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Roma, 25 ottobre 2002
Circolare n.129/2002
Oggetto: Lavoro – Panoramica sull’evoluzione normativa
in corso.
La normativa del
lavoro sta attraversando una fase di grandi cambiamenti. Mentre in passato si
preferiva non modificare gli assetti generali del mercato del lavoro, sui quali
si interveniva solo con deroghe o eccezioni (si pensi
ad esempio ai contratti di formazione, ai contratti a termine, al lavoro
interinale e alle varie forme di lavoro parasubordinato a fronte della
centralità del rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato), la
tendenza attuale sembra essere invece quella di intervenire direttamente sugli
istituti tradizionali. Vanno in questa direzione le proposte di modificare le
norme sui licenziamenti, di sopprimere il divieto di appalto
di manodopera, di privatizzare il collocamento, di prevedere un nuovo Statuto dei lavori, ecc.
In tale contesto si inserisce il Patto
per l’Italia del 5.7.2002 che contiene una serie di indicazioni da tradursi
in altrettante disposizioni legislative alcune delle quali sono contenute nel disegno di legge delega Maroni
(n.3193/Camera), già approvato dal Senato e ora all’esame
della Camera.
Si segnalano in
particolare i temi di maggiore rilevanza attualmente
in discussione.
Appalto di manodopera – Il citato disegno di legge (art.1) prevede la
soppressione della legge n.1369/60 sul divieto di appalto
di manodopera, fonte negli ultimi quarant’anni di innumerevoli contenziosi.
Tale divieto sarà sostituito da una disciplina positiva
che consentirà alle aziende di affittare
da intermediari privati manodopera anche a tempo indeterminato e quindi non
solo per periodi di tempo limitati e per ipotesi particolari come avviene oggi
in base alle disposizioni sul lavoro interinale (legge n.196/97). Se non saranno
introdotte limitazioni in sede di attuazione, l’abolizione del divieto
rivoluzionerà il mercato del lavoro permettendo in linea teorica alle imprese
di operare esclusivamente con personale altrui.
Licenziamenti – Come è noto, nel Patto per l’Italia è
stata concordata una nuova versione di modifica dell’art.18 dello Statuto dei
lavoratori; essa sarà inserita, assieme alla riforma degli ammortizzatori
sociali, in un apposito disegno di legge il cui percorso parlamentare non dovrebbe tuttavia iniziare
prima della fine del 2002. In sostanza la nuova versione, nell’ottica
di favorire la crescita dimensionale delle piccole imprese, prevede che le
imprese con meno di 15 dipendenti non computeranno le assunzioni effettuate nei
prossimi tre anni. Ciò permetterà loro di non entrare nel campo di applicazione dell’art.18 e quindi di non essere tenute,
in caso di licenziamento illegittimo, a reintegrare il lavoratore bensì solo a
risarcirlo.
Ammortizzatori sociali – Il Patto per l’Italia ha tracciato le linee guida per la riforma degli
ammortizzatori sociali fissando come punto centrale l’estensione degli stessi a
tutti i settori produttivi. Secondo un’impostazione già presente in precedenti
progetti di riforma, tale estensione non sarebbe
automatica ma dovrebbe avvenire attraverso la contrattazione collettiva ed
inoltre sarebbe incentivata da sgravi sui contributi a carico delle aziende. Si
rammenta che, in base alla legislazione attuale, gli ammortizzatori sociali si
applicano alle imprese inquadrate previdenzialmente
nell’industria e a quelle inquadrate nel terziario con oltre 50 dipendenti se
svolgenti attività di logistica.
Collocamento – Il disegno di legge Maroni
(art.1) prevede l’azzeramento dell’attuale disciplina del collocamento e la
sua sostituzione con un assetto più snello gestito tanto da operatori pubblici quanto
da operatori privati.
Trasferimento d’azienda – Nel Patto per l’Italia è stato
concordato di modificare l’attuale disciplina sulla cessione di ramo d’azienda
(D.LGVO 18/2001) al fine di renderla più aderente
alla normativa comunitaria e di favorire i processi di
esternalizzazione.
Cooperative – Anche il quadro giuridico di riferimento delle
cooperative è interessato da forti cambiamenti. L’orientamento generale è
quello di uniformarle sotto tutti gli aspetti (fiscali, previdenziali e delle
normative del lavoro) alla generalità delle imprese, ritenendo ingiustificato il
mantenimento di regimi agevolativi se non per quelle cooperative in cui sia effettivamente prevalente l’aspetto mutualistico nei confronti
dei soci. Ciò se da una lato risponde alle esigenze di
evitare fenomeni di distorsione della concorrenza, dall’altro rischia di
irrigidire e rendere più costoso l’utilizzo dell’impresa cooperativa. In
particolare la legge 142/2001 ha disciplinato la figura del socio lavoratore fissando il principio
secondo cui tra questi e la cooperativa sussiste, oltre ad un rapporto associativo,
anche un rapporto di lavoro che può avere natura subordinata o autonoma. Al
riguardo la Confetra, al fine di prevenire eventuali
interpretazioni restrittive che sarebbero in contrasto con lo spirito della
suddetta legge, ha richiesto al Ministero del Lavoro di eliminare ogni dubbio
sulla discrezionalità in capo alle cooperative di scegliere la forma del rapporto di lavoro con i propri soci
lavoratori.
f.to
dr. Piero M. Luzzati |
Per
riferimenti confronta circ.ri conf.li
n.108/2002 e 186/2001
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Allegato uno |
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M/n |
© CONFETRA – La riproduzione totale o parziale è
consentita esclusivamente alle organizzazioni aderenti alla Confetra. |
CAMERA DEI DEPUTATI - XIV LEGISLATURA
DISEGNO DI LEGGE N. 3193
APPROVATO DAL SENATO
DELLA REPUBBLICA il 25 settembre 2002 (v. stampato Senato n. 848)
presentato dal presidente del consiglio dei ministri(BERLUSCONI)
e dal ministro del lavoro e delle politiche sociali (MARONI)
di concerto con il ministro per la funzione pubblica (FRATTINI)
con il ministro per le politiche comunitarie (BUTTIGLIONE)
e con il ministro per gli affari regionali (LA LOGGIA)
Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro
Trasmesso
dal Presidente del Senato della Repubblica il 25 settembre 2002
Art. 1.
(Delega al Governo per la revisione
della disciplina dei servizi pubblici e privati per l'impiego, nonché in
materia di intermediazione e interposizione privata nella somministrazione di
lavoro).
1. Allo scopo di realizzare un sistema efficace e coerente
di strumenti intesi a garantire trasparenza ed efficienza al mercato del lavoro
e a migliorare le capacità di inserimento
professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di una prima
occupazione, con particolare riguardo alle donne e ai giovani, il Governo è
delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali ed entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto
delle competenze affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del
lavoro dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli obiettivi
indicati dagli orientamenti annuali dell'Unione europea in materia di occupabilità, i princìpi fondamentali
in materia di disciplina dei servizi per l'impiego, con particolare riferimento
al sistema del collocamento, pubblico e privato, e di somministrazione di manodopera.
2. La delega è esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) snellimento e semplificazione delle
procedure di incontro tra domanda e offerta di lavoro;
b) modernizzazione
e razionalizzazione del sistema del collocamento pubblico, al fine di renderlo
maggiormente efficiente e competitivo, secondo una disciplina incentrata su:
1) rispetto delle
competenze previste dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
2) sostegno e sviluppo del lavoro
femminile e giovanile, nonché sostegno al
reinserimento dei lavoratori anziani;
3) abrogazione di tutte le norme
incompatibili con la nuova regolamentazione del
collocamento, ivi inclusa la legge 29 aprile 1949, n. 264, fermo restando il
regime di autorizzazione o accreditamento per gli operatori privati ai sensi di
quanto disposto dalla lettera i)
e stabilendo, in materia di collocamento pubblico, un nuovo apparato sanzionatorio, con previsione di sanzioni amministrative
per il mancato adempimento degli obblighi di legge;
4) mantenimento da
parte dello Stato delle competenze in materia di conduzione coordinata ed integrata
del sistema informativo lavoro;
c) mantenimento da parte dello Stato
delle funzioni amministrative relative alla conciliazione delle controversie di
lavoro individuali e plurime, nonché alla risoluzione
delle controversie collettive di rilevanza pluriregionale;
d) mantenimento da parte dello Stato
delle funzioni amministrative relative alla vigilanza in materia di lavoro,
alla gestione dei flussi di entrata dei lavoratori non
appartenenti all'Unione europea, all'autorizzazione per attività lavorative
all'estero;
e) incentivazione delle
forme di coordinamento e raccordo tra operatori privati e operatori pubblici,
ai fini di un migliore funzionamento del mercato del lavoro;
f) ridefinizione
del regime del trattamento dei dati relativi all'incontro
tra domanda e offerta di lavoro, nel rispetto della legge 31 dicembre 1996, n.
675, al fine di evitare oneri aggiuntivi e ingiustificati rispetto alle esigenze
di monitoraggio statistico; prevenzione delle forme di esclusione sociale e
vigilanza sugli operatori, con previsione del divieto assoluto per gli
operatori privati e pubblici di qualsivoglia indagine o comunque trattamento di
dati ovvero di preselezione dei lavoratori in base all'affiliazione sindacale o
politica, al credo religioso, all'orientamento sessuale;
g) coordinamento delle disposizioni sull'incontro
tra domanda e offerta di lavoro con la disciplina in materia di lavoro dei
cittadini non comunitari, nel rispetto della normativa vigente in modo da
prevenire l'adozione di forme di lavoro irregolare e sommerso e al fine di
semplificare le procedure di rilascio delle
autorizzazioni al lavoro;
h) eliminazione del
vincolo dell'oggetto sociale esclusivo per le imprese di fornitura di
prestazioni di lavoro temporaneo di cui all'articolo 2 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e per i soggetti di cui
all'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e
successive modificazioni, garantendo un periodo transitorio di graduale
adeguamento per le società già autorizzate;
i) identificazione di un unico regime
autorizzatorio o di accreditamento
per gli intermediari privati, differenziato in funzione del tipo di attività
svolta, comprensivo delle ipotesi di trasferimento della autorizzazione e modulato
in relazione alla natura giuridica dell'intermediario, con particolare
riferimento alle associazioni non riconosciute ovvero a enti o organismi
bilaterali costituiti da associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di
lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale o territoriale,
prevedendo, altresì, che non vi siano oneri o spese a carico dei lavoratori,
fatto salvo quanto previsto dall'articolo 7 della Convenzione dell'Organizzazione
Internazionale del Lavoro (OIL) del 19 giugno 1997, n. 181, ratificata
dall'Italia in data 1^ febbraio 2000;
l) abrogazione della legge 23 ottobre
1960, n. 1369, e sua sostituzione con una nuova disciplina basata sui seguenti
criteri direttivi:
1) autorizzazione
della somministrazione di manodopera, solo da parte dei soggetti identificati
ai sensi della lettera i);
2) ammissibilità della
somministrazione di manodopera, anche a tempo indeterminato, in
presenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo od organizzativo,
individuate dalla legge o dai contratti collettivi nazionali o territoriali
stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative;
3) chiarificazione dei criteri di
distinzione tra appalto e interposizione, ridefinendo contestualmente i casi di interposizione illeciti laddove manchi una ragione
tecnica, organizzativa o produttiva ovvero si verifichi o possa verificarsi la
lesione di diritti inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato al
prestatore di lavoro;
4) garanzia del
regime della solidarietà tra fornitore e utilizzatore in caso di
somministrazione di lavoro altrui;
5) trattamento assicurato ai lavoratori
coinvolti nell'attività di somministrazione di manodopera non inferiore a
quello a cui hanno diritto i dipendenti di pari livello dell'impresa
utilizzatrice;
6) conferma del regime sanzionatorio civilistico e penalistico previsto per i casi di violazione della disciplina
della mediazione privata nei rapporti di lavoro, prevedendo altresì specifiche
sanzioni penali per le ipotesi di esercizio abusivo di
intermediazione privata nonché un regime sanzionatorio
più incisivo nel caso di sfruttamento del lavoro minorile;
7) utilizzazione del meccanismo certificatorio di cui all'articolo 5 ai fini della
distinzione concreta tra interposizione illecita e appalto genuino, sulla base di indici e codici di comportamento elaborati in
sede amministrativa;
m) attribuzione della facoltà ai
gruppi di impresa, individuati ai sensi dell'articolo
2359 del codice civile nonché ai sensi del decreto legislativo 2 aprile 2002,
n. 74, di delegare lo svolgimento degli adempimenti di cui all'articolo 1 della
legge 11 gennaio 1979, n. 12, alla società capogruppo per tutte le società
controllate e collegate, ferma restando la titolarità delle obbligazioni
contrattuali e legislative in capo alle singole società datrici di lavoro;
n) abrogazione espressa di tutte le
normative, anche se non espressamente indicate nelle lettere da
a) a m), che sono
direttamente o indirettamente incompatibili con i decreti legislativi emanati
ai sensi del presente articolo;
o) revisione
del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 18, che ha modificato l'articolo
2112 del codice civile in tema di trasferimento d'azienda, al fine di
armonizzarlo con la disciplina contenuta nella presente delega, basata sui
seguenti criteri direttivi:
1) eliminazione del requisito dell'autonomia
funzionale del ramo di azienda preesistente al trasferimento;
2) previsione di un regime
particolare per le ipotesi in cui il contratto di appalto
sia connesso ad una cessione di ramo di azienda, stabilendo in tale caso una
solidarietà tra appaltante e appaltatore nei limiti di cui all'articolo 1676
del codice civile;
p) redazione, entro ventiquattro mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge,
di uno o più testi unici delle normative e delle disposizioni in materia di
mercato del lavoro e incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Art. 2.
(Delega al Governo
in materia di riordino dei contratti a contenuto formativo e di tirocinio).
1. Il Governo è delegato ad
adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto
con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca e con il Ministro per gli affari regionali,
entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o più decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle
competenze affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro
dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli obiettivi indicati
dagli orientamenti annuali dell'Unione europea in materia di occupazione, la
revisione e la razionalizzazione dei rapporti di lavoro con contenuto
formativo, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri
direttivi:
a) conformità agli orientamenti
comunitari in materia di aiuti di Stato alla occupazione;
b) attuazione degli obiettivi e
rispetto dei criteri di cui all'articolo 16, comma 5, della legge 24 giugno
1997, n. 196, al fine di riordinare gli speciali rapporti di lavoro con
contenuti formativi, così da valorizzare l'attività formativa svolta in azienda,
confermando l'apprendistato come strumento formativo anche nella
prospettiva di una formazione superiore in alternanza tale da garantire
il raccordo tra i sistemi della istruzione e della formazione, nonché il
passaggio da un sistema all'altro e, riconoscendo nel contempo agli enti
bilaterali e alle strutture pubbliche designate competenze autorizzatorie
in materia, specializzando il contratto di formazione e lavoro al fine di
realizzare l'inserimento e il reinserimento mirato del lavoratore in azienda;
c) individuazione di misure idonee a
favorire forme di apprendistato e di tirocinio di
impresa al fine del subentro nella attività di impresa;
d) revisione
delle misure di inserimento al lavoro, non costituenti rapporto di lavoro,
mirate alla conoscenza diretta del mondo del lavoro con valorizzazione dello
strumento convenzionale fra le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il sistema formativo e
le imprese, secondo modalità coerenti con quanto previsto dagli articoli 17 e
18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, prevedendo una durata variabile fra uno
e dodici mesi ovvero fino a ventiquattro mesi per i soggetti disabili, in
relazione al livello di istruzione, alle caratteristiche della attività
lavorativa e al territorio di appartenenza nonché, con riferimento ai soggetti
disabili, anche in base alla natura della menomazione e all'incidenza della
stessa sull'allungamento dei tempi di apprendimento in relazione alle
specifiche mansioni in cui vengono inseriti, e prevedendo altresì la eventuale
corresponsione di un sussidio;
e) orientamento degli
strumenti definiti ai sensi dei princìpi e dei
criteri direttivi di cui alle lettere b),
c) e d), nel senso di
valorizzare l'inserimento o il reinserimento
al lavoro delle donne, al fine di superare il differenziale occupazionale tra
uomini e donne;
f) sperimentazione di forme di incentivazione economica erogate direttamente al
prestatore di lavoro;
g) semplificazione e snellimento
delle procedure di riconoscimento e di attribuzione
degli incentivi connessi ai contratti a contenuto formativo, tenendo conto del
tasso di occupazione femminile e prevedendo anche criteri di automaticità;
h) rafforzamento dei meccanismi e
degli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei risultati conseguiti,
anche in relazione all'impatto sui livelli di
occupazione femminile e sul tasso di occupazione in generale, per effetto della
ridefinizione degli interventi di cui al presente
articolo da parte delle amministrazioni competenti e tenuto conto dei criteri
che saranno determinati dai provvedimenti attuativi, in materia di mercato del
lavoro, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
i) sperimentazione di
orientamenti, linee-guida e codici di comportamento, al fine di
determinare i contenuti dell'attività formativa, concordati da associazioni dei
datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale e territoriale, anche all'interno di enti bilaterali, ovvero, in
difetto di accordo, determinati con atti delle regioni, d'intesa con il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
l) rinvio ai contratti collettivi
stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative, a livello nazionale, territoriale e aziendale, per la
determinazione delle modalità di attuazione
dell'attività formativa in azienda.
Art. 3.
(Delega al Governo
in materia di riforma della disciplina del lavoro a tempo parziale).
1. Il Governo è delegato ad
adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro
il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno
o più decreti legislativi, con esclusione dei rapporti di lavoro alle
dipendenze di amministrazioni pubbliche, recanti norme per promuovere il
ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale, quale tipologia contrattuale
idonea a favorire l'incremento del tasso di occupazione e, in particolare, del
tasso di partecipazione delle donne, dei giovani e dei lavoratori con età superiore
ai 55 anni, al mercato del lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) agevolazione del ricorso a
prestazioni di lavoro supplementare nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale cosiddetto
orizzontale, nei casi e secondo le modalità previsti
da contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di
lavoro comparativamente più rappresentative su scala nazionale o territoriale,
anche sulla base del consenso del lavoratore interessato in carenza dei
predetti contratti collettivi;
b) agevolazione del ricorso a forme
flessibili ed elastiche di lavoro a tempo parziale nelle ipotesi di lavoro a
tempo parziale cosiddetto verticale e misto, anche sulla base del consenso del
lavoratore interessato in carenza dei contratti
collettivi di cui alla lettera a),
e comunque a fronte di una maggiorazione retributiva da riconoscere al lavoratore;
c) estensione delle
forme flessibili ed elastiche anche ai contratti a tempo parziale a tempo
determinato;
d) previsione di norme, anche di
natura previdenziale, che agevolino l'utilizzo di contratti a tempo parziale da
parte dei lavoratori anziani al fine di contribuire alla crescita
dell'occupazione giovanile anche attraverso il ricorso a tale tipologia
contrattuale;
e) abrogazione o integrazione di ogni disposizione in contrasto con l'obiettivo della
incentivazione del lavoro a tempo parziale, fermo restando il rispetto dei princìpi e delle regole contenute nella direttiva 97/81/CE
del Consiglio, del 15 dicembre 1997;
f) affermazione della computabilità pro
rata temporis
in proporzione dell'orario svolto dal lavoratore a tempo parziale, in relazione all'applicazione di tutte le norme legislative
e clausole contrattuali a loro volta collegate alla dimensione aziendale intesa
come numero dei dipendenti occupati in ogni unità produttiva;
g) integrale estensione al settore
agricolo del lavoro a tempo parziale.
Art. 4.
(Delega al Governo in materia di disciplina delle
tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo,
occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite).
1. Il Governo è delegato ad
adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro
il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno
o più decreti legislativi recanti disposizioni volte alla disciplina o alla
razionalizzazione delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato
e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite, nel rispetto
dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) riconoscimento di una indennità cosiddetta di disponibilità a favore del
lavoratore che garantisca nei confronti del datore di lavoro la propria disponibilità
allo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, così
come individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori
e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative su scala nazionale
o territoriale o, in via provvisoriamente sostitutiva, per decreto del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, ed in ogni caso prevedendosi la
possibilità di sperimentazione di detta tipologia contrattuale anche per
prestazioni rese da soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di
età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età che siano stati espulsi dal
ciclo produttivo in funzione di processi di riduzione o trasformazione di
attività o di lavoro e iscritti alle liste di mobilità e di collocamento;
eventuale non obbligatorietà per il prestatore di rispondere alla chiamata del
datore di lavoro, non avendo quindi titolo a percepire la predetta indennità ma
con diritto di godere di una retribuzione proporzionale al lavoro
effettivamente svolto;
b) con riferimento alle prestazioni
di lavoro temporaneo:
1) ricorso alla forma del lavoro a
tempo determinato di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre
2001, n. 368, ovvero alla forma della fornitura di lavoro temporaneo di cui
alla legge 24 giugno 1997, n. 196, anche per soddisfare le quote obbligatorie di assunzione di lavoratori disabili di cui alla legge 12
marzo 1999, n. 68, secondo il principio pro
rata temporis;
2) completa
estensione al settore agricolo del lavoro temporaneo tramite agenzia, con
conseguente applicabilità degli oneri contributivi di questo settore;
c) con riferimento alle
collaborazioni coordinate e continuative:
1) identificazione dei criteri
temporali di durata della prestazione o economici di ammontare
del corrispettivo rilevanti ai fini della differenziazione di detta fattispecie
contrattuale rispetto alle collaborazioni di natura meramente occasionale;
2) previsione della forma scritta
dei contratti relativi a tali rapporti;
3) riconduzione della fattispecie a uno o più progetti o programmi di lavoro o fasi di esso;
4) previsione di tutele
fondamentali a presidio della dignità e della sicurezza dei collaboratori, con
particolare riferimento a maternità, malattia e infortunio, anche nel quadro di intese collettive;
5) previsione di un adeguato
sistema sanzionatorio nei casi di inosservanza
delle disposizioni di legge;
6) ricorso, ai sensi dell'articolo
5, ad adeguati meccanismi di certificazione della
volontà delle parti contraenti;
d) ammissibilità di prestazioni di
lavoro occasionale e accessorio, in generale e con particolare riferimento a opportunità di assistenza sociale, rese a favore di
famiglie e di enti senza fini di lucro, da disoccupati di lungo periodo, altri
soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel
mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, regolarizzabili attraverso
la tecnica di buoni corrispondenti a un certo ammontare di attività lavorativa,
ricorrendo, ai sensi dell'articolo 5, ad adeguati meccanismi di certificazione;
e) ammissibilità di
prestazioni ripartite fra due o più lavoratori, obbligati in solido nei confronti
di un datore di lavoro, per l'esecuzione di un'unica
prestazione lavorativa.
Art. 5.
(Delega al Governo in materia di
certificazione dei rapporti di lavoro).
1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di
qualificazione dei rapporti di lavoro, con esclusione dei rapporti di lavoro
alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, il
Governo è delegato ad adottare, entro il termine di un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti
disposizioni in materia di certificazione del relativo contratto stipulato tra
le parti, nel rispetto dei seguenti princìpi e
criteri direttivi:
a) carattere volontario e
sperimentale della procedura di certificazione;
b) individuazione dell'organo
preposto alla certificazione del rapporto di lavoro in enti bilaterali
costituiti a iniziativa di associazioni dei datori e
dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, ovvero presso
strutture pubbliche aventi competenze in materia;
c) definizione delle modalità di organizzazione delle sedi di certificazione e di
tenuta della relativa documentazione;
d) indicazione del contenuto e della
procedura di certificazione;
e) attribuzione di piena forza legale
al contratto certificato ai sensi della procedura di cui alla lettera d), con esclusione della possibilità
di ricorso in giudizio se non in caso di erronea
qualificazione del programma negoziale da parte dell'organo preposto alla
certificazione e di difformità tra il programma negoziale effettivamente
realizzato dalle parti e il programma negoziale concordato dalle parti in sede
di certificazione;
f) previsione di espletare
il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall'articolo 410 del
codice di procedura civile innanzi all'organo preposto alla certificazione
quando si intenda impugnare l'erronea qualificazione dello stesso o la
difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva
attuazione. In caso di ricorso in giudizio, introduzione
dell'obbligo in capo all'autorità giudiziaria competente di accertare anche le
dichiarazioni e il comportamento tenuto dalle parti davanti all'organo
preposto alla certificazione del contratto di lavoro;
g) attribuzione agli enti bilaterali
della competenza a certificare non solo la qualificazione del contratto di lavoro
e il programma negoziale concordato dalle parti, ma anche le rinunzie e
transazioni di cui all'articolo 2113 del codice civile a conferma della volontà
abdicativa o transattiva
delle parti stesse;
h) estensione della
procedura di certificazione all'atto di deposito del regolamento interno
riguardante la tipologia dei rapporti attuati da una cooperativa ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 aprile 2001,
n. 142, e successive modificazioni;
i) verifica dell'attuazione delle
disposizioni, dopo ventiquattro mesi dalla data della loro entrata in vigore,
da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le
organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale.
Art. 6.
(Esclusione).
1. Le disposizioni degli articoli da 1 a 5 non si
applicano al personale delle pubbliche amministrazioni ove non siano
espressamente richiamate.
Art. 7.
(Disposizioni finali).
1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui alla presente
legge, deliberati dal Consiglio dei ministri e corredati da una
apposita relazione cui è allegato il parere della Conferenza unificata
di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sentite
le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative dei datori e
prestatori di lavoro, sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere
da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti entro il
sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine previsto per
l'esercizio della relativa delega.
2. In caso di mancato rispetto del
termine per la trasmissione, il Governo decade dall'esercizio della delega.
Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il parere entro trenta giorni
dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l'espressione del parere
decorra inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque
adottati.
3. Entro ventiquattro mesi dalla data di
entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo
può adottare eventuali disposizioni modificative e correttive con le medesime
modalità e nel rispetto dei medesimi criteri e princìpi
direttivi.
4. Dall'attuazione della presente legge non devono
derivare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
FINE TESTO DISEGNO DI LEGGE