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Roma, 22 aprile 2004
Circolare n.35/2004
Oggetto: Lavoro – Part-time – Circolare Min. Lavoro n. 9 del 18.3.2004, su G.U. n. 75 del
30.3.2004.
Proseguono i
chiarimenti ministeriali sulla legge Biagi (DLGVO n. 276/2003). Dopo il distacco e il
lavoro a progetto, l’Amministrazione del Lavoro ha ora illustrato la nuova
disciplina del part-time, che é stata semplificata allo scopo di
favorirne una diffusione più ampia.
Si segnalano gli
aspetti di maggior rilievo presi in esame dalla circolare ministeriale.
Ambito di applicazione – E’ stato ribadito che il part-time
é utilizzabile, oltre che nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, anche
in quelli a termine (ivi compresi l’apprendistato e il contratto di
inserimento) a meno che l’orario ridotto non ostacoli il raggiungimento delle
finalità formative tipiche di questi contratti.
Lavoro supplementare – Il lavoro supplementare, da intendersi come il
lavoro svolto oltre l’orario ridotto ed entro il limite del tempo pieno, é
l’aspetto maggiormente innovato dalla legge Biagi per
semplificarne l’utilizzabilità da parte delle aziende. Al riguardo la circolare
ministeriale ha precisato che:
·
il
ricorso al lavoro supplementare é ammesso non solo in caso di part-time a tempo
indeterminato ma anche di part-time a termine;
·
é
stato soppresso il cosiddetto diritto al
consolidamento, in virtù del quale il lavoratore poteva pretendere di allungare
stabilmente il proprio orario sulla base del lavoro supplementare svolto in via
non occasionale;
·
ferma
restando la necessità del consenso del lavoratore lo stesso deve intendersi
implicitamente prestato qualora il lavoro supplementare sia disciplinato dalla
contrattazione collettiva (nazionale, territoriale o aziendale); in presenza di
una regolamentazione collettiva, il rifiuto del lavoratore a svolgere lavoro
supplementare non può costituire motivo di licenziamento ma può essere
sanzionato sul piano disciplinare;
·
é
stata confermata la facoltà per i contratti collettivi di porre un tetto alla
durata del lavoro supplementare nonché di fissare le causali e i trattamenti
spettanti al lavoratore (maggiorazioni economiche o riposi compensativi);
·
sono
state soppresse le disposizioni che, in assenza di discipline contrattuali, suddividevano
il lavoro supplementare in due fasce: la prima (pari al 10% dell’orario
mensile) da retribuire come ore ordinarie e la seconda (comprendente le ore eccedenti)
da retribuire con la maggiorazione del 50%; per effetto del venir meno di tali
disposizioni, e salvo eventuali accordi a livello aziendale, in caso di CCNL senza
una disciplina specifica (come i CCNL trasporto merci, magazzini generali e autoscuole)
il lavoro supplementare deve ritenersi ammesso senza limiti e va integralmente
retribuito come lavoro ordinario.
Clausole flessibili – Attraverso l’istituto delle clausole flessibili,
da pattuirsi in forma scritta con il singolo lavoratore, il datore di lavoro ha
la facoltà di variare, previo preavviso del lavoratore, la distribuzione
dell’orario di lavoro nel part-time orizzontale,
verticale e misto. La legge Biagi ha eliminato il
cosiddetto diritto di ripensamento, secondo
cui il lavoratore poteva ritirare il proprio consenso alle clausole flessibili,
e ha ridotto da 10 a 2 giorni lavorativi il preavviso minimo per la comunicazione
da parte dell’azienda della nuova distribuzione dell’orario di lavoro.
E’ stato confermato
il rinvio alla contrattazione collettiva per la disciplina delle clausole
flessibili, in particolare per quanto concerne condizioni, modalità e compensi
da riconoscere al lavoratore; la mancata contrattazione collettiva non
impedisce comunque la pattuizione individuale di clausole flessibili.
Clausole elastiche –La legge Biagi ha attribuito
alle parti la possibilità di contrattare le cosiddette clausole elastiche
in virtù delle quali è riconosciuta al datore di lavoro la facoltà di aumentare
anche temporaneamente la durata ordinaria della prestazione lavorativa.
Altre semplificazioni – Il Ministero del Lavoro ha riepilogato gli
ulteriori alleggerimenti introdotti dalla legge Biagi,
tra cui la soppressione dell’obbligo a carico delle aziende di comunicare le
assunzioni part-time alla Direzione provinciale del lavoro e la soppressione
del diritto di precedenza dei lavoratori part-time in caso di assunzioni a
tempo pieno da parte della stessa azienda.
f.to
dr. Piero M. Luzzati |
Per
riferimenti confronta circ.ri conf.li
n.124/2003 e n.89/2001 |
|
Allegato uno |
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M/t |
© CONFETRA – La riproduzione totale o parziale è
consentita esclusivamente alle organizzazioni aderenti alla Confetra. |
G. U. n. 75 del 30.3.2004 (fonte Guritel)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
CIRCOLARE 18 marzo 2004, n. 9
Il lavoro a tempo parziale.
1. Il sostegno legislativo al lavoro a tempo parziale
Il decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003 ha introdotto,
con l'articolo 46 e in adempimento di quanto previsto all'articolo 3
della legge delega n. 30 del 2003, rilevanti modifiche alla
disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale. Disciplina
contenuta, come noto, nel decreto legislativo n. 61 del 2000, cosi'
come modificato dal decreto legislativo n. 100 del 2001.
Come illustrato nella Relazione tecnica di accompagnamento al decreto
n. 276 del 2003, le modifiche introdotte sono volte a favorire il
ricorso a questa tipologia contrattuale, che in tutti i Paesi europei
ha dimostrato di fornire occasione di lavoro di qualita' rispetto a
prestazioni flessibile o atipiche prive di tutele adeguate per i
lavoratori, soprattutto per le fasce deboli altrimenti escluse dal
mercato del lavoro (donne, giovani in cerca di prima occupazione e
anziani). Tali modifiche sono attuate principalmente mediante una
nuova regolamentazione degli strumenti di flessibilita' del rapporto
a tempo parziale, attraverso la valorizzazione del ruolo della
autonomia collettiva e, in mancanza di questa, della autonomia
individuale, fermo restando il rispetto di standard minimi di tutela
del lavoratore secondo quanto previsto dalla direttiva 97/81/CE.
Per facilitare la lettura della nuova disciplina del lavoro a tempo
parziale, si allega alla presente circolare il testo consolidato del
decreto legislativo n. 61 del 2000, cosi' come modificato dal decreto
legislativo n. 100 del 2001 e ora dal decreto legislativo n. 276 del
2003.
Si ritiene, comunque, doveroso puntualizzare come il lavoro a tempo
parziale largamente valorizzato dal legislatore comunitario, venga
ancora utilizzato in Italia in misura ridotta rispetto agli altri
paesi a causa di una regolamentazione eccessivamente rigida e
formalistica che si e' inteso superare con le nuove disposizioni
contenute nel decreto legislativo 276. Pertanto, nel presupposto che
la promozione del lavoro a tempo parziale passi necessariamente
attraverso una notevole semplificazione normativa, la riforma Biagi
agli incentivi normativi gia' previsti, ne aggiunge di nuovi
-eliminando inutili appesantimenti burocratici e restituendo alla
contrattazione collettiva e individuale piena operativita- al fine di
valorizzare pienamente tutte le potenzialita' dell'istituto e
consentire allo stesso di contemperare impegni lavorativi e
responsabilita' familiari oltre a rappresentare un canale di accesso
al mercato del lavoro regolare.
2. Ambito di applicazione e modalita' tipologiche
Le modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 276 del 2003 non
si applicano ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche per espressa previsione dell'articolo 3,
comma 1, della legge n. 30 del 2003, nonche' in base all'articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003. L'eventuale
armonizzazione tra settore pubblico e settore privato, ipotizzata
dall'articolo 86 dello stesso decreto legislativo n. 276 del 2003, e'
subordinata a un confronto tra Ministero della Funzione pubblica e
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti
delle amministrazioni pubbliche e impone un espresso intervento
legislativo di modifica del quadro previgente. Le modifiche
introdotte alla disciplina del decreto legislativo n. 61 del 2000
trovano dunque applicazione esclusivamente per il settore privato.
In base all'articolo 46, comma 1, lettera q), del decreto legislativo
n. 276 del 2003, che ha abrogato l'articolo 7 del decreto legislativo
n. 61 del 2000, la disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale
e' ora integralmente applicabile al settore agricolo.
Nel tentativo di estendere il piu' possibile il raggio di azione del
nuovo lavoro a tempo parziale e' possibile stipulare detto contratto
anche con riferimento ad ogni ipotesi di contratto a termine. Sebbene
il decreto non lo affermi espressamente, non si ravvisa, in linea di
principio, neppure una incompatibilita' tra il rapporto a tempo
parziale e il contratto di apprendistato o di inserimento ove la
peculiare articolazione dell'orario non sia di ostacolo al
raggiungimento delle finalita' - formative ovvero di adattamento
delle competenze professionali - tipiche di questi contratti(1).
3. Definizioni
L'articolo 1 del decreto legislativo n. 61 del 2000, che contiene la
definizione di lavoro a tempo parziale, e' stato modificato(2) alla
lettera a) del comma 2 per adeguare le disposizioni in materia di
lavoro a tempo parziale a quelle recentemente dettate in materia di
orario di lavoro con il decreto legislativo n. 66 del 2003. E' lavoro
a tempo parziale il contratto con orario inferiore a quello normale,
come definito dalle norme di legge e contratto collettivo. Piu'
precisamente, il lavoro a tempo pieno e' ora definito, attraverso il
rinvio all'articolo 3, comma 1, del citato decreto legislativo n. 66
del 2003, come orario normale fissato in 40 ore settimanali ovvero il
minor orario previsto dai contratti collettivi. Per quanto non
esplicitamente richiamato deve intendersi come orario normale, ai
sensi del comma 2 del citato articolo 3 del decreto legislativo n. 66
del 2003, anche quello stabilito dai contratti collettivi con
riferimento alla durata media delle prestazioni lavorative per un
periodo non superiore all'anno. Per l'individuazione dell'orario
normale giornaliero, ex articolo 1, comma 2, lettera c), la
contrattazione collettiva ben potra' dettare, ai sensi dell'articolo
articolo 1, comma 3, una definizione specifica di tale orario che,
ovviamente, avra' valore ai soli fini del lavoro a tempo parziale di
tipo orizzontale.
Rimangono, invece, invariate le altre definizioni contenute nel comma
2 del citato articolo 1 del decreto legislativo n. 61 del 2000.
I contratti collettivi nazionali e territoriali stipulati da
organizzazioni comparativamente piu' rappresentative, nonche' i
contratti collettivi aziendali, non piu' con la necessaria assistenza
dei sindacati che hanno negoziato e sottoscritto il contratto
nazionale applicato, possono stabilire le condizioni e le modalita'
della prestazione lavorativa nel rapporto di lavoro a tempo parziale.
Permane la facolta' per i contratti collettivi nazionali di
prevedere, per specifiche figure o livelli professionali, modalita'
particolari di attuazione della disciplina rimessa alla
contrattazione collettiva (3).
Tale disposizione consente, quindi, una regolamentazione
differenziata riguardo ai contenuti applicativi degli aspetti
demandati alla contrattazione ad esempio con riferimento al lavoro
supplementare, clausole flessibili ed elastiche e via dicendo.
4. Forma e contenuto.
Non e' stata modificata la norma che disciplina la forma del
contratto a tempo parziale. E' pertanto richiesta la forma scritta ai
soli fini della prova. Il contratto di lavoro a tempo parziale deve
indicare puntualmente la durata della prestazione e la collocazione
oraria della stessa con riferimento al giorno, alla settimana, al
mese e all'anno. Tale ultima prescrizione puo' essere derogata solo
ove le parti introducano nel contratto una clausola di tipo
flessibile o di tipo elastico, che sono ammissibili nei limiti
previsti dalla legge (vedi infra). Come vedremo successivamente, la
mancanza di tali indicazioni non comporta, cosi' come stabilito gia'
dalla disciplina previgente, la nullita' del contratto (4).
L'articolo 85, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha
tuttavia abrogato l'obbligo, contenuto nell'articolo 2 del decreto
legislativo n. 61 del 2000, di inviare alla Direzione provinciale del
lavoro competente per territorio copia del contratto di lavoro a
tempo parziale entro trenta giorni dalla sua stipulazione. Si
ricorda, peraltro, l'obbligo generale di comunicare l'assunzione
entro 5 giorni dalla stessa, previsto dall'articolo 9 bis, comma 2,
del decreto legge n. 510 del 1996, convertito dalla legge n. 608 del
1996. Tale obbligo dovra' essere adempiuto contestualmente alla
assunzione con l'entrata in vigore, subordinata all'emanazione del
decreto interministeriale di cui all'articolo 4 bis, comma 7, del
decreto legislativo n. 181 del 21 aprile 2000, della nuova
formulazione dell'articolo 9 bis come modificato dall'articolo 6,
comma 3 del decreto legislativo n. 297 del 2002 (5).
5. Modalita' del rapporto di lavoro a tempo parziale
Lavoro supplementare
Il lavoro supplementare e' definito, ex articolo 1, comma 2, lettera
e), come il lavoro reso oltre l'orario concordato nel contratto
individuale entro il limite del tempo pieno.
La nuova formulazione dell'articolo 3, comma 1, prevede espressamente
che nel part-time di tipo orizzontale sia consentito il ricorso al
lavoro supplementare e che il lavoro supplementare possa essere
svolto in ogni ipotesi di contratto a tempo determinato.
Cio' non esclude che il lavoro supplementare possa ipotizzarsi anche
nel lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto, tutte le volte
che la prestazione pattuita ai sensi dell'articolo 2, comma 2, sia
inferiore all'orario normale settimanale.
Nel lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, la regolamentazione
del lavoro supplementare rimane affidata ai contratti collettivi
stipulati dai soggetti individuati dall'articolo 1, comma 3, del
decreto legislativo n. 61 del 2000, cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera b). Rispetto alla precedente
formulazione, e' stato tuttavia eliminato il riferimento al contratto
collettivo effettivamente applicato. Pertanto, puo' ritenersi che il
datore di lavoro che applichi un contratto che non regolamenta il
lavoro supplementare possa mutuare la regolamentazione contenuta in
un contratto diverso da quello applicato.
Alla autonomia collettiva e' conseguentemente rimessa
l'individuazione del numero massimo di ore di lavoro supplementare
effettuabili, le causali nonche' le conseguenze del superamento dei
limiti massimi consentiti (6). La nuova formulazione non predetermina
il periodo di riferimento entro cui detti limiti massimi devono
essere stabiliti, e non vincola le parti del contratto collettivo ad
individuare causali di tipo oggettivo di ricorso al lavoro
supplementare, di modo che possono essere previste anche causali di
tipo soggettivo.
In ipotesi di superamento dei limiti consentiti al lavoro
supplementare il termine "conseguenze" deve essere interpretato nel
senso che tali conseguenze non devono essere di natura
necessariamente economica (per esempio riposi compensativi).
L'articolo 46, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 276
del 2003 ha, inoltre, abolito il comma 6 dell'articolo 3 del decreto
legislativo n. 61 del 2000; conseguentemente e' stata abrogata la
disciplina legale sussidiaria che prevedeva, in caso di superamento
dei limiti consentiti e in assenza di specifica previsione del
contratto collettivo, una maggiorazione del 50 per cento sulla
retribuzione oraria globale di fatto, nonche' la previsione legale
che attribuiva alla contrattazione collettiva la facolta' di
regolamentare il consolidamento dell'orario di lavoro svolto in via
non meramente occasionale.
In presenza della regolamentazione collettiva non e' necessario, in
base alla esplicita previsione di legge, il consenso al lavoro
supplementare da parte del lavoratore. L'eventuale rifiuto non puo'
in ogni caso integrare un giustificato motivo di licenziamento.
Il venir meno del riferimento all'illecito disciplinare, contemplato
dalla normativa previgente, deve essere interpretato nel senso che
l'illegittimo rifiuto a rendere la prestazione supplementare puo'
acquisire rilevanza disciplinare.
In mancanza di regolamentazione collettiva il lavoro supplementare e'
comunque ammesso su base volontaria, ma e' venuto meno, in forza
dell'articolo 46, comma 1, lettera e) del decreto legislativo n. 276
del 2003, il limite del 10 per cento rispetto all'orario concordato,
previsto dalla originaria formulazione dell'articolo 3, comma 2 del
decreto legislativo n. 61 del 2000. In assenza di regolamentazione
collettiva, e previo accordo individuale, il lavoro supplementare e'
pertanto ammesso senza limiti, fermo restando quello del tempo pieno.
A fronte del principio di liberta' della forma non e' richiesto che
il consenso, a differenza che per le ipotesi di lavoro flessibile ed
elastico, sia prestato con una forma predeterminata. Pertanto, il
consenso, oltre che essere manifestato per fatti concludenti, potra'
essere anche preventivamente acquisito, ad esempio all'inizio del
turno/settimana/mese.
La necessita' del consenso, per contro, comporta che il rifiuto, in
questa ipotesi, non puo' costituire ne' giustificato motivo oggettivo
di licenziamento ne' un fatto disciplinarmente rilevante.
La disciplina legale non prevede una maggiorazione per il lavoro
supplementare. I contratti collettivi hanno tuttavia facolta' di
introdurre una maggiorazione per il lavoro supplementare sulla
retribuzione oraria globale di fatto.
I contratti collettivi possono stabilire che l'incidenza sugli
istituti retributivi indiretti e differiti della retribuzione per le
ore supplementari, sia applicata attraverso una maggiorazione
forfetaria della retribuzione oraria globale di fatto.
La nuova disciplina del lavoro supplementare e' immediatamente
applicabile. Riguardo alle discipline vigenti nei contratti
collettivi, in considerazione della espressa abrogazione della
disciplina transitoria introdotta dall'articolo 3, comma 15, del
d.lgs. n. 61 del 2000, decadono tutte le clausole dei contratti
collettivi (nazionali, territoriali o aziendali) vigenti alla entrata
in vigore del d.lgs. n. 276 del 2003 incompatibili con la nuova
disciplina di legge ovvero stipulate sul presupposto o, comunque, in
applicazione della norma legale coeva. Verranno meno, di conseguenza,
anche le clausole dei contratti individuali apposte in applicazione
della disciplina collettiva oramai caducata.
Il lavoro straordinario
Nel lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto e' ammesso il
ricorso al lavoro straordinario (7). E' possibile il ricorso al
lavoro straordinario anche nella ipotesi in cui il rapporto a tempo
parziale sia stipulato a termine (8).
Il lavoro straordinario e' disciplinato dalle regole vigenti, legali
e contrattuali, per i lavoratori a tempo pieno. Sara' possibile il
ricorso al lavoro straordinario solo ove il tempo pieno settimanale
sia stato raggiunto. In caso contrario, la variazione in aumento
dell'orario potra' essere gestita mediante il ricorso a clausole
elastiche ovvero mediante il ricorso al lavoro supplementare.
Come per i lavoratori a tempo pieno non e' previsto alcun obbligo di
forma per la richiesta di effettuazione di lavoro straordinario.
Clausole flessibili
Nel contratto di lavoro a tempo parziale deve essere inserita una
puntuale regolamentazione della collocazione oraria della prestazione
con riferimento al giorno, alla settimana al mese o all'anno (9).
Il datore di lavoro non puo' modificare unilateralmente la
collocazione della prestazione lavorativa rispetto a quella
contrattualmente stabilita. Le parti del contratto individuale hanno
la facolta' di stipulare un patto, in forma scritta, avente ad
oggetto una clausola flessibile (10). Il patto puo' essere stipulato
anche quando il rapporto di lavoro a tempo parziale e' stipulato a
termine (11).
Il patto puo' essere stipulato contestualmente o successivamente
all'assunzione (12). Nella stipulazione di detto patto il lavoratore
puo' chiedere di farsi assistere da un rappresentante sindacale in
azienda da lui indicato (13).
La regolamentazione del lavoro flessibile e' demandata all'autonomia
collettiva che individua le condizioni e le modalita' di esercizio
del potere unilaterale del datore di lavoro di variare la
collocazione temporale della prestazione (14).
La disciplina legale prevede in favore del lavoratore un preavviso di
due giorni lavorativi (15). Le parti, anche del contratto
individuale, possono stabilire una diversa misura del preavviso ma
non eliminarlo completamente.
In caso di lavoro flessibile il lavoratore ha inoltre diritto a
specifiche compensazioni. La determinazione della forma e della
misura di tali compensazioni e' rinviata alla autonomia collettiva
tenuto conto che l'articolo 3, comma 1, lettera b), della legge
delega n. 30 del 2003 prevede che sia comunque prevista una
maggiorazione di carattere retributivo da riconoscere al lavoratore.
La nuova formulazione del testo di legge non ripropone il requisito
del contratto effettivamente applicato. Anche, in questa ipotesi,
pertanto, puo' ritenersi che il datore di lavoro che applichi un
contratto che non regolamenta il lavoro flessibile possa mutuare la
regolamentazione contenuta in un contratto diverso da quello
applicato. In tal caso, occorre tuttavia che il contratto individuale
di lavoro indichi espressamente quale sia il contratto collettivo cui
si intende far riferimento. E cio' per l'evidente esigenza di rendere
edotto il lavoratore della disciplina contrattuale cui e'
assoggettato.
In mancanza di una regolamentazione per via collettiva le parti
possono, comunque accordarsi per lo svolgimento di lavoro flessibile
(16) ma devono regolamentarne condizioni e modalita', nonche'
stabilire le forme e la misura della compensazione.
Il rifiuto del prestatore di lavoro di stipulare la clausola
flessibile non costituisce in ogni caso, e cioe' anche
indipendentemente dal fatto che esista o meno regolamentazione
collettiva della materia, giustificato motivo di licenziamento (17).
L'articolo 46 del decreto legislativo n. 276/2003, modificando il
testo previgente, ha abolito la regolamentazione legale del diritto
di ripensamento con cui era possibile per il prestatore di lavoro
recedere dal patto di flessibilita' (18).
Infine, si sottolinea, che non integrano una ipotesi di clausola
flessibile le previsioni dei contratti collettivi, stipulati dai
soggetti individuati dall'art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 61
del 2000 come modificato dall'art. 46, comma 1 d.lgs. n. 276 del
2003, che, nel determinare le modalita' della prestazione lavorativa
a tempo parziale, prevedano che la stessa possa essere programmata
con riferimento a turni articolati su fasce orarie prestabilite di
modo che ove tale indicazione sia recepita nel contratto individuale
(per relationem) deve essere considerato soddisfatto il requisito
della puntuale indicazione della collocazione temporale della
prestazione con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e
all'anno (19).
Clausole elastiche
L'articolo 46 del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha introdotto,
limitatamente al part-time verticale e misto, la facolta' per le
parti del contratto di lavoro di stipulare una clausola elastica
relativa cioe' alla variazione in aumento della prestazione
lavorativa. Tale clausola si differenzia dalla clausola flessibile
perche' non concerne dunque, semplicemente, la collocazione del monte
ore concordato ma attiene invece alla possibilita' - vietata dalla
normativa previgente - di ampliare il numero di ore concordato.
La clausola elastica e' regolamentata dalla medesima disciplina
prevista per la clausola flessibile ma all'autonomia collettiva e'
demandata, oltre che la regolamentazione delle condizioni e modalita'
di esercizio del potere datoriale di variare in aumento la
prestazione lavorativa, anche l'individuazione dei limiti entro cui
e' legittimo il ricorso al lavoro elastico.
In assenza di regolamentazione collettiva tali limiti devono essere
previsti dalle parti del contratto individuale che stipulino il patto
avente ad oggetto la clausola elastica.
La clausola elastica determina un incremento definitivo della
quantita' della prestazione, a differenza dello straordinario o del
supplementare ove si verifica un aumento temporaneo della
prestazione, riferito ad ogni singola giornata nella quale viene
richiesta una prestazione aggiuntiva. Tale incremento puo' ovviamente
essere delimitato nel tempo e potrebbe anche essere solo eventuale.
6. La trasformazione del rapporto.
Datore di lavoro e lavoratore possono accordarsi per trasformare il
rapporto da tempo pieno a tempo parziale o viceversa. Il rifiuto da
parte del lavoratore di trasformare il rapporto non integra in nessun
caso un giustificato motivo di licenziamento (20).
L'accordo con cui le parti stabiliscono la trasformazione del
rapporto da tempo pieno a tempo parziale deve essere stipulato in
forma scritta e deve essere convalidato davanti alla Direzione
Provinciale del Lavoro competente per territorio non essendo piu'
prevista la facolta' per il lavoratore di richiedere l'assistenza di
un rappresentante sindacale in azienda da lui indicato (21). L'atto
di convalida ben puo' intervenire successivamente alla stipula
dell'accordo e non presuppone la necessaria presenza del lavoratore.
Nell' ipotesi di trasformazione a tempo pieno di un rapporto a tempo
parziale, cosi' come nell'ipotesi di aumento o diminuzione definitivi
della durata della prestazione dedotta nel contratto, non sono
previsti obblighi di forma ne' di convalida in sede amministrativa.
Si ricorda, peraltro, che l'articolo 4 bis, comma 5, del decreto
legislativo n. 181 del 2000, come modificato dall'articolo 6, comma
1, del decreto legislativo n. 297 del 2002, la cui entrata in vigore
e' subordinata all'emanazione del decreto interministeriale di cui
all'articolo 4 bis, comma 7, del decreto legislativo n. 181 del 21
aprile 2000, prevede l'obbligo di comunicare, entro cinque giorni, ai
servizi competenti, la trasformazione del rapporto da tempo parziale
a tempo pieno (22).
La nuova disciplina legale del rapporto di lavoro a tempo parziale ha
abolito il diritto legale di precedenza per la trasformazione del
rapporto da tempo parziale a tempo pieno nell'ipotesi di nuove
assunzioni a tempo pieno, per mansioni uguali o equivalenti in unita'
produttive site nello stesso ambito comunale (23). Tale diritto,
pero', puo' essere inserito dalle parti nel contratto individuale
(24).
E' rimasta invariata la precedente regolamentazione del diritto di
precedenza nel passaggio da tempo pieno a tempo parziale eccezion
fatta per il venir meno dell'obbligo legale, da parte del datore di
lavoro, di motivare adeguatamente l'eventuale rifiuto a fronte di una
specifica richiesta del lavoratore (25).
7. Computo dei lavoratori part time
Ai fini delle disposizioni di legge e di contratto collettivo i
lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo parziale devono
essere computati nell'organico. aziendale in proporzione al tempo
effettivo di lavoro. A tal fine dunque occorre considerare anche
l'eventuale lavoro supplementare o quello prestato in virtu' di
clausole elastiche.
8. Sanzioni
L'articolo 8, comma 1 del decreto legislativo n. 61 del 2000 e'
rimasto invariato coerentemente con il permanere del requisito della
forma scritta esclusivamente a fini probatori.
In difetto di prova, relativamente alla stipulazione del contratto di
lavoro come contratto a tempo parziale, il lavoratore potra' chiedere
che il rapporto di lavoro sia dichiarato a tempo pieno dalla data in
cui la mancanza della forma scritta sia giudizialmente accertata,
fermo restando il diritto alla retribuzione per la prestazione
effettivamente resa nel periodo anteriore.
L'articolo 46, comma 1, lettera r), del decreto legislativo n. 276
del 2003 ha modificato il secondo comma dell'articolo 8 del decreto
legislativo n. 61 del 2000.
La nuova formulazione ribadisce che l'assenza di indicazioni
puntuali, relativamente alla collocazione e alla durata della
prestazione lavorativa nel contratto a tempo parziale, non comporta
la nullita' dello stesso.
Nell'ipotesi di mancata o imprecisa indicazione della durata, il
lavoratore potra' agire per far dichiarare che il rapporto di lavoro
e' a tempo pieno dalla data della sentenza. Rimane il diritto alla
retribuzione per la prestazione effettivamente eseguita ma il
lavoratore ha diritto ad un equo risarcimento per il periodo
anteriore alla sentenza.
Nell'ipotesi in cui manchi o sia indeterminata la definizione della
collocazione oraria questa potra' essere definita in giudizio.
Come parametro si rinvia alle determinazioni dei contratti collettivi
in materia di clausole elastiche o flessibili, in quanto utili a
determinare la collocazione della prestazione. In mancanza dovra'
tenersi conto delle responsabilita' famigliari del lavoratore, della
necessita' che questi possa avere di integrare il reddito derivante
dal rapporto a tempo parziale mediante lo svolgimento di altra
attivita' lavorativa nonche' delle esigenze organizzative del datore
di lavoro. Anche in questa ipotesi, fermo restando il diritto alla
retribuzione per la prestazione effettivamente resa, e' previsto un
ulteriore emolumento, a titolo di risarcimento del danno, da
liquidarsi con valutazione equitativa, per il periodo anteriore alla
sentenza. Si preserva la facolta' per le parti di introdurre
successivamente clausole elastiche o flessibili.
Le controversie relative alla mancanza della forma scritta, ovvero
alla omessa o imprecisa indicazione della collocazione oraria della
prestazione o della sua durata, possono essere risolte anche mediante
le procedure di conciliazione e arbitrato previste dai contratti
collettivi nazionali stipulati da organizzazioni comparativamente
piu' rappresentative.
L'articolo 46, comma 1, lettera s) del decreto legislativo n. 276 del
2003 ha inoltre introdotto nell'articolo 8 del decreto legislativo n.
61 del 2000 il comma 2 bis. In base a tale norma lo svolgimento del
lavoro flessibile o elastico in violazione delle previsioni legali
nonche', ove esistenti, di quelle contrattuali, attribuisce al
lavoratore uno specifico diritto alla corresponsione di un ulteriore
emolumento a titolo di risarcimento del danno.
A fronte della nuova regolamentazione del diritto di precedenza nel
passaggio da tempo parziale a tempo pieno, non piu' previsto per
legge, ma eventualmente solo sulla base del contratto individuale, la
sanzione prevista dall'articolo 8 comma 3, che prevede la
corresponsione, in caso di violazione del diritto, di un risarcimento
pari alla differenza fra l'importo della retribuzione percepita e
quella che sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio nei sei
mesi successivi, integra il contratto individuale qualora le parti,
introducendo il diritto, abbiano omesso di predeterminare la
conseguenza della sua violazione.
A fronte dell'abrogazione dell'obbligo di comunicazione alla
Direzione Provinciale del Lavoro deve ritenersi implicitamente
abrogata anche la relativa sanzione prevista dal comma 4
dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 61 del 2000.
Per le violazioni antecedenti al 24 ottobre 2003, trova applicazione
il principio di irretroattivita' delle leggi che prevedono sanzioni
amministrative di cui all'articolo 1 della legge n. 689/1981. Ne
consegue che, anche nel caso di emissione di ordinanza di
ingiunzione, avente ad oggetto violazioni anteriori all'entrata in
vigore della nuova disciplina, troveranno applicazione le sanzioni
riferite alla violazione dell'obbligo di comunicazione alla Direzione
Provinciale del Lavoro.
A tal riguardo e' significativa la decisione della Suprema Corte n.
16699 del 26 novembre 2002, la quale stabilisce che "in materia di
illeciti amministrativi, l'adozione del principio di legalita', di
irretroattivita' e di divieto di applicazione dell'analogia,
risultante dall'articolo 1 della L. n. 689/1981, comporta
l'assoggettamento della condotta considerata alla legge del tempo del
suo verificarsi, con conseguente inapplicabilita' della disciplina
posteriore piu' favorevole"; inoltre la medesima pronuncia chiarisce
che la nuova disciplina non opera "limitatamente ai rapporti non
esauriti, per essere ancora in corso i relativi procedimenti, ne' in
relazione alle violazioni commesse precedentemente, ma per le quali
l'ordinanza ingiunzione e' stata emessa dopo l'entrata in vigore
della legge, atteso che l'ordinanza ingiunzione non e' esercizio di
un potere e provvedimento amministrativo costitutivo, ma atto
puramente esecutivo, preordinato soltanto alla riscossione di un
credito gia' per effetto della violazione commessa".
8. Trasformazione del rapporto in favore di lavoratori affetti da
patologie oncologiche.
Il decreto legislativo n 276 del 2003, valorizzando il ruolo del
contratto di lavoro a tempo parziale come strumento per contemperare
le esigenze di competitivita' delle imprese con le istanze di tutela
del lavoratore, introduce anche una disciplina promozionale a favore
dei lavoratori affetti da patologie oncologiche.
L'articolo 46, comma 1, lettera t), del decreto ha infatti aggiunto
al decreto legislativo n. 61 del 2000 l'articolo 12 bis, tipizzando
una ipotesi speciale di trasformazione del rapporto in favore di
lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una
ridotta capacita' lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti
di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita
presso l'azienda unita' sanitaria locale territorialmente competente,
si prevede infatti il diritto alla trasformazione del rapporto di
lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale o
orizzontale.
La norma prevede, inoltre, che, a fronte della richiesta del
lavoratore, il rapporto di lavoro a tempo parziale debba nuovamente
essere trasformato in rapporto di lavoro a tempo pieno.
(1)Con riferimento all'utilizzo dell'orario di lavoro a tempo
parziale nell'ambito del contratto di apprendistato o di formazione e
lavoro si veda gia' la Circ. Min. Lav. n. 46/2001.
(2)Articolo 46, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 276/2003.
(3)Articolo 1, comma 3, d.lgs. n. 61/2000 come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera b), d.lgs. n. 276/2003.
(4)Articolo 8, comma 2, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera r) del d.lgs. n. 276/2003.
(5) Cfr. Circ. Min. Lav. del 24 novembre 2003, n. 37.
(6)Articolo 3, comma 2, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera e) del d.lgs. n. 276/2003.
(7)Articolo 3, comma 5, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera i) del d.lgs. n. 276/2003.
(8)Articolo 3, comma 5, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera i) del d.lgs. n. 276/2003.
(9) Articolo 2, comma 2, d.lgs. n. 61/2000.
(10)Articolo 3, comma 7, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera j) del d.lgs. n. 276/2003 e
articolo 3, comma 9, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera l) del d.lgs. n. 276/2003.
(11)Articolo 3, comma 10, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera m) del d.lgs. n. 276/2003.
(12)Articolo 3, comma 9, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera l) del d.lgs. n. 276/2003.
(13)Articolo 3, comma 9, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera l) del d.lgs. n. 276/2003.
(14)Articolo 3, comma 7, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera j) del d.lgs. n. 276/2003.
(15)Articolo 3, comma 8, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera k) del d.lgs. n. 276/2003.
(16)Articolo 8 ter, d.lgs. n. 61/2000 introdotto dall'articolo 46,
comma 1, lettera s) del d.lgs. n. 276/2003.
(17)Articolo 3, comma 9, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera l) del d.lgs. n. 276/2003.
(18)Articolo 3, comma 10, d.lgs. n. 61/2000 ora modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera l) del d.lgs. n. 276/2003 che
esplicita la possibilita' di inserire clausole flessibili ed
elastiche nei contratti a termine.
(19) Cfr. Circ. Min.Lav. n. 37/93
(20)Articolo 5, comma 1, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera o) del d.lgs. n. 276/2003.
(21)Articolo 5, comma 1, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera o) del d.lgs. n. 276/2003.
(22) Cfr. Circ. Min. Lav. del 24 novembre 2003, n. 37.
(23)articolo 5, comma 2, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera o) del d.lgs. n. 276/2003.
(24)articolo 5, comma 2, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera o) del d.lgs. n. 276/2003.
(25)articolo 5, comma 3, d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera o) del d.lgs. n. 276/2003.
Roma, 18 marzo 2004
Il Ministro del lavoro
e delle politiche sociali
Maroni