Confederazione Generale
Italiana dei Trasporti e della Logistica
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Roma, 16 maggio 2003
Circolare n. 57/2003
Oggetto: Attività
confederale – 1a Conferenza dei Valichi Alpini
– Bilancio della manifestazione.
Dopo i saluti delle autorità locali i
lavori sono stati aperti da Claudio Isolano dell’As.Tra.
di Cuneo, cui hanno fatto seguito, come testimonianza del mondo delle imprese,
gli interventi del Presidente Aldo Gatti, di Carlo Ubertalli
(Cartiere Burgo SpA), di Ferdinand Willeit (Autobrennero SpA) e di Franco Fenoglio (Iveco). Successivamente sono seguiti, in rappresentanza delle
istituzioni, gli interventi del Presidente della Regione Piemonte Enzo Ghigo, del
Presidente della Commissione Trasporti UE Luciano Caveri,
del Ministro per le Politiche Comunitarie Rocco Buttiglione, del Ministro
Svizzero dell’Ambiente e dei Trasporti Moritz Leunberger
e le conclusioni del Ministro dei Trasporti Pietro Lunardi.
Tra il primo e il secondo gruppo di interventi è stata
proiettata un’intervista al Vice Presidente UE Loyola
de Palacio realizzata dal Presidente Gatti.
I testi completi delle relazioni sono consultabili sul
sito della confederazione (www.confetra.com).
f.to dr. Piero M. Luzzati |
Per
riferimenti confronta circ.re conf.le
n.46/2003 |
|
Allegati tre |
|
M/n |
© CONFETRA – La riproduzione totale o parziale è
consentita esclusivamente alle organizzazioni aderenti alla Confetra. |
“IL SOLE 24 ORE” del 13
maggio 2003
INFRASTRUTTURE -
L'autotrasporto denuncia: l'Alta velocità ferroviaria non basta, servono nuovi
valichi stradali per garantire gli scambi
IL TRAFFICO MERCI SI ARENA SULLE ALPI
I volumi cresceranno del 40%
nei prossimi 10 anni - Berna studia prenotazioni per i transiti
Potenziare i valichi stradali
attraverso le Alpi, perché l'Alta velocità ferroviaria da sola non è
sufficiente a fronteggiare la crescita boom (+40%) che il traffico merci
registrerà, in Europa, nei prossimi dieci anni. Un incremento che - occorre
prenderne atto - dovrà essere ancora una volta assorbito,
in larga parte dalla strada. Per l'Italia, cinta dalle Alpi, la questione dei
valichi stradali riveste un'importanza cruciale: il 60% del commercio
internazionale del nostro Paese transita attraverso le montagne e, più
precisamente, dai quattro valichi del Monte Bianco, Fréjus,
Gottardo e Brennero. Senza nuovi trafori, la barriera delle Alpi si
trasformerebbe, per le imprese italiane, in un handicap insormontabile. Questo il grido d'allarme che il settore dell'autotrasporto ha
lanciato ieri a Cuneo nel corso della prima Conferenza nazionale dei valichi
alpini. Al Convegno, organizzato da Confetra e Astra (Associazione
trasportatori) sono intervenuti anche due
rappresentanti del Governo: il ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, e il ministro delle Politiche comunitarie, Rocco
Buttiglione.
Aldo Gatti, presidente
Confetra, riassume il punto di vista degli autotrasportatori:
<Il futuro dell'economia italiana - dice - sta nella nostra capacità di
potenziare fortemente i valichi alpini, abbiamo un bisogno disperato di
ferrovia, ma anche e soprattutto di valichi stradali. Bisogna creare
collegamenti stradali dignitosi con il resto d'Europa, facendo il secondo
tunnel del Fréjus, il secondo tunnel del bianco, il
traforo del Mercantour (collegamento Cuneo-Nizza), la terza corsia dell'autostrada del Brennero e il raddoppio del Tenda nel cunese. Mentre per la ferrovia, bisogna completare il
raddoppio a Ventimiglia, sbloccare la Torino-Lione, lavorare sugli innesti delle linee svizzere
del Lotschberg e del Gottardo sulle
direttrici Torino e Milano e realizzare il nuovo traforo del Brennero
(da Innsbruck a Fortezza). Queste opere non sono
alternative l'una all'altra perché servono tutte>.
Poi Gatti attacca
<l'utilizzo delle Alpi come strumento di protezione economica da parte dei
nostri vicini, una strategia che rischia di spingere l'Italia verso
l'isolamento>. Sotto accusa la politica dei pedaggi, le restrizioni alla
circolazione, gli ecopunti, le chiusure notturne.
<Già la nostra industria e anche l'agricoltura - osserva Gatti - sono
penalizzate da una distanza media di 300/500 Km in più dei nostri concorrenti,
che andrebbe compensata come minimo rendendo gratuiti
i transiti alpini. Invece le nostre merci subiscono maggiori costi di trasporto
pari al 3% del loro valore>.
Più volte nel corso del
convegno, e lo ha fatto anche il ministro Lunardi, è
stato richiamato il principio della libera circolazione di merci e persone
quale caposaldo dell'Unione europea sin dal Trattato di Roma e il nostro
Governo, assicura Lunardi, in vista del semestre
italiano di presidenza dell'Unione europea si appresta a difendere con forza
l'applicazione di questo principio e l'attuazione dei progetti infrastrutturali che riguardano il
nostro Paese. Primo su tutti l'alta velocità ferroviaria
Torino-Lione e, più in generale, il Corridoio 5 che
dovrà passare a Sud dell'arco alpino (ossia attraverso la pianura padana,
anziché a Nord).
<Bisogna accelerare le procedure di un'opera importantissima che diventerà realtà nel 2012 o, al più tardi, nel 2015> ha
insistito. <I francesi si mettano il cuore in pace e rispettino gli impegni
di loro competenza per finanziare i lavori> ha tagliato
corto il ministro, con un chiaro riferimento alle titubanze del governo
transalpino (si veda il servizio qui accanto). Lunardi
si quindi dichiarato assolutamente d'accordo con la
richiesta della Confetra circa il potenziamento dei valichi stradali:
<Sosteniamo la proposta> dice il ministro.
Infine si apre una curiosa
polemica con la Svizzera. Nel corso dei lavori, il ministro dei Trasporti
elvetico, Moritz Leuenberger, annuncia il progetto di
Berna di introdurre, nell'arco di due-tre anni, un
sistema di prenotazione per regolare i transiti dei Tir attraverso i tunnel del
Gottardo e San Bernardino. Secca la replica di Lunardi: <Siamo contrari: la liberalizzazione, a nostro
avviso, è un'altra cosa>.
f.to MARCO MORINO
LE MERCI SATURANO I VALICHI ALPINI |
|||||||||
L'evoluzione dei transiti (in milioni di tonnellate) |
|||||||||
|
1992 |
2000 |
2010 (*) |
||||||
Ferro |
Strada |
Totale |
Ferro |
Strada |
Totale |
Ferro |
Strada |
Totale |
|
Ventimiglia |
1,1 |
8,6 |
9,7 |
0,8 |
13,6 |
14,4 |
1,8 |
17,0 |
18,8 |
Monginevro |
- |
- |
- |
- |
1,4 |
1,4 |
- |
- |
- |
Modane |
7,7 |
- |
7,7 |
9,4 |
- |
9,4 |
11,0 |
- |
11,0 |
Frejus |
- |
10,5 |
10,5 |
- |
25,8 |
25,8 |
- |
19,0 |
19,0 |
Monte Bianco |
- |
13,4 |
13,4 |
- |
- |
- |
- |
16,5 |
16,5 |
TOTALE FRANCIA |
8,8 |
32,5 |
41,3 |
10,2 |
40,8 |
51,0 |
12,8 |
52,5 |
65,3 |
Sempione |
4,3 |
0,1 |
4,4 |
3,8 |
0,1 |
3,9 |
26,5 |
0,1 |
26,6 |
San Bernardo |
- |
0,3 |
0,3 |
- |
0,4 |
0,4 |
- |
0,2 |
0,2 |
San Bernardino |
- |
0,8 |
0,8 |
- |
0,8 |
0,8 |
- |
1,5 |
1,5 |
San Gottardo |
13,5 |
4,3 |
17,8 |
16,8 |
7,6 |
24,4 |
12,0 |
4,5 |
16,5 |
TOTALE SVIZZERA |
17,8 |
5,5 |
23,3 |
20,6 |
8,9 |
29,5 |
38,5 |
6,3 |
44,8 |
Resia |
- |
- |
- |
- |
1,2 |
1,2 |
- |
- |
- |
Brennero |
7,7 |
16,7 |
24,4 |
8,7 |
25,4 |
34,1 |
13,0 |
34,0 |
47,0 |
TOTALE AUSTRIA |
7,7 |
16,7 |
24,4 |
8,7 |
26,6 |
35,3 |
13,0 |
34,0 |
47,0 |
TOTALE GENERALE |
34,3 |
54,7 |
89,0 |
39,5 |
76,3 |
115,8 |
64,3 |
92,8 |
157,1 |
Rispetto
1992 |
- |
- |
- |
+15,2% |
+39,5% |
+30,1% |
+87,5% |
+69,3% |
+76,3% |
(*) previsioni Fonte: Prognos, Regional Consulting, Isis per Ue |
FINE TESTO ARTICOLO
LE CRITICITA’ DEL
SISTEMA LOGISTICO
Relazione del
Presidente Confetra Aldo Gatti
A differenza di tutte le unioni di stati del passato, la UE è nata prima come comunità economica che come entità
politica. Si sta costruendo, o perlomeno lo speriamo – senza conquiste e senza
imposizioni - un futuro diverso per molti popoli, basato sulla
uguaglianza dei diritti per i cittadini e per le imprese.
Il diritto di accesso al libero
mercato è sicuramente uno dei punti fondamentali. Per l’Italia questo diritto
diventa sempre più teorico, dal momento che chiunque si senta
“proprietario” di una zona alpina si arroga il diritto di violare questo
principio base dell’Unione. Sto parlando non solo della Svizzera ma di tutti
gli Stati, Regioni, Land e persino Comuni, Comunità ed Associazioni che si
attribuiscono poteri regolatori sul traffico di transito da e per l’Italia.
All’inizio degli anni ’90 fu decisa l’abolizione delle
barriere doganali interne sulla base di due principi:
1) la libera circolazione delle merci avrebbe portato ad
una riduzione di prezzo al consumatore del 4% circa, dovuto per un 1% al costo
delle dogane e per il 3% allo allargamento del
mercato;
2) grazie al mercato più ampio, le aziende sarebbero diventato più competitive verso il resto del mondo.
Il nostro settore ha pagato duramente questo cambiamento,
dal momento che ha dovuto mantenere il servizio fino al 31.12.1992 e dal giorno
successivo si è trovato alcune migliaia di persone senza lavoro. Ci siamo
faticosamente riconvertiti - pur coi limiti imposti
dai ritardi della legislazione italiana - puntando anche noi al mercato più
ampio, alla libera circolazione delle merci in tutta la comunità.
La UE invoca una maggior “coesione economica e sociale”, che passa anche
– lo dice la stessa UE – attraverso una maggior mobilità delle merci e delle
persone. Tanto è vero che gran parte dei fondi relativi è stata spesa per
finanziare infrastrutture, soprattutto nelle zone più periferiche, ma non
quelle italiane. Ignorando che Palermo è più lontano da
Amsterdam di Lisbona e che Madrid è molto più vicina a Parigi di quanto lo sia
Roma.
Come si fa a realizzare la coesione, se siamo
“imbottigliati” dalle Alpi, sempre meno transitabili, e – soprattutto – sempre
più imprevedibili? Siamo al paradosso che, invece di incentivare
i transiti notturni per aumentare la produttività delle strade, questi vengono
bloccati per la quiete dei cittadini, come se nessuno avesse ancora inventato
le barriere anti-rumore.
Si fa presto a parlare di “coesione” e di “internalizzazione dei costi” sulle spalle degli altri.
L’Italia è già molto parca nei consumi energetici: per
ogni miliardo di Euro di PIL consuma 100 ton equivalenti di olio combustibile
rispetto ad una media europea di 112. Non solo perché siamo amici
dell’ambiente, ma perché sia i privati che l’industria pagano
l’energia elettrica ed i carburanti molto più della media europea e sono quindi
costretti ad economizzare al massimo possibile i consumi.
Altro che carbon tax! Ad esempio, noi paghiamo il gasolio dal 5 al 40% in
più degli altri paesi europei. Oltre a minare la nostra competitività (non solo
del trasporto, ma della intera industria ed
agricoltura) questo divario causa distorsione della concorrenza e disottimizzazione dei percorsi. Se
fare un pieno in Lussemburgo mi fa risparmiare 160 Euro, mi posso permettere
una deviazione di 100 km!
Ma il fatto che le Alpi siano sempre meno permeabili a
fronte di una domanda crescente di integrazione
economica con gli altri paesi UE non è un problema del solo trasporto: è – lo
ripeto - un problema di competitività di tutta l’economia italiana, soprattutto
industria e agricoltura. Tutti sanno che il trasporto è un servizio di base per
l’industria. Ma se dico che un trasporto merci veloce ed affidabile è diventato una primaria fonte di finanziamento per
l’industria, non siate perplessi. Ve lo dimostro.
Il trasporto generico, senza urgenze particolari,
attraversa le Alpi per ferrovia. Da ormai 7 anni la quota della strada oscilla
attorno al 70% e quella della ferrovia attorno al 30%. Mantenere questa ripartizione
a fronte dei cambiamenti della domanda sarà già un grande
successo. La strada risponde ad una domanda diversa dalla ferrovia, tanto è
vero che trasporta merce che vale mediamente 1.870 Euro/ton, il doppio del
valore trasportato per ferrovia per tonn.
Se il trasporto non è capace di
questi tempi di transito e di una puntualità assoluta, non serve perché si
cancella il fornitore. E non viene
emarginato il nostro trasporto, ma tutta la nostra industria e l’agricoltura
più pregiata.
Oggi credo basti dire che sui 26 maggiori flussi di interscambio fra paesi nell’Europa allargata censiti da Eurostat, nessuno include l’Italia. E questo, ripeto, si
riferisce alle origini/destinazioni, escludendo il traffico di
attraversamento.
L’Italia non può e non vuole essere un paese di solo
turismo; non è né Cuba né Santo Domingo. La sua industria e la sua agricoltura
hanno bisogno di poter raggiungere i mercati principali in tempi brevi e certi,
senza la roulette delle chiusure. Sono già penalizzate da una distanza media di
300-500 km in più, che andrebbe compensata come minimo rendendo gratuiti i
transiti alpini. La nostra merce paga già almeno il 3% in più di quella dei partners per raggiungere i maggiori mercati; non è proprio
il caso che loro usino le Alpi come “barriera non tariffaria”, a dispetto della
Convenzione di Vienna, dell’art. 5 del GATT, del Trattato di Roma, dell’accordo
bilaterale Italia-Svizzera, del trattato di Amsterdam e così via.
Sarebbe questa la legalità dell’Europa? Sarebbe questa la
politica di “coesione economica e sociale” per la quale sono state investite
ingenti risorse? Vi leggo un passo dell’ultimo
rapporto della UE su questo argomento, che è del dicembre
2002:
La Politica comune dei
trasporti ha contribuito positivamente al successo dell’Unione nel passato
decennio. La disponibilità di servizi e infrastrutture di trasporto di alta qualità è un requisito preliminare fondamentale per
assicurare a tutte le regioni la condivisione della prosperità che il Mercato
unico sta creando. L’apertura dei mercati ha ridotto i prezzi e accorciato le
distanze a vantaggio delle aree periferiche...
Per noi questo è rimasto teoria. Per rendere operativi
questi principi base bisogna creare collegamenti stradali dignitosi col nord
facendo la seconda canna del Frejus, la seconda canna
del Bianco e la terza corsia del Brennero. Mentre per
la ferrovia bisogna completare il raddoppio a Ventimiglia,
avviare con urgenza la Lione-Torino, trovare una
soluzione solida per l’innesto delle linee del Lötschberg
e Gottardo sulle direttrici Torino, Milano e Genova e
metter mano al Brennero. Queste opere non sono alternative una all’altra perché
servono tutte; al massimo si può discutere come vanno sequenziate.
Questo è il minimo che serve perché l’Italia faccia
davvero parte dell’Europa. Che cosa abbiamo invece
oggi? Abbiamo la roulette degli ecopunti, con bonus
speciale per il trasporto accompagnato, ecologicamente peggiore di un autotreno
Euro 3. Abbiamo un Tirolo che si arroga il diritto di
chiudere di notte il Brennero riducendone di 1/3 la
capacità e addirittura vorrebbe decidere quali merci sono trasportabili.
Abbiamo una Svizzera che continua la chiusura notturna causando lunghe code,
con maggiori costi e maggior inquinamento.
Lo slogan dello “sviluppo compatibile” non può valere solo
per l’Italia, che consuma meno energia per unità di PIL di paesi “virtuosi”
come Svezia, Finlandia, Danimarca e Olanda. Né la protezione dell’ambiente deve
riguardare solo il trasporto strada, che negli ultimi 10 anni – secondo i dati
UE – ha ridotto gli inquinanti più di ogni altro mezzo
di trasporto e del totale generale. Fra due anni avremo i mezzi Euro 4, con
inquinamento ridotto del 90-95% rispetto a 20 anni fa e persino più “puliti”
della ferrovia.
Lo sfortunato incidente del Bianco ha permesso di
accertare una cosa basilare: la quantità di inquinanti
a Chamonix non è diminuita che in misura minima durante il periodo del mancato
traffico attraverso il tunnel! Peraltro, una circolazione più fluida – con
eventuali incentivi al traffico notturno – ridurrebbe ancora l’inquinamento e
gli incidenti dovuti a stress degli autisti, costretti a valicare il Moncenisio
o il Monginevro!
E’ compatibile qualche milione di disoccupati in più con i
privilegi di alcune centinaia di migliaia di abitanti
delle valli, ai quali ha fatto comodo avere l’autostrada per favorire il
turismo e adesso non la vogliono più percorribile ai camion? E’ possibile che
lo “sviluppo compatibile” sia solo uno slogan per difendere i privilegi di
pochi contro le difficoltà di tanti?
L’ultima difesa degli ambientalisti di comodo è “usate la
ferrovia”. A queste obiezioni rispondo semplicemente dicendo che “sì dobbiamo
usare più ferrovia, molto di più, tutta quella che c’è e che ci sarà con la
nuova Torino-Lione, coi
nuovi Lötschberg e Gottardo, col miglioramento del
Brennero e della Ventimiglia”. Abbiamo un bisogno
disperato di ferrovia, come di valichi stradali.
Ma abbiamo anche bisogno di una rifondazione della
ferrovia, che dia un servizio coerente con la domanda
del mercato. Non possiamo andare dai clienti che chiedono un servizio del
99,5-99,9% a dire che la colpa è delle FS, che su 100 treni programmati ne eseguono solo 80 e di questi 80 solo 50 arrivano con meno
di un’ora di ritardo. Non basta liberalizzare o fare nuove infrastrutture.
Abbiamo bisogno di ferrovieri che accettino
le regole dell’economia, che capiscano che esiste sempre meno mercato per un
trasporto che non abbia tempi di transito ragionevoli e – soprattutto –
affidabili. Ferrovieri che non facciano
più di pochi giorni di sciopero per anno, che accettino di stracciare il loro
contratto e la giungla di accordi di lavoro che minano
la capacità di dare un servizio. Che accettino di riscrivere
il tutto da zero, dentro l’economia e non contro l’economia. Altrimenti l’Europa avrà
buttato enormi risorse in un buco nero.
Abbiamo bisogno di strada e di ferrovia per valicare più e
meglio i valichi alpini. Lo stesso libro bianco della Commissaria De Palacio ci dice che, anche raddoppiando i volumi della
ferrovia, il transito alpino ha bisogno di potenziare fortemente i valichi
stradali. Il futuro dell’economia italiana sta nella nostra capacità di
potenziare fortemente i valichi alpini.
Al Ministro Lunardi ed a tutti i
nostri politici, anche in vista del semestre italiano di presidenza dell’Unione
Europea, vorrei solo ricordare che “nessun generale ha
mai vinto una guerra perché aveva una logistica molto efficiente, ma moltissimi
l’hanno persa perché avevano una logistica troppo inferiore alle loro
ambizioni”. E che questo vale anche per i singoli
Paesi.
Non solo Confetra ma anche l’industria e l’agricoltura
italiana Vi chiedono di creare le condizioni perché l’Italia abbia una
logistica che le permetta di essere e restare in
Europa.
FINE TESTO RELAZIONE
L’OCCASIONE DEL SEMESTRE ITALIANO
Relazione del Ministro delle
Infrastrutture e dei Trasporti Pietro Lunardi
La libera circolazione delle persone e delle merci costituisce da sempre uno dei capisaldi della Unione Europea,
sin dal Trattato di Roma e nelle sue variegate forme strutturali (CECA,
EURATOM, CEE, UE) e nelle sue articolate rappresentatività (dalla Europa dei 5
a quella dei 15), la Comunità ha sempre avuto l’obiettivo della fluidità dei
traffici e, soprattutto, quello della non penalizzazione di alcuni partner in
tale processo.
Ebbene l’arco alpino
costituisce un vincolo sostanziale a tale indiscutibile principio di
liberalizzazione dei processi di scambio.
Tale vincolo ha due
distinti risvolti:
·
uno di tipo orografico e naturale costituito dall’arco alpino e quindi
dalla necessità di valichi ferroviari e stradali che rappresentano gli unici
corridoi di transito;
·
l’altro di tipo ambientale costituito da vincoli di natura
amministrativa e burocratica, imposti in nome dell’abbattimento del tasso di
inquinamento, vincoli che rendono praticamente inoperante la “logica
comunitaria della libera circolazione delle merci”.
Ebbene l’Italia, in questi ultimi
venti mesi, ha posto all’Unione Europea il tema dei valichi in un’ottica globale, denunciando chiaramente, in più occasioni, che è
inaccettabile una politica che riporti in un approccio bilaterale una tematica
che è talmente interdipendente da coinvolgere necessariamente tutti i Paesi
della Unione Europea.
A tale proposito va ricordato che per quanto concerne il
vincolo fisico, quello cioè legato alla costruzione di
nuovi valichi, l’Italia ha, proprio in questo ultimo anno, definito un quadro
di risorse per realizzare nuovi valichi ferroviari. In particolare per tale
ragione siamo impegnati finanziariamente ed operativamente in modo globale alla soluzione del problema: solo per la
soluzione dell’attraversamento ferroviario delle Alpi è previsto un costo di
11,9 Miliardi di € E nel I° Programma delle Infrastrutture strategiche sono previsti
impegni per il traforo del Brennero, del Sempione e del Frejus
per un valore di 6,2 miliardi €.
E tale ammontare trova già risorse definite in atti programmatici e in
precisi strumenti legislativi.
Ma oltre a questa chiara e misurabile volontà programmatica
l’Italia ha portato a compimento le opere ferroviarie di accesso
ai valichi soprattutto lungo il corridoio Nord Sud (Verona - Monaco) e Est –
Ovest lungo l’asse Milano – Torino – Modane.
In tal modo non solo si è venuto incontro a quanto previsto
dal Libro Bianco della UE, incentivando in modo
concreto il trasferimento della domanda di trasporto dalla strada alla
ferrovia, ma, con una Legge approvata nel mese di agosto dello scorso anno, il
nostro Paese finalmente incentiva in modo concreto il trasporto combinato ed
accompagnato; questo provvedimento, infatti, prevede un impegno finanziario di
oltre 350 milioni di EURO per quelle imprese di trasporto che trasferiscono su
ferrovia quantità di merci oggi trasportate su strada.
Ma non abbiamo, in questo primo biennio, sottovalutato la importanza determinante sia dei transiti alpini su
strada, sia del sistema viario di afflusso e di deflusso dai valichi stessi.
Sul piano politico stiamo lottando per
evitare che lungo gli attuali valichi stradali si compia un
vera penalizzazione burocratica che è ancora più dannosa di quella
fisica in quanto penalizza non solo la competitività dei prodotti ma, rischia
di distruggere le nostre filiere logistiche, rischia di incrinare i sistemi
gestionali del mondo del trasporto su gomma.
Ma proprio perché sono in un consesso che ha posto sempre in ogni prospettazione programmatica la soluzione organica del
transito attraverso l’arco alpino, ritengo opportuno soffermarmi su quattro
punti chiave che, oltre ad essere la strategia dell’attuale Governo, potrebbero
diventare, a mio avviso, la base di un Documento Quadro che questa Prima
Conferenza dovrebbe produrre come atto formale nei confronti della Commissione
Europea.
I quattro punti a mio
avviso sono:
1. la singolarità geografica;
2. la crescita inarrestabile della domanda di
trasporto;
3. l’azzeramento della competitività di ampi
bacini geoeconomici generata dalla incidenza del
costo del trasporto lungo determinati itinerari;
4. il passaggio dalla politica degli accordi
bilaterali alla politica organica della Unione Europea.
1.
La
singolarità geografica
Dobbiamo
innanzitutto analizzare attentamente le singolarità del contesto
territoriale in cui l’intero arco alpino produce sistematicamente danni
irreversibili, come avrò modo di precisare dopo, all’intero sistema economico
comunitario.
Ebbene pochi economisti si soffermano su
alcuni dati che, a mio avviso, descrivono da soli lo stato di reale emergenza
che il nostro Paese vive direttamente da molti anni:
2.
La
crescita inarrestabile della domanda di trasporto
In merito alla inarrestabile crescita del trasporto delle merci è
opportuno ricordare che lo sviluppo dell’intera Unione Europea è legato a tale
crescita; infatti alla crescita del trasporto delle merci è collegato biunivocamente la crescita del PIL.
In quarant’anni in Europa il PIL è cresciuto del 52%, il
trasporto delle merci del 61%. Ciò che è davvero grave è che nei punti
obbligati, nei cosiddetti “colli di bottiglia” tale crescita raggiunge livelli
patologici. Anche qui sono sufficienti pochi dati
relativi proprio al transito lungo l’intero arco alpino:
·
nel 1967
lungo l’arco alpino sono transitati 19 milioni di tonnellate di merci
·
nel 2002 lungo
l’arco alpino sono transitati 135 milioni di tonnellate di merci
·
nel 2010,
con una previsione pessimistica del PIL, è previsto un volume di circa 150
milioni di tonnellate di merci
·
dal 1967 ad
oggi la crescita è stata del 700%
3.
L’azzeramento
della competitività di ampi bacini geoeconomici
generata dalla incidenza del costo del trasporto lungo determinati itinerari.
Anche in questo caso
penso sia utile effettuare un approccio analitico su
dati oggettivi, su dati misurabili; in particolare il valore delle merci
transitate lungo l’arco alpino nel 2000 è stato superiore a 108 miliardi di
Euro; ebbene l’incidenza del costo del trasporto sugli attuali itinerari è
stata pari a 6,2 miliardi di Euro. Abbiamo purtroppo potuto verificare ed il
vostro mondo ha vissuto direttamente tale grave emergenza che in presenza di blocco o di saturazione di uno degli attuali valichi il costo del
trasporto raggiunge valori pari a18 miliardi di Euro.
Ma il vero
indicatore che incide direttamente sulla competitività del Sistema
Paese sta nel fatto che il volume di circa 135 milioni di tonnellate di merci,
transitato lungo l’arco alpino proprio
nell’anno 2002, rappresenta il 35% del volume globale di import – export
dell’Italia in termini di tonnellate e, addirittura, oltre il 50% in termini di
valore. Quindi un blocco nei transiti sui valichi non
mette in crisi ma distrugge in modo irreversibile la competitività e la
crescita economica del Paese e dell’Europa.
4.
Il
passaggio dalla politica degli accordi bilaterali alla politica organica della Unione Europea.
Per misurare
concretamente i rischi che il mancato intervento congiunto dei singoli Paesi e
della Unione Europea produce sulla crescita e sullo sviluppo, è utile ricordare
che i valichi non sono più un segmento
frontaliero, ma sono diventati ormai un segmento di un itinerario lunghissimo
su cui vive e si sviluppa l’economia non di una Regione, ma di più Stati. Infatti
non ha più senso parlare del valico del Frejus, del Bianco, del Sempione, del
Brennero, del valico di Pontebba, ma:
·
del Corridoio 5 che nella sua
estenzione di oltre 3000 Km incontra un vincolo nel transito attraverso il
Frejus;
·
del Corridoio Tirrenico – Genova –
Rotterdam che incontra nel transito attrraverso il Sempione un punto critico
che azzera le potezialità di interscambio tra i due bacini marittimi del Mare
del Nord e del Mediterraneo;
·
del Corridoio Nord Sud che da
Berlino fino a Palermo trova nel valico del Brennero una soluzione di
continuità che rischia di compromettere, tra l’altro, le enormi potenzialità di
due teatri geoeconomici quali quelli dell’area centro meridionale della
Germania e della Padania.
Prende corpo così,
alla luce di tale nuovo approccio alla politica dei valichi, anche un nuovo
rapporto sia con i Paesi frontalieri come la Francia, la Svizzera e l’Austria,
sia con l’Unione Europea.
Ed è quindi utile
chiarire, in modo sintetico quali sono le problematiche con i singoli Stati,
cioè con la Francia, con la Svizzera, con l’Austria.
Il rapporto con la Francia, oltre al lungo “confronto”
vissuto a valle dell’apertura del Bianco, è caratterizzato dalla altalena
decisionale seguita da tale Paese nella realizzazione del nuovo valico
ferroviario del Frejus. Continuare ancora a cercare
nella validità dei dati, relativi alla domanda di trasporto futura, una
motivazione della urgenza e della validità dell’opera,
oppure ritenere che la saturazione lungo l’arco alpino nei transiti ferroviari
si raggiunga nel 2020 e non, come ampiamente dimostrato da una serie di ricerche
effettuate da vari organismi e confermate dalle ferrovie francesi ed italiane,
nel 2012-2015, significa in realtà attivare due distinte negatività:
·
una di tipo ambientale, in quanto la saturazione degli assi ferroviari
trasferirà in modo obbligato la domanda di trasporto delle merci su strada;
·
una di tipo prettamente economico, in quanto imporrà la scelta di altri
itinerari che oltre ad essere più lunghi attraversano il territorio svizzero e
quindi sono soggetti a forme di pedaggio aggiuntivo.
Stiamo quindi, in modo
esplicito, affrontando questo confronto cercando di non ritardare sia la serie
di lavori di una prima galleria di prospezione geologica e di sicurezza del
valico del Frejus, sia l’approfondimento tecnico economico mirato alla identificazione delle soluzioni più congeniali per garantire
la copertura finanziaria della iniziativa, sia infine il mantenimento e, ove
possibile, anche il potenziamento dei valichi cosiddetti minori come La
Maddalena che nei momenti di emergenza riescono ad assorbire nel complesso una
quantità di traffico paragonabile ai transiti principali.
Il rapporto con la Svizzera non può essere circoscritto
essenzialmente sulle problematiche legate al tunnel del San Gottardo, a
tale riguardo infatti sono ancora in corso di
valutazione gli effetti e l’impatto del nuovo regime di circolazione,
soprattutto per verificarne la compatibilità con gli impegni sottoscritti dalla
Svizzera nel protocollo Trasporti dell’Accordo UE – Svizzera; occorre
invece un fortissimo confronto, un dialogo sistematico, in termini programmatici
ed attuativi, tra i due Paesi per evitare che ad infrastrutture compiute da un versante non corrispondano nei tempi
dovuti adeguate infrastrutture, adeguate forme di continuità modale.
Il rapporto con l’Austria, contiene invece ancora delle forme che ricordano le vecchie logiche di
contingentamento dei traffici, logiche completamente antitetiche alla libera
circolazione delle merci all’interno della Unione
Europea. Il sistema degli “ecopunti” infatti si configura ormai non come una difesa dell’ambiente
ma solo come un vincolo strumentale ai transiti.
Questi punti, appena elencati, rappresentano solo la
sintesi di un più ampio disegno programmatico: quello della sostenibilità
economica ed ambientale di territori delicati, sia per ecosistema che per competitività
economica e per giungere a questo obiettivo, rimane
necessario investire capitali, capacità progettuali, risorse umane in questi
che a tutti gli effetti sono fragilità ambientali ed economiche che non possono
più essere risolte con miopi politiche nazionali e non possono riguardare più
un solo versante.
Il problema del superamento di quelle che sono ancora oggi
barriere naturali è ormai talmente grave che è
necessario fare un salto culturale nell’approccio che da sempre ci affligge; il
passaggio consiste nel fatto che non si può più parlare solo di un valico, ma
di un sistema di valichi, intendendo con questo termine, non solo il versante
italiano dell’arco alpino, ma soprattutto il versante europeo.
Nel Piano Generale dei Trasporti dell’Unione Europea,
abbiamo già previsto non solo di invocare la libertà di accesso
ai mercati europei che la mancanza di accordi intergovernativi e la mancanza di
realizzazione degli stessi ci impedisce di godere, ma abbiamo anche cercato
soluzioni comuni a problemi che si configurano in diverse aree dell’Europa.
Fragilità dei valichi e fragilità economiche
caratterizzano anche altre parti del territorio europeo, come la Spagna.
Solo con la scelta di infrastrutturare in maniera eco-compatibile il sistema dei
valichi, possiamo porre un freno ai danni ambientali generati dalla mancanza di
infrastrutture; solo con una migliore dotazione di infrastrutture possiamo dirottare
il traffico più inquinante su sistemi di trasporto ambientalmente
sostenibili; solo con un piano programmatico europeo che sia in grado di
attribuire lo stesso valore economico all’ambiente naturale ed all’ambiente
economico in qualunque parte d’Europa sia necessario, possiamo trasformare il
tessuto economico delle aree montane.
Quello che all’inizio ho definito
“Documento Quadro” potrebbe , se da voi condiviso, trasformarsi con le aggiunte
emerse dal dibattito di questa Prima Conferenza, in una possibile “Carta
di Cuneo” .
In tal modo ogni anno, in occasione della IIa, della IIIa,
ecc., Conferenza dei Valichi, sarà possibile effettuare, non solo un capillare
monitoraggio dell’avanzamento programmatico, ma, addirittura, la Carta di Cuneo potrà davvero costituire un punto di non ritorno alle
vecchie logiche bilaterali, ai vecchi schieramenti di tipo localistico,
ed essere invece sempre un riferimento chiave perché l’approccio alla tematica dei valichi sia vissuto non da un
singolo Paese ma dalla intera Unione Europea.
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