Confederazione Generale
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Roma, 21 ottobre 2002
Circolare n. 127/2002
Oggetto: Lavoro – Orario personale
fisso – Negoziato per il recepimento della direttiva UE 93/104/CE.
Su sollecitazione
del Ministero del Lavoro, tra le organizzazioni imprenditoriali dei vari
settori e i sindacati ha preso il via il negoziato per
il recepimento della direttiva generale sull’orario di lavoro, che, come è noto,
non riguarda gli autisti, interessati da una direttiva specifica con iter e tempi
di recepimento indipendenti da quella in esame. Scopo del negoziato è fissare, come è stato fatto per la riforma dei contratti a termine, i
punti essenziali della nuova disciplina da recepire successivamente con un decreto
legislativo.
Sebbene abbia già subìto una condanna dalla Corte di Giustizia
l’Italia è l’unico Paese europeo a non aver ancora attuato il provvedimento in
questione. Nonostante l’avviso comune siglato
in questa materia il 12.11.1997 da Confindustria e
CGIL, CISL e UIL, cui fa espresso richiamo la legge n.39/2002
che ha fissato i criteri di recepimento della direttiva, i nodi ancora da
sciogliere non sono pochi considerata l’oggettiva complessità della materia e
le differenze di posizioni esistenti sia all’interno dello schieramento
datoriale che di quello sindacale.
Come
è noto, l’aspetto
fondamentale della direttiva consiste nella previsione di un orario massimo settimanale
(compreso lo straordinario) di 48 ore da calcolarsi come media su un periodo di
4 mesi (elevabili a 12 dalla contrattazione collettiva) con conseguente
implicita soppressione del limite delle 8 ore di orario normale giornaliero. Il
superamento delle 48 ore settimanali non sarebbe vietato in assoluto, ma verrebbe disincentivato attraverso l’introduzione di
condizioni particolari e di adempimenti amministrativi a carico delle imprese.
Questa impostazione risulta evidentemente più elastica
rispetto quella della legislazione nazionale e dei principali CCNL in vigore.
Il citato avviso comune segue invece un impostazione parzialmente diversa, in quanto, come
previsto dall’attuale legislazione italiana, lascia fermo a 40 ore settimanali
il limite dell’orario normale di lavoro, calcolabile come media su un periodo
da negoziarsi in sede di contrattazione collettiva, insieme ai tetti dello
straordinario (che pertanto secondo la Confindustria potrebbe anche eccedere le
8 ore settimanali).
Sin dalla prime battute del negoziato si sono costituiti all’interno
della delegazione datoriale due schieramenti: da un lato la Confindustria, che
difende l’avviso del 97, e dall’altro
le organizzazioni di tutti gli altri settori (tra cui la Confetra) che chiedono
di introdurre correttivi a quell’avviso in considerazione
delle singole specificità. In particolare i correttivi riguardano, tra gli
altri, la disciplina dello straordinario e il superamento delle disposizioni
contrattuali vigenti.
Da parte sindacale è
stata confermata la validità dell’avviso comune
non escludendo comunque la possibilità di
integrazioni purché tali da non modificare l’impianto generale. In particolare
la CGIL sostiene la tesi secondo cui la direttiva 93/104 intende assicurare ai
lavoratori un livello minimo di tutele e pertanto non dovrebbe annullare le
discipline contrattuali in essere più favorevoli ai lavoratori stessi.
Si fa riserva di
tornare sull’argomento per comunicare gli ulteriori
sviluppi.
f.to dr. Piero M. Luzzati |
Per
riferimenti confronta circ.re conf.le
n.61/2002
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Allegato uno |
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M/n |
© CONFETRA – La riproduzione totale o parziale è
consentita esclusivamente alle organizzazioni aderenti alla Confetra. |
G.U. n.L 307 del 13.12.1993
Direttiva 93/104/CE
del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell'organizzazione
dell'orario di lavoro
IL CONSIGLIO
DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che
istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la
proposta della Commissione(1) ,
in cooperazione con il
Parlamento europeo(2) ,
visto il parere del
Comitato economico e sociale(3) ,
considerando che l'articolo 118
A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva,
prescrizioni minime per promuovere in particolare il miglioramento dell'ambiente
di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e
della salute dei lavoratori;
considerando che, a norma
dell'articolo precitato, le direttive in questione evitano di imporre vincoli
amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione
e lo sviluppo di piccole e medie imprese;
considerando che le disposizioni
della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente
l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e
della salute dei lavoratori durante il lavoro(4) , sono pienamente applicabili
ai settori contemplati dalla presente direttiva, fatte salve le disposizioni
più vincolanti e/o specifiche contenute nella medesima;
considerando che «Carta
comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori», adottata nel
Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989 dai Capi di Stato o di
governo di undici Stati membri, in particolare al
punto 7, primo comma, al punto 8 ed al punto 19, primo comma, statuisce:
«7. La realizzazione del mercato interno deve portare ad un
miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità
europea. Tale processo avverrà mediante il ravvicinamento di tali condizioni,
che costituisca un progresso soprattutto per quanto
riguarda la durata e l'organizzazione dell'orario di lavoro e le forme di lavoro
diverse dal lavoro a tempo indeterminato, come il lavoro a tempo determinato,
il lavoro a tempo parziale, il lavoro temporaneo e il lavoro stagionale.
8. Ogni lavoratore
della Comunità europea ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali
retribuite i cui periodi devono essere via via ravvicinati, in modo da ottenere un progresso,
conformemente alle prassi nazionali.
19. Ogni lavoratore
deve beneficiare nell'ambiente di lavoro di condizioni di
protezione sanitaria e di sicurezza soddisfacenti. Devono essere adottati
provvedimenti adeguati al fine di progredire nell'armonizzazione
delle condizioni esistenti in tale campo.»;
considerando che il
miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori
durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni
di carattere puramente economico;
considerando che la presente
direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione
della dimensione sociale del mercato interno;
considerando che l'adozione di
prescrizioni minime relative all'organizzazione dell'orario di lavoro può
migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori nella Comunità;
considerando che, al fine di
garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori della Comunità, questi ultimi
devono beneficiare di periodi minimi di riposo - giornaliero, settimanale e
annuale - e di adeguati periodi di pausa; che è quindi opportuno prevedere anche
un limite massimo per la durata settimanale del lavoro;
considerando che conviene tener
conto dei principi dell'Organizzazione internazionale del lavoro in materia di
organizzazione dell'orario di lavoro, compresi quelli relativi al lavoro
notturno;
considerando che, per quanto
concerne il periodo di riposo settimanale, è opportuno tenere debitamente conto
della diversità dei fattori culturali, etnici, religiosi ed altri negli Stati
membri; che, in particolare, spetta ad ogni Stato membro decidere se ed in
quale misura la domenica deve essere compresa nel riposo settimanale;
considerando che alcuni studi
hanno dimostrato che l'organismo umano è più sensibile nei periodi notturni ai
fattori molesti dell'ambiente nonché a determinate forme di organizzazione del
lavoro particolarmente gravose e che lunghi periodi di lavoro notturno sono
nocivi per la salute dei lavoratori e possono pregiudicare la sicurezza dei
medesimi sul luogo di lavoro;
considerando che occorre
limitare la durata del lavoro notturno, comprese le ore straordinarie, e
prevedere che il datore di lavoro che fa regolarmente ricorso a lavoratori
notturni ne informi le autorità competenti, su loro richiesta;
considerando che è importante
che i lavoratori notturni beneficino di una valutazione gratuita del loro stato
di salute, prima della loro assegnazione, e in seguito a intervalli regolari, e
che i lavoratori notturni che hanno problemi di salute siano trasferiti, quando
possibile, ad un lavoro diurno per cui siano idonei;
considerando che la situazione
dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni esige che essi beneficino di
un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adattato alla
natura del lavoro e che i servizi e mezzi di protezione e prevenzione siano
organizzati e funzionino efficacemente;
considerando che le modalità di
lavoro possono avere ripercussioni negative sulla sicurezza e la salute dei
lavoratori; che l'organizzazione del lavoro secondo un certo ritmo deve tener
conto del principio generale dell'adeguamento del lavoro all'essere umano;
considerando che a motivo della
specificità del lavoro può essere necessario prendere misure specifiche per
quanto riguarda l'organizzazione dell'orario di lavoro in taluni settori od
attività esclusi dal campo di applicazione della presente direttiva;
considerando che, in funzione
dei problemi che possono essere sollevati dall'organizzazione dell'orario di
lavoro nell'impresa, pare opportuno prevedere una certa flessibilità
nell'applicazione di determinate disposizioni della presente direttiva, garantendo
nel contempo il rispetto dei principi della protezione della sicurezza e della
salute dei lavoratori;
considerando che occorre
prevedere che talune disposizioni della presente direttiva possano formare
oggetto di deroghe operate, a seconda dei casi, dagli Stati membri o dalle
parti sociali; che, di norma, in caso di deroga devono essere concessi ai
lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo,
HA ADOTTATO LA
PRESENTE DIRETTIVA:
SEZIONE I CAMPO D'APPLICAZIONE E DEFINIZIONI
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
1. La presente
direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro.
2. La presente
direttiva si applica:
a) ai periodi minimi
di riposo giornaliero, riposo settimanale e ferie annuali nonché
alla pausa ed alla durata massima settimanale del lavoro; e
b) a
taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.
3. La presente
direttiva si applica a tutti i settori di attività, privati
o pubblici, ai sensi dell'articolo 2 della direttiva 89/391/CEE, fatto salvo
l'articolo 17 della presente direttiva, ad eccezione dei trasporti aerei,
ferroviari, stradali e marittimi, della navigazione interna, della pesca in
mare, delle altre attività in mare, nonché delle attività dei medici in
formazione.
4. Le disposizioni
della direttiva 89/391/CEE si applicano pienamente alle materie contemplate al
paragrafo 2, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute
nella presente direttiva.
Articolo 2
Definizioni
Ai sensi della
presente direttiva si intende per:
1) «orario di
lavoro»: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione
del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni,
conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;
2) «periodo di
riposo»: qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro;
3) «periodo
notturno»: qualsiasi periodo di almeno 7 ore, definito dalla legislazione
nazionale e che comprenda in ogni caso l'intervallo fra le ore 24 e le ore 5;
4) «lavoratore
notturno»:
a) qualsiasi
lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno 3 ore del suo tempo di
lavoro giornaliero, impiegate in modo normale; e
b) qualsiasi
lavoratore che possa svolgere durante il periodo notturno una certa parte del
suo orario di lavoro annuale, definita a scelta dello Stato membro interessato:
i) dalla
legislazione nazionale, previa consultazione delle parti sociali, o
ii) da contratti collettivi o accordi
conclusi fra le parti sociali a livello nazionale o regionale;
5) «lavoro a turni»:
qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro a squadre
in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi
posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che
può essere di tipo continuo o discontinuo, ed il quale comporti la necessità
per i lavoratori di compiere un lavoro ad ore differenti su un periodo
determinato di giorni o settimane;
6) «lavoratore a
turni»: qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni.
SEZIONE II PERIODI
MINIMI DI RIPOSO
ALTRI ASPETTI
DELL'ORGANIZZAZIONE DELL'ORARIO DI LAVORO
Articolo 3
Riposo giornaliero
Gli Stati membri
prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di
11 ore consecutive.
Articolo 4
Pausa
Gli Stati membri
prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, qualora
l'orario di lavoro giornaliero superi le 6 ore, di una pausa le cui modalità e, in particolare, la cui durata e condizioni di
concessione sono fissate da contratti collettivi o accordi conclusi tra le
parti sociali o, in loro assenza, dalla legislazione nazionale.
Articolo 5
Riposo settimanale
Gli Stati membri
prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, per ogni
periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a
cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all'articolo 3.
Il
periodo minimo di riposo di cui al primo comma comprende in linea di principio
la domenica.
Se condizioni
oggettive, tecniche o di organizzazione del lavoro lo
giustificano, potrà essere fissato un periodo minimo di riposo di 24 ore.
Articolo 6
Durata massima settimanale del lavoro
Gli Stati membri
prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di
protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:
1) la durata
settimanale del lavoro sia limitata mediante disposizioni legislative, regolamentari
o amministrative oppure contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti
sociali;
2) la durata media
dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non
superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
Articolo 7
Ferie annuali
1. Gli Stati membri
prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore
benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le
condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o
prassi nazionali.
2. Il periodo minimo
di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un'indennità
finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di
lavoro.
SEZIONE III LAVORO
NOTTURNO - LAVORO A TURNI - RITMO DI LAVORO
Articolo 8
Durata del lavoro notturno
Gli Stati membri prendono
le misure necessarie affinché:
1) l'orario di
lavoro normale dei lavoratori notturni non superi le 8 ore in media per periodo
di 24 ore;
2) i lavoratori
notturni il cui lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche
o mentali non lavorino più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettuano un lavoro notturno.
Ai fini del presente
punto, il lavoro comportante rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o
mentali è definito dalle legislazioni e/o prassi nazionali
o da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, tenuto conto
degli effetti e dei rischi inerenti al lavoro notturno.
Articolo 9
Valutazione della salute e trasferimento al lavoro diurno dei
lavoratori notturni
1. Gli Stati membri
prendono le misure necessarie affinché:
a) i lavoratori
notturni beneficino di una valutazione gratuita del loro stato di salute, prima
della loro assegnazione e, in seguito, ad intervalli regolari;
b) i lavoratori
notturni che hanno problemi di salute aventi un nesso riconosciuto con la loro
prestazione di lavoro notturno vengano trasferiti,
quando possibile, ad un lavoro diurno per cui essi siano idonei.
2. Nella valutazione
gratuita dello stato di salute di cui al paragrafo 1,
lettera a) deve essere rispettato il segreto medico.
3. La valutazione
gratuita dello stato di salute di cui al paragrafo 1,
lettera a) può rientrare in un sistema sanitario nazionale.
Articolo 10
Garanzie per lavoro in periodo notturno
Gli Stati membri
possono subordinare il lavoro di talune categorie di lavoratori notturni a
determinate garanzie, a condizioni fissate dalle legislazioni e/o prassi
nazionali, per lavoratori esposti a un rischio di
sicurezza o di salute connesso al lavoro durante il periodo notturno.
Articolo 11
Informazione in caso di ricorso regolare ai lavoratori notturni
Gli Stati membri
prendono le misure necessarie affinché il datore di lavoro che fa regolarmente
ricorso a lavoratori notturni ne informi le autorità competenti, su loro richiesta.
Articolo 12
Protezione in materia di sicurezza e di salute
Gli Stati membri
prendono le misure necessarie affinché:
1) i lavoratori
notturni e i lavoratori a turni beneficino di un livello di protezione in
materia di sicurezza e di salute adattato alla natura
del loro lavoro;
2) i servizi o mezzi
appropriati di protezione e prevenzione in materia di sicurezza e di salute dei
lavoratori notturni e dei lavoratori a turni siano equivalenti a quelli
applicabili agli altri lavoratori e siano disponibili in qualsiasi momento.
Articolo 13
Ritmo di lavoro
Gli Stati membri
prendono le misure necessarie affinché il datore di lavoro che prevede di
organizzare il lavoro secondo un certo ritmo tenga conto del principio generale
dell'adeguamento del lavoro all'essere umano, segnatamente per attenuare il
lavoro monotono e il lavoro ripetitivo, a seconda del
tipo di attività e delle esigenze in materia di sicurezza e di salute, in
particolare per quanto riguarda le pause durante l'orario di lavoro.
SEZIONE IV
DISPOSIZIONI VARIE
Articolo 14
Disposizioni comunitarie più specifiche
Le disposizioni
della presente direttiva non sono applicabili laddove altri
strumenti comunitari contengano prescrizioni più specifiche in materia
per determinate occupazioni o attività professionali.
Articolo 15
Disposizioni più favorevoli
La presente
direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare od introdurre
disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli alla
protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o
consentire l'applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le
parti sociali, più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute
dei lavoratori.
Articolo 16
Periodi di riferimento
Gli Stati membri
possono prevedere:
1) per
l'applicazione dell'articolo 5 (riposo settimanale), un periodo di riferimento
non superiore a 14 giorni;
2) per
l'applicazione dell'articolo 6 (durata massima settimanale del lavoro), un periodo
di riferimento non superiore a quattro mesi.
I periodi di ferie
annue, concesse a norma dell'articolo 7, ed i periodi di assenza
per malattia non vengono presi in considerazione o sono neutri ai fini del
computo della media;
3) per l'applicazione dell'articolo 8 (durata del lavoro notturno), un periodo
di riferimento definito previa consultazione delle parti sociali o mediante
contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale o regionale fra le
parti sociali.
Il periodo minimo di
riposo settimanale di 24 ore prescritto a norma dell'articolo 5 non viene preso in considerazione per il computo della media se
cade nel periodo di riferimento in questione.
Articolo 17
Deroghe
1. Nel rispetto dei
principi generali della protezione della sicurezza e
della salute dei lavoratori, gli Stati membri possono derogare agli articoli 3,
4, 5, 6, 8 e 16 quando la durata dell'orario di lavoro, a causa delle
caratteristiche dell'attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o
può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si
tratta:
a) di dirigenti o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;
b) di manodopera
familiare; o
c) di
lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose.
2. Si può derogare
per via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante contratti
collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti
periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali in cui la
concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia
possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una
protezione appropriata:
2.1. agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16:
a) per le attività
caratterizzate da una distanza fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza
del lavoratore oppure da una distanza fra diversi luoghi di lavoro dello stesso;
b) per le attività
di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di
assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si
tratta di guardiani o portinai o di imprese di
sorveglianza;
c) per le attività
caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della
produzione, in particolare, quando si tratta:
i) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento e/o alle cure
prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, da case di riposo e da carceri;
ii) del personale operante nei porti o negli
aeroporti;
iii) di servizi stampa, radiofonici,
televisivi, di produzione cinematografica, postali o delle telecomunicazioni,
di servizi di ambulanza, di vigili del fuoco o di protezione civile;
iv) di servizi di produzione, di trasmissione
e distribuzione del gas, dell'acqua e dell'elettricità, di servizi di raccolta
dei rifiuti domestici o degli impianti di incenerimento;
v) di industrie in cui il processo lavorativo non può essere
interrotto per ragioni tecniche;
vi) di attività di
ricerca e sviluppo;
vii) dell'agricoltura;
d) in caso di
sovraccarico prevedibile di attività e, in
particolare:
i) nell'agricoltura;
ii) nel turismo;
iii) nei servizi postali; 2.2. agli articoli
3, 4, 5, 8 e 16:
a) nei casi previsti
dall'articolo 5, paragrafo 4 della direttiva 89/391/CEE;
b) in caso di incidente o di rischio di incidente imminente;
2.3. agli articoli 3 e 5:
a) per le attività
di lavoro a turni, ogni volta che il lavoratore cambia squadra e non può
usufruire tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di quello della
squadra successiva di periodi di riposo giornaliero
e/o settimanale;
b) per
le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata,
in particolare del personale addetto alle attività di pulizia.
3. Si può derogare
agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante contratti collettivi o accordi conclusi
tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole
fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi
conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore.
Gli Stati membri in
cui, giuridicamente, non esiste un sistema che garantisca la conclusione di
contratti collettivi o di accordi tra le parti sociali
a livello nazionale o regionale, per i settori contemplati dalla presente
direttiva, o gli Stati membri in cui esiste un quadro legislativo specifico a
tal fine, e nei limiti di tale quadro, possono, conformemente alle legislazioni
e/o prassi nazionali, consentire deroghe agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 mediante
contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello
collettivo adeguato.
Le deroghe previste
al primo e secondo comma sono ammesse soltanto a
condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di
riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali
periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi
oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una
protezione appropriata.
Gli Stati membri
possono prevedere norme:
- affinché il
presente paragrafo sia applicato dalle parti sociali, e
- affinché le disposizioni dei contratti collettivi o accordi conclusi in
conformità del presente paragrafo siano estese ad altri lavoratori,
conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.
4. La facoltà di
derogare all'articolo 16, punto 2, prevista al paragrafo 2,
punti 2.1 e 2.2 e al paragrafo 3 del presente articolo non può avere come conseguenza
la fissazione di un periodo di riferimento superiore a sei mesi.
Tuttavia
gli Stati membri hanno la facoltà, nel rispetto dei principi generali della
protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, di consentire che,
per ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, i
contratti collettivi o gli accordi conclusi tra le parti sociali fissino
periodi di riferimento che non superino in alcun caso i dodici mesi.
Prima della scadenza di un periodo di 7 anni a decorrere dalla data di
cui all'articolo 18, paragrafo 1, lettera a), il Consiglio, in base ad una
proposta della Commissione corredata di una relazione di valutazione, riesamina
le disposizioni del presente paragrafo e decide in merito ai loro sviluppi.
Articolo 18
Disposizioni finali
1. a) Gli Stati
membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi
il 23 novembre 1996 o provvedono affinché, al più tardi entro tale data, le
parti sociali applichino consensualmente le disposizioni necessarie, fermo
restando che gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie per
poter garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla presente
direttiva.
b) i) Tuttavia, ogni
Stato membro ha la facoltà di non applicare l'articolo 6, nel rispetto dei
principi generali della protezione della sicurezza e
della salute dei lavoratori, a condizione che assicuri, mediante le misure
necessarie prese a tale scopo, che:
- nessun datore di
lavoro chieda a un lavoratore di lavorare più di 48
ore nel corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di
riferimento di cui all'articolo 16, punto 2, a meno che non abbia ottenuto il
consenso del lavoratore all'esecuzione di tale lavoro;
- nessun lavoratore
possa subire un danno per il fatto che non è disposto
ad accettare di effettuare tale lavoro;
- il datore di
lavoro tenga registri aggiornati di tutti i lavoratori che effettuano
tale lavoro;
- i registri siano
messi a disposizione delle autorità competenti che possono vietare o limitare,
per ragioni di sicurezza e/o di salute dei lavoratori, la possibilità di superare
la durata massima settimanale del lavoro;
- il datore di
lavoro, su richiesta delle autorità competenti, dia loro
informazioni sui consensi dati dai lavoratori all'esecuzione di un lavoro che
superi le 48 ore nel corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo
di riferimento di cui all'articolo 16, punto 2.
Prima della scadenza di un periodo di 7 anni a decorrere dalla data di
cui alla lettera a), il Consiglio, sulla base di una proposta della Commissione
corredata di una relazione di valutazione, riesamina le disposizioni del
presente punto i) e decide del seguito da darvi.
ii) Parimenti, per quanto concerne
l'applicazione dell'articolo 7, gli Stati membri hanno la facoltà di ricorrere
ad un periodo transitorio massimo di 3 anni a decorrere dalla data di cui alla
lettera a), a condizione che durante tale periodo transitorio:
- ogni
lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di 3 settimane, secondo
le condizioni di ottenimento e concessione previste dalle legislazioni e/o
prassi nazionali, e
- il periodo di
ferie annuali retribuite di 3 settimane non possa essere sostituito da
un'indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di
lavoro.
c) Gli Stati membri
ne informano immediatamente la Commissione.
2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al
paragrafo 1, esse contengono un riferimento alla presente direttiva o sono
corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale.
Le modalità di tale riferimento sono decise dagli
Stati membri.
3. Fatto salvo il
diritto degli Stati membri di fissare, alla luce dell'evoluzione della
situazione, disposizioni legislative, regolamentari, amministrative e
convenzionali diverse nel campo dell'orario di lavoro, a condizione che i
requisiti minimi previsti dalla presente direttiva siano rispettati,
l'attuazione di quest'ultima non costituisce una
giustificazione per il regresso del livello generale di protezione dei lavoratori.
4. Gli Stati membri
comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che
hanno già adottato o che adottano nel settore disciplinato dalla presente
direttiva.
5. Ogni 5 anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione
sull'attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando
i punti di vista delle parti sociali.
La Commissione ne
informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale ed
il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la protezione della salute
sul luogo di lavoro.
6. La Commissione
presenta con periodicità quinquennale al Parlamento europeo, al Consiglio ed al
Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva,
tenendo conto dei paragrafi 1, 2, 3, 4 e 5.
Articolo 19
Gli Stati membri
sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 23 novembre 1993.
Per il Consiglio
Il Presidente
M. SMET
(1) GU n. C 254 del 9. 10. 1990, pag. 4.
(2) GU n. C 72 del
18. 3. 1991, pag. 95 e decisione del 27 ottobre 1993 (non
ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU n. C 60 dell'8. 3. 1991, pag. 26.
(4) GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1.
FINE TESTO DIRETTIVA