Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica
00198 Roma - via Panama 62 - tel. 06/8559151 - fax 06/8415576
e-mail: confetra@tin.it - http://www.confetra.com

 

 

Roma, 6 novembre 2002

 

Circolare n. 132/2002

Oggetto: Politiche comunitarie – Allargamento UE – Crisi dell’indotto doganale - Intervento della Confetra.

 

La Confetra ha chiesto uno stanziamento globale di 25 milioni di Euro, per gli anni 2003, 2004 e 2005, a favore delle imprese di spedizione e trasporto residenti nelle zone confinarie del Friuli Venezia Giulia per fronteggiare le ricadute negative conseguenti all’allargamento dell’UE ai Paesi dell’Est.

 

Con l’abolizione dall’1 gennaio del 2004 delle barriere doganali italo-slovene il tessuto economico sviluppatosi in funzione di quella frontiera entrerà irreversibilmente in crisi.

 

La Confetra ha sollecitato un intervento straordinario che agevoli la riqualificazione e la riconversione delle imprese interessate, incentivando il mantenimento degli attuali livelli occupazionali, e introducendo appositi ammortizzatori sociali.

 

f.to dr. Piero M. Luzzati

Per riferimenti confronta circ.re conf.le n.125/2002

 

Allegato uno

 

D/n

© CONFETRA – La riproduzione totale o parziale è consentita esclusivamente alle organizzazioni aderenti alla Confetra.

 

Lettera del Presidente della Confetra Aldo Gatti al Ministro per le Politiche Comunitarie Rocco Buttiglione –Roma, 4 novembre 2002

Caro Ministro,

l’allargamento ai paesi dell’Est costituisce per l’Unione Europea una grande opportunità politica ed economica e come tale è pienamente condiviso dal mondo del trasporto e della spedizione rappresentato dalla Confetra: l’apertura di nuovi mercati porterà incremento negli interscambi commerciali creando flussi di traffico e occasioni di business per tutta la logistica italiana.

Nel breve periodo, peraltro, sono destinate a soffrire tutte quelle attività economiche nate in funzione dell’esistenza di una frontiera e di una dogana e pertanto condannate a seguirne le sorti. I confini, politici, geografici ed economici, separano i popoli, ma creano al di qua e al di là un indotto di infrastrutture e di professionalità al servizio della sosta di merci e passeggeri e per il disbrigo delle formalità (doganali, valutarie e autorizzative) legate al traffico internazionale. Questo volano economico cesserà di funzionare istantaneamente il 1° gennaio 2004, gettando in una crisi forse irreversibile distretti difficilmente convertibili ad altre attività. Si tenga presente che a differenza del ’93 (caduta delle barriere doganali all’interno dell’UE) e del ’96 (ingresso dell’Austria), non si sta parlando di confini tra paesi industrializzati storicamente amici con un tessuto imprenditoriale transfrontaliero continuo, ma di una frontiera che fino a 10 anni fa divideva il mondo occidentale dal blocco comunista e da quello islamico, a vocazione comunque agricola, che ha impedito un reale progresso armonico di quei territori, caratterizzati da una economia marginale di frontiera, strutturalmente debole.

Per quanto riguarda l’Italia, si fa riferimento ovviamente ai territori confinari del Friuli e della Venezia Giulia, in particolare alle infrastrutture autoportuali di Fernetti a Trieste e di S. Andrea a Gorizia, nonché ai valichi di Prosecco, Villa Opicina, Pese e Rabuiese. Solo per rimanere nel settore della logistica e della spedizione, le imprese coinvolte negativamente nella caduta delle frontiere saranno oltre 150 con conseguente esubero di circa 700 lavoratori dipendenti. Anche l’ingresso in Europa di Malta, fondamentale scalo mediterraneo per le navi portacontainer giramondo in transito tra Gibilterra e Suez, avrà pesanti ripercussioni sull’attività doganale dei porti italiani destinatari dei servizi di feederaggio originati da Malta.

L’Italia, giustamente in prima linea quanto a costruzione dell’Euro­pa, non deve realizzare l’allargamento a Est senza farsi carico delle ricadute negative che, risibili a livello nazionale, saranno pesantissime per imprese e lavoratori del nostro settore operanti nel Friuli–Venezia Giulia.

Tutto ciò premesso, si chiede lo stanziamento di 25 milioni di euro (5 milioni di euro nel 2003, 14 milioni nel 2004 e 6 milioni di euro nel 2005) per le seguenti finalità:

A           RICONVERSIONE AZIENDALE

A.1        sostegni per la riconversione o la ristrutturazione delle imprese;

A.2        contributi per l’innovazione tecnologica;
A.3        misure a favore della creazione o del mantenimento di posti di lavoro stabili;

A.4        finanziamento della formazione professionale nelle imprese;

per un totale di 5 milioni di euro nel 2003 e 5 milioni di euro nel 2004;
B          AMMORTIZZATORI SOCIALI
B.1        cassa integrazione speciale legata alla cessazione ope legis della funzione doganale (600 lavoratori per un anno);

B.2        sostegno al reddito dei lavoratori in mobilità (400 lavoratori per un anno)

per un totale di 9 milioni di euro nel 2004 e 6 milioni di euro nel 2005.

Questi obiettivi andrebbero perseguiti con strumenti legislativi straordinari eventualmente anche implementando la legge nazionale 9 gennaio 1991, n.19, relativa allo sviluppo delle attività economiche e della cooperazione internazionale della regione Friuli–Venezia Giulia, e la legge nazionale 29 gennaio 1986, n.26, concernente l’istituzione di un Fondo per il rilancio dell’economia di Trieste e Gorizia.

Caro Ministro, confidiamo che Ella vorrà sostenere le aspettative di un settore per il momento del tutto escluso da qualsiasi sostegno pubblico, e restiamo a Sua disposizione per ogni utile approfondimento.

RingraziandoLa in anticipo, Le porgiamo i miglior saluti

Il Presidente

f.to Aldo Gatti