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Roma, 29 ottobre 2001

 

CIRCOLARE N. 148/2001

 

OGGETTO: IL LIBRO BIANCO SULLA POLITICA EUROPEA DEI TRASPORTI FINO AL 2010.

 

Nel dicembre 1992 la Commissione delle Comunità Europee ha pubblicato il primo Libro Bianco dal titolo “Lo sviluppo futuro della politica comune dei trasporti”. Obiettivo fondamentale del documento era l’apertura del mercato dei trasporti.

Nel settembre scorso la Commissione ha diffuso un secondo Libro Bianco intitolato: “La politica dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte”. Nell’introduzione del documento si sottolinea come in una decina d’anni, con la sola eccezione del settore ferroviario, l’obiettivo del primo Libro sia praticamente raggiunto nei traffici infracomunitari.

I primi progressi della Politica Comune dei Trasporti si sono concretizzati in una riduzione significativa dei prezzi per i consumatori, accompagnata da un aumento della qualità dei servizi. L’aumento del traffico è risultato però più che proporzionale rispetto a quello dell’economia, con una crescita squilibrata a favore della modalità stradale, creando congestione della circolazione e danni all’ambiente.

 

Per questo motivo la Commissione ha ritenuto necessario aggiornare gli orientamenti sulla Politica Comune dei Trasporti pubblicando il secondo Libro Bianco i cui obiettivi sono cosi sintetizzabili:

Ø        riequilibrio modale

Ø        eliminazione delle strozzature infrastrutturali

Ø        politica centrata sull’utilizzatore

Ø        gestione della mondializzazione dei trasporti.

 

A. Riequilibrio modale

 

Se non si attueranno interventi, la modalità stradale è destinata ad aumentare del 50% a fronte di un aumento del 43% del PIL e del 38% del trasporto merci nel suo complesso.

 

Modalità

Quota mercato

Aumento

2010/1998

1998

2010

Strada

  44%

 47%

+ 50%

Mare (cabo)

  41%

 40%

+ 35%

Ferrovia

  8%

  7%

+ 13%

Canali navig.

  4%

  3%

+ 14%

Condotte

  3%

  3%

+ 15%

Totale

100%

100%

+ 38%

 

 

Per evitare questa evenienza il Libro Bianco prevede di controllare la crescita del traffico stradale ed aereo e di rilanciare mare e ferrovia. A tal fine la Commissione postula una “concorrenza regolata“ tra i modi di trasporto grazie alla quale nel 2010 le quote di mercato risultino ripartite come nel 1998 (ciò presuppone che nessuna modalità superi nel periodo una crescita del 38%).

 

A.1.      Strada

Il principale vantaggio competitivo del trasporto stradale è la sua capacità di trasportare merci ovunque nell’Unione Europea con una estrema flessibilità e a prezzi ridotti. Ma lo sviluppo di questa capacità si è realizzato in un contesto paradossale. Le imprese del settore praticano con gli altri modi di trasporto e tra di loro una concorrenza accanita, al punto che alcune imprese, per sopravvivere in un ambiente estremamente concorrenziale, tenuto conto dell’aumento degli oneri di esercizio (prezzo dei combustibili, nuove attrezzature), sono costrette ad eludere le regole sull’orario di lavoro e sulla circolazione nonché a trascurare i più elementari principi di sicurezza stradale. La guerra dei prezzi fra imprese rischia di inasprirsi con l’allargamento dell’UE dato che gli oneri di esercizio sono meno elevati nei Paesi candidati dell’Est.

 

Le quote di mercato acquisite dalla strada non possono mascherare la grande precarietà finanziaria nella quale si trovano oggi molte imprese di trasporto, in particolare le più piccole. I “padroncini” hanno sempre più difficoltà a mantenere una redditività, spesso artificiale, a causa delle pressioni sui prezzi esercitate dai caricatori e dall’industria, soprattutto in occasione di shock congiunturali quali l’aumento del prezzo del gasolio.

Le misure di defiscalizzazione adottate di fretta e in modo unilaterale da alcuni Stati membri per calmare il malcontento dei trasportatori a seguito dell’aumento brutale dei prezzi del gasolio nel settembre 2000 non sono soluzioni a lungo termine. Simili interventi sono più dei palliativi che delle misure risolutive e rischiano non soltanto di avere un impatto limitato sulla salute finanziaria del settore, ma anche di arrecare pregiudizio agli altri modi, rafforzando ulteriormente il vantaggio competitivo del trasporto stradale. Tali misure potrebbero essere considerate sovvenzioni occulte e destabilizzare ulteriormente la professione, poiché il prezzo del trasporto stradale non rifletterebbe i costi reali.

 

Nonostante queste constatazioni, nessun vero piano di ristrutturazione del settore è stato finora intrapreso in Europa. Il timore di agitazioni sociali e di una paralisi dei principali assi di transito non vi è certamente estraneo. Nel contesto attuale, sembra auspicabile risanare le prassi in vigore e rafforzare la base delle imprese incoraggiando i raggruppamenti e la diversificazione di attività. Infatti, imprese aventi dimensioni e basi finanziarie adeguate, che permettano loro di approfittare dei progressi tecnologici, potranno fare fronte - nelle migliori condizioni - all’arrivo sul mercato del trasporto stradale dei concorrenti dell’Est europeo, ove il costo della manodopera è attualmente inferiore a quello dei Paesi dell’Europa dell’Ovest. Si devono prevedere misure di accompagnamento per incoraggiare le microimprese o i “padroncini” a riunirsi in strutture più atte a prestare servizi di qualità, che integrino ad esempio attività di logistica e sistemi avanzati di informazione e di gestione, nel rispetto della politica di concorrenza.

 

In questo contesto, l’armonizzazione delle clausole minime relative alla ripartizione dei costi nei contratti che disciplinano l’attività di trasporto dovrebbe aiutare a proteggere i trasportatori dalle pressioni dei caricatori. In altri termini, nei contratti di trasporto devono figurare clausole come la revisione delle tariffe in caso di aumento brutale dei prezzi del carburante. Non bisogna dimenticare che è il trasporto stradale - modo dominante - a fissare il prezzo del trasporto. In queste condizioni, si tende a tirare questo prezzo verso il basso, a scapito degli altri modi che non beneficiano delle stesse capacità di adeguamento.

 

A livello dell’Unione Europea, osserva il Libro Bianco, sono state adottate pochissime misure per garantire un minimo di regolamentazione delle condizioni sociali nel trasporto stradale. Soltanto nel dicembre 2000 il Consiglio dei Ministri ha deciso di armonizzare il tempo di guida con un massimo di 48 ore alla settimana in media, con eccezioni, tuttavia, per gli autisti indipendenti. Negli altri modi di trasporto, l’orario di lavoro è da tempo strettamente limitato; per i macchinisti, ad esempio, il tempo di guida varia in media da 22 a 30 ore presso le principali società ferroviarie.

Numerose proposte della Commissione mirano a dotare l’Unione europea di una vera regolamentazione per migliorare le condizioni di lavoro, la sicurezza stradale e garantire il rispetto delle regole di funzionamento del mercato interno. Citiamo:

Ø        regolamentazione dell’orario di lavoro: la proposta, pur escludendo i lavoratori autonomi permette di controllare l’orario di lavoro a livello europeo, sulla base di una durata settimanale media di 48 ore e una durata massima di lavoro di 60 ore;

Ø        armonizzazione dei divieti di circolazione degli automezzi pesanti il fine settimana; questa proposta mira ad avvicinare le regole nazionali in materia e a stabilire un obbligo di informazione preliminare prima dell’introduzione di tali divieti;

Ø        introduzione di un “attestato di conducente” che permetterà ai controllori nazionali di verificare efficacemente la regolarità e, se necessario, di constatare (e sancire) l’irregolarità della situazione occupazionale del conducente;

Ø        sviluppo della formazione professionale; la proposta prevede regole comuni sulla formazione iniziale obbligatoria per tutti i nuovi conducenti e una formazione continua per tutti i conducenti a intervalli regolari.

 

A.2.      Ferrovia

L’apertura ad una concorrenza regolata del trasporto ferroviario - che inizierà effettivamente nel marzo 2003 con l’apertura dei servizi internazionali di trasporto sui 50.000 km di linee della rete ferroviaria transeuropea di trasporto merci - rappresenta la condizione centrale per il rilancio del trasporto ferroviario. Nel 2008, l’apertura sarà totale su tutta la rete europea per il trasporto merci internazionale. La comparsa di nuove imprese ferroviarie, con altre visioni e dotate di una solida esperienza logistica e di integrazione modale, deve rafforzare la competitività di questo settore e incoraggiare le società nazionali a ristrutturarsi, tenendo conto delle ripercussioni sociali e delle condizioni di lavoro.

 

In questo contesto, la Commissione presenterà nel 2001 un nuovo pacchetto di misure per realizzare un vero mercato interno ferroviario che dovrà tener conto delle missioni di interesse generale e della coesione economica e territoriale, articolato su:

Ø        l’apertura dei mercati nazionali di merci al cabotaggio;

Ø        l’aggiornamento delle direttive sull’interoperabilità per garantire l’armonizzazione delle disposizioni tecniche e di uso per tutti gli elementi della rete ferroviaria, ad alta velocità e convenzionale;

Ø        la promozione di misure che garantiscano la qualità dei servizi ferroviari; in particolare una proposta di direttiva stabilirà le condizioni di risarcimento in caso di ritardo o mancato rispetto degli obblighi assunti

Ø        la creazione di una struttura comunitaria per la sicurezza e l’interoperabilità.

 

Il rilancio del trasporto ferroviario di merci presuppone linee efficienti, le cui infrastrutture siano riservate al trasporto merci in esclusiva o almeno per un certo periodo della giornata. Tale misura difficilmente può essere decretata a breve termine a livello comunitario, ma tutte le misure a livello nazionale devono tendere verso quest’obiettivo, cui contribuisce la realizzazione della rete di treni ad alta velocità. La messa in servizio delle linee nuove permetterà infatti di smistare una parte del traffico verso la nuova linea creando così capacità supplementari sulla linea precedentemente adibita a tutto il traffico.

 

A.3.      Mare

Come dimostra la presenza di migliaia di relitti di epoca romana sparsi per il Mediterraneo, la navigazione a corto raggio esiste fin dalla notte dei tempi. Il trasporto marittimo a corto raggio rappresenta il 41% del trasporto merci intracomunitario. Si tratta del solo modo di trasporto merci che presenta un tasso di crescita (+ 27% fra il 1990 e il 1998) vicino a quello del trasporto stradale (+ 35%).

Di fatto, il trasporto marittimo non solo serve a trasportare merci da un continente all’altro, ma costituisce anche una vera e propria alternativa competitiva agli itinerari via terra.

Per questo motivo, alcuni collegamenti marittimi, in particolare quelli che permettono di evitare le strozzature costituite dalle Alpi e dai Pirenei, dovrebbero far parte della rete transeuropea, alla stregua delle autostrade o delle ferrovie. Queste linee non si svilupperanno però spontaneamente e bisognerà, sulla base delle proposte degli Stati membri, attribuire loro un “marchio di garanzia”, tramite la concessione di fondi europei (“Marco Polo”, Fondi strutturali) per incoraggiare il decollo e garantire una buona dimensione commerciale.

 

A.4.      Intermodalità

La Commissione prevede di sostituire al programma PACT, che terminerà nel dicembre 2001, un nuovo programma di promozione dell’intermodalità denominato “Marco Polo”, con una dotazione annuale di 30 milioni di euro all’anno, articolabile su 4 anni. Il programma “Marco Polo” sarà aperto a tutte le proposte concernenti il trasferimento del trasporto merci dalla strada verso altri modi più rispettosi dell’ambiente. Particolare impegno sarà dedicato alla valorizzazione dei vantaggi del trasporto marittimo a corto raggio.

Sono previsti tre obiettivi principali di sostegno:

Ø        il primo è legato alle iniziative dei soggetti del mercato della logistica. Su proposta di questi soggetti, sarà conferita importanza all’aiuto all’avviamento di nuovi servizi, redditizi dal punto di vista commerciale e che implicano trasferimenti modali importanti dalla strada verso altri modi, senza essere necessariamente innovatori sotto il profilo tecnologico. L’aiuto comunitario sarà limitato al tempo di lancio di questi servizi.

Ø        il secondo riguarda il miglioramento del funzionamento dell’intera catena intermodale.

Ø        il terzo è legato all’innovazione nella cooperazione e diffusione delle buone pratiche nel settore.

Nel trasporto merci, la scelta del modo più efficiente, a seconda delle condizioni esistenti in un determinato momento, è compito di una nuova figura di “organizzatori” che si sta delineando nella catena del trasporto: quella degli integratori di trasporto. Alla stregua di quanto è avvenuto mondialmente per la distribuzione dei pacchi, dovrebbe emergere una nuova professione che si occupi del trasporto integrato di merci nell’ambito di spedizioni complete (superiori a 5 tonnellate). Questi “integratori del trasporto merci” devono poter combinare a livello europeo e mondiale le qualità specifiche di ogni modo per offrire ai loro clienti, il miglior servizio possibile, in termini di efficienza di trasporto, prezzi e impatto ambientale in senso lato (economico, ecologico, energetico, etc.).

Lo sviluppo di tale professione deve avvenire in un quadro giuridico unico, trasparente e facile da applicare che precisi in particolare le responsabilità lungo la catena logistica e stabilisca i necessari documenti di trasporto. La Commissione farà una proposta in questo senso nel 2003.

 

B.       Eliminazione delle strozzature

Nel 1996 sono stati adottati i primi orientamenti per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti. Questi orientamenti identificano i progetti nei quali è canalizzata buona parte degli interventi finanziari dell’Unione in materia di infrastrutture, nonché quelli della Banca europea per gli investimenti.

Si constata oggi che lo sviluppo della rete non solo è lungi dall’essere uniforme ma procede anche a rilento. Solo il 20% delle infrastrutture previste nella decisione del 1996 è stato realizzato. È lecito chiedersi se sia possibile completarle entro i termini previsti, ovvero entro il 2010.

Solo 2.800 km di nuove linee ferroviarie a alta velocità sono oggi in servizio. All’attuale ritmo dei lavori, ci vorranno ancora più di venti anni per terminare i 12.600 km di ferrovia previsti nel 1996. Questi ritardi trovano origine nelle reticenze a livello locale nei confronti della costruzione di nuove infrastrutture e nell’assenza di un approccio integrato al momento della pianificazione, della valutazione e del finanziamento delle infrastrutture transfrontaliere, ma anche all’assottigliamento dei finanziamenti pubblici legato alla generale riduzione degli investimenti in infrastrutture di trasporto, che sono passati dell’1,5% del PIL nel 1970 a circa l’1% nel 1995.

Ciononostante, a prescindere dai ritardi accumulati da alcuni progetti, bisogna continuare a sostenere la rete transeuropea che rappresenta un elemento importante della competitività dell’Unione e permette una miglior connessione delle regioni periferiche ai mercati centrali.

Ad esempio, nonostante le difficoltà per realizzarli nei termini previsti, i due progetti volti a realizzare collegamenti ferroviari attraverso le Alpi restano progetti prioritari particolarmente importanti per contribuire, nel quadro di una politica globale dei trasporti alpini, a trasferire una parte della crescita del traffico stradale verso la ferrovia.

La Commissione propone, inoltre, nella revisione degli orientamenti sulla rete, di inserire come nuovo grande progetto un valico ferroviario dei Pirenei.

Oltre a tale infrastruttura, i progetti nuovi o adattati rispetto a quelli esistenti che la Commissione intende inserire nella futura proposta sono i seguenti:

Ø        Treno ad alta velocità/trasporto combinato Est europeo. Per ragioni storiche, i collegamenti est-ovest verso i Paesi candidati all’adesione sono poco sviluppati. Gli scambi con questi Paesi già generano però notevoli flussi di traffico. Sul corridoio ferroviario lungo il Danubio, più del 60% del traffico è già internazionale. Le previsioni indicano un tasso di crescita particolarmente sostenuto. Appare dunque necessario facilitare la costituzione di un nuovo asse ferroviario da ovest a est a grande capacità per le merci e i passeggeri da Stoccarda-Monaco a Salisburgo/Linz-Vienna. Questo progetto comprende 780 km di strada ferrata da adattare o costruire per l’alta velocità, nonché linee da destinare al trasporto merci. Nella prospettiva dell’allarga­mento, esse potrebbero essere estese verso Budapest, Bucarest e Istanbul.

Ø        Progetto di radionavigazione via satellite (Galileo). Questo programma di portata mondiale, dall’elevato potenziale per la gestione del traffico e le informazioni agli utenti della rete transeuropea, prevede un’intensa fase di sviluppo fino al 2005, quindi una fase di realizzazione in vista dell’entrata in servizio a partire dal 2008.

Vanno inoltre riadattate le definizioni di alcuni progetti esistenti. Occorre ad esempio completare il progetto che comprende l’asse Brennero Monaco-Verona (progetto n.1) aggiungendovi la linea ferroviaria Verona-Napoli e la sua ramificazione Bologna-Milano. Questi 830 km di nuove linee ferroviarie ad alta velocità permetteranno di ancorare più saldamente il corridoio ferroviario nord-sud alle grandi città e alle zone industriali della penisola italiana.

L’azione della Comunità sarà indirizzata verso la realizzazione di corridoi multimodali dedicati in via prioritaria alle merci.

La realizzazione di tali corridoi esige in primo luogo infrastrutture ferroviarie efficienti. Purtroppo, per le loro caratteristiche le ferrovie europee sono poco adatte ad un trasporto merci su larga scala. Esse non permettono di impilare i container, né di comporre lunghi treni e devono in genere sopportare un intenso traffico di treni passeggeri , che condividono le stesse infrastrutture dei treni merci. Non potendo realizzare nell’immediato una rete ferroviaria completamente riservata alle merci, come negli Stati Uniti, gli investimenti devono incoraggiare la realizzazione progressiva di corridoi transeuropei dedicati in via prioritaria o riservati in via esclusiva alle merci.

Tradizionalmente, la realizzazione delle infrastrutture di trasporto poggia sui bilanci pubblici, regionali, nazionali o comunitari. Nel caso della rete transeuropea la partecipazione della Comunità è limitata al 10% del costo totale dell’investimento. Tale tasso non costituisce un incentivo sufficiente ed il Libro Bianco ne propone l’aumento al 20%, almeno per i progetti “critici”.

Ma la soluzione innovatrice ipotizzata è quella del mutuo finanziamento, ovvero l’utilizzo di parte degli introiti per l’uso delle infrastrutture stradali per finanziare gli investimenti in infrastrutture concorrenti (specie ferroviarie) nella regione interessata.

 

C.       Politica centrata sull’utilizzatore

Contenere la congestione, lottare contro l’effetto serra, sviluppare le infrastrutture migliorando la sicurezza, attenuare gli effetti nocivi per l’ambiente ha un costo, che si aggiunge a quello per l’utilizzo delle infrastrutture.

Entro il 2002 la Commissione prevede di proporre una direttiva quadro volta a stabilire per tutti i modi di trasporto i principi di tariffazione dell’uso delle infrastrutture e la struttura delle tariffe.

Nel settore del trasporto stradale, le tariffe saranno modulate in funzione delle prestazioni ambientali del veicolo e in relazione al tipo di infrastruttura (autostrade, strade nazionali e urbane), alla distanza percorsa, al peso per asse, al tipo di sospensione e al livello di congestione. Le nuove tariffe saranno introdotte in modo progressivo, contemporaneamente alla riduzione di altri oneri a carico del settore, come ad esempio la tassa di circolazione, in modo da ridurre al minimo l’impatto.

In molti casi, il fatto di tener conto dei costi esterni permetterà di liberare risorse in eccedenza rispetto a quanto necessario per coprire i costi delle infrastrutture utilizzate. Affinché il settore dei trasporti possa profittarne pienamente, sarà determinante destinare le entrate così realizzate a fondi specifici nazionali o regionali mirati a finanziare misure di attenuazione o compensazione dei costi esterni. Andrà accordata priorità alla costruzione di infrastrutture che promuovono l’intermodalità e che meglio rispettano l’ambiente.

Le entrate eccedentarie potrebbero talvolta non essere sufficienti, ad esempio quando la politica dei trasporti impone di realizzare grandi infrastrutture costose ma necessarie per favorire l’intermodalità (ad esempio gallerie ferroviarie). La direttiva quadro deve pertanto permettere di aggiungere all’importo necessario per compensare i costi esterni un ulteriore elemento destinato al finanziamento di infrastrutture alternative, più rispettose dell’ambiente. Questa possibilità va riservata alle infrastrutture necessarie per valicare barriere naturali, ecologicamente fragili, e deve essere oggetto di un esame preliminare e di rigorosi controlli da parte della Commissione.

La fiscalità dei carburanti integra la tariffazione delle infrastrutture di trasporto commisurata all’uso, in modo che il prezzo pagato dall’utente comprenda tutti i costi esterni. Tale fiscalità permette in particolare di tenere conto della componente dei costi esterni legata alle emissioni dei gas a effetto serra. A fronte della totale apertura alla concorrenza del settore dei trasporti stradali, l’assenza di tasse armonizzate sui carburanti appare sempre più come un ostacolo al buon funzionamento del mercato interno.

A breve termine sarà necessario proporre una fiscalità armonizzata per i carburanti professionali. Tale approccio dovrà fra l’altro mirare all’adozione di un’accisa da fissare ad un livello superiore alla media attuale delle tasse sul gasolio.

Contrariamente alle idee diffuse, sottolinea il Libro Bianco, la nuova forma di tassazione non sarebbe controproducente per la competitività europea. Non è infatti il livello globale delle imposizioni che deve cambiare sostanzialmente, quanto piuttosto la loro struttura, in modo da integrare i costi esterni nel prezzo dei trasporti.

 

D. La mondializzazione dei trasporti

L’allargamento ai Paesi dell’Est conferirà all’Unione Europea una dimensione veramente continentale. La rete transeuropea di trasporto dei Paesi candidati comprende quasi 19.000 km di strade, 21.000 km di linee ferroviarie, 4.000 km di vie navigabili, 40 aeroporti, 20 porti marittimi e 58 porti fluviali.

L’allargamento comporterà una vera esplosione del movimento di beni e persone tra i Paesi dell’Unione. Nel 1998 i Paesi candidati hanno già esportato 112 milioni di tonnellate verso l’Unione, ossia 2,2 volte il volume degli scambi del 1990, per un valore di 68 miliardi di euro; essi hanno inoltre importato 50 milioni di tonnellate, ossia più di 5 volte il tonnellaggio del 1990, per un valore di 90 miliardi di euro. Già ora si stanno formando strozzature alle frontiere, con grave rischio di saturazione degli assi Est-Ovest. Non è raro vedere autocarri incolonnati per oltre 50 km alla frontiera fra Germania e Polonia.

I collegamenti tra gli Stati membri dell’Unione europea e i Paesi candidati all’adesione sono, per ragioni storiche, poco sviluppati. Grazie ad un’intensa cooperazione tecnica tra gli esperti nazionali dei vari Paesi e la Commissione sono già stati individuati vari corridoi ed è stata inoltre avviata una valutazione globale del fabbisogno di infrastrutture nei Paesi candidati.

Le risorse dei bilanci pubblici sono evidentemente insufficienti a fronte dei 91 miliardi di euro stimati per realizzare, entro il 2015, le infrastrutture prioritarie di trasporto nei Paesi candidati dell’Europa centrale e orientale.

Di conseguenza, è fondamentale mobilitare finanziamenti privati, in particolare grazie a prestiti accordati dalla Banca europea per gli investimenti. Come alcuni hanno peraltro già fatto, i Paesi interessati dovranno ricorrere per quanto possibile a forme non tradizionali di finanziamento, basate su fondi alimentati da tasse sul carburante e oneri per l’uso delle infrastrutture stradali.

I finanziamenti vanno accordati in via prioritaria alle infrastrutture che permettono l’eliminazione delle strozzature, in particolare alle frontiere, e che consentano l’ammodernamento della rete ferroviaria.

Le ferrovie rappresentano ancora oltre il 40% della quota del mercato merci nei Paesi dell’Europa Centrale e Orientale, cabotaggio marittimo escluso; tale valore si avvicina ai livelli degli Stati Uniti, mentre l’Unione europea vanta un misero 8%.

Sulla base delle tendenze attuali, la quota detenuta da tale modo potrebbe entro il 2010 ridursi al 10%. I flussi di merci ferroviari hanno subito fin dal 1990 un calo precipitoso, che ha raggiunto il suo massimo nel 1995 (65% del valore registrato nel 1989). Questo calo è conseguenza del crollo dell’industria pesante tradizionale e della crisi economica che ha colpito tali Paesi. Le società ferroviarie hanno dovuto fare fronte a radicali cambiamenti dell’economia, senza disporre della sufficiente preparazione. Esse si occupavano essenzialmente del trasporto di prodotti pesanti – a basso valore aggiunto - tra miniere e complessi industriali. Simili trasporti “tradizionali” trovano sempre più difficilmente posto nelle moderne economie emergenti in tali Paesi. I concetti di “just-in-time” e di “intermodalità”, ancora sconosciuti alcuni anni fa, impongono un radicale ripensamento di tutto il sistema dei trasporti ferroviari, che risultano attualmente uno strumento obsoleto anche perché gli investimenti in infrastrutture e per il rinnovo del materiale rotabile sono fortemente diminuiti negli ultimi anni.

La presenza di questa rete ferroviaria particolarmente ampia e densa e di un know-how non trascurabile è tuttavia un’opportunità unica che non deve essere trascurata, per contribuire al riequilibrio dei modi di trasporto in un’Europa allargata. Occorrerà quindi – conclude il Libro Bianco - per convincere questi Paesi della necessità di continuare a mantenere elevata la partecipazione della ferrovia, almeno al 35%, per il 2010.

 

 

Il Libro Bianco è consultabile sul sito dell’Unione Europea all’indirizzo internet:

http://europa.eu.int/eur-lex/it/com/wpr/2001/act370it02/com2001_0370it02-01.pdf

 

f.to ing. Antonio Giacoma

 

 

 

 

 

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