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Roma, 13 febbraio 2003
Circolare n. 19/2003
Oggetto:
Lavoro – Orario personale non viaggiante – Schema di decreto legislativo di recepimento
della direttiva UE 93/104/CE.
Come è noto, alla fine dello scorso anno si sono interrotte
le trattative tra le organizzazioni imprenditoriali dei vari settori e i sindacati
per il recepimento della direttiva in oggetto sull’orario di lavoro. Preso atto
della impossibilità di un’intesa e spinto dalla necessità
di attuare in tempi brevi la direttiva per evitare una nuova condanna della UE,
il Governo ha elaborato uno schema di decreto legislativo che dovrà ora essere
esaminato dal Parlamento prima dell’approvazione definitiva.
Lo schema di decreto ridefinisce l’intero assetto
dell’orario (durata, straordinario, turni, pause, riposi, ecc.) sulla base dei princípi fondamentali della direttiva, lasciando comunque ampi spazi di intervento sui singoli aspetti alla
autonomia collettiva. In particolare il nuovo sistema dovrebbe consentire una organizzazione del lavoro più flessibile, facendo perno
sull’introduzione della nozione di durata
media settimanale, pari a 48 ore complessive (compreso lo straordinario) su
un periodo di 4 mesi (allungabili a 12 dai contratti collettivi). Il conteggio
dell’orario su base plurisettimanale segnerà il
definitivo superamento del limite di orario
giornaliero, risolvendo una questione interpretativa che da tempo si trascina
stante il sovrapporsi di normative di epoche diverse.
Questi in sintesi gli altri aspetti principali del
provvedimento.
Campo di applicazione (art.2) – E’ confermata l’esclusione degli autisti dipendenti
dalle imprese di autotrasporto il cui orario di lavoro, come è noto, è
disciplinato dalla specifica direttiva 2002/15/CE da recepirsi entro il mese di
marzo 2005.
Limiti di
durata (artt. 3 e 4, commi da 1 a 4) – Sebbene la direttiva 93/104/CE
faccia riferimento unicamente al limite delle 48 ore settimanali di durata
media complessiva, il decreto in esame mantiene anche il limite delle 40 ore di
orario normale già previsto dalla vigente legislazione italiana (legge n.196/97). Anche l’orario normale potrà essere calcolato su
base plurisettimanale (massimo 12 mesi) con la
differenza, rispetto al calcolo dell’orario complessivo per il quale è previsto un arco temporale minimo di 4 mesi, che la
durata del periodo di riferimento è rimessa interamente alla contrattazione
collettiva.
Lavoro
straordinario (art.4, comma 5 e art.5) – La
disciplina del lavoro straordinario continuerà ad essere rimessa ai contratti
collettivi che dovranno stabilire limiti e modalità di
retribuzione. In assenza di disposizioni contrattuali lo svolgimento di lavoro
straordinario dovrà essere contenuto entro un tetto annuo di 250 ore; in ogni
caso scompariranno gli attuali limiti giornalieri e settimanali (rispettivamente
2 e 12 ore) previsti dalla legislazione vigente.
A fronte di una gestione più elastica dello
straordinario, saranno introdotti a carico delle aziende obblighi
di comunicazione alle Direzioni provinciali del lavoro. Tali comunicazioni
scatteranno unicamente per il lavoro straordinario prestato oltre le 48 ore di
lavoro settimanale e dovranno essere effettuate ogni 4
mesi; in ogni caso saranno esentate le unità produttive fino a 10 dipendenti.
Contratti
vigenti (art.18) – Come riportato dalla stampa, quello dell’efficacia dei contratti collettivi
vigenti è uno degli aspetti più controversi del decreto. La norma in esame intende
assicurare l’effettiva applicazione delle nuove regole che male si concilierebbero
con le discipline esistenti (si pensi ad esempio alla incompatibilità
tra durata media dell’orario settimanale e limite di orario giornaliero).
Conseguentemente viene prevista l’automatica
cessazione, alla scadenza dei contratti, delle disposizioni relative all’orario
di lavoro (ivi compresi gli attuali limiti settimanali anche se più bassi);in
caso di contratti già scaduti al momento dell’entrata in vigore del decreto,
l’efficacia transitoria terminerà il 31 dicembre 2004. Questa impostazione è
fortemente contrastata dai sindacati che ne chiedono un ripensamento nel senso
di mantenere l’ultrattività delle disposizioni contrattuali
vigenti se più favorevoli al lavoratore. Il Ministro Maroni si è detto disponibile
a riesaminare il problema qualora tali obiezioni fossero condivise anche dal
Parlamento nei pareri che dovrà formulare.
Si fa riserva di tornare sull’argomento non appena lo
schema di decreto legislativo sarà approvato in via definitiva.
f.to dr. Piero M. Luzzati |
Per
riferimenti confronta circ.re conf.le
n.143/2002 |
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Allegato uno |
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M/n |
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Relazione
L’articolo 22
della legge comunitaria 2001 (Legge
n. 39/2002, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle
Comunità europee), ha delegato il Governo a emanare, entro il termine di un
anno dalla entrata in vigore di tale legge, uno o più decreti legislativi
recanti le norme occorrenti per dare attuazione nel nostro ordinamento a
quattro direttive comunitarie in materia di orario di lavoro:
la direttiva n. 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre
1993, in materia di orario di lavoro;
-
la direttiva n. 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 22 giugno 2000, di modifica della direttiva 93/104/CE;
-
la direttiva n. 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999,
relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di
mare;
-
la direttiva n. 2000/79/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, relativa
all'attuazione dell'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del
personale di volo nell'aviazione civile.
Il presente
provvedimento dà piena ed organica attuazione alle prime due direttive, che
rappresentano il fulcro della normativa sull’organizzazione dell’orario di
lavoro, rinviando ad altro decreto la riorganizzazione dell’orario di lavoro di
settori significativi, ma alquanto specifici e con
esigenze peculiari, quali il lavoro della gente di mare e il lavoro del personale
di volo nella aviazione civile.
Questa opzione si spiega con il
fatto che i tempi di recezione nel nostro ordinamento
della direttiva n. 93/104/CE sono da tempo scaduti. La direttiva andava infatti trasposta, al più tardi, entro il 23 novembre 1996
e l’Italia è oggi l’unico Paese della Unione Europea a non aver ancora
provveduto ad adempiere a tale obbligo comunitario. Per questa ragione l’Italia
è stata già oggetto di condanna da parte della Corte di Giustizia (sentenza del
marzo 2000) e, stante la situazione di perdurante inottemperanza degli obblighi
comunitari in materia di orario di lavoro, è stata
recentemente avviata una ulteriore procedura di infrazione contro il Governo
italiano che potrebbe concludersi in tempi rapidi con una condanna al pagamento
di una rilevante sanzione pecuniaria.
Per scongiurare
questa eventualità il Governo aveva da tempo avviato un dialogo tra le parti sociali
al fine di
pervenire in tempi rapidi ad una nuova disciplina della materia, coerente con
gli obblighi comunitari e sostanzialmente volta a tradurre in norme precettive le indicazioni contenute nell’accordo interconfederale
del 12 novembre 1997 tra Confindustria e Cgil, Cisl, Uil, che, per espressa
intenzione del legislatore delegato, costituivano uno dei principali criteri
direttivi del processo traspositivo naturalmente là
dove compatibili con la normativa comunitaria, così come nel frattempo integrata
e modificata dalla successiva direttiva n. 2000/34/CE. Il dialogo sociale
avrebbe peraltro anche dovuto contribuire ad adattare
alle specificità di settori quali il turismo, l’agricoltura e il commercio le
indicazioni di cui all’accordo interconfederale del 12 novembre 1997, soprattutto
con riferimento alle dinamiche del lavoro notturno e straordinario che in
questi settori risultano alquanto differenziate rispetto a quelle proprie del
settore industriale.
Il metodo del
dialogo sociale, pur tempestivamente avviato dal Governo sin dal novembre del
2001, a margine del processo di riforma del mercato del lavoro avviato con il
Libro Bianco sul mercato del lavoro e con la presentazione del disegno di legge
n. 848, e poi rilanciato nel settembre del 2002 con la richiesta a tutte le
parti sociali di un avviso comune per la trasposizione della direttiva n.
93/104/CE, non ha dato in questo caso esito positivo e
si è infruttuosamente concluso nel dicembre dello scorso anno. Questo anche a
dimostrazione del fatto che il processo traspositivo della
direttiva comunitaria non costituiva, semplicemente, una traduzione in
articolato normativo delle indicazioni contenute nell’accordo interconfederale
del 12 novembre 1997, ma imponeva la soluzione di delicati nodi di politica
legislativa non affrontati dalle parti sociali nel 1997; nodi, per certi versi,
resi ancora più problematici da un processo frammentario
e insoddisfacente di trasposizione della normativa comunitaria avviato già nel
corso della passata legislatura attraverso il decreto legislativo 26 novembre
1999, n. 532, in materia di lavoro notturno e il decreto-legge 29 settembre
1998, n. 335, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1998, n.
409, in materia di lavoro straordinario.
Per non subire una
nuova condanna da parte delle autorità comunitarie, e anche al fine di rispettare
i tempi ristretti della delega di cui alla legge comunitaria per il 2001, il
Governo ha dunque assunto la responsabilità di completare in forma organica, e
coerentemente con i precetti comunitari, il processo di trasposizione delle due
direttive in questione, avviato già nel 1997, con le previsioni di cui
all’articolo 13 del Pacchetto Treu in materia di
durata normale dell’orario di lavoro e con l’accordo interconfederale del 12
novembre 1997, ma sino a oggi non ancora giunto a
conclusione soprattutto con riferimento ai profili della durata massima
dell’orario di lavoro, del lavoro straordinario e del lavoro notturno.
Nell’adempiere a
questa responsabilità il Governo si è impegnato a rispettare le statuizioni della autonomia negoziali delle parti sociali, fermo
restando il vincolo di una piena e organica recezioni
dei precetti comunitari che, su taluni specifici punti, si sono rivelati non
pienamente corrispondenti all’accordo interconfederale del 1997. Ciò nonostante
lo schema di decreto qui allegato prevede ampi e significativi
rinvii alla autonomia collettiva che potrà adeguatamente disciplinare una
materia che, fermo restando il quadro di indirizzo tracciato a livello
comunitario, resta ancora oggi di piena e integrale competenza delle parti
sociali.
In merito ai
contenuti dell’articolato si fa presente quanto segue.
Va preliminarmente
evidenziato che il decreto legislativo, in coerenza con quanto disposto dalle
direttive comunitarie, prevede che la disciplina della materia sia sostanzialmente
demandata, nel rispetto di taluni principi minimi di tutela, alla contrattazione
collettiva.
Coerentemente alla
disciplina comunitaria, e anche ai fini di chiarezza e certezza del diritto,
l’articolo 1 del decreto legislativo contiene una precisa definizione della
nozione di «orario di lavoro», intendendosi per tale qualsiasi periodo in cui
il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e
nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, nonché
delle nozioni di «periodo di riposo», «lavoro straordinario», «periodo
notturno» e «lavoratore notturno», «lavoro a turni» e «lavoratore a turni», «lavoratore
mobile», «lavoro offshore», «riposo adeguato».
L’articolo 2
delimita il campo di applicazione. In attuazione della
disciplina comunitaria il decreto si applica le disposizioni contenute nel
decreto si applicano a tutti i settori di attività
pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare e del
personale di volo nella aviazione civile che saranno oggetto di apposito
decreto di attuazione delle direttive n. 1999/63/CE del Consiglio, del 21
giugno 1999, relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro
della gente di mare e n.
2000/79/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, relativa all'attuazione dell'accordo
sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo nell'aviazione
civile.
Nei riguardi delle
forze armate e di polizia, dei servizi di protezione civile, ivi compresi
quelli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché
nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate
per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di
ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree
archeologiche dello Stato – e parallelamente alla disciplina in materia di
salute e sicurezza sul lavoro di cui al D.Lgs.
626/1994 e successive modifiche e integrazioni, le disposizioni contenute nel
decreto non trovano applicazione in presenza di particolarità
inerenti alla attività lavorativa o di ragioni di ordine e sicurezza pubblica,
così come individuate con decreto del Ministro competente, di concerto con i
Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell’economia e
delle finanze e per la funzione pubblica e per il coordinamento dei servizi di
informazione e sicurezza, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto.
Con riferimento
invece alla tipologia dei rapporti di lavoro, la disciplina contenuta nel
decreto si applica anche agli apprendisti maggiorenni, mentre nei riguardi dei
lavoratori a domicilio e nelle ipotesi di tele-lavoro trovano applicazione solo
nei casi espressamente previsti.
Gli articoli
dal 3 al 6 contengono i principi fondamentali in materia di organizzazione
dell’orario di lavoro.
Si conferma la
disposizione di cui all’articolo 13 della Legge n.
196/1997, secondo cui l’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore
settimanali. I contratti collettivi di lavoro potranno comunque
stabilire una durata minore e riferire l'orario normale alla durata media delle
prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno. Coerentemente alle
indicazioni contenute nell’accordo interconfederale del novembre 1997 viene chiarito che l’unico limite di riferimento è quello
settimanale, mentre nessun riferimento viene fatto a limiti giornalieri, di
dubbia esistenza stante la disciplina di cui al Regio Decreto legge 15 marzo 1923, n. 692, ed invero già implicitamente abrogati dalla stessa Legge n.
196/1997. Il rispetto del principio costituzionale di cui all’articolo 36 Cost.
è garantito indirettamente dalla presenta di un
periodo giornaliero di riposo continuativo di undici ore consecutive.
Come imposto dalla
direttiva n. 93/104/CE la durata media dell’orario di lavoro non può in ogni
caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le
quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario. La durata
media dell’orario di lavoro deve comunque essere
calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi,
estensibili a seri e a dodici a fronte di ragioni obiettive di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo chiaramente specificate negli stessi contratti
collettivi.
Il ricorso a
prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto. Fermo restando il
limite, per ogni periodo di sette giorni, delle quarantotto
ore, comprese le ore di lavoro straordinario, i contratti collettivi di lavoro
regolamentano la durata e le modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro
straordinario. In difetto di contratti collettivi, prestazioni di lavoro
straordinario possono essere richieste solo previo accordo tra datore di lavoro
e lavoratore, per una durata che non può eccedere le duecentocinquanta ore
annuali.
Gli articoli dal 7
al 10 disciplinano le pause, i riposi e le ferie. Principio cardine è che il
lavoratore ha diritto a undici ore di riposo
consecutivo ogni ventiquattro ore, salve le deroghe di cui al successivo
articolo 17. Inoltre, qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite
di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un
intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai
contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie
psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare
il lavoro monotono e ripetitivo.
Fatte salve le
condizioni di miglior favore stabilite dai contratti collettivi di lavoro, il
lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo
di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con
la domenica, salve le eccezioni contemplate nel decreto stesso. Il riposo di
ventiquattro ore consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla
domenica e può essere attuato mediante turni per il personale interessato a modelli
tecnico-organizzativi di turnazione particolare ovvero addetto alle specifiche
attività indicate dal decreto.
Fermo restando
quanto previsto dall'articolo 2109 del Codice Civile, il prestatore di lavoro
ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite
non inferiore a quattro settimane. I contratti collettivi di lavoro possono
stabilire condizioni di miglior favore.
Gli articoli
dall’11 al 15 disciplinano il lavoro notturno I contratti collettivi
stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall’obbligo
di effettuare lavoro notturno. E’ in ogni caso vietato
adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello
stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età
del bambino.
L’introduzione del
lavoro notturno deve essere preceduta, secondo i criteri e con le modalità previsti dai contratti collettivi, dalla
consultazione delle rappresentanze sindacali in azienda, se costituite,
aderenti alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato dall’impresa.
In mancanza, tale consultazione va effettuata con le
organizzazioni territoriali dei lavoratori come sopra definite per il tramite
dell’Associazione cui l’azienda aderisca o conferisca mandato. La consultazione
va effettuata e conclusa entro un periodo di almeno
sette giorni. Il datore di lavoro è tenuto a informare
per iscritto i servizi ispettivi della Direzione provinciale del lavoro
competente per territorio, con periodicità annuale, della esecuzione di lavoro
notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici,
salvo che esso sia disposto dal contratto collettivo.
L'orario di lavoro
dei lavoratori notturni non può superare le otto ore nelle ventiquattro ore. E’
affidata alla contrattazione collettiva l’eventuale definizione delle riduzioni
dell’orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari nei confronti dei lavoratori notturni. Sono
fatte salve le disposizioni della contrattazione collettiva in materia di
trattamenti economici e riduzioni di orario per i lavoratori
notturni anche se non concesse a titolo specifico.
La valutazione
dello stato di salute dei lavoratori addetti al lavoro notturno deve avvenire
attraverso controlli preventivi e periodici adeguati al rischio cui il
lavoratore è esposto, secondo le disposizioni previste
dalla legge e dai contratti collettivi. Qualora sopraggiungano condizioni di
salute che comportino l'inidoneità alla prestazione di lavoro notturno,
accertata dal medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche, il
lavoratore verrà assegnato al lavoro diurno, in altre
mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili.
I contratti
collettivi di lavoro possono stabilire la riduzione dell’orario di lavoro
normale settimanale e mensile nei confronti dei lavoratori notturni e la relativa
maggiorazione retributiva.
Coerentemente alla disciplina comunitaria, gli articoli 16 e 17
contemplano alcune significative possibilità di
deroga, in via principale da parte della contrattazione collettiva, in materia
di riposo giornaliero, pause, risposo settimanale, durata del lavoro notturno e
periodi di riferimento.
A chiusura del decreto è
disposto che tutte le clausole dei contratti collettivi in materia di orario di lavoro vigenti alla data di entrata in vigore
del decreto mantengono, in via transitoria e salve diverse intese, la loro
efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi stessi, mentre
nelle ipotesi di contratti scaduti o di specifici accordi tra le parti è previsto
che le predette clausole dei contratti collettivi hanno efficacia sono al 31
dicembre 2004.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della
Costituzione;
Visti gli articoli 1, commi 1 e 3, e 22
della legge 1° marzo 2002, n. 39, recante disposizioni per l’adempimento degli
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (legge
comunitaria 2001);
Vista la direttiva n. 93/104/CE
in materia di orario di lavoro, come modificata dalla
direttiva n. 2000/34/CE;
Vista la preliminare deliberazione
del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del…….;
Acquisiti i pareri delle competenti
Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata
nella riunione del…….;
Sulla proposta del Ministro per le politiche
comunitarie, del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali e del Ministro per la funzione pubblica di concerto con
i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell’economia e delle finanze
e per le pari opportunità;
EMANA
il seguente decreto legislativo
Titolo I
Art. 1
1. Le disposizioni contenute nel
presente decreto, nel dare attuazione organica alla direttiva n. 93/104/CE del
Consiglio, del 23 novembre 1993, così come modificata dalla direttiva n.
2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 2000, sono
dirette a regolamentare in modo uniforme su tutto il
territorio nazionale, e nel pieno rispetto del ruolo della autonomia negoziale
collettiva, i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi alla organizzazione
dell’orario di lavoro.
2. Agli effetti delle
disposizioni di cui al presente decreto si intende
per:
a)
«orario
di lavoro»: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a
disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle
sue funzioni;
b)
«periodo di riposo»: qualsiasi
periodo che non rientra nell’orario di lavoro;
c)
«lavoro straordinario»: è il lavoro
prestato oltre l’orario normale di lavoro così come definito all’articolo
3 del presente decreto;
d)
«periodo notturno»: periodo di
almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le
cinque del mattino;
e)
«lavoratore notturno»:
-
qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno
tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
-
qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno
una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dal contratto
collettivo nazionale di lavoro. In difetto di disciplina collettiva è
considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga
lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno; il
suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di
lavoro a tempo parziale;
f)
«lavoro
a turni»: qualsiasi metodo di organizzazione del
lavoro a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati
negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo
rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la
necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo
determinato di giorni o di settimane;
g)
«lavoratore a turni»: qualsiasi
lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro
del lavoro a turni;
h)
«lavoratore mobile»: qualsiasi
lavoratore impiegato quale membro del personale viaggiante o di volo presso una impresa che effettua servizi di trasporto passeggeri o
merci su strada, per via aerea o per via navigabile;
i)
«lavoro offshore»: l’attività
svolta prevalentemente su una installazione offshore
(compresi gli impianti di perforazione) o a partire da essa, direttamente o
indirettamente legata alla esplorazione, alla estrazione o allo sfruttamento di
risorse minerali, compresi gli idrocarburi, nonché le attività di immersione
collegate a tali attività, effettuate sia a partire da una installazione offshore
che da una nave;
j)
«riposo adeguato»: il fatto che i
lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari,
la cui durata è espressa in unità di tempo, e sufficientemente lunghi e
continui per evitare che essi, a causa della stanchezza della fatica o di altri
fattori che perturbano la organizzazione del lavoro, causino lesioni a se
stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a
lungo termine;
k)
<<contratti collettivi di
lavoro»: contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali dei lavoratori
comparativamente più rappresentative.
Art. 2
Le disposizioni
contenute nel presente decreto si applicano a tutti i
settori di attività pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della
gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE, del personale di volo nella
aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili di
cui alla direttiva 2002/15/CE.
1. Nei riguardi delle forze
armate e di polizia, dei servizi di protezione civile, ivi compresi quelli del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché
nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate
per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di
ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree
archeologiche dello Stato le disposizioni contenute nel presente decreto non
trovano applicazione in presenza di particolarità inerenti alla attività
lavorativa o di ragioni di ordine e sicurezza pubblica, così come individuate
con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e
delle politiche sociali, della salute, dell’economia e delle finanze e per la
funzione pubblica e per il coordinamento dei servizi di informazione e
sicurezza, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore
del presente decreto.
2. La disciplina contenuta nel
presente decreto si applica anche agli apprendisti
maggiorenni.
3. Nei riguardi dei lavoratori a
domicilio e nelle ipotesi di tele-lavoro le norme del presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti.
Titolo II
Principi in materia
di organizzazione dell’orario di lavoro
Art. 3
L’orario normale
di lavoro è fissato in 40 ore settimanali.
1.
I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini
contrattuali, una durata minore e riferire l'orario normale alla durata media
delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno.
Art. 4
1. I contratti collettivi di
lavoro stabiliscono la durata massima settimanale dell’orario di lavoro.
2. La durata media dell’orario di
lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
3. Ai fini della disposizione di
cui al comma 2, la durata media dell’orario di lavoro deve essere calcolata con
riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.
4. I contratti collettivi
nazionali di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di
cui al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di
ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro,
specificate negli stessi contratti collettivi.
5. In caso di superamento delle
48 ore di lavoro settimanale, attraverso prestazioni di lavoro straordinario,
per le unità produttive che occupano più
di dieci dipendenti il datore di lavoro è tenuto ogni
quattro mesi a informare la Direzione provinciale del lavoro – Settore Ispezione
del lavoro competente per territorio. I contratti collettivi nazionali di
lavoro possono stabilire le modalità per adempiere al
predetto obbligo di comunicazione.
1. Il ricorso a prestazioni di
lavoro straordinario deve essere contenuto.
2. Fermi restando i limiti di cui
all’articolo 4, i contratti collettivi di lavoro regolamentano
le eventuali modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario.
3. In difetto di disciplina
collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto
previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi
le duecentocinquanta ore annuali.
4. Salvo diversa disposizione dei
contratti collettivi il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario è inoltre
ammesso in relazione a:
a) casi di eccezionali esigenze
tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione
di altri lavoratori;
b) casi di forza maggiore o casi in
cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare
luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla
produzione;
c) per eventi particolari, come
mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonché
allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente
comunicati agli uffici competenti ai sensi dell’articolo 19 della legge 7
agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’articolo 2, comma 10, della legge 24
dicembre 1993, n. 537, e in tempo utile alle rappresentanze sindacali in
aziendali.
5. Il lavoro straordinario deve
essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste
dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso
consentire che, in alternativa o in aggiunta alle
maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.
Art. 6
1.
I
periodi di ferie annue e i periodi di assenza per
malattia non sono presi in considerazione ai fini del computo della media di
cui all’articolo 4.
2. Nel caso di lavoro
straordinario, se il riposo compensativo di cui ha beneficiato il lavoratore è
previsto in alternativa o in aggiunta alla
maggiorazione retributiva di cui al comma 5 dell’articolo 5, le ore di lavoro
straordinario prestate non si computano ai fini della media di cui all’articolo
4.
Titolo III
Art. 7
1.
Ferma
restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore.
Art. 8
1. Qualora l’orario di lavoro
giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore
deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata
sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle
energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di
attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.
2. Nelle ipotesi di cui al comma
che precede, in difetto di disciplina collettiva che preveda un intervallo a
qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve essere concessa una pausa,
anche sul posto di lavoro, tra l’inizio e la fine di ogni
periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui
collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo.
3. Salvo diverse disposizioni dei
contratti collettivi, rimangono non retribuiti o computati come lavoro ai fini
del superamento dei limiti di durata i periodi di cui
all’articolo 5 R.D. 10.9.1923, n. 1955 e successivi atti applicativi e
dell’articolo 4 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1956 e successive integrazioni.
Art. 9
1.
Il
lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo
di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con
la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all’articolo
7.
2. Fanno eccezione alla
disposizione di cui al comma che precede:
a) le attività di lavoro a turni
ogni volta che il lavoratore cambi squadra e non possa usufruire, tra la fine
del servizio di una squadra e l'inizio di quello della squadra successiva, di
periodi di riposo giornaliero o settimanale;
b) le attività caratterizzate da
periodi di lavoro frazionati durante la giornata;
c) per il personale che lavora nel
settore dei trasporti ferroviari: le attività discontinue; il servizio prestato
a bordo dei treni; le attività connesse con gli orari del trasporto ferroviario
che assicurano la continuità e la regolarità del traffico ferroviario;
d) i contratti collettivi possono
stabilire previsioni diverse, nel rispetto delle condizioni previste
dall’articolo 17, comma 4.
3. Il riposo di ventiquattro ore
consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e può essere
attuato mediante turni per il personale interessato a modelli
tecnico-organizzativi di turnazione particolare ovvero addetto alle attività
aventi le seguenti caratteristiche:
a)
operazioni industriali per le quali si abbia l'uso di forni a
combustione o a energia elettrica per l'esercizio di processi caratterizzati
dalla continuità della combustione ed operazioni collegate, nonché attività
industriali ad alto assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate;
b)
attività industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte,
lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche;
c)
industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza
riguardo alla materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro
deterioramento e della loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano
materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge
in non più di 3 mesi all'anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo
stesso personale si compiano alcune delle suddette attività con un decorso
complessivo di lavorazione superiore a 3 mesi;
d)
i servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda
ed esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività
ovvero sia di pubblica utilità;
e)
attività che richiedano l'impiego di impianti e macchinari ad alta
intensità di capitali o ad alta tecnologia;
f)
attività di cui all’articolo 7 della legge 22 febbraio 1934, n.
370;
g)
attività indicate agli articoli 11, 12, 13 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 114.
4. Sono fatte salve le
disposizioni speciali che consentono la fruizione del
riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica nonché le deroghe previste
dalla legge 22 febbraio 1934, n. 370.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
adottato sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria
comparativamente più rappresentative nonché le organizzazioni
nazionali dei datori di lavoro, saranno individuate le attività aventi le
caratteristiche di cui al comma 3, che non siano già ricomprese
nel decreto ministeriale 22 giugno 1935, e successive modifiche e integrazioni,
pubblicato nella G.U. n. 161 del 12 luglio 1935, nonché
quelle di cui al comma 2, lett. d), salve le eccezioni di cui alle lettere a),
b) e c). Con le stesse modalità il Ministro del lavoro
e delle politiche sociali provvede all’aggiornamento e alla integrazione delle
predette attività. Nel caso di cui al comma 2, lett. d), e salve le eccezioni
di cui alle lettere a), b), e c) l’integrazione avrà senz’altro luogo decorsi
trenta giorni dal deposito dell'accordo presso il Ministero stesso.
Art. 10
1. Fermo restando quanto previsto
dall'articolo 2109 del Codice Civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a
quattro settimane. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire condizioni
di miglior favore.
2. Il predetto periodo minimo di
quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie
non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di
lavoro.
3. Nel caso di orario
espresso come media ai sensi dell’articolo 3, comma 2, i contratti collettivi
stabiliscono criteri e modalità di regolazione.
Titolo IV
Art. 11
1. L'inidoneità al lavoro
notturno può essere accertata attraverso le competenti strutture sanitarie
pubbliche.
2. I contratti collettivi
stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall’obbligo
di effettuare lavoro notturno. E’ in ogni caso vietato
adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello
stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età
del bambino. Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno:
a) la lavoratrice madre di un
figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre
convivente con la stessa;
b) la lavoratrice o il lavoratore
che sia l’unico genitore affidatario di un figlio
convivente di età inferiore a dodici anni
c) la lavoratrice o il lavoratore
che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio
1992, n. 104, e successive modificazioni.
Art. 12
Modalità di organizzazione
del lavoro notturno e obblighi di comunicazione
1.
L’introduzione
del lavoro notturno deve essere preceduta, secondo i criteri e con le modalità previsti dai contratti collettivi, dalla
consultazione delle rappresentanze sindacali in azienda, se costituite, aderenti
alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato dall’impresa.
In mancanza, tale consultazione va effettuata con le organizzazioni
territoriali dei lavoratori come sopra definite per il tramite
dell’Associazione cui l’azienda aderisca o conferisca mandato. La consultazione
va effettuata e conclusa entro un periodo di almeno
sette giorni.
2. Il datore di lavoro, anche per
il tramite dell’Associazione cui aderisca o conferisca
mandato, informa per iscritto i servizi ispettivi della Direzione provinciale
del lavoro competente per territorio, con periodicità annuale, della esecuzione
di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni
periodici, salvo che esso sia disposto dal contratto collettivo. Tale
informativa va estesa alle organizzazioni sindacali di cui al comma che precede
Art. 13
1.
L'orario
di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle
ventiquattro ore, salva l’individuazione da parte dei contratti collettivi,
anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare
come media il suddetto limite.
2.
E’ affidata alla contrattazione
collettiva l’eventuale definizione delle riduzioni dell’orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari
nei confronti dei lavoratori notturni. Sono fatte salve le disposizioni della
contrattazione collettiva in materia di trattamenti economici e riduzioni di orario per i lavoratori notturni anche se non concesse a
titolo specifico.
3.
Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, previa consultazione delle organizzazioni
sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative e delle
organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, viene stabilito un elenco delle
lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o
mentali, il cui limite è di otto ore nel caso di ogni periodo di ventiquattro
ore.
4.
Il periodo minimo di riposo settimanale
non viene preso in considerazione per il computo della
media quando coincida con il periodo di riferimento stabilito dai contratti
collettivi di cui al comma 1.
Art. 14
Tutela in caso di prestazioni
di lavoro notturno
1.
La
valutazione dello stato di salute dei lavoratori addetti al lavoro notturno
deve avvenire attraverso controlli preventivi e periodici adeguati al rischio
cui il lavoratore è esposto, secondo le disposizioni
previste dalla legge e dai contratti collettivi.
2. Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa
alle rappresentanze sindacali di cui all’articolo 12, un livello di servizi o
di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello previsto
per il turno diurno.
3. Il datore di lavoro, previa
consultazione con le rappresentanze sindacali di cui all'articolo 12, dispone,
ai sensi degli articoli 40 e seguenti del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, per i lavoratori notturni che effettuano
le lavorazioni che comportano rischi particolari di cui all’elenco definito
dall’articolo 13, comma 3, appropriate misure di protezione personale e collettiva.
4. I contratti collettivi di
lavoro possono prevedere modalità e specifiche misure
di prevenzione relativamente alle prestazioni di lavoro notturno di particolari
categorie di lavoratori, quali quelle individuate con riferimento alla legge 5
giugno 1990, n. 135, e alla legge 26 giugno 1990, n. 162.
Art. 15
1.
Qualora
sopraggiungano condizioni di salute che comportino l'inidoneità alla
prestazione di lavoro notturno, accertata dal medico competente o dalle
strutture sanitarie pubbliche, il lavoratore verrà
assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, se esistenti e
disponibili.
2. La contrattazione collettiva
definisce le modalità di applicazione delle
disposizioni di cui al comma precedente e individua le soluzioni nel caso in
cui l’assegnazione prevista dal comma citato non risulti applicabile.
Titolo V
Art. 16
1. Fatte salve le condizioni di
miglior favore stabilite dai contratti collettivi nazionali, sono escluse
dall’ambito di applicazione della disciplina della
durata settimanale dell’orario di cui all’art. 3
a)
le fattispecie previste dall’art. 4 del R.D. n. 692/1923 e
successive modifiche;
b)
le fattispecie di cui al R.D. n. 1957/1923 e
successive modifiche, alle condizioni ivi previste, e le fattispecie di cui
agli artt. 8 e 10 del R.D. n. 1955/1923;
c)
le prestazioni rese dal personale con funzioni direttive o da altre
persone aventi potere di decisione autonomo sul proprio tempo di lavoro,
tenendo comunque conto di eventuali limiti fissati dalla contrattazione
collettiva;
d)
le prestazioni rese nell’ambito di rapporti di lavoro a domicilio;
e)
le industrie di ricerca e coltivazione di idrocarburi, sia in mare
che in terra, di posa di condotte ed installazione in mare;
f)
le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice
attesa o custodia elencate nella tabella approvata con R.D. 6 dicembre 1923, n.
2657, e successive modificazioni ed integrazioni, alle condizioni ivi previste;
g)
i commessi viaggiatori o piazzisti;
h)
il personale navigante impiegato nella navigazione marittima, aerea
e interna, nonché il personale viaggiante dei servizi pubblici di trasporto;
i)
gli operai agricoli a tempo determinato;
j)
i giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti dipendenti
da aziende editrici di giornali, periodici e agenzie di stampa, nonché quelli
dipendenti da aziende pubbliche e private esercenti servizi radiotelevisivi;
k)
il personale poligrafico (operai ed impiegati) addetto alle attività
di composizione, stampa e spedizione di quotidiani e settimanali, di documenti
necessari al funzionamento degli organi legislativi e amministrativi nazionali
e locali, nonché alle attività produttive delle agenzie di stampa;
l)
il personale addetto ai servizi di informazione radiotelevisiva
gestiti da aziende pubbliche e private;
m)
i lavori di cui all'art. 1 della legge 20.4.1978, n. 154 e all'art.
2 della legge 13.7.1966, n. 559;
n)
le prestazioni rese da personale addetto alle aree operative, per
assicurare la continuità del servizio, nei settori appresso indicati:
-
personale dipendente da imprese concessionarie di servizi nei
settori delle telecomunicazioni, delle poste, delle autostrade, dei servizi
portuali ed aeroportuali, nonché personale dipendente da aziende che gestiscono
servizi pubblici di trasporto;
-
personale dipendente da aziende pubbliche e private di produzione,
trasformazione, distribuzione, trattamento ed erogazione di energia elettrica,
gas, calore ed acqua;
-
personale dipendente da quelle di raccolta, trattamento, smaltimento
e trasporto di rifiuti solidi urbani;
-
personale addetto ai servizi funebri e cimiteriali limitatamente ai
casi in cui il servizio stesso sia richiesto dall'autorità giudiziaria,
sanitaria o di pubblica sicurezza;
o)
personale dipendente da gestori di impianti di distribuzione di
carburante non autostradali;
p)
personale non impiegatizio dipendente da stabilimenti balneari,
marini, fluviali, lacuali e piscinali.
2. Le attività e le prestazioni
indicate alle lettere da a) a p) del comma precedente
verranno aggiornate mediante decreto del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali da adottarsi sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente
rappresentative nonché le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro.
Deroghe alla disciplina in
materia di riposo giornaliero,
pause, lavoro notturno, durata massima settimanale
1. Le disposizioni di cui agli articoli
7, 8, 11, 12, 13, 14, 15 possono essere derogate mediante contratti collettivi
o accordi conclusi a livello nazionale tra le organizzazioni sindacali
nazionali comparativamente più rappresentative e le associazioni nazionali dei
datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro o,
conformemente alle regole fissate nelle medesime intese, mediante contratti
collettivi o accordi conclusi al secondo livello di contrattazione.
2. In mancanza di disciplina collettiva, il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, su richiesta
delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più
rappresentative o delle associazioni nazionali di categoria dei datori di
lavoro firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro, adotta un
decreto, sentite le stesse parti, per stabilire deroghe agli articoli 7, 8, 11,
12, 13, 14 e 15 con riferimento:
a)
alle attività caratterizzate dalla distanza fra il luogo di lavoro e
il luogo di residenza del lavoratore, compreso il lavoro offshore, oppure dalla
distanza fra i suoi diversi luoghi di lavoro;
b)
alle attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate
dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in
particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di
sorveglianza;
c)
alle attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la
continuità del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:
1. di servizi relativi all’accettazione,
al trattamento o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi,
comprese le attività dei medici in formazione, da case di riposo e da carceri;
2. del
personale portuale o aeroportuale;
3. di servizi della stampa, radiofonici, televisivi, di produzione
cinematografica, postali o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, antincendio o di protezione civile;
4. di servizi di produzione, di conduzione e distribuzione del
gas, dell’acqua e dell’elettricità, di servizi di raccolta dei rifiuti
domestici o degli impianti di incenerimento;
5. di industrie in cui il lavoro
non può essere interrotto per ragioni tecniche;
6. di attività di ricerca e
sviluppo;
7. dell’agricoltura;
8. di lavoratori operanti nel
settore del trasporto di passeggeri nell’ambito di servizi regolari di trasporto
urbani.
d)
in caso di sovraccarico prevedibile di attività, e in particolare:
1. nell’agricoltura;
2. nel turismo;
3. nei servizi postali.
e)
per personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari:
1. per le attività discontinue;
2. per il servizio prestato a bordo dei treni;
3. per le attività connesse al trasporto ferroviario e che
assicurano la regolarità del traffico ferroviario.
f)
a fatti dovuti a circostanze estranee al datore di lavoro,
eccezionali e imprevedibili o eventi eccezionali, le conseguenze dei quali
sarebbero state comunque inevitabili malgrado la diligenza osservata;
g)
in caso di incidente o di rischio di incidente imminente.
3. Alle stesse condizioni di cui
al comma 2 si può derogare alla disciplina di cui
all’articolo 7:
a) per l’attività di lavoro a turni tutte le volte in cui il lavoratore cambia
squadra e non può usufruire tra la fine del servizio di una squadra e l’inizio
di quello della squadra successiva di periodi di riposo giornaliero;
b) per le attività caratterizzate da periodo di lavoro frazionati durante
la giornata, in particolare del personale addetto alle attività di pulizie.
4. Le deroghe previste nei commi
che precedono possono essere ammesse soltanto a condizione che ai prestatori di
lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo
compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi
equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a
condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione
appropriata.
5. Nel rispetto dei principi generali della
protezione della sicurezza e della salute dei
lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 11, 12, 13, 14,
15 del presente decreto legislativo non si applicano ai lavoratori la cui durata
dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata,
non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi
e, in particolare, quando si tratta:
a)
di
dirigenti , di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi
potere di decisione autonomo;
b)
di
manodopera familiare;
c)
di
lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose.
Art. 18
1. Le clausole dei contratti
collettivi in materia di orario di lavoro vigenti alla
data di entrata in vigore del presente decreto mantengono, in via transitoria e
salve diverse intese, la loro efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi stessi. Nelle ipotesi di
contratti scaduti o di specifici accordi tra le parti, le clausole dei contratti
collettivi in materia di orario
di lavoro hanno efficacia fino al 31 dicembre 2004.
2. Dalla data di entrata
in vigore del presente decreto legislativo sono abrogate tutte le disposizioni
legislative e regolamentari nella materia disciplinata dal presente medesimo
decreto, salve le disposizioni espressamente richiamate.
FINE TESTO