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Roma, 29 ottobre 2001
CIRCOLARE
N. 148/2001
OGGETTO: IL
LIBRO BIANCO SULLA POLITICA EUROPEA DEI TRASPORTI FINO AL 2010.
Nel dicembre 1992 la Commissione delle Comunità
Europee ha pubblicato il primo Libro Bianco dal titolo “Lo sviluppo futuro
della politica comune dei trasporti”. Obiettivo fondamentale del documento
era l’apertura del mercato dei trasporti.
Nel settembre scorso la Commissione ha diffuso un
secondo Libro Bianco intitolato: “La politica dei trasporti fino al 2010: il
momento delle scelte”. Nell’introduzione del documento si sottolinea come
in una decina d’anni, con la sola eccezione del settore ferroviario,
l’obiettivo del primo Libro sia praticamente raggiunto nei traffici infracomunitari.
I primi
progressi della Politica Comune dei Trasporti si sono concretizzati in una
riduzione significativa dei prezzi per i consumatori, accompagnata da un
aumento della qualità dei servizi. L’aumento del traffico è risultato però più
che proporzionale rispetto a quello dell’economia, con una crescita squilibrata
a favore della modalità stradale, creando congestione della circolazione e
danni all’ambiente.
Per questo motivo la Commissione ha ritenuto necessario aggiornare gli
orientamenti sulla Politica Comune dei Trasporti pubblicando il secondo Libro
Bianco i cui obiettivi sono cosi sintetizzabili:
Ø
riequilibrio modale
Ø
eliminazione delle
strozzature infrastrutturali
Ø
politica centrata
sull’utilizzatore
Ø
gestione della
mondializzazione dei trasporti.
Se non si attueranno interventi, la
modalità stradale è destinata ad aumentare del 50% a fronte di un aumento del
43% del PIL e del 38% del trasporto merci nel suo complesso.
Modalità |
Quota mercato |
Aumento 2010/1998 |
|
1998 |
2010 |
||
Strada |
44% |
47% |
+ 50% |
Mare (cabo) |
41% |
40% |
+ 35% |
Ferrovia |
8% |
7% |
+ 13% |
Canali navig. |
4% |
3% |
+ 14% |
Condotte |
3% |
3% |
+ 15% |
Totale |
100% |
100% |
+ 38% |
Per
evitare questa evenienza il Libro Bianco prevede di controllare la crescita del
traffico stradale ed aereo e di rilanciare mare e ferrovia. A tal fine la
Commissione postula una “concorrenza regolata“ tra i modi di trasporto
grazie alla quale nel 2010 le quote di mercato risultino ripartite come nel
1998 (ciò presuppone che nessuna modalità superi nel periodo una crescita del
38%).
A.1. Strada
Il principale vantaggio competitivo del trasporto
stradale è la sua capacità di trasportare merci ovunque nell’Unione Europea con
una estrema flessibilità e a prezzi ridotti. Ma lo sviluppo di questa capacità
si è realizzato in un contesto paradossale. Le imprese del settore praticano
con gli altri modi di trasporto e tra di loro una concorrenza accanita, al
punto che alcune imprese, per sopravvivere in un ambiente estremamente
concorrenziale, tenuto conto dell’aumento degli oneri di esercizio (prezzo dei
combustibili, nuove attrezzature), sono costrette ad eludere le regole
sull’orario di lavoro e sulla circolazione nonché a trascurare i più elementari
principi di sicurezza stradale. La guerra dei prezzi fra imprese rischia di
inasprirsi con l’allargamento dell’UE dato che gli oneri di esercizio sono meno
elevati nei Paesi candidati dell’Est.
Le quote di mercato acquisite dalla
strada non possono mascherare la grande precarietà finanziaria nella quale si
trovano oggi molte imprese di trasporto, in particolare le più piccole. I “padroncini”
hanno sempre più difficoltà a mantenere una redditività, spesso artificiale, a
causa delle pressioni sui prezzi esercitate dai caricatori e dall’industria,
soprattutto in occasione di shock congiunturali quali l’aumento del prezzo del
gasolio.
Le misure
di defiscalizzazione adottate di fretta e in modo unilaterale da alcuni Stati
membri per calmare il malcontento dei trasportatori a seguito dell’aumento
brutale dei prezzi del gasolio nel settembre 2000 non sono soluzioni a lungo termine.
Simili interventi sono più dei palliativi che delle misure risolutive e rischiano
non soltanto di avere un impatto limitato sulla salute finanziaria del settore,
ma anche di arrecare pregiudizio agli altri modi, rafforzando ulteriormente il
vantaggio competitivo del trasporto stradale. Tali misure potrebbero essere
considerate sovvenzioni occulte e destabilizzare ulteriormente la professione,
poiché il prezzo del trasporto stradale non rifletterebbe i costi reali.
Nonostante queste constatazioni, nessun vero piano
di ristrutturazione del settore è stato finora intrapreso in Europa. Il timore
di agitazioni sociali e di una paralisi dei principali assi di transito non vi
è certamente estraneo. Nel contesto attuale, sembra auspicabile risanare le prassi
in vigore e rafforzare la base delle imprese incoraggiando i raggruppamenti e
la diversificazione di attività. Infatti, imprese aventi dimensioni e basi
finanziarie adeguate, che permettano loro di approfittare dei progressi tecnologici,
potranno fare fronte - nelle migliori condizioni - all’arrivo sul mercato del
trasporto stradale dei concorrenti dell’Est europeo, ove il costo della
manodopera è attualmente inferiore a quello dei Paesi dell’Europa dell’Ovest.
Si devono prevedere misure di accompagnamento per incoraggiare le microimprese
o i “padroncini” a riunirsi in strutture più atte a prestare servizi di
qualità, che integrino ad esempio attività di logistica e sistemi avanzati di
informazione e di gestione, nel rispetto della politica di concorrenza.
In questo contesto,
l’armonizzazione delle clausole minime relative alla ripartizione dei costi nei
contratti che disciplinano l’attività di trasporto dovrebbe aiutare a
proteggere i trasportatori dalle pressioni dei caricatori. In altri termini,
nei contratti di trasporto devono figurare clausole come la revisione delle
tariffe in caso di aumento brutale dei prezzi del carburante. Non bisogna
dimenticare che è il trasporto stradale - modo dominante - a fissare il prezzo
del trasporto. In queste condizioni, si tende a tirare questo prezzo verso il
basso, a scapito degli altri modi che non beneficiano delle stesse capacità di
adeguamento.
A livello dell’Unione Europea,
osserva il Libro Bianco, sono state adottate pochissime misure per garantire un
minimo di regolamentazione delle condizioni sociali nel trasporto stradale.
Soltanto nel dicembre 2000 il Consiglio dei Ministri ha deciso di armonizzare
il tempo di guida con un massimo di 48 ore alla settimana in media, con
eccezioni, tuttavia, per gli autisti indipendenti. Negli altri modi di
trasporto, l’orario di lavoro è da tempo strettamente limitato; per i
macchinisti, ad esempio, il tempo di guida varia in media da 22 a 30 ore presso
le principali società ferroviarie.
Numerose proposte della
Commissione mirano a dotare l’Unione europea di una vera regolamentazione per
migliorare le condizioni di lavoro, la sicurezza stradale e garantire il
rispetto delle regole di funzionamento del mercato interno. Citiamo:
Ø
regolamentazione
dell’orario di lavoro: la proposta, pur escludendo i lavoratori autonomi
permette di controllare l’orario di lavoro a livello europeo, sulla base di una
durata settimanale media di 48 ore e una durata massima di lavoro di 60 ore;
Ø
armonizzazione dei
divieti di circolazione degli automezzi pesanti il fine settimana; questa
proposta mira ad avvicinare le regole nazionali in materia e a stabilire un
obbligo di informazione preliminare prima dell’introduzione di tali divieti;
Ø
introduzione di un “attestato
di conducente” che permetterà ai controllori nazionali di verificare
efficacemente la regolarità e, se necessario, di constatare (e sancire)
l’irregolarità della situazione occupazionale del conducente;
Ø
sviluppo della
formazione professionale; la proposta prevede regole comuni sulla formazione
iniziale obbligatoria per tutti i nuovi conducenti e una formazione continua
per tutti i conducenti a intervalli regolari.
A.2. Ferrovia
L’apertura ad una concorrenza regolata del
trasporto ferroviario - che inizierà effettivamente nel marzo 2003 con l’apertura
dei servizi internazionali di trasporto sui 50.000 km di linee della rete
ferroviaria transeuropea di trasporto merci - rappresenta la condizione
centrale per il rilancio del trasporto ferroviario. Nel 2008, l’apertura sarà
totale su tutta la rete europea per il trasporto merci internazionale. La
comparsa di nuove imprese ferroviarie, con altre visioni e dotate di una solida
esperienza logistica e di integrazione modale, deve rafforzare la competitività
di questo settore e incoraggiare le società nazionali a ristrutturarsi, tenendo
conto delle ripercussioni sociali e delle condizioni di lavoro.
In questo contesto, la
Commissione presenterà nel 2001 un nuovo pacchetto di misure per realizzare un
vero mercato interno ferroviario che dovrà tener conto delle missioni di
interesse generale e della coesione economica e territoriale, articolato su:
Ø
l’apertura dei mercati
nazionali di merci al cabotaggio;
Ø
l’aggiornamento delle
direttive sull’interoperabilità per garantire l’armonizzazione delle
disposizioni tecniche e di uso per tutti gli elementi della rete ferroviaria,
ad alta velocità e convenzionale;
Ø
la promozione di misure
che garantiscano la qualità dei servizi ferroviari; in particolare una proposta
di direttiva stabilirà le condizioni di risarcimento in caso di ritardo o
mancato rispetto degli obblighi assunti
Ø
la creazione di una
struttura comunitaria per la sicurezza e l’interoperabilità.
Il rilancio del trasporto ferroviario di merci
presuppone linee efficienti, le cui infrastrutture siano riservate al trasporto
merci in esclusiva o almeno per un certo periodo della giornata. Tale misura
difficilmente può essere decretata a breve termine a livello comunitario, ma
tutte le misure a livello nazionale devono tendere verso quest’obiettivo, cui
contribuisce la realizzazione della rete di treni ad alta velocità. La messa in
servizio delle linee nuove permetterà infatti di smistare una parte del
traffico verso la nuova linea creando così capacità supplementari sulla linea
precedentemente adibita a tutto il traffico.
Come dimostra la presenza di migliaia di relitti di
epoca romana sparsi per il Mediterraneo, la navigazione a corto raggio esiste
fin dalla notte dei tempi. Il trasporto marittimo a corto raggio rappresenta il
41% del trasporto merci intracomunitario. Si tratta del solo modo di trasporto
merci che presenta un tasso di crescita (+ 27% fra il 1990 e il 1998) vicino a
quello del trasporto stradale (+ 35%).
Di fatto, il trasporto marittimo
non solo serve a trasportare merci da un continente all’altro, ma costituisce
anche una vera e propria alternativa competitiva agli itinerari via terra.
Per questo motivo, alcuni collegamenti marittimi,
in particolare quelli che permettono di evitare le strozzature costituite dalle
Alpi e dai Pirenei, dovrebbero far parte della rete transeuropea, alla stregua
delle autostrade o delle ferrovie. Queste linee non si svilupperanno però
spontaneamente e bisognerà, sulla base delle proposte degli Stati membri,
attribuire loro un “marchio di garanzia”, tramite la concessione di
fondi europei (“Marco Polo”, Fondi strutturali) per incoraggiare il
decollo e garantire una buona dimensione commerciale.
A.4. Intermodalità
La
Commissione prevede di sostituire al programma PACT, che terminerà nel dicembre
2001, un nuovo programma di promozione dell’intermodalità denominato “Marco
Polo”, con una dotazione annuale di 30 milioni di euro all’anno,
articolabile su 4 anni. Il programma “Marco Polo” sarà aperto a tutte le
proposte concernenti il trasferimento del trasporto merci dalla strada verso
altri modi più rispettosi dell’ambiente. Particolare impegno sarà dedicato alla
valorizzazione dei vantaggi del trasporto marittimo a corto raggio.
Sono previsti tre obiettivi principali di sostegno:
Ø
il primo è legato alle
iniziative dei soggetti del mercato della logistica. Su proposta di questi
soggetti, sarà conferita importanza all’aiuto all’avviamento di nuovi servizi,
redditizi dal punto di vista commerciale e che implicano trasferimenti modali
importanti dalla strada verso altri modi, senza essere necessariamente
innovatori sotto il profilo tecnologico. L’aiuto comunitario sarà limitato al
tempo di lancio di questi servizi.
Ø
il secondo riguarda il
miglioramento del funzionamento dell’intera catena intermodale.
Ø
il terzo è legato all’innovazione
nella cooperazione e diffusione delle buone pratiche nel settore.
Nel trasporto merci, la scelta del modo più
efficiente, a seconda delle condizioni esistenti in un determinato momento, è
compito di una nuova figura di “organizzatori” che si sta delineando
nella catena del trasporto: quella degli integratori di trasporto. Alla stregua
di quanto è avvenuto mondialmente per la distribuzione dei pacchi, dovrebbe
emergere una nuova professione che si occupi del trasporto integrato di merci
nell’ambito di spedizioni complete (superiori a 5 tonnellate). Questi “integratori
del trasporto merci” devono poter combinare a livello europeo e mondiale le
qualità specifiche di ogni modo per offrire ai loro clienti, il miglior
servizio possibile, in termini di efficienza di trasporto, prezzi e impatto
ambientale in senso lato (economico, ecologico, energetico, etc.).
Lo sviluppo di tale professione
deve avvenire in un quadro giuridico unico, trasparente e facile da applicare
che precisi in particolare le responsabilità lungo la catena logistica e
stabilisca i necessari documenti di trasporto. La Commissione farà una proposta
in questo senso nel 2003.
B.
Eliminazione delle strozzature
Nel 1996 sono stati adottati i
primi orientamenti per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti.
Questi orientamenti identificano i progetti nei quali è canalizzata buona parte
degli interventi finanziari dell’Unione in materia di infrastrutture, nonché
quelli della Banca europea per gli investimenti.
Si constata oggi che lo sviluppo della rete non
solo è lungi dall’essere uniforme ma procede anche a rilento. Solo il 20% delle
infrastrutture previste nella decisione del 1996 è stato realizzato. È lecito
chiedersi se sia possibile completarle entro i termini previsti, ovvero entro
il 2010.
Solo 2.800 km di nuove linee ferroviarie a alta
velocità sono oggi in servizio. All’attuale ritmo dei lavori, ci vorranno
ancora più di venti anni per terminare i 12.600 km di ferrovia previsti nel
1996. Questi ritardi trovano origine nelle reticenze a livello locale nei
confronti della costruzione di nuove infrastrutture e nell’assenza di un
approccio integrato al momento della pianificazione, della valutazione e del
finanziamento delle infrastrutture transfrontaliere, ma anche
all’assottigliamento dei finanziamenti pubblici legato alla generale riduzione
degli investimenti in infrastrutture di trasporto, che sono passati dell’1,5%
del PIL nel 1970 a circa l’1% nel 1995.
Ciononostante, a prescindere dai ritardi accumulati
da alcuni progetti, bisogna continuare a sostenere la rete transeuropea che
rappresenta un elemento importante della competitività dell’Unione e permette
una miglior connessione delle regioni periferiche ai mercati centrali.
Ad esempio, nonostante le difficoltà per
realizzarli nei termini previsti, i due progetti volti a realizzare
collegamenti ferroviari attraverso le Alpi restano progetti prioritari particolarmente
importanti per contribuire, nel quadro di una politica globale dei trasporti
alpini, a trasferire una parte della crescita del traffico stradale verso la ferrovia.
La Commissione propone, inoltre, nella revisione
degli orientamenti sulla rete, di inserire come nuovo grande progetto un valico
ferroviario dei Pirenei.
Oltre a tale infrastruttura, i
progetti nuovi o adattati rispetto a quelli esistenti che la Commissione
intende inserire nella futura proposta sono i seguenti:
Ø
Treno ad alta velocità/trasporto combinato Est
europeo. Per ragioni storiche, i collegamenti est-ovest verso i
Paesi candidati all’adesione sono poco sviluppati. Gli scambi con questi Paesi
già generano però notevoli flussi di traffico. Sul corridoio ferroviario lungo
il Danubio, più del 60% del traffico è già internazionale. Le previsioni
indicano un tasso di crescita particolarmente sostenuto. Appare dunque
necessario facilitare la costituzione di un nuovo asse ferroviario da ovest a
est a grande capacità per le merci e i passeggeri da Stoccarda-Monaco a Salisburgo/Linz-Vienna.
Questo progetto comprende 780 km di strada ferrata da adattare o costruire per
l’alta velocità, nonché linee da destinare al trasporto merci. Nella
prospettiva dell’allargamento, esse potrebbero essere estese verso Budapest,
Bucarest e Istanbul.
Ø
Progetto di radionavigazione via satellite (Galileo). Questo programma di portata
mondiale, dall’elevato potenziale per la gestione del traffico e le
informazioni agli utenti della rete transeuropea, prevede un’intensa fase di
sviluppo fino al 2005, quindi una fase di realizzazione in vista dell’entrata
in servizio a partire dal 2008.
Vanno inoltre riadattate le definizioni di alcuni
progetti esistenti. Occorre ad esempio completare il progetto che comprende
l’asse Brennero Monaco-Verona (progetto n.1) aggiungendovi la linea ferroviaria
Verona-Napoli e la sua ramificazione Bologna-Milano. Questi 830 km di nuove
linee ferroviarie ad alta velocità permetteranno di ancorare più saldamente il
corridoio ferroviario nord-sud alle grandi città e alle zone industriali della
penisola italiana.
L’azione della Comunità sarà indirizzata verso la
realizzazione di corridoi multimodali dedicati in via prioritaria alle merci.
La realizzazione di tali corridoi esige in primo
luogo infrastrutture ferroviarie efficienti. Purtroppo, per le loro caratteristiche
le ferrovie europee sono poco adatte ad un trasporto merci su larga scala. Esse
non permettono di impilare i container, né di comporre lunghi treni e devono in
genere sopportare un intenso traffico di treni passeggeri , che condividono le
stesse infrastrutture dei treni merci. Non potendo realizzare nell’immediato
una rete ferroviaria completamente riservata alle merci, come negli Stati
Uniti, gli investimenti devono incoraggiare la realizzazione progressiva di
corridoi transeuropei dedicati in via prioritaria o riservati in via esclusiva
alle merci.
Tradizionalmente, la realizzazione delle
infrastrutture di trasporto poggia sui bilanci pubblici, regionali, nazionali o
comunitari. Nel caso della rete transeuropea la partecipazione della Comunità è
limitata al 10% del costo totale dell’investimento. Tale tasso non costituisce
un incentivo sufficiente ed il Libro Bianco ne propone l’aumento al 20%, almeno
per i progetti “critici”.
Ma la soluzione innovatrice ipotizzata è quella del
mutuo finanziamento, ovvero l’utilizzo di parte degli introiti per l’uso delle
infrastrutture stradali per finanziare gli investimenti in infrastrutture
concorrenti (specie ferroviarie) nella regione interessata.
Contenere la congestione, lottare
contro l’effetto serra, sviluppare le infrastrutture migliorando la sicurezza,
attenuare gli effetti nocivi per l’ambiente ha un costo, che si aggiunge a
quello per l’utilizzo delle infrastrutture.
Entro il 2002 la Commissione
prevede di proporre una direttiva quadro volta a stabilire per tutti i modi di
trasporto i principi di tariffazione dell’uso delle infrastrutture e la struttura
delle tariffe.
Nel settore del trasporto stradale,
le tariffe saranno modulate in funzione delle prestazioni ambientali del
veicolo e in relazione al tipo di infrastruttura (autostrade, strade nazionali
e urbane), alla distanza percorsa, al peso per asse, al tipo di sospensione e
al livello di congestione. Le nuove tariffe saranno introdotte in modo
progressivo, contemporaneamente alla riduzione di altri oneri a carico del
settore, come ad esempio la tassa di circolazione, in modo da ridurre al minimo
l’impatto.
In molti casi, il fatto di tener conto dei costi
esterni permetterà di liberare risorse in eccedenza rispetto a quanto necessario
per coprire i costi delle infrastrutture utilizzate. Affinché il settore dei
trasporti possa profittarne pienamente, sarà determinante destinare le entrate
così realizzate a fondi specifici nazionali o regionali mirati a finanziare misure
di attenuazione o compensazione dei costi esterni. Andrà accordata priorità
alla costruzione di infrastrutture che promuovono l’intermodalità e che meglio
rispettano l’ambiente.
Le entrate eccedentarie potrebbero
talvolta non essere sufficienti, ad esempio quando la politica dei trasporti
impone di realizzare grandi infrastrutture costose ma necessarie per favorire
l’intermodalità (ad esempio gallerie ferroviarie). La direttiva quadro deve
pertanto permettere di aggiungere all’importo necessario per compensare i costi
esterni un ulteriore elemento destinato al finanziamento di infrastrutture
alternative, più rispettose dell’ambiente. Questa possibilità va riservata alle
infrastrutture necessarie per valicare barriere naturali, ecologicamente
fragili, e deve essere oggetto di un esame preliminare e di rigorosi controlli
da parte della Commissione.
La fiscalità dei carburanti integra
la tariffazione delle infrastrutture di trasporto commisurata all’uso, in modo
che il prezzo pagato dall’utente comprenda tutti i costi esterni. Tale
fiscalità permette in particolare di tenere conto della componente dei costi
esterni legata alle emissioni dei gas a effetto serra. A fronte della totale
apertura alla concorrenza del settore dei trasporti stradali, l’assenza di tasse
armonizzate sui carburanti appare sempre più come un ostacolo al buon
funzionamento del mercato interno.
A breve termine sarà necessario proporre una
fiscalità armonizzata per i carburanti professionali. Tale approccio dovrà fra
l’altro mirare all’adozione di un’accisa da fissare ad un livello superiore
alla media attuale delle tasse sul gasolio.
Contrariamente alle idee diffuse,
sottolinea il Libro Bianco, la nuova forma di tassazione non sarebbe
controproducente per la competitività europea. Non è infatti il livello globale
delle imposizioni che deve cambiare sostanzialmente, quanto piuttosto la loro
struttura, in modo da integrare i costi esterni nel prezzo dei trasporti.
D.
La mondializzazione dei trasporti
L’allargamento ai Paesi dell’Est
conferirà all’Unione Europea una dimensione veramente continentale. La rete
transeuropea di trasporto dei Paesi candidati comprende quasi 19.000 km di
strade, 21.000 km di linee ferroviarie, 4.000 km di vie navigabili, 40 aeroporti,
20 porti marittimi e 58 porti fluviali.
L’allargamento comporterà una vera
esplosione del movimento di beni e persone tra i Paesi dell’Unione. Nel 1998 i
Paesi candidati hanno già esportato 112 milioni di tonnellate verso l’Unione, ossia
2,2 volte il volume degli scambi del 1990, per un valore di 68 miliardi di
euro; essi hanno inoltre importato 50 milioni di tonnellate, ossia più di 5
volte il tonnellaggio del 1990, per un valore di 90 miliardi di euro. Già ora
si stanno formando strozzature alle frontiere, con grave rischio di saturazione
degli assi Est-Ovest. Non è raro vedere autocarri incolonnati per oltre 50 km
alla frontiera fra Germania e Polonia.
I collegamenti tra gli Stati membri
dell’Unione europea e i Paesi candidati all’adesione sono, per ragioni storiche,
poco sviluppati. Grazie ad un’intensa cooperazione tecnica tra gli esperti nazionali
dei vari Paesi e la Commissione sono già stati individuati vari corridoi ed è
stata inoltre avviata una valutazione globale del fabbisogno di infrastrutture
nei Paesi candidati.
Le risorse dei bilanci pubblici
sono evidentemente insufficienti a fronte dei 91 miliardi di euro stimati per
realizzare, entro il 2015, le infrastrutture prioritarie di trasporto nei Paesi
candidati dell’Europa centrale e orientale.
Di conseguenza, è fondamentale
mobilitare finanziamenti privati, in particolare grazie a prestiti accordati
dalla Banca europea per gli investimenti. Come alcuni hanno peraltro già fatto,
i Paesi interessati dovranno ricorrere per quanto possibile a forme non tradizionali
di finanziamento, basate su fondi alimentati da tasse sul carburante e oneri
per l’uso delle infrastrutture stradali.
I finanziamenti vanno accordati in
via prioritaria alle infrastrutture che permettono l’eliminazione delle
strozzature, in particolare alle frontiere, e che consentano l’ammodernamento
della rete ferroviaria.
Le ferrovie rappresentano ancora oltre il 40% della
quota del mercato merci nei Paesi dell’Europa Centrale e Orientale, cabotaggio
marittimo escluso; tale valore si avvicina ai livelli degli Stati Uniti, mentre
l’Unione europea vanta un misero 8%.
Sulla base delle tendenze attuali,
la quota detenuta da tale modo potrebbe entro il 2010 ridursi al 10%. I flussi
di merci ferroviari hanno subito fin dal 1990 un calo precipitoso, che ha
raggiunto il suo massimo nel 1995 (65% del valore registrato nel 1989). Questo
calo è conseguenza del crollo dell’industria pesante tradizionale e della crisi
economica che ha colpito tali Paesi. Le società ferroviarie hanno dovuto fare fronte
a radicali cambiamenti dell’economia, senza disporre della sufficiente
preparazione. Esse si occupavano essenzialmente del trasporto di prodotti
pesanti – a basso valore aggiunto - tra miniere e complessi industriali. Simili
trasporti “tradizionali” trovano sempre più difficilmente posto nelle
moderne economie emergenti in tali Paesi. I concetti di “just-in-time” e di “intermodalità”, ancora sconosciuti
alcuni anni fa, impongono un radicale ripensamento di tutto il sistema dei
trasporti ferroviari, che risultano attualmente uno strumento obsoleto anche
perché gli investimenti in infrastrutture e per il rinnovo del materiale
rotabile sono fortemente diminuiti negli ultimi anni.
La presenza di questa rete
ferroviaria particolarmente ampia e densa e di un know-how non trascurabile è
tuttavia un’opportunità unica che non deve essere trascurata, per contribuire
al riequilibrio dei modi di trasporto in un’Europa allargata. Occorrerà quindi
– conclude il Libro Bianco - per convincere questi Paesi della necessità di
continuare a mantenere elevata la partecipazione della ferrovia, almeno al 35%,
per il 2010.
Il Libro Bianco è consultabile sul sito dell’Unione
Europea all’indirizzo internet:
http://europa.eu.int/eur-lex/it/com/wpr/2001/act370it02/com2001_0370it02-01.pdf
f.to ing. Antonio Giacoma |
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