testo unico delle disposizioni relative all’imposta sulle
successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990,
n. 346, per effettuare la registrazione volontaria delle liberalità
indirette e delle donazioni fatte all’estero a favore di residenti, con
l’applicazione dell’imposta di registro nella misura del 3 per cento
sull’importo che eccede la franchigia indicata all’articolo 13, comma 2, è
prorogato al 30 giugno 2002.
Art. 18.
(Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dalla presente legge,
valutati in lire 90 miliardi per l’anno 2002, in lire 2.469 miliardi per l’anno
2003 e in lire 298 miliardi per l’anno 2004, si provvede mediante utilizzo di
corrispondente quota delle maggiori entrate recate, per gli anni 2001 e 2002,
dal Capo II della presente legge, che confluiscono, con esclusione di 90
miliardi di lire relativi all’anno 2002, in apposita contabilità speciale
denominata «Fondi per il rilancio dell’economia» intestata al Ministero
dell’economia e delle finanze – dipartimento per le politiche fiscali, per essere
riversate all’entrata del bilancio dello Stato negli anni 2003 e 2004.
Tabella
(articolo
5, comma 1)
1) Decreto legislativo
18 dicembre 1997, n. 466, recante «Riordino delle imposte personali sul reddito
al fine di favorire la capitalizzazione delle imprese, a norma dell’articolo 3,
comma 162, lettere a), b), c), d) ed f), della L. 23 dicembre
1996, n. 662»;
2) Legge 13 maggio
1999, n. 133, contenente «Disposizioni in materia di perequazione,
razionalizzazione e federalismo fiscale»: articolo 2, commi da 8 a 13;
3) Decreto legislativo 23
dicembre 1999, n. 505, concernente modifiche al decreto legislativo 18
dicembre 1997, n. 466: articolo 12;
4) Legge 21 novembre 2000,
n. 342, concernente «Misure in materia fiscale»: articolo 3, commi 1 e 2;
5) Legge 23 dicembre 2000,
n. 388, concernente «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)»: articolo 6, commi 4, 5 e 24;
6) Legge 23 dicembre 2000,
n. 388, concernente «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)»: articolo 9;
7) Legge 23 dicembre 2000,
n. 388, concernente «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)»: articolo 145, commi 74 e 95;
8) Decreto legislativo 18
gennaio 2000, n. 9, concernente «Disposizioni integrative e correttive dei
decreti legislativi n. 463/1997 e n. 466/1997 inerenti,
rispettivamente, l’utilizzazione di procedure telematiche per la
semplificazione degli adempimenti tributari in materia di atti immobiliari e di
ulteriori interventi di riordino delle imposte personali sul reddito al fine di
favorire la capitalizzazione delle imprese»: articolo 2.
SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XIV LEGISLATURA ———–
N. 374
DISEGNO
DI LEGGE
presentato dal Ministro dell’economia e delle finanze
(TREMONTI)
dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
(LUNARDI)
dal Ministro delle attività produttive
(MARZANO)
e dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio
(MATTEOLI)
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 LUGLIO 2001
———–
Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti industriali
strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive
———–
Onorevoli Senatori. – Lo schema di disegno di legge si compone di tre
capi concernenti:
a) (legge obiettivo)
individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti industriali
strategici;
b) la denuncia
di inizio attività in materia edilizia;
c) modifiche al decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, in materia di residui di imballaggi.
Capo I
LEGGE «OBIETTIVO»
1. Da circa trenta anni non si realizzano, in
Italia, grandi opere pubbliche. All’estero avviene l’opposto. Restando così, il
nostro Paese, invece di modernizzarsi, si isola e progressivamente declina.
Dopo l’unità d’Italia, e sulla base di una
apposita legislazione, sono state realizzate le «grandi opere di unificazione»
del Paese. Ora lo scenario è cambiato:
a) servono
grandi opere, oltre che di unificazione, di apertura del Paese al crescente
traffico europeo;
b) serve una
legislazione speciale per realizzarle, perché quella esistente è paralizzante;
c) in questa strategia,
un ruolo-chiave può (e deve) essere giocato, oltre che dallo Stato, dalle
regioni e dal coordinamento delle regioni interessate.
Dati questi obiettivi, lo strumento per
realizzarli è costituito dalla «legge-obiettivo», base della necessaria
strategia di modernizzazione del Paese.
L’introduzione all’interno dell’ordinamento
giuridico italiano di questo nuovo strumento è l’oggetto specifico della presente
proposta di legge. Si tratta di uno strumento radicalmente innovativo, capace
di superare la situazione attuale, che si configura in termini oggettivamente
paradossali:
a) il bisogno
di interventi è fuori discussione. Basti pensare al traffico;
b) a monte, c’è
disponibilità di capitali, pubblici e soprattutto privati, mobilizzabili con la
tecnica del project financing;
c) a valle, si possono
attivare, e su vastissima scala, gli appalti, perché c’è ampia disponibilità di
risorse industriali (asset, know-how,eccetera);
d) il deficit si
trova fuori dall’economia ed è, insieme, un deficit politico ed un deficit
giuridico.
Un deficit politico. Sono finora
mancate una visione politica d’insieme, il coraggio per pensare in grande, un
disegno per riaprire il territorio del Paese ai grandi e crescenti flussi del
traffico europeo.
E poi c’è il deficit giuridico. È
finora mancato, all’interno dell’ordinamento giuridico italiano, uno strumento
giuridico funzionale al raggiungimento di grandi obiettivi di modernizzazione
strutturale. All’opposto, il territorio è disseminato di paralizzanti,
vischiosi e paludosi ostacoli giuridici.
È così che un consiglio di quartiere può bloccare un
comune, un comune può bloccare una provincia, una provincia può bloccare una
regione, una regione può bloccare lo Stato. Un teatro in cui gli ostacoli
giuridici e, intorno a questi, le più varie forme del particularisme
politico, si sommano sistematicamente in un gioco «a somma zero».
È così che abbiamo i difetti, senza i pregi, tanto del
centralismo quanto del localismo. E, si noti, questo non è «federalismo», ma la
sua caricatura; ovvero il suo opposto. Perché il federalismo non è chiusura ma,
all’opposto, apertura dei territori alla più intensa possibile circolazione
delle persone, delle merci, delle idee. E poi, ancora, il federalismo è
concorso efficiente al disegno di modernizzazione, insieme con lo Stato, delle
regioni interessate e, se necessario in funzione dell’estensione geografica delle
opere, del loro coordinamento. È anche per questa ragione che il coordinamento
tra regioni costituisce, nel nostro disegno politico generale, la forma nuova,
più moderna e più vitale, di un «federalismo» che intendiamo anche come
strumento di governo della modernizzazione.
2. La legge «obiettivo», il nuovo strumento giuridico
che proponiamo di introdurre all’interno dell’ordinamento giuridico italiano, è
costruita in una logica radicalmente innovativa. Mirati gli obiettivi (si
prevede in particolare di identificarli, anno per anno, in un elenco da
inserire nella legge finanziaria); la legge «obiettivo» consente di superare
tutti gli ostacoli giuridici e, conseguentemente, di realizzare concretamente e
velocemente i progetti-obiettivo.
Nella logica della legge «obiettivo», la legittimità
politica e giuridica dell’opera è, infatti, nell’opera in sé, in quanto
identificata come obiettivo strategico. Tutte le altre leggi, causa sistematica
di ostacolo, vengono conseguentemente disapplicate. Restano fermi solo i
princìpi comunitari, i princìpi costituzionali, ed i princìpi del codice
penale.
La previsione di una delega per introdurre una
legislazione diversa da quella vigente, e quanto più possibile «snella» e
veloce, mira all’obiettivo di rispettare i vincoli comunitari con il possibile
minore effetto di immobilizzo a carico dell’economia italiana.
3. Va aggiunto che lo schema operativo su cui
proponiamo di muoverci non è quello «dirigista», dello «Stato-appaltatore».
L’intervento pubblico deve essere infatti limitato al «design» politico
delle opere, ed al controllo sulla loro realizzazione, che deve essere operato
soprattutto a livello di regione, ovvero sulla base del coordinamento delle
regioni interessate. In questa logica, le opere possono essere finanziate e
realizzate dall’iniziativa privata e prevalentemente dal capitale privato.
Non si esclude ovviamente «a priori» l’utilizzo anche
di capitale pubblico. Ma, in questi termini, lo sforzo erariale può essere
razionalmente selezionato e contenuto in dimensioni pienamente sostenibili. Un
conto è infatti, per l’erario, sostenere tout court l’onere di un
investimento integralmente pubblico; un conto è sostenere, con la leva
pubblica, solo l’onere finanziario per gli interessi dovuti al servizio di un
piano di finanziamento costruito con la tecnica del project financing.
In questa logica, tra l’altro, possono essere mobilizzati (e non sprecati) i
fondi comunitari.
In ogni caso, la nostra idea di opera pubblica non è
idea di opera fatta dalla «mano pubblica», ma più modernamente idea di opera
fatta al servizio del pubblico.
Questa, per noi, è la «governance» moderna. Ed è
su questa che chiediamo il voto ed il giudizio degli elettori. Con una
specifica. Nell’economia del nostro progetto, il disegno politico di
modernizzazione del Paese non si ferma alle infrastrutture «viarie».
Nell’economia di un disegno politico di modernizzazione del Paese, da operare
su vasta scala, sono infatti essenziali anche l’ampliamento degli aeroporti e
dei porti, e lo sviluppo dei grandi sistemi di collegamento informatico.
È su questa base, una base in cui prende forma la prima
fase strategica del nostro progetto, che si può passare alla seconda fase,
identificando le aree di insediamento industriale, del sud e del nord, in cui
concentrare lo sforzo di modernizzazione produttiva del Paese. Fermo restando
che il lancio su vasta scala di una strategia di «grandi opere» è già di per
sé, per gli «effetti-volano» che produce, un fortissimo motore di sviluppo economico
del Paese.
4. Più in dettaglio, la logica politica e giuridica
della nostra proposta si sviluppa nei seguenti termini.
In un famoso passo di Kant, il sovrano si rivolge al
mercante e, con atteggiamento benevolo e disponibile, gli chiede: «Cosa posso
fare per voi?». Il mercante risponde: «Maestà, dateci moneta buona e strade
sicure, al resto pensiamo noi».
Attualizzando e venendo all’Italia: abbiamo l’euro, che
è moneta buona, ma le «strade» italiane non sono affatto buone. Intese le
«strade» come simbolo delle grandi opere pubbliche. Quelle che «modernamente»
si chiamano «infrastrutture».
Lo strumento che qui si propone di utilizzare, la legge
«obiettivo», non esaurisce certo la sua funzione nel campo delle
infrastrutture. Si tratta infatti di uno strumento che può essere positivamente
utilizzato per una vastissima gamma di interventi pubblici. Ma certo le
infrastrutture ne sono un campo di applicazione prioritario e fortemente
simbolico.
In materia di infrastrutture, il caso italiano è in
realtà, e come si è premesso, davvero un caso paradossale. Nei Paesi in via di
sviluppo, le «infrastrutture» non si fanno, per carenza di risorse finanziarie
ed industriali, non certo per mancanza di volontà politica. In Italia le
infrastrutture non si fanno, ma per la ragione opposta: ci sono le risorse
finanziarie ed industriali, ma manca la forza «politica» per farle e, per suo
conto, l’«ambiente» giuridico sembra fatto apposta per bloccarle.
Il deficit italiano è in specie, oltre che un deficit
politico, un deficit istituzionale. Per come è attualmente strutturato
(destrutturato), infatti, il sistema amministrativo italiano non solo è
incapace (in positivo) di mobilizzare le risorse disponibili, mirandole ad
obiettivi di sviluppo, ma – ciò che è ancora peggio – è capace (in negativo) di
bloccare ogni tentativo di sviluppo. È così che si formano e crescono,
nell’opinione pubblica, l’anti-Stato e l’anti-politica: se lo Stato non fa
neppure quel «minimo» richiesto dal mercante di Kant; peggio, se impedisce ai
privati di farlo, allora viene davvero naturale chiedersi: a cosa serve lo
Stato; perché si pagano le tasse?
In Italia il crescente astensionismo dal voto non è,
come nel resto d’Europa, un segno di fiducia nello Stato, ma all’opposto proprio
un segno di disgusto. E, se lo Stato non trova presto il modo di cambiare, al
posto dell’astensionismo verrà la secessione dal voto. Che è ancora peggio,
perché è secessione dagli ideali e dall’idea stessa del Paese.
In questi termini, la nostra proposta va radicalmente
in controtendenza. È una occasione per dimostrare concretamente che ancora c’è
una ragione d’essere dello Stato. È un modo per soddisfare la domanda che viene
dal Paese: che non vuole l’assenza dello Stato, ma che all’opposto domanda «governance».
È questa la ragione per cui qui si propone l’utilizzo
di uno strumento giuridico radicale, come certamente è la legge «obiettivo».
Infatti, o il sistema trova al suo interno la forza per superare lo stallo, o
ne viene travolto. È per questo che si deve fare ricorso alla legge
«obiettivo»: perché è l’unico strumento capace di concretare, nell’«ambiente»
istituzionale italiano, il modello giuridico (kantiano) dell’imperativo
pragmatico, caratterizzato dalla prevalenza empirica del fine sul mezzo: dato
un fine obiettivo, il mezzo va (può essere) adeguato.
E’ certo vero che, nella meccanica propria di norme di
legge di questo tipo, è implicito ed evidente il carattere dell’autoritarietà.
Ma è anche e soprattutto vero, ed empiricamente provato, che non esistono altri
strumenti per ricostruire quella linea di potere che è essenziale insieme per
la modernizzazione e per lo sviluppo del Paese. Potere che è peraltro
bilanciato, ed anzi reso ancora più efficiente, dal correttivo positivo
costituito dalle regioni e dal coordinamento delle regioni interessate.
L’effetto che si produce con questo strumento è infatti
l’esatto opposto di quell’anarchia, asistematica e paralizzante, che è
attualmente «vigente», e che blocca «giuridicamente» lo sviluppo del Paese, o
lo limita, costringendolo fuori dalla legge.
In specie, non è vera la tesi demagogica secondo cui
soluzioni legislative del tipo qui proposto contengono in sé un surplus
di «centralismo» ovvero un deficit di democrazia e/o di giustizia perché
superano d’un colpo gli sbarramenti assemblearistici o giuridici.
All’opposto, proposte di politica legislativa di questo
tipo:
a) realizzano
il federalismo, nel doppio senso che:
1)
aumentano i collegamenti e perciò favoriscono l’autonomo sviluppo dei
territori. Il federalismo non è infatti localismo e/o isolazionismo, ma
l’opposto: solo aprendosi, i territori possono infatti acquistare e sviluppare
gradi crescenti di «libertà»;
2)
vengono realizzate, in molti casi (soprattutto in caso di infrastrutture
locali), soprattutto su impulso «periferico». Possono infatti essere
soprattutto i territori che si attivano e si organizzano per promuovere
specifiche infrastrutture di loro specifico interesse, promuovendo comitati per
le leggi-obiettivo, organizzando la sottoscrizione delle emissioni
obbligazionarie al servizio della costruzione delle infrastrutture identificate
come interessanti, eccetera. Resta fermo infine, e decisivamente, il ruolo
fondamentale assegnato alle regioni ed al coordinamento delle regioni
interessate;
b) non
contrastano con le politiche ambientali. All’opposto. Infatti, a parità di
numero dei veicoli in circolazione, il blocco in coda (oltre a bruciare ore di
lavoro, chance in affari, eccetera) inquina enormemente più del
movimento.
Non solo, sempre a parità di traffico, la
circolazione dei veicoli esplosa nella rete viaria ordinaria, all’interno dei
centri storici, nel verde residuo, eccetera, è molto più devastante della
concentrazione del traffico su di un solo asse autostradale, dove tra l’altro
possono essere attrezzate le maggiori possibili protezioni ambientali;
c) sono infine del tutto
democratiche. La democrazia non consiste infatti nell’irresponsabilità dei
troppi centri di potere, diffusi sul territorio ed attivi solo nel senso del
veto reciproco. All’opposto, se si vuole conservare la fiducia nello Stato,
bisogna dimostrarne in positivo l’utilità, nella forma di una reale capacità di
«governance». Ed è poi su questa che, democraticamente, si vota. Se le
forze politiche trovano la forza per approvare ed applicare strumenti di questo
tipo, poi invariabilmente vengono sottoposte concretamente – nella logica
alternativa del premio o della «punizione» – al giudizio democratico fondamentale,
che è il giudizio elettorale.
5. Ci sono fasi in cui l’ordinamento giuridico
ordinario non è più sufficiente. Nel momento presente, e nel caso dell’Italia,
ciò è evidente per una ragione paradossale, opposta rispetto a quella normale.
L’ordinamento giuridico italiano nella sua
forma «vigente» non basta più, non perché ce n’è poco, ma all’opposto perché ce
n’è troppo. È in questo contesto che emerge quella che Saverio Vertone
definisce (giustamente) come la «catastrofe amministrativa che ha colpito il
Paese».
Abbiamo in realtà, come si è premesso, in Italia, i
difetti senza i pregi del centralismo. I difetti, senza i pregi, del localismo.
In specie, si ripete, all’interno delle istituzioni italiane, un consiglio di
quartiere può bloccare un comune, un comune può bloccare una provincia, una
provincia può bloccare una regione, una regione può bloccare lo Stato. Senza
contare la casistica, ancora più efficace nella meccanica dell’interdizione,
dell’assemblearismo, del movimentismo più o meno «spontaneo», del
corporativismo, del situazionismo, della proiezione negativa dell’interesse
particolare su quello generale.
6. La soluzione non si trova negli strumenti normali,
offerti dall’ordinamento vigente. Con questi, come è provato dall’esperienza
degli ultimi due decenni, ogni tentativo positivo è infatti destinato ad
impantanarsi. La soluzione può essere trovata solo procedendo per linee di
rottura, e dunque fuori dall’ordinamento vigente, costituendo un ordinamento
superiore.
Più specificamente, la soluzione può essere trovata nel
rispetto dei princìpi giuridici fondamentali e generali (che pure in qualche
modo ancora sopravvivono all’interno della pletora delle norme vigenti), ma
disapplicando l’universo delle norme specifiche e particolari. In specie,
disapplicando quella massa di norme che, soprattutto nel corso degli ultimi due
decenni, con il trionfo post-sessantotto delle ideologie e delle tecniche
assembleariste, si sono accumulate e stratificate intorno ai princìpi generali
dell’ordinamento, oscurandone la fondamentale ragione d’essere.
Nel caso delle infrastrutture, i princìpi generali sono
essenzialmente quelli contenuti nella Costituzione (ad esempio, il diritto
all’indennizzo, in caso di esproprio), nella normativa comunitaria (ad esempio,
in materia di appalti), infine nel codice penale (ad esempio, non rubare sugli
appalti).
Le norme specifiche o particolari, da disapplicare,
sono, per differenza, tutte le altre, che hanno rotto la naturale e necessaria
uniformità dell’ordinamento giuridico, frantumandolo nell’asistematicità
puntiforme e casuale del particularisme di infiniti paralizzanti
localismi, di estenuanti «egoismi» politici. Come in un nuovo medioevo, in cui
al posto dei vincoli derivanti dagli antichi usi e superstizioni naturali si
trovano superstizioni «sociali» di tipo nuovo, ma in realtà ancora più oscure,
irrazionali e paralizzanti di quelle vecchie.
È proprio in questi termini che, ancora una volta, la
questione dello sviluppo viene ad intrecciarsi con la questione del diritto.
Non è un caso (è anzi per questo) che, nella storia, i cambiamenti strutturali
si sono sempre manifestati come cambiamenti giuridici del vecchio ordine,
basati su forti scelte di politica legislativa.
Nel mondo giuridico, lo schema di base della legge
«obiettivo» è in particolare rappresentato dalla legge speciale. Ed è
essenzialmente basato sul criterio della deroga.
Normalmente, è speciale la legge che non è
programmaticamente «generale». La legge speciale è, in particolare, speciale:
a) in funzione
di eventi straordinari di carattere naturale (ad esempio, calamità naturali) o
di carattere sociale (ad esempio, lo stato d’assedio);
b) ovvero in
funzione del suo specifico campo di applicazione.
È proprio in questi ultimi termini che la
legge «obiettivo» è una legge speciale, in quanto mirata ad un obiettivo e
conseguentemente definita per campo di applicazione.
Finora (soprattutto nella storia italiana più
recente) il ricorso alla legislazione speciale è stato motivato da ragioni di
ordine sociale (ad esempio, legislazione anti-criminalità organizzata).
Qui in particolare la proposta (la relativa novità) è
di (tornare ad) utilizzare questo strumento «specializzandolo» in funzione
delle infrastrutture. Mirandolo cioè ad obiettivi operativi, costituiti appunto
da specifiche infrastrutture.
In questi termini, il «fulcro» della legge «obiettivo»
è costituito dall’infrastruttura, identificata e definita nelle sue specifiche
tecniche, anno per anno, in sede di legge finanziaria.
7. Dato questo obiettivo ed in funzione di questo
obiettivo, lo strumento normativo che si introduce è quello di una delega,
precisa su obiettivi e criteri, definiti come sopra, pienamente rispettosa dei
principi delle autonomie, dei principi di tutela dell’ambiente, dei diritti dei
cittadini, efficace nel suo meccanismo operativo ed economico.
In particolare l’articolo 1, comma 1, dispone che, al
fine della modernizzazione e dello sviluppo del Paese, entro il 30 giugno di
ogni anno, il Governo individua, sulla base di un programma inserito nel DPEF e
comunicato alla Conferenza unificata, le infrastrutture e gli insediamenti
industriali strategici da realizzare, attraverso la loro indicazione in un
provvedimento legislativo collegato alla legge finanziaria, con l’indicazione
anche dei finanziamenti occorrenti.
Conseguentemente con i commi 2 e 4 sono previste due
deleghe al Governo per l’emanazione di decreti legislativi per l’introduzione
di un regime speciale per la realizzazione degli obiettivi suddetti.
La prima delega contenuta nel comma 2, da attuare entro
6 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, mira ad un riordino, nel
settore delle opere strategiche, del complesso della disciplina dei lavori pubblici
secondo nuovi principi e criteri direttivi aventi lo scopo di accelerare la
realizzazione delle opere e di sottrarle in parte al regime «panpubblicistico»
della legge Merloni (legge 11 febbraio 1994, n. 109), fermo il rispetto
degli obblighi comunitari in tema di evidenza pubblica e concorrenza. La
filosofia della delega si articola nel modo seguente:
1) generalizzazione
dello strumento del project financing ove possibile, scelta in linea con
l’attuale situazione dei bilanci pubblici nell’età della crisi del welfare
state;
2) semplificazione
delle procedure per l’approvazione dei progetti preliminari e, ove occorra,
della valutazione di impatto ambientale e per la definizione delle procedure
necessarie per la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed
urgenza;
3) attribuzione al CIPE,
integrato con la presenza dei Presidenti delle regioni interessate, del compito
di approvazione del progetto definitivo e di vigilanza sull’esecuzione dei
progetti approvati, avvalendosi del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti nonché, eventualmente, anche di una struttura tecnica di advisor
e di commissari straordinari che operano con gli stessi poteri previsti per
analoghi organi istituiti con l’articolo 13 del decreto-legge n. 67 del
1997 concernente interventi urgenti per favorire l’occupazione;
4) disciplina di una speciale
conferenza di servizi per le varianti migliorative al progetto sulla base delle
proposte delle amministrazioni competenti da acquisire entro il termine
perentorio di 90 giorni; le decisioni della conferenza sono sostitutive di
tutti i provvedimenti concessori e autorizzatori;
5) definizione (in ottemperanza
all’articolo 1 della direttiva 93/37 CEE) con norma, che costituisce il fulcro
della riforma, del soggetto attuatore come contraente generale avente
caratteristiche tali che lo liberano dal rispetto «a valle» delle norme
relative all’evidenza pubblica;
6) introduzione di una
normativa derogatoria alla legge quadro sui lavori pubblici per tutti gli
aspetti non caratterizzati da una disciplina comunitariamente vincolata;
7) introduzione di forme di
tutela solo risarcitoria per equivalente, al fine di rendere più rapida la
realizzazione dell’opera dopo la stipula del contratto;
8) previsione di rapide
procedure di collaudo anche con ricorso a strutture esterne.
La seconda delega, contenuta nel comma 4 e da
attuare entro 4 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, è limitata
all’anno 2002 in attesa della disciplina di riordino, per l’esigenza di
consentire immediatamente l’avvio dei lavori per i quali già vi sono progetti
in stato di avanzata formulazione. La delega prevede la possibilità di
approvare le opere con provvedimento di legge, previo parere favorevole del
CIPE, integrato con la presenza dei Presidenti delle regioni interessate. Si
tratta quindi dell’adozione di leggi-provvedimento aventi un contenuto
concreto, ma temporaneo ed eccezionale. In tal senso deve ritenersi
costituzionalmente compatibile il ricorso eccezionale al provvedimento
legislativo ai fini dell’approvazione e localizzazione delle opere, anche per
il carattere strategico, ai fini dello sviluppo nazionale, delle opere
medesime.
Capo II
LIBERALIZZAZIONE DELLE
RISTRUTTURAZIONI DI IMMOBILI
1. Lo spirito di questo provvedimento si
sintetizza in una formula semplice: «padroni a casa nostra!».
Rispettando le facciate esterne ed i volumi,
le ristrutturazioni interne agli edifici sono liberalizzate, sul presupposto
della semplice denunzia di inizio di attività.
E’ un principio già contenuto nella normativa varata da
alcune regioni, ed in parte già contenuto nel (futuro) testo unico delle
disposizioni in materia edilizia, di cui questa normativa costituisce dunque
una parziale anticipazione ed estensione.
2. La presente proposta si basa su di un presupposto
essenziale: meno controlli formali e più controlli sostanziali.
Ne deriva che:
a) l’attività di
esame e di istruttoria dell’amministrazione deve concentrarsi su interventi
complessi, che necessitano di un attento esame per la definizione finale del
progetto proposto;
b) una volta
che il piano ha disciplinato tutti i parametri urbanistici, la definizione
degli aspetti edilizi può essere rimessa al titolare della domanda di
intervento coadiuvato dal progettista;
c) l’autocertificazione
responsabilizza il proprietario ed il progettista e consente di superare
concretamente gli ostacoli burocratici;
d) il sistema
dell’autocertificazione dovrebbe portare anche ad una riduzione delle domande
di concessione e conseguentemente al rispetto dei tempi per il rilascio della
stessa, nonché ad un miglioramento della qualità dei progetti, considerato
anche che le ultime leggi hanno di fatto abolito le commissioni edilizie, che
non garantivano certo la qualità architettonica degli interventi, ma erano solo
il luogo per dispute interpretative sulle prescrizioni di piano.
In definitiva, gli effetti positivi della
proposta si evidenziano proprio nel miglioramento del rapporto tra
amministrazione e cittadini, ispirato ad un nuovo senso di collaborazione e
confronto.
3. In dettaglio, si prevede di sottoporre a
denuncia di inizio attività (DIA) non solo tutte le opere già indicate dalla
legge n. 662 del 1996 e successive modifiche, ma anche quelle, ad oggi
soggette ad autorizzazione edilizia, così realizzando una forma di
omogeneizzazione tra le diverse previsioni delle leggi regionali che autonomamente
hanno introdotto l’autorizzazione per particolari opere, non previste dal
legislatore statale.
In più, possono entrare nel campo di applicazione della
DIA interventi che non producono effetti urbanistici rilevanti, quali gli
ampliamenti degli edifici esistenti e l’attività di demolizione e ricostruzione
di analogo edificio.
Inoltre, sul presupposto che l’amministrazione abbia
già definito le condizioni urbanistiche di riferimento, possono essere
realizzati con DIA anche gli interventi in diretta esecuzione del piano
regolatore e delle sue puntuali prescrizioni (le costruzioni singole), nonché
interventi ricompresi in piani attuativi accompagnati da un plano-volumetrico,
che definisca compiutamente le tipologie e le caratteristiche costruttive,
residuando così soltanto la progettazione edilizia dei singoli lotti.
In proposito, è da notare che molto spesso i piani
regolatori delle nostre città sono stati criticati per essere troppo
dettagliati, prescrivendo i particolari costruttivi quasi con una forma di
esasperazione.
In questo caso la critica, da tutti condivisa, può
essere invocata come garanzia per la conformità della successiva denuncia di
inizio attività, che pertanto si muove entro ambiti ben definiti, che non
lasciano spazi ad arbitrarie discrezionalità.
Una considerazione particolare meritano gli immobili
vincolati.
Una volta acquisita l’autorizzazione da parte
dell’organo istituzionalmente preposto alla tutela del vincolo, che può
rilasciare o negare tale assenso, ovvero imporre prescrizioni, non esiste alcun
ostacolo all’applicazione anche a tali immobili della procedura di DIA, in
assenza di tipologie di interventi ricompresi nel campo di applicazione della
stessa.
La garanzia di tutela è assicurata dall’autorizzazione
preventiva, non dal successivo procedimento edilizio.
Si introducono, infine, due chiarimenti che sgombrano
il campo da equivoci:
a) una denuncia
di inizio attività in contrasto con gli strumenti urbanistici è come se non
fosse stata presentata, per cui in caso di esecuzione dei lavori, gli stessi
sono da considerare abusivi;
b) se si
ricorre alla DIA, in luogo della concessione edilizia, si applica il regime
sanzionatorio che prevede le sanzioni penali con le aggravanti fissate per le
zone vincolate.
Conseguentemente con l’articolo 2 si
introducono importanti innovazioni in materia edilizia, finalizzate ad ampliare
l’ambito di operatività del più agile strumento della denuncia di inizio
attività che troverà applicazione in relazione ad ipotesi di interventi edilizi
per la cui realizzazione la normativa attualmente in vigore prevede il rilascio
di appositi atti concessori da parte dell’autorità amministrativa dell’ente
territoriale competente.
In particolare è subordinata unicamente alla
denuncia di inizio attività la realizzazione di sopralzi e addizioni,
ampliamenti, ristrutturazioni edilizie comprensive di demolizioni e
ricostruzioni e nuove edificazioni direttamente esecutive del PRG o del piano
attuativo comprensivo delle disposizioni plano-volumetriche.
Le regioni a statuto ordinario (nelle quali le
disposizioni in argomento si applicano a decorrere dal novantesimo giorno dalla
data di entrata in vigore della presente legge) possono stabilire, con legge,
quali siano gli interventi sottoposti ad appositi atti concessori o
autorizzatori. Resta, invece, salva la potestà legislativa esclusiva in materia
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Capo III
SOPPRESSIONE DI ADEMPIMENTI BUROCRATICI INUTILI A CARICO DELLE IMPRESE
1. Il sistema delle imprese ha bisogno di
poche e semplici leggi, di procedure applicative semplici, che consentano alle
imprese di svolgere fino in fondo il loro compito: creare ricchezza, aumentare
l’occupazione.
Anche in materia ambientale, le norme di
rispetto del territorio e della salute dei cittadini devono essere formulate in
modo da consentire alle imprese di rispettarle correttamente e razionalmente.
Oggi, invece, prevalgono la confusione, la complessità, l’eccesso di
burocrazia, l’accanimento sanzionatorio.
Certamente la difesa dell’ambiente e della sicurezza
del lavoro sono principi condivisi ed indiscussi. Ma l’iperproduzione
legislativa, e gli eccessi burocratici, più che determinare certezze, finiscono
soltanto per alimentare dubbi, disorientando cittadini e imprenditori.
Senza dubbio in materia di tutela ambientale e di
sicurezza sul lavoro c’è un eccesso di fonti normative: al 30 settembre 2000
erano 962.
Negli ultimi 5 anni sono aumentate del 37 per cento,
con un’impennata del 29 per cento a partire da settembre 1998.
Tante leggi finiscono inevitabilmente per diventare
confuse e contraddittorie.
Al punto che neanche la Pubblica Amministrazione sa
come applicarle e farle rispettare.
A pagarne le conseguenze sono gli imprenditori, troppo
spesso puniti ingiustamente, o per semplici errori formali.
Basti pensare che le 500.000 imprese italiane
interessate da tutto l’iter gestionale dei rifiuti devono compilare ogni
anno 3 milioni di moduli, impiegando 50 milioni di ore di lavoro e spendendo
1.400 miliardi.
Registri, formulari, moduli di denuncia annuale, devono
essere acquistati, vidimati, compilati con numeri incrociati e conservati.
Quanto poi al settore del trasporto di rifiuti, è stato
introdotto un apposito Albo con procedure di iscrizione tra le più complesse
dell’ordinamento italiano.
Per il solo rinnovo dell’iscrizione, cioè per
continuare un’attività già in essere, è necessario rifare tutte le perizie, i
certificati, le garanzie finanziarie e le attestazioni di acquisita
professionalità già prodotte per la prima iscrizione.
2. Il senso delle innovazioni proposte consiste proprio
nello snellire e semplificare i passaggi amministrativi contenuti in uno dei
principali atti legislativi che disciplinano la materia ambientale: il decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, concernente la gestione dei rifiuti.
Lo si fa riducendo il numero di imprese tenute ad
alcuni obblighi, operando una selezione degli adempimenti strettamente
necessari alla migliore effettuazione dei controlli, razionalizzando la materia
in modo che la stessa impresa sia sollevata da incombenze che ne riducono la
competitività.
Per quanto riguarda la denuncia annuale dei rifiuti, si
sono selezionati i soggetti tenuti all’obbligo, identificando solo quelli che
professionalmente gestiscono i rifiuti, ottenendo così maggiore affidabilità
dei dati e ricostruendone il percorso in modo più veritiero.
Ciò produce, tra l’altro, un risparmio per il sistema
economico valutabile intorno ai 50 miliardi l’anno per le sole spese relative
all’invio della denuncia; si tratta di una semplificazione che beneficia non
meno di 500.000 imprese interessate.
Inoltre, con l’istituzione dei registri di carico e
scarico dei rifiuti pericolosi, si mantengono gli obblighi solo sulle imprese
che possono causare danni ambientali, anche qui semplificando gli adempimenti
per circa 500.000 imprese, per lo più di piccola dimensione e imprese
artigiane.
Si è inoltre adeguata la legge italiana alle norme
comunitarie, in questo ambito meno stringenti.
Per spingere oltre la semplificazione, si prevede poi
la facoltà di tenere i registri stessi presso strutture specializzate, che
garantiscono una maggiore affidabilità tecnica ed un controllo professionale.
La quantificazione del risparmio risulta qui più difficile, ma sul piano
qualitativo la semplificazione va a toccare non meno di 1.000.000 di imprese ed
è quindi certamente rilevante.
Vi sono poi misure mirate a migliorare la gestione dei
rifiuti, allungando i tempi delle registrazioni, chiarendo la titolarità dei
rifiuti in capo a colui che esercita l’attività che li origina, modificando le
norme che governano il principale strumento pubblico di registrazione degli
smaltitori, l’Albo nazionale dei gestori servizi di smaltimento.
Qui gli interessati sono circa 20.000 imprese, le cui
attività sono ancora imbrigliate da una serie di procedure burocratiche che si
ripresentano, uguali a sé stesse, in ogni occasione.
Si è introdotta la possibilità di rinnovare
l’iscrizione ogni cinque anni e non ogni due anni, semplicemente attraverso una
conferma delle caratteristiche tecniche presenti. Il risparmio per il sistema
imprenditoriale è valutabile intorno ai 50 miliardi l’anno, per le sole spese
relative alle ridondanti pratiche amministrative.
Il risultato finale ottenuto consiste nell’aumento
della competitività derivante dall’allentamento della pressione burocratica.
A tale riguardo l’articolo 3 apporta modifiche alla
disciplina introdotta dal cosiddetto decreto legislativo Ronchi (decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) recante attuazione delle direttive
comunitarie sui rifiuti, rifiuti pericolosi, imballaggi e sui rifiuti di
imballaggio.
In particolare, si introduce una nuova definizione di
«produttore» specificando che tra le attività che generano rifiuti devono
annoverarsi anche le attività edili di demolizione.
Inoltre, si ampliano le categorie di soggetti che sono
tenuti a comunicare annualmente le quantità e le caratteristiche dei rifiuti
oggetto della propria attività in quanto è venuto meno il presupposto della
«professionalità» quale requisito dell’attività di raccolta, di trasporto di
rifiuti, eccetera dal quale scaturisce l’obbligo di porre in essere tale
comunicazione. D’altra parte, nella nuova formulazione della disposizione non è
più previsto che la stessa comunicazione debba essere effettuata dalle imprese
e dagli enti che producono rifiuti pericolosi e non pericolosi.
E’ poi conferita all’Agenzia nazionale per la
protezione dell’ambiente (ANPA), nonché alle associazioni imprenditoriali, la
possibilità di concordare campagne di raccolta di dati statistici relativi alla
produzione di rifiuti.
Al fine di raggiungere un migliore coordinamento tra
autorità amministrativa ed operatori del settore, si prevede che il modello
unico di dichiarazione in materia ambientale è adottato ed aggiornato con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa consultazione delle associazioni
nazionali di categoria dei soggetti obbligati.
Si intende inoltre semplificare e snellire gli
adempimenti relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico sui quali
devono essere annotate le informazioni sulle caratteristiche qualitative e
quantitative. In particolare:
1) per quanto riguarda
la categoria dei produttori, l’obbligo di tenuta dei registri di carico e
scarico riguarderà i soli produttori di rifiuti pericolosi;
2) il termine di una
settimana nel quale gli operatori del settore devono procedere alle annotazioni
nei registri di carico e scarico viene fissato, nella maggior parte dei casi, a
quindici giorni;
3) per quanto riguarda
l’obbligo di conservazione dei registri di carico e scarico viene previsto il
termine di tre anni (in luogo di cinque);
4) viene prevista la
possibilità per i produttori di rifiuti di adempiere all’obbligo di tenuta dei
registri tramite le proprie organizzazioni di categoria, indipendentemente
dalla quantità di rifiuti prodotta (attualmente ciò è stabilito soltanto se la
quantità di rifiuti prodotta annualmente non eccede le 5 tonnellate);
5) viene prevista altresì una
disciplina semplificata di tenuta dei registri mediante strumenti informatici.
Viene stabilito che la gestione da parte dei
comuni dei rifiuti in regime di privativa non si applica, oltre che alle
attività di recupero, anche alle attività di raccolta.
Secondo la vigente normativa il soggetto che
intende installare un impianto mobile di smaltimento o di recupero deve
renderne edotta la regione almeno sessanta giorni prima di tale installazione:
tale termine viene ridotto a quindici giorni ed inoltre la comunicazione alla
regione potrà riguardare la utilizzazione di impianti anche collocati in siti
diversi.
Si interviene in merito alla disciplina concernente
l’Albo delle imprese esercenti smaltimento dei rifiuti, con le seguenti
finalità:
1) localizzare le
sezioni regionali dell’Albo presso le regioni e le province autonome, anziché presso
le Camere di commercio;
2) operare la modifica
della composizione del Comitato nazionale dell’Albo riducendo il numero di
membri da 20 a 10;
3) elevare la quantità di
rifiuti trattati (da trenta a sessanta chilogrammi e da trenta a sessanta litri
al giorno) al di sopra della quale è richiesta la iscrizione all’Albo in
questione. Viene inoltre cancellato l’obbligo di rinnovare l’iscrizione ogni
cinque anni sostituendolo con una conferma della stessa, previa dichiarazione
sostitutiva dell’interessato;
4) introdurre una specifica
disciplina concernente le modalità di iscrizione all’Albo per le imprese che
effettuano attività di rimozione e bonifica dei siti e dei beni contenenti
amianto;
5) prevedere che l’Albo si
pronunci in merito ai provvedimenti di propria competenza entro 90 giorni e che
sempre entro 90 giorni deliberi il Comitato nazionale dell’Albo sui ricorsi
presentati avverso i provvedimenti delle sezioni regionali dell’Albo;
6) introdurre modalità semplificate
di versamento dei diritti annuali di iscrizione all’Albo;
7) specificare che trascorsi 10
giorni dal ricevimento della comunicazione di inizio attività da parte delle
sezioni regionali e provinciali dell’Albo, le imprese che hanno inviato la stessa
possono iniziare l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti.
DISEGNO DI LEGGE
Capo I
LEGGE «OBIETTIVO»
Art. 1.
(Deleghe al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti
industriali strategici)
1. Dato l’obiettivo di modernizzazione e
sviluppo del Paese, il Governo individua le infrastrutture e gli insediamenti
industriali strategici da realizzare inserendoli nei provvedimenti collegati
alla legge finanziaria. L’individuazione è operata, entro il 30 giugno di ogni
anno, sulla base di un programma, formulato su proposta dei Ministri
competenti, ovvero delle regioni interessate, inserito nel documento di
programmazione economico-finanziaria e comunicato alla Conferenza unificata di
cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con
indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione.
2. Il Governo è delegato ad emanare, entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti
legislativi volti a definire un quadro normativo coerente con l’esigenza di
riformare le procedure per la valutazione di impatto ambientale, di favorire la
realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti individuati ai sensi
del comma 1, anche per quanto concerne un necessario regime autorizzatorio
speciale, in deroga agli articoli 2, da 7 a 16, 19, 20, 21, da 23 a 30, 34, 37-bis,
37-ter e 37-quater della legge 11 febbraio 1994, n. 109,
e successive modificazioni, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri
direttivi:
a) progettazione
industriale preferibilmente basata sulla tecnica del project financing;
b) definizione
delle procedure da seguire in sostituzione di quelle previste per il rilascio
dei provvedimenti concessori o autorizzatori di ogni specie, la cui durata non
può superare i sei mesi per la approvazione dei progetti preliminari,
comprensivi di quanto necessario per la localizzazione dell’opera d’intesa con
la regione o la provincia autonoma competente e, ove occorra, della valutazione
di impatto ambientale, nonché definizione delle procedure necessarie per la
dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e per la
approvazione del progetto definitivo, la cui durata non può superare il termine
di ulteriori sette mesi;
c) attribuzione al CIPE,
integrato dai presidenti delle regioni interessate, del compito di monitorare e
istruire le proposte, di approvare il progetto definitivo, di vigilare
sull’esecuzione dei progetti approvati adottando i provvedimenti concessori e
autorizzatori necessari, comprensivi della localizzazione dell’opera e, ove
occorra, della valutazione di impatto ambientale, avvalendosi del Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti e, eventualmente, di una apposita
struttura tecnica, di advisor e di commissari straordinari, che agiscono
con le modalità e i poteri di cui all’articolo 13 del decreto-legge 25 marzo
1997 n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997,
n. 135;
d) modificazione della
disciplina in materia di conferenza di servizi con la previsione della facoltà
per detta conferenza di apportare varianti migliorative sulla base della
acquisizione, nel termine perentorio di 90 giorni, delle proposte di
prescrizioni e varianti al progetto definitivo da parte di tutte le
amministrazioni competenti a rilasciare permessi e autorizzazioni comunque
denominati; previsione che la decisione finale della conferenza è sostitutiva
di tutti i provvedimenti concessori ed autorizzatori richiesti in relazione
alle varianti migliorative; previsione del potere della conferenza di
deliberare a maggioranza;
e) affidamento, mediante
gara, della realizzazione delle infrastrutture strategiche ad un unico soggetto
contraente generale o concessionario;
f) disciplina
dell’affidamento a contraente generale, definito, in ottemperanza all’articolo
1 della direttiva 93/37 CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, come esecuzione
con qualsiasi mezzo di un’opera rispondente alle esigenze specificate dal
soggetto aggiudicatore, distinto dal concessionario di opere pubbliche per
l’esclusione della gestione dell’opera eseguita e qualificato per i connotati
di imprenditorialità delle attività del contraente generale, per il rischio
finanziario assunto integralmente o prevalentemente con mezzi finanziari
privati, per la libertà di forme nella realizzazione dell’opera, per la natura
prevalente di obbligazione di risultato complessivo del rapporto che lega detta
figura al soggetto aggiudicatore; previsione dell’obbligo del contraente generale
di prestazione di performance bond ovvero di partecipazione diretta al
finanziamento dell’opera o di reperimento dei mezzi finanziari occorrenti;
g) previsione
dell’obbligo per il soggetto aggiudicatore, nel caso in cui l’opera sia
realizzata prevalentemente con fondi pubblici, di rispettare la normativa
europea in tema di evidenza pubblica, e di scelta dei fornitori di beni o
servizi, ma con soggezione ad un regime derogatorio rispetto alla legge quadro
sui lavori pubblici per tutti gli aspetti di essa non aventi necessaria
rilevanza comunitaria;
h) introduzione di
specifiche deroghe alla vigente disciplina in materia di aggiudicazione di
lavori pubblici e di realizzazione degli stessi, fermo il rispetto della
normativa comunitaria, finalizzate a favorire il contenimento dei tempi e la
massima flessibilità degli strumenti giuridici; in particolare, in caso di
ricorso a un contraente generale, previsione che lo stesso, ferma restando la
propria responsabilità, possa liberamente affidare a terzi l’esecuzione di
proprie prestazioni con l’obbligo di rispettare, in ogni caso, la legislazione
antimafia e quella relativa ai requisiti prescritti per gli appaltatori;
previsione, altresì, della possibilità di riutilizzare eventuali risparmi rispetto
al prezzo base della gara, realizzati in occasione dell’aggiudicazione, come
premio, proporzionalmente commisurato, per l’esecuzione anticipata del
contratto rispetto ai tempi prestabiliti; previsione della possibilità di
costituire una società di progetto ai sensi dell’articolo 37-quinquies della
legge n. 109 del 1994, anche con la partecipazione di istituzioni
finanziarie, assicurative e tecnico-operative già indicate dallo stesso
contraente generale nel corso della procedura di affidamento; previsione della
possibilità di emettere titoli obbligazionari ai sensi dell’articolo 37-sexies
della legge n. 109 del 1994, ovvero di avvalersi di altri strumenti
finanziari, con la previsione del relativo regime di garanzia di restituzione,
anche da parte di soggetti aggiudicatori ed utilizzazione dei medesimi titoli e
strumenti finanziari per la costituzione delle riserve bancarie o assicurative
previste dalla legislazione vigente;
i) previsione, in caso
di concessione di opera pubblica, unita a gestione della stessa, della
possibilità di riconoscere al concessionario, anche in corso d’opera e senza
limiti massimi, un prezzo in aggiunta al diritto di sfruttamento economico
dell’opera, ed anche a fronte della prestazione successiva di beni o servizi
allo stesso soggetto aggiudicatore relativamente all’opera realizzata, nonché
della possibilità di fissare la durata della concessione anche oltre 30 anni e
di consentire al concessionario di affidare a terzi determinati lavori, con il
solo vincolo delle previsioni della citata direttiva 93/37 CEE relative agli
appalti del concessionario e nel limite percentuale eventualmente indicato in
sede di gara a norma della medesima direttiva;
l) previsione, dopo la
stipula dei contratti di progettazione, appalto o concessione, di forme di
tutela risarcitoria per equivalente, con esclusione della reintegrazione in
forma specifica; restrizione, per tutti gli interessi patrimoniali, della
tutela cautelare al pagamento di una provvisionale;
m) previsione di apposite
procedure di collaudo delle opere entro termini perentori ed anche attraverso
strutture esterne.
3. I decreti legislativi previsti dal comma 2
del presente articolo sono emanati sentito il parere delle Commissioni
parlamentari permanenti competenti per materia, che si pronunciano entro trenta
giorni dalla richiesta, nonché quello della Conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nei due
anni successivi alla loro emanazione possono essere emanate disposizioni
correttive ed integrative dei decreti legislativi, nel rispetto della medesima
procedura e secondo gli stessi principi e criteri direttivi.
4. Limitatamente all’anno 2002 il Governo è
delegato ad emanare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui al
comma 2, previo parere favorevole del CIPE, integrato dai presidenti delle
regioni interessate, sentite le Commissioni parlamentari permanenti competenti
e la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, uno o più decreti legislativi recanti l’approvazione
definitiva di specifici progetti di infrastrutture strategiche individuate
secondo quanto previsto al comma 1.
Capo II
LIBERALIZZAZIONE DELLE
RISTRUTTURAZIONI DI IMMOBILI
Art. 2.
(Denuncia di inizio attività)
1. In anticipazione rispetto alla entrata in
vigore del testo unico delle disposizioni in materia edilizia, previsto ai
sensi dell’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 1999, n. 50, e
successive modificazioni, in alternativa a concessioni e autorizzazioni
edilizie, a scelta dell’interessato, possono essere realizzati, in base a
semplice denuncia di inizio attività:
a) gli
interventi edilizi minori, di cui all’articolo 4 del decreto-legge 23 ottobre
1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993,
n. 493, come sostituito dall’articolo 2, comma 60, della legge 23 dicembre
1996, n. 662, e successive modificazioni;
b) le
ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e ricostruzione con lo
stesso ingombro volumetrico. Ai fini del calcolo dell’ingombro volumetrico non
si tiene conto delle innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa
antisismica;
c) gli interventi
sottoposti a concessione, se sono specificamente disciplinati dai piani
attuativi che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche,
formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata
dal consiglio comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di
ricognizione di quelli vigenti;
d) i sopralzi, le
addizioni, gli ampliamenti e le nuove edificazioni in diretta esecuzione di
idonei strumenti urbanistici diversi da quelli indicati alla lettera c), ma
recanti analoghe previsioni di dettaglio.
2. Nulla è innovato quanto all’obbligo di
versare il contributo commisurato agli oneri di urbanizzazione ed al costo di
costruzione.
3. Le disposizioni di cui al comma 1 si
applicano nelle regioni a statuto ordinario a decorrere dal novantesimo giorno
dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le regioni a statuto
ordinario, con legge, possono individuare quali degli interventi indicati al
comma 1 sono assoggettati a concessione edilizia o ad autorizzazione edilizia.
4. E’ fatta in ogni caso salva la potestà legislativa
esclusiva delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento
e di Bolzano.
Capo III
SOPPRESSIONE DI ADEMPIMENTI
BUROCRATICI INUTILI A CARICO
DELLE IMPRESE
Art. 3.
(Modificazioni al decreto legislativo
5 febbraio 1997, n. 22)
1. Nel decreto legislativo 5 febbraio 1997,
n. 22, e successive modificazioni, recante recepimento di norme
comunitarie in materia di residui di imballaggi, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all’articolo
6, comma 1, la lettera b) è sostituta dalla seguente: «b) produttore:
il produttore iniziale ossia il soggetto le cui attività, incluse le attività
edili di demolizione, hanno prodotto rifiuti e il soggetto che ha effettuato
operazioni di pretrattamento o di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato
la natura o la composizione di detti rifiuti;»;
b) all’articolo
11, il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Chiunque effettua attività
di raccolta e di trasporto di rifiuti, commercio e intermediazione di rifiuti,
ovvero svolge le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, compreso
il produttore non iniziale, è tenuto a comunicare annualmente con le modalità
previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, concernente il modello unico
di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia o di notificazione in materia
ambientale, sanitaria e di sicurezza pubblica, le quantità e le caratteristiche
qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività.»
c) all’articolo 12:
1)
il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. I soggetti di cui all’articolo
11, comma 3, nonchè i produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi, hanno
l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico, con fogli numerati e
vidimati, su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche
qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere
effettuate:
a)
per i produttori di rifiuti pericolosi, entro quindici giorni dalla
produzione del rifiuto e comunque prima della raccolta nel luogo in cui i
rifiuti sono prodotti e dallo scarico del medesimo;
b)
per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto di rifiuti
prodotti da terzi, entro quindici giorni dall’effettuazione del trasporto;
c)
per i commercianti e gli intermediari, entro quindici giorni
dall’effettuazione della transazione relativa;
d)
per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento,
entro sette giorni dalla presa in carico dei rifiuti;
e)
per gli impianti che effettuano solo lo stoccaggio, entro ventiquattro ore
dalla presa in carico.»;
2)
al comma 2, lettera c), dopo la parola «impiegato» sono aggiunte le
seguenti: «, limitatamente alle sole imprese che svolgono attività di
smaltimento o di recupero dei rifiuti»;
3)
al comma 3, secondo periodo, le parole: «sono conservati per cinque anni» sono
sostituite dalle seguenti: «sono conservati per tre anni, anche su supporto
informatico con le modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio, sentita l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione»;
4) al
comma 3-bis, dopo le parole: «I registri di carico e scarico relativi ai
rifiuti» è inserita la parola: «pericolosi»;
5) al
comma 4, le parole: «la cui produzione annua di rifiuti non eccede le 5 tonnellate
di rifiuti non pericolosi ed una tonnellata di rifiuti pericolosi,» sono
sostituite dalle seguenti: «obbligati alla tenuta dei registri di carico e
scarico»;
6) dopo
il comma 6, sono aggiunti i seguenti : «6-bis. I registri di carico e
scarico sono tenuti anche mediante strumenti informatici; con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio, sentita l’Autorità per l’informatica nella
pubblica amministrazione sono fissate le relative regole tecniche.
6-ter. I
registri tenuti dalle associazioni di categoria ai sensi dell’articolo 12,
comma 4, possono essere vidimati con la procedura prevista dalla normativa
vigente per le scritture contabili.
6-quater. I
registri di carico e scarico istituiti ai sensi del decreto del Presidente
della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, del decreto-legge 9 settembre
1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988,
n. 475, e del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, in uso alla
data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, possono continuare
ad essere utilizzati fino al loro esaurimento purché contengano tutti gli
elementi previsti ai sensi dei commi 6, 6-bis e 6-ter.
6-quinquies. Al fine
della razionalizzazione e della tempestiva semplificazione delle procedure di
attuazione del presente decreto, gli adempimenti formali dei soggetti obbligati
alla tenuta dei registri di carico e scarico sono disciplinati con regolamenti
da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e delle
attività produttive, tenuto conto dell’adozione di nuove tecnologie per il
trattamento e la conservazione delle informazioni.»;
d) all’articolo 21, il
comma 7 è sostituito dal seguente: «7. La privativa di cui al comma 1
non si applica alle attività di raccolta e di recupero dei rifiuti che
rientrano negli accordi di programma di cui all’articolo 22, comma 11, e alle
attività di raccolta e di recupero dei rifiuti assimilati, che il produttore
provvede a destinare al recupero.»;
e) all’articolo 28,
comma 7, secondo periodo, le parole da «l’interessato» a «dell’impianto,» sono
sostituite dalle seguenti: «, intese come attività programmatorie volte a
pianificare l’utilizzazione degli impianti mobili anche collocati in siti
diversi, esclusi gli impianti di incenerimento, l’interessato, almeno quindici
giorni prima dell’inizio della campagna,»;
f) all’articolo 30 sono
apportate le seguenti modificazioni:
1)
al comma 1, le parole: «istituite presso le Camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione» sono sostituite dalle
seguenti: «istituite presso le regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano. Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono delegare
i compiti previsti dal presente decreto alle sedi regionali e delle province
autonome delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente.»;
2)
il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Il Comitato nazionale
dell’Albo ha potere deliberante ed è composto da dieci membri esperti nella
materia nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, e designati
rispettivamente:
a)
tre dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, uno dei quali
con funzioni di presidente;
b)
uno dal Ministro delle attività produttive;
c)
uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
d)
due dalle regioni;
e)
tre dalle categorie economiche, uno dei quali con funzioni di
vicepresidente.»;
3)
al comma 3, nelle lettere b) e c) le parole: «da un funzionario o
dirigente esperto in rappresentanza» sono sostituite dalle seguenti: «da un
esperto designato in rappresentanza»; nel medesimo comma, dopo la lettera d)
è aggiunta la seguente: «d-bis) da un esperto designato dalle categorie
economiche»;
4)
il comma 4 è sostituito dal seguente: «4. Le imprese che svolgono
attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e
le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi, esclusi i trasporti
di rifiuti pericolosi che non eccedano la quantità di cinquanta chilogrammi al
giorno o di sessanta litri al giorno effettuati dal produttore degli stessi
rifiuti, nonché le imprese che intendono effettuare attività di bonifica dei
siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione
dei rifiuti, di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità
di terzi, e di gestione di impianti mobili di smaltimento e di recupero di
rifiuti, ad esclusione della sola riduzione volumetrica, devono essere iscritte
all’Albo. La validità dell’iscrizione è confermata ogni cinque anni dalla
sezione regionale dell’Albo mediante dichiarazione sostituiva di atto di
notorietà di cui all’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445, resa dall’interessato, che sostituisce
l’autorizzazione all’esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di
commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l’iscrizione
abilita alla gestione degli impianti il cui esercizio sia stato autorizzato ai
sensi del presente decreto.»;
5) dopo
il comma 4, è inserito il seguente: «4-bis. Le imprese che intendono
iscriversi all’Albo per svolgere attività di raccolta e trasporto di rifiuti e
per attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti devono prestare le
garanzie finanziarie a favore dello Stato. Le imprese che effettuano attività
di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi, le
imprese che effettuano le attività di gestione di impianti mobili di
smaltimento e recupero dei rifiuti, nonché le imprese che effettuano le
attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono
prestare le garanzie finanziarie a favore della regione territorialmente
competente secondo i seguenti criteri:
a)
le imprese che effettuano l’attività di gestione di impianti di smaltimento
e di recupero di titolarità di terzi devono prestare le garanzie finanziarie a
favore della regione per ogni singolo impianto gestito;
b)
le imprese che effettuano l’attività di gestione di impianti mobili di
smaltimento e recupero dei rifiuti devono prestare le garanzie finanziarie a
favore della regione per lo svolgimento di ogni campagna di attività;
c)
le imprese che effettuano l’attività di bonifica dei siti e di bonifica dei
beni contenenti amianto devono prestare le garanzie finanziarie a favore della
regione per ogni intervento di bonifica.»;
6)
al comma 5 dopo le parole: «delle garanzie finanziarie» sono inserite le
seguenti: «che devono essere prestate a favore dello Stato»; nel medesimo comma
è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L’Albo deve deliberare entro novanta
giorni.»;
7)
al comma 6 dopo le parole: «che devono essere prestate a favore dello Stato»,
sono soppresse le parole: «dalle imprese di cui al comma 4»;
8) dopo
il comma 7 è inserito il seguente: «7-bis. Per l’anno 2000 e per gli
anni successivi il versamento dei diritti annuali di iscrizione all’Albo di cui
all’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998,
n. 406, concernente le risorse finanziarie del predetto Albo, deve essere
effettuato, per le imprese già iscritte l’anno precedente, entro il 30 luglio
di ogni anno.»;
9) al
comma 10 il primo periodo è sostituito dal seguente: «Il possesso dei requisiti
per lo svolgimento delle attività di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti
assimilati da parte delle aziende speciali, delle società e dei consorzi
istituiti ai sensi degli articoli 31 e 113 del testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267, e delle cooperative sociali di cui all’articolo 1, comma 1,
lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, è attestato dal
comune o dal consorzio di comuni»; al medesimo comma, nel secondo periodo, dopo
le parole: «territorialmente competente» sono inserite le seguenti: «, non è
subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie»; nello stesso periodo,
le parole: «ai quali il Comune partecipa» sono soppresse;
10) al
comma 11, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «che deve rispondere
entro 90 giorni»;
11) al
comma 12, le parole: «secondo criteri stabiliti» sono sostituite dalle
seguenti: «secondo criteri di competenza e professionalità stabiliti»;
12) al
comma 14 la parola: «non» è soppressa;
13) al
comma 16, secondo periodo, le parole: «rinnovata ogni due anni» sono sostituite
dalle seguenti: «confermata ogni cinque anni mediante dichiarazione sostitutiva
di atto di notorietà di cui all’articolo 47 del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,»;
14) al
comma 16-bis, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Decorso
tale termine l’attività può avere inizio.»;
15)
dopo il comma 16-bis è inserito il seguente: «16-ter. Le
deliberazioni adottate dal Comitato nazionale dell’Albo sono pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale.»;
g) all’articolo
33, comma 5, la parola: «rinnovata» è sostituita dalla seguente: «confermata»;
nel medesimo comma, dopo le parole: «e comunque» è inserita la seguente:
«rinnovata».