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Roma, 22 aprile 2004

 

Circolare n.35/2004

Oggetto: Lavoro – Part-time – Circolare Min. Lavoro n. 9 del 18.3.2004, su G.U. n. 75 del 30.3.2004.

 

Proseguono i chiarimenti ministeriali sulla legge Biagi (DLGVO n. 276/2003). Dopo il distacco e il lavoro a progetto, l’Amministrazione del Lavoro ha ora illustrato la nuova disciplina del part-time, che é stata semplificata allo scopo di favorirne una diffusione più ampia.

 

Si segnalano gli aspetti di maggior rilievo presi in esame dalla circolare ministeriale.

 

Ambito di applicazione – E’ stato ribadito che il part-time é utilizzabile, oltre che nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, anche in quelli a termine (ivi compresi l’apprendistato e il contratto di inserimento) a meno che l’orario ridotto non ostacoli il raggiungimento delle finalità formative tipiche di questi contratti.

 

Lavoro supplementare – Il lavoro supplementare, da intendersi come il lavoro svolto oltre l’orario ridotto ed entro il limite del tempo pieno, é l’aspetto maggiormente innovato dalla legge Biagi per semplificarne l’utilizzabilità da parte delle aziende. Al riguardo la circolare ministeriale ha precisato che:

 

·    il ricorso al lavoro supplementare é ammesso non solo in caso di part-time a tempo indeterminato ma anche di part-time a termine;

 

·    é stato soppresso il cosiddetto diritto al consolidamento, in virtù del quale il lavoratore poteva pretendere di allungare stabilmente il proprio orario sulla base del lavoro supplementare svolto in via non occasionale;

 

·    ferma restando la necessità del consenso del lavoratore lo stesso deve intendersi implicitamente prestato qualora il lavoro supplementare sia disciplinato dalla contrattazione collettiva (nazionale, territoriale o aziendale); in presenza di una regolamentazione collettiva, il rifiuto del lavoratore a svolgere lavoro supplementare non può costituire motivo di licenziamento ma può essere sanzionato sul piano disciplinare;

 

·    é stata confermata la facoltà per i contratti collettivi di porre un tetto alla durata del lavoro supplementare nonché di fissare le causali e i trattamenti spettanti al lavoratore (maggiorazioni economiche o riposi compensativi);

 

·    sono state soppresse le disposizioni che, in assenza di discipline contrattuali, suddividevano il lavoro supplementare in due fasce: la prima (pari al 10% dell’orario mensile) da retribuire come ore ordinarie e la seconda (comprendente le ore eccedenti) da retribuire con la maggiorazione del 50%; per effetto del venir meno di tali disposizioni, e salvo eventuali accordi a livello aziendale, in caso di CCNL senza una disciplina specifica (come i CCNL trasporto merci, magazzini generali e autoscuole) il lavoro supplementare deve ritenersi ammesso senza limiti e va integralmente retribuito come lavoro ordinario.

 

Clausole flessibili – Attraverso l’istituto delle clausole flessibili, da pattuirsi in forma scritta con il singolo lavoratore, il datore di lavoro ha la facoltà di variare, previo preavviso del lavoratore, la distribuzione dell’orario di lavoro nel part-time orizzontale, verticale e misto. La legge Biagi ha eliminato il cosiddetto diritto di ripensamento, secondo cui il lavoratore poteva ritirare il proprio consenso alle clausole flessibili, e ha ridotto da 10 a 2 giorni lavorativi il preavviso minimo per la comunicazione da parte dell’azienda della nuova distribuzione dell’orario di lavoro.

E’ stato confermato il rinvio alla contrattazione collettiva per la disciplina delle clausole flessibili, in particolare per quanto concerne condizioni, modalità e compensi da riconoscere al lavoratore; la mancata contrattazione collettiva non impedisce comunque la pattuizione individuale di clausole flessibili.

 

Clausole elastiche –La legge Biagi ha attribuito alle parti la possibilità di contrattare le cosiddette clausole elastiche in virtù delle quali è riconosciuta al datore di lavoro la facoltà di aumentare anche temporaneamente la durata ordinaria della prestazione lavorativa.

 

Altre semplificazioni – Il Ministero del Lavoro ha riepilogato gli ulteriori alleggerimenti introdotti dalla legge Biagi, tra cui la soppressione dell’obbligo a carico delle aziende di comunicare le assunzioni part-time alla Direzione provinciale del lavoro e la soppressione del diritto di precedenza dei lavoratori part-time in caso di assunzioni a tempo pieno da parte della stessa azienda.

 

 

f.to dr. Piero M. Luzzati

Per riferimenti confronta circ.ri conf.li n.124/2003 e n.89/2001

 

Allegato uno

 

M/t

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G. U. n. 75 del 30.3.2004 (fonte Guritel)

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

CIRCOLARE 18 marzo 2004, n. 9

 
Il lavoro a tempo parziale.
1. Il sostegno legislativo al lavoro a tempo parziale
Il  decreto  legislativo  n. 276 del 10 settembre 2003 ha introdotto,
con  l'articolo 46 e in adempimento di quanto previsto all'articolo 3
della   legge  delega  n.  30  del  2003,  rilevanti  modifiche  alla
disciplina  del  rapporto  di  lavoro  a  tempo  parziale. Disciplina
contenuta,  come  noto, nel decreto legislativo n. 61 del 2000, cosi'
come modificato dal decreto legislativo n. 100 del 2001.
Come illustrato nella Relazione tecnica di accompagnamento al decreto
n.  276  del  2003,  le modifiche introdotte sono volte a favorire il
ricorso a questa tipologia contrattuale, che in tutti i Paesi europei
ha  dimostrato  di fornire occasione di lavoro di qualita' rispetto a
prestazioni  flessibile  o  atipiche  prive  di tutele adeguate per i
lavoratori,  soprattutto  per  le fasce deboli altrimenti escluse dal
mercato  del  lavoro  (donne, giovani in cerca di prima occupazione e
anziani).  Tali  modifiche  sono  attuate principalmente mediante una
nuova  regolamentazione degli strumenti di flessibilita' del rapporto
a  tempo  parziale,  attraverso  la  valorizzazione  del  ruolo della
autonomia  collettiva  e,  in  mancanza  di  questa,  della autonomia
individuale,  fermo restando il rispetto di standard minimi di tutela
del lavoratore secondo quanto previsto dalla direttiva 97/81/CE.
Per  facilitare  la lettura della nuova disciplina del lavoro a tempo
parziale,  si allega alla presente circolare il testo consolidato del
decreto legislativo n. 61 del 2000, cosi' come modificato dal decreto
legislativo  n. 100 del 2001 e ora dal decreto legislativo n. 276 del
2003.
Si  ritiene,  comunque, doveroso puntualizzare come il lavoro a tempo
parziale  largamente  valorizzato  dal legislatore comunitario, venga
ancora  utilizzato  in  Italia  in misura ridotta rispetto agli altri
paesi  a  causa  di  una  regolamentazione  eccessivamente  rigida  e
formalistica  che  si  e'  inteso  superare con le nuove disposizioni
contenute  nel decreto legislativo 276. Pertanto, nel presupposto che
la  promozione  del  lavoro  a  tempo  parziale passi necessariamente
attraverso  una  notevole semplificazione normativa, la riforma Biagi
agli   incentivi  normativi  gia'  previsti,  ne  aggiunge  di  nuovi
-eliminando  inutili  appesantimenti  burocratici  e restituendo alla
contrattazione collettiva e individuale piena operativita- al fine di
valorizzare   pienamente   tutte  le  potenzialita'  dell'istituto  e
consentire   allo   stesso   di  contemperare  impegni  lavorativi  e
responsabilita'  familiari oltre a rappresentare un canale di accesso
al mercato del lavoro regolare.
2. Ambito di applicazione e modalita' tipologiche
Le  modifiche  introdotte dal decreto legislativo n. 276 del 2003 non
si   applicano   ai   rapporti   di   lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni  pubbliche  per  espressa previsione dell'articolo 3,
comma  1, della legge n. 30 del 2003, nonche' in base all'articolo 1,
comma  2,  del  decreto  legislativo  n.  276  del  2003. L'eventuale
armonizzazione  tra  settore  pubblico  e settore privato, ipotizzata
dall'articolo 86 dello stesso decreto legislativo n. 276 del 2003, e'
subordinata  a  un  confronto tra Ministero della Funzione pubblica e
organizzazioni  sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti
delle  amministrazioni  pubbliche  e  impone  un  espresso intervento
legislativo   di   modifica   del  quadro  previgente.  Le  modifiche
introdotte  alla  disciplina  del  decreto legislativo n. 61 del 2000
trovano dunque applicazione esclusivamente per il settore privato.
In base all'articolo 46, comma 1, lettera q), del decreto legislativo
n. 276 del 2003, che ha abrogato l'articolo 7 del decreto legislativo
n. 61 del 2000, la disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale
e' ora integralmente applicabile al settore agricolo.
Nel  tentativo di estendere il piu' possibile il raggio di azione del
nuovo  lavoro a tempo parziale e' possibile stipulare detto contratto
anche con riferimento ad ogni ipotesi di contratto a termine. Sebbene
il  decreto non lo affermi espressamente, non si ravvisa, in linea di
principio,  neppure  una  incompatibilita'  tra  il  rapporto a tempo
parziale  e  il  contratto  di  apprendistato o di inserimento ove la
peculiare   articolazione   dell'orario   non   sia  di  ostacolo  al
raggiungimento  delle  finalita'  -  formative  ovvero di adattamento
delle competenze professionali - tipiche di questi contratti(1).
3. Definizioni
L'articolo  1 del decreto legislativo n. 61 del 2000, che contiene la
definizione  di  lavoro a tempo parziale, e' stato modificato(2) alla
lettera  a)  del  comma  2 per adeguare le disposizioni in materia di
lavoro  a  tempo parziale a quelle recentemente dettate in materia di
orario di lavoro con il decreto legislativo n. 66 del 2003. E' lavoro
a  tempo parziale il contratto con orario inferiore a quello normale,
come  definito  dalle  norme  di  legge  e contratto collettivo. Piu'
precisamente,  il lavoro a tempo pieno e' ora definito, attraverso il
rinvio  all'articolo 3, comma 1, del citato decreto legislativo n. 66
del 2003, come orario normale fissato in 40 ore settimanali ovvero il
minor  orario  previsto  dai  contratti  collettivi.  Per  quanto non
esplicitamente  richiamato  deve  intendersi  come orario normale, ai
sensi del comma 2 del citato articolo 3 del decreto legislativo n. 66
del  2003,  anche  quello  stabilito  dai  contratti  collettivi  con
riferimento  alla  durata  media  delle prestazioni lavorative per un
periodo  non  superiore  all'anno.  Per  l'individuazione dell'orario
normale   giornaliero,  ex  articolo  1,  comma  2,  lettera  c),  la
contrattazione  collettiva ben potra' dettare, ai sensi dell'articolo
articolo  1,  comma  3, una definizione specifica di tale orario che,
ovviamente,  avra' valore ai soli fini del lavoro a tempo parziale di
tipo orizzontale.
Rimangono, invece, invariate le altre definizioni contenute nel comma
2 del citato articolo 1 del decreto legislativo n. 61 del 2000.
I   contratti   collettivi  nazionali  e  territoriali  stipulati  da
organizzazioni   comparativamente  piu'  rappresentative,  nonche'  i
contratti collettivi aziendali, non piu' con la necessaria assistenza
dei  sindacati  che  hanno  negoziato  e  sottoscritto  il  contratto
nazionale  applicato,  possono stabilire le condizioni e le modalita'
della prestazione lavorativa nel rapporto di lavoro a tempo parziale.
Permane   la   facolta'  per  i  contratti  collettivi  nazionali  di
prevedere,  per  specifiche figure o livelli professionali, modalita'
particolari    di    attuazione   della   disciplina   rimessa   alla
contrattazione collettiva (3).
Tale    disposizione    consente,    quindi,   una   regolamentazione
differenziata   riguardo   ai  contenuti  applicativi  degli  aspetti
demandati  alla  contrattazione  ad esempio con riferimento al lavoro
supplementare, clausole flessibili ed elastiche e via dicendo.
4. Forma e contenuto.
Non  e'  stata  modificata  la  norma  che  disciplina  la  forma del
contratto a tempo parziale. E' pertanto richiesta la forma scritta ai
soli  fini  della prova. Il contratto di lavoro a tempo parziale deve
indicare  puntualmente  la durata della prestazione e la collocazione
oraria  della  stessa  con  riferimento al giorno, alla settimana, al
mese  e  all'anno. Tale ultima prescrizione puo' essere derogata solo
ove   le  parti  introducano  nel  contratto  una  clausola  di  tipo
flessibile  o  di  tipo  elastico,  che  sono  ammissibili nei limiti
previsti  dalla  legge (vedi infra). Come vedremo successivamente, la
mancanza  di tali indicazioni non comporta, cosi' come stabilito gia'
dalla disciplina previgente, la nullita' del contratto (4).
L'articolo  85,  comma  2, del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha
tuttavia  abrogato  l'obbligo,  contenuto nell'articolo 2 del decreto
legislativo n. 61 del 2000, di inviare alla Direzione provinciale del
lavoro  competente  per  territorio  copia  del contratto di lavoro a
tempo  parziale  entro  trenta  giorni  dalla  sua  stipulazione.  Si
ricorda,  peraltro,  l'obbligo  generale  di  comunicare l'assunzione
entro  5  giorni dalla stessa, previsto dall'articolo 9 bis, comma 2,
del  decreto legge n. 510 del 1996, convertito dalla legge n. 608 del
1996.  Tale  obbligo  dovra'  essere  adempiuto  contestualmente alla
assunzione  con  l'entrata  in vigore, subordinata all'emanazione del
decreto  interministeriale  di  cui  all'articolo 4 bis, comma 7, del
decreto   legislativo   n.  181  del  21  aprile  2000,  della  nuova
formulazione  dell'articolo  9  bis  come modificato dall'articolo 6,
comma 3 del decreto legislativo n. 297 del 2002 (5).
5. Modalita' del rapporto di lavoro a tempo parziale
Lavoro supplementare
Il  lavoro supplementare e' definito, ex articolo 1, comma 2, lettera
e),  come  il  lavoro  reso  oltre  l'orario concordato nel contratto
individuale entro il limite del tempo pieno.
La nuova formulazione dell'articolo 3, comma 1, prevede espressamente
che  nel  part-time  di tipo orizzontale sia consentito il ricorso al
lavoro  supplementare  e  che  il  lavoro  supplementare possa essere
svolto in ogni ipotesi di contratto a tempo determinato.
Cio'  non esclude che il lavoro supplementare possa ipotizzarsi anche
nel lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto, tutte le volte
che  la  prestazione  pattuita ai sensi dell'articolo 2, comma 2, sia
inferiore all'orario normale settimanale.
Nel  lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, la regolamentazione
del  lavoro  supplementare  rimane  affidata  ai contratti collettivi
stipulati  dai  soggetti  individuati  dall'articolo  1, comma 3, del
decreto   legislativo   n.   61   del  2000,  cosi'  come  modificato
dall'articolo  46,  comma  1,  lettera  b).  Rispetto alla precedente
formulazione, e' stato tuttavia eliminato il riferimento al contratto
collettivo  effettivamente applicato. Pertanto, puo' ritenersi che il
datore  di  lavoro  che  applichi un contratto che non regolamenta il
lavoro  supplementare  possa mutuare la regolamentazione contenuta in
un contratto diverso da quello applicato.
Alla     autonomia    collettiva    e'    conseguentemente    rimessa
l'individuazione  del  numero  massimo di ore di lavoro supplementare
effettuabili,  le  causali nonche' le conseguenze del superamento dei
limiti massimi consentiti (6). La nuova formulazione non predetermina
il  periodo  di  riferimento  entro  cui  detti limiti massimi devono
essere  stabiliti, e non vincola le parti del contratto collettivo ad
individuare   causali   di   tipo  oggettivo  di  ricorso  al  lavoro
supplementare,  di  modo che possono essere previste anche causali di
tipo soggettivo.
In   ipotesi   di   superamento   dei  limiti  consentiti  al  lavoro
supplementare  il  termine "conseguenze" deve essere interpretato nel
senso   che   tali   conseguenze   non   devono   essere   di  natura
necessariamente economica (per esempio riposi compensativi).
L'articolo  46,  comma  1, lettera i), del decreto legislativo n. 276
del  2003 ha, inoltre, abolito il comma 6 dell'articolo 3 del decreto
legislativo  n.  61  del  2000; conseguentemente e' stata abrogata la
disciplina  legale  sussidiaria che prevedeva, in caso di superamento
dei  limiti  consentiti  e  in  assenza  di  specifica previsione del
contratto  collettivo,  una  maggiorazione  del  50  per  cento sulla
retribuzione  oraria  globale  di fatto, nonche' la previsione legale
che   attribuiva   alla  contrattazione  collettiva  la  facolta'  di
regolamentare  il  consolidamento dell'orario di lavoro svolto in via
non meramente occasionale.
In  presenza  della regolamentazione collettiva non e' necessario, in
base  alla  esplicita  previsione  di  legge,  il  consenso al lavoro
supplementare  da  parte del lavoratore. L'eventuale rifiuto non puo'
in ogni caso integrare un giustificato motivo di licenziamento.
Il  venir meno del riferimento all'illecito disciplinare, contemplato
dalla  normativa  previgente,  deve essere interpretato nel senso che
l'illegittimo  rifiuto  a  rendere  la prestazione supplementare puo'
acquisire rilevanza disciplinare.
In mancanza di regolamentazione collettiva il lavoro supplementare e'
comunque  ammesso  su  base  volontaria,  ma e' venuto meno, in forza
dell'articolo  46, comma 1, lettera e) del decreto legislativo n. 276
del  2003, il limite del 10 per cento rispetto all'orario concordato,
previsto  dalla  originaria formulazione dell'articolo 3, comma 2 del
decreto  legislativo  n.  61 del 2000. In assenza di regolamentazione
collettiva,  e previo accordo individuale, il lavoro supplementare e'
pertanto ammesso senza limiti, fermo restando quello del tempo pieno.
A  fronte  del principio di liberta' della forma non e' richiesto che
il  consenso, a differenza che per le ipotesi di lavoro flessibile ed
elastico,  sia  prestato  con  una forma predeterminata. Pertanto, il
consenso,  oltre che essere manifestato per fatti concludenti, potra'
essere  anche  preventivamente  acquisito,  ad esempio all'inizio del
turno/settimana/mese.
La  necessita'  del consenso, per contro, comporta che il rifiuto, in
questa ipotesi, non puo' costituire ne' giustificato motivo oggettivo
di licenziamento ne' un fatto disciplinarmente rilevante.
La  disciplina  legale  non  prevede  una maggiorazione per il lavoro
supplementare.  I  contratti  collettivi  hanno  tuttavia facolta' di
introdurre  una  maggiorazione  per  il  lavoro  supplementare  sulla
retribuzione oraria globale di fatto.
I  contratti  collettivi  possono  stabilire  che  l'incidenza  sugli
istituti  retributivi indiretti e differiti della retribuzione per le
ore   supplementari,   sia  applicata  attraverso  una  maggiorazione
forfetaria della retribuzione oraria globale di fatto.
La  nuova  disciplina  del  lavoro  supplementare  e'  immediatamente
applicabile.   Riguardo   alle   discipline   vigenti  nei  contratti
collettivi,   in  considerazione  della  espressa  abrogazione  della
disciplina  transitoria  introdotta  dall'articolo  3,  comma 15, del
d.lgs.  n.  61  del  2000,  decadono  tutte le clausole dei contratti
collettivi (nazionali, territoriali o aziendali) vigenti alla entrata
in  vigore  del  d.lgs.  n.  276  del 2003 incompatibili con la nuova
disciplina  di legge ovvero stipulate sul presupposto o, comunque, in
applicazione della norma legale coeva. Verranno meno, di conseguenza,
anche  le  clausole dei contratti individuali apposte in applicazione
della disciplina collettiva oramai caducata.
Il lavoro straordinario
Nel  lavoro  a tempo parziale di tipo verticale o misto e' ammesso il
ricorso  al  lavoro  straordinario  (7).  E'  possibile il ricorso al
lavoro  straordinario  anche nella ipotesi in cui il rapporto a tempo
parziale sia stipulato a termine (8).
Il  lavoro straordinario e' disciplinato dalle regole vigenti, legali
e  contrattuali,  per  i lavoratori a tempo pieno. Sara' possibile il
ricorso  al  lavoro straordinario solo ove il tempo pieno settimanale
sia  stato  raggiunto.  In  caso  contrario, la variazione in aumento
dell'orario  potra'  essere  gestita  mediante  il ricorso a clausole
elastiche ovvero mediante il ricorso al lavoro supplementare.
Come  per i lavoratori a tempo pieno non e' previsto alcun obbligo di
forma per la richiesta di effettuazione di lavoro straordinario.
Clausole flessibili
Nel  contratto  di  lavoro  a tempo parziale deve essere inserita una
puntuale regolamentazione della collocazione oraria della prestazione
con riferimento al giorno, alla settimana al mese o all'anno (9).
Il   datore   di   lavoro  non  puo'  modificare  unilateralmente  la
collocazione   della   prestazione   lavorativa   rispetto  a  quella
contrattualmente  stabilita. Le parti del contratto individuale hanno
la  facolta'  di  stipulare  un  patto,  in  forma scritta, avente ad
oggetto  una clausola flessibile (10). Il patto puo' essere stipulato
anche  quando  il  rapporto di lavoro a tempo parziale e' stipulato a
termine (11).
Il  patto  puo'  essere  stipulato  contestualmente o successivamente
all'assunzione  (12). Nella stipulazione di detto patto il lavoratore
puo'  chiedere  di  farsi assistere da un rappresentante sindacale in
azienda da lui indicato (13).
La  regolamentazione del lavoro flessibile e' demandata all'autonomia
collettiva  che  individua  le condizioni e le modalita' di esercizio
del   potere   unilaterale   del  datore  di  lavoro  di  variare  la
collocazione temporale della prestazione (14).
La disciplina legale prevede in favore del lavoratore un preavviso di
due   giorni   lavorativi   (15).   Le  parti,  anche  del  contratto
individuale,  possono  stabilire  una diversa misura del preavviso ma
non eliminarlo completamente.
In  caso  di  lavoro  flessibile  il  lavoratore ha inoltre diritto a
specifiche  compensazioni.  La  determinazione  della  forma  e della
misura  di  tali  compensazioni e' rinviata alla autonomia collettiva
tenuto  conto  che  l'articolo  3,  comma  1, lettera b), della legge
delega  n.  30  del  2003  prevede  che  sia  comunque  prevista  una
maggiorazione di carattere retributivo da riconoscere al lavoratore.
La  nuova  formulazione del testo di legge non ripropone il requisito
del  contratto  effettivamente  applicato.  Anche, in questa ipotesi,
pertanto,  puo'  ritenersi  che  il  datore di lavoro che applichi un
contratto  che  non regolamenta il lavoro flessibile possa mutuare la
regolamentazione   contenuta   in  un  contratto  diverso  da  quello
applicato. In tal caso, occorre tuttavia che il contratto individuale
di lavoro indichi espressamente quale sia il contratto collettivo cui
si intende far riferimento. E cio' per l'evidente esigenza di rendere
edotto   il   lavoratore   della   disciplina   contrattuale  cui  e'
assoggettato.
In  mancanza  di  una  regolamentazione  per  via collettiva le parti
possono,  comunque accordarsi per lo svolgimento di lavoro flessibile
(16)   ma  devono  regolamentarne  condizioni  e  modalita',  nonche'
stabilire le forme e la misura della compensazione.
Il  rifiuto  del  prestatore  di  lavoro  di  stipulare  la  clausola
flessibile   non   costituisce   in   ogni   caso,   e   cioe'  anche
indipendentemente  dal  fatto  che  esista  o  meno  regolamentazione
collettiva della materia, giustificato motivo di licenziamento (17).
L'articolo  46  del  decreto  legislativo n. 276/2003, modificando il
testo  previgente,  ha abolito la regolamentazione legale del diritto
di  ripensamento  con  cui  era possibile per il prestatore di lavoro
recedere dal patto di flessibilita' (18).
Infine,  si  sottolinea,  che  non  integrano una ipotesi di clausola
flessibile  le  previsioni  dei  contratti  collettivi, stipulati dai
soggetti individuati dall'art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 61
del  2000  come  modificato  dall'art.  46, comma 1 d.lgs. n. 276 del
2003,  che, nel determinare le modalita' della prestazione lavorativa
a  tempo  parziale,  prevedano che la stessa possa essere programmata
con  riferimento  a  turni articolati su fasce orarie prestabilite di
modo  che ove tale indicazione sia recepita nel contratto individuale
(per  relationem)  deve  essere  considerato soddisfatto il requisito
della   puntuale   indicazione  della  collocazione  temporale  della
prestazione  con  riferimento  al  giorno,  alla settimana, al mese e
all'anno (19).
Clausole elastiche
L'articolo  46 del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha introdotto,
limitatamente  al  part-time  verticale  e  misto, la facolta' per le
parti  del  contratto  di  lavoro  di stipulare una clausola elastica
relativa   cioe'   alla   variazione  in  aumento  della  prestazione
lavorativa.  Tale  clausola  si differenzia dalla clausola flessibile
perche' non concerne dunque, semplicemente, la collocazione del monte
ore  concordato  ma  attiene invece alla possibilita' - vietata dalla
normativa previgente - di ampliare il numero di ore concordato.
La  clausola  elastica  e'  regolamentata  dalla  medesima disciplina
prevista  per  la  clausola flessibile ma all'autonomia collettiva e'
demandata, oltre che la regolamentazione delle condizioni e modalita'
di   esercizio   del  potere  datoriale  di  variare  in  aumento  la
prestazione  lavorativa,  anche l'individuazione dei limiti entro cui
e' legittimo il ricorso al lavoro elastico.
In  assenza  di regolamentazione collettiva tali limiti devono essere
previsti dalle parti del contratto individuale che stipulino il patto
avente ad oggetto la clausola elastica.
La   clausola  elastica  determina  un  incremento  definitivo  della
quantita'  della  prestazione, a differenza dello straordinario o del
supplementare   ove   si   verifica   un   aumento  temporaneo  della
prestazione,  riferito  ad  ogni  singola  giornata nella quale viene
richiesta una prestazione aggiuntiva. Tale incremento puo' ovviamente
essere delimitato nel tempo e potrebbe anche essere solo eventuale.
6. La trasformazione del rapporto.
Datore  di  lavoro e lavoratore possono accordarsi per trasformare il
rapporto  da  tempo pieno a tempo parziale o viceversa. Il rifiuto da
parte del lavoratore di trasformare il rapporto non integra in nessun
caso un giustificato motivo di licenziamento (20).
L'accordo  con  cui  le  parti  stabiliscono  la  trasformazione  del
rapporto  da  tempo  pieno  a tempo parziale deve essere stipulato in
forma  scritta  e  deve  essere  convalidato  davanti  alla Direzione
Provinciale  del  Lavoro  competente  per territorio non essendo piu'
prevista  la facolta' per il lavoratore di richiedere l'assistenza di
un  rappresentante  sindacale in azienda da lui indicato (21). L'atto
di  convalida  ben  puo'  intervenire  successivamente  alla  stipula
dell'accordo e non presuppone la necessaria presenza del lavoratore.
Nell'  ipotesi di trasformazione a tempo pieno di un rapporto a tempo
parziale, cosi' come nell'ipotesi di aumento o diminuzione definitivi
della  durata  della  prestazione  dedotta  nel  contratto,  non sono
previsti obblighi di forma ne' di convalida in sede amministrativa.
Si  ricorda,  peraltro,  che  l'articolo  4 bis, comma 5, del decreto
legislativo  n.  181 del 2000, come modificato dall'articolo 6, comma
1,  del decreto legislativo n. 297 del 2002, la cui entrata in vigore
e'  subordinata  all'emanazione  del decreto interministeriale di cui
all'articolo  4  bis,  comma 7, del decreto legislativo n. 181 del 21
aprile 2000, prevede l'obbligo di comunicare, entro cinque giorni, ai
servizi  competenti, la trasformazione del rapporto da tempo parziale
a tempo pieno (22).
La nuova disciplina legale del rapporto di lavoro a tempo parziale ha
abolito  il  diritto  legale  di precedenza per la trasformazione del
rapporto  da  tempo  parziale  a  tempo  pieno  nell'ipotesi di nuove
assunzioni a tempo pieno, per mansioni uguali o equivalenti in unita'
produttive  site  nello  stesso  ambito  comunale (23). Tale diritto,
pero',  puo'  essere  inserito  dalle parti nel contratto individuale
(24).
E'  rimasta  invariata  la precedente regolamentazione del diritto di
precedenza  nel  passaggio  da  tempo pieno a tempo parziale eccezion
fatta  per  il venir meno dell'obbligo legale, da parte del datore di
lavoro, di motivare adeguatamente l'eventuale rifiuto a fronte di una
specifica richiesta del lavoratore (25).
7. Computo dei lavoratori part time
Ai  fini  delle  disposizioni  di  legge  e di contratto collettivo i
lavoratori  assunti  con  contratto di lavoro a tempo parziale devono
essere  computati  nell'organico.  aziendale  in proporzione al tempo
effettivo  di  lavoro.  A  tal  fine dunque occorre considerare anche
l'eventuale  lavoro  supplementare  o  quello  prestato  in virtu' di
clausole elastiche.
8. Sanzioni
L'articolo  8,  comma  1  del  decreto  legislativo n. 61 del 2000 e'
rimasto  invariato coerentemente con il permanere del requisito della
forma scritta esclusivamente a fini probatori.
In difetto di prova, relativamente alla stipulazione del contratto di
lavoro come contratto a tempo parziale, il lavoratore potra' chiedere
che  il rapporto di lavoro sia dichiarato a tempo pieno dalla data in
cui  la  mancanza  della  forma scritta sia giudizialmente accertata,
fermo  restando  il  diritto  alla  retribuzione  per  la prestazione
effettivamente resa nel periodo anteriore.
L'articolo  46,  comma  1, lettera r), del decreto legislativo n. 276
del  2003  ha modificato il secondo comma dell'articolo 8 del decreto
legislativo n. 61 del 2000.
La   nuova   formulazione  ribadisce  che  l'assenza  di  indicazioni
puntuali,   relativamente  alla  collocazione  e  alla  durata  della
prestazione  lavorativa  nel contratto a tempo parziale, non comporta
la nullita' dello stesso.
Nell'ipotesi  di  mancata  o  imprecisa  indicazione della durata, il
lavoratore  potra' agire per far dichiarare che il rapporto di lavoro
e'  a  tempo  pieno dalla data della sentenza. Rimane il diritto alla
retribuzione   per  la  prestazione  effettivamente  eseguita  ma  il
lavoratore  ha  diritto  ad  un  equo  risarcimento  per  il  periodo
anteriore alla sentenza.
Nell'ipotesi  in  cui manchi o sia indeterminata la definizione della
collocazione oraria questa potra' essere definita in giudizio.
Come parametro si rinvia alle determinazioni dei contratti collettivi
in  materia  di  clausole  elastiche  o flessibili, in quanto utili a
determinare  la  collocazione  della  prestazione. In mancanza dovra'
tenersi  conto delle responsabilita' famigliari del lavoratore, della
necessita'  che  questi possa avere di integrare il reddito derivante
dal  rapporto  a  tempo  parziale  mediante  lo  svolgimento di altra
attivita'  lavorativa nonche' delle esigenze organizzative del datore
di  lavoro.  Anche  in questa ipotesi, fermo restando il diritto alla
retribuzione  per  la prestazione effettivamente resa, e' previsto un
ulteriore   emolumento,  a  titolo  di  risarcimento  del  danno,  da
liquidarsi  con valutazione equitativa, per il periodo anteriore alla
sentenza.  Si  preserva  la  facolta'  per  le  parti  di  introdurre
successivamente clausole elastiche o flessibili.
Le  controversie  relative  alla mancanza della forma scritta, ovvero
alla  omessa  o imprecisa indicazione della collocazione oraria della
prestazione o della sua durata, possono essere risolte anche mediante
le  procedure  di  conciliazione  e  arbitrato previste dai contratti
collettivi  nazionali  stipulati  da  organizzazioni comparativamente
piu' rappresentative.
L'articolo 46, comma 1, lettera s) del decreto legislativo n. 276 del
2003 ha inoltre introdotto nell'articolo 8 del decreto legislativo n.
61  del  2000 il comma 2 bis. In base a tale norma lo svolgimento del
lavoro  flessibile  o  elastico in violazione delle previsioni legali
nonche',  ove  esistenti,  di  quelle  contrattuali,  attribuisce  al
lavoratore  uno specifico diritto alla corresponsione di un ulteriore
emolumento a titolo di risarcimento del danno.
A  fronte  della nuova regolamentazione del diritto di precedenza nel
passaggio  da  tempo  parziale  a  tempo pieno, non piu' previsto per
legge, ma eventualmente solo sulla base del contratto individuale, la
sanzione   prevista   dall'articolo   8   comma  3,  che  prevede  la
corresponsione, in caso di violazione del diritto, di un risarcimento
pari  alla  differenza  fra  l'importo della retribuzione percepita e
quella  che sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio nei sei
mesi  successivi,  integra il contratto individuale qualora le parti,
introducendo   il   diritto,  abbiano  omesso  di  predeterminare  la
conseguenza della sua violazione.
A   fronte   dell'abrogazione   dell'obbligo  di  comunicazione  alla
Direzione   Provinciale  del  Lavoro  deve  ritenersi  implicitamente
abrogata   anche   la   relativa   sanzione   prevista  dal  comma  4
dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 61 del 2000.
Per  le violazioni antecedenti al 24 ottobre 2003, trova applicazione
il  principio  di irretroattivita' delle leggi che prevedono sanzioni
amministrative  di  cui  all'articolo  1  della legge n. 689/1981. Ne
consegue   che,   anche   nel  caso  di  emissione  di  ordinanza  di
ingiunzione,  avente  ad  oggetto violazioni anteriori all'entrata in
vigore  della  nuova  disciplina, troveranno applicazione le sanzioni
riferite alla violazione dell'obbligo di comunicazione alla Direzione
Provinciale del Lavoro.
A  tal  riguardo e' significativa la decisione della Suprema Corte n.
16699  del  26  novembre 2002, la quale stabilisce che "in materia di
illeciti  amministrativi,  l'adozione  del principio di legalita', di
irretroattivita'   e   di   divieto  di  applicazione  dell'analogia,
risultante   dall'articolo   1   della   L.   n.  689/1981,  comporta
l'assoggettamento della condotta considerata alla legge del tempo del
suo  verificarsi,  con  conseguente inapplicabilita' della disciplina
posteriore  piu' favorevole"; inoltre la medesima pronuncia chiarisce
che  la  nuova  disciplina  non  opera "limitatamente ai rapporti non
esauriti,  per essere ancora in corso i relativi procedimenti, ne' in
relazione  alle  violazioni commesse precedentemente, ma per le quali
l'ordinanza  ingiunzione  e'  stata  emessa  dopo l'entrata in vigore
della  legge,  atteso che l'ordinanza ingiunzione non e' esercizio di
un   potere  e  provvedimento  amministrativo  costitutivo,  ma  atto
puramente  esecutivo,  preordinato  soltanto  alla  riscossione di un
credito gia' per effetto della violazione commessa".
8.  Trasformazione  del  rapporto  in favore di lavoratori affetti da
patologie oncologiche.
Il  decreto  legislativo  n  276  del 2003, valorizzando il ruolo del
contratto  di lavoro a tempo parziale come strumento per contemperare
le  esigenze di competitivita' delle imprese con le istanze di tutela
del  lavoratore, introduce anche una disciplina promozionale a favore
dei lavoratori affetti da patologie oncologiche.
L'articolo  46,  comma 1, lettera t), del decreto ha infatti aggiunto
al  decreto  legislativo n. 61 del 2000 l'articolo 12 bis, tipizzando
una  ipotesi  speciale  di  trasformazione  del rapporto in favore di
lavoratori  affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una
ridotta capacita' lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti
di  terapie  salvavita, accertata da una commissione medica istituita
presso l'azienda unita' sanitaria locale territorialmente competente,
si  prevede  infatti  il  diritto alla trasformazione del rapporto di
lavoro  a  tempo  pieno  in  lavoro  a  tempo  parziale  verticale  o
orizzontale.
La  norma  prevede,  inoltre,  che,  a  fronte  della  richiesta  del
lavoratore,  il  rapporto di lavoro a tempo parziale debba nuovamente
essere trasformato in rapporto di lavoro a tempo pieno.
(1)Con   riferimento  all'utilizzo  dell'orario  di  lavoro  a  tempo
parziale nell'ambito del contratto di apprendistato o di formazione e
lavoro si veda gia' la Circ. Min. Lav. n. 46/2001.
(2)Articolo 46, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 276/2003.
(3)Articolo   1,   comma   3,   d.lgs.  n.  61/2000  come  modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera b), d.lgs. n. 276/2003.
(4)Articolo  8,  comma  2,  d.lgs.  n.  61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera r) del d.lgs. n. 276/2003.
(5) Cfr. Circ. Min. Lav. del 24 novembre 2003, n. 37.
(6)Articolo  3,  comma  2,  d.lgs.  n.  61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera e) del d.lgs. n. 276/2003.
(7)Articolo  3,  comma  5,  d.lgs.  n.  61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera i) del d.lgs. n. 276/2003.
(8)Articolo  3,  comma  5,  d.lgs.  n.  61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera i) del d.lgs. n. 276/2003.
(9) Articolo 2, comma 2, d.lgs. n. 61/2000.
(10)Articolo  3,  comma  7,  d.lgs.  n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo  46,  comma  1,  lettera  j)  del  d.lgs. n. 276/2003 e
articolo  3,  comma  9,  d.lgs.  n.  61/2000  cosi'  come  modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera l) del d.lgs. n. 276/2003.
(11)Articolo  3,  comma  10,  d.lgs. n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera m) del d.lgs. n. 276/2003.
(12)Articolo  3,  comma  9,  d.lgs.  n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera l) del d.lgs. n. 276/2003.
(13)Articolo  3,  comma  9,  d.lgs.  n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera l) del d.lgs. n. 276/2003.
(14)Articolo  3,  comma  7,  d.lgs.  n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera j) del d.lgs. n. 276/2003.
(15)Articolo  3,  comma  8,  d.lgs.  n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera k) del d.lgs. n. 276/2003.
(16)Articolo  8  ter,  d.lgs. n. 61/2000 introdotto dall'articolo 46,
comma 1, lettera s) del d.lgs. n. 276/2003.
(17)Articolo  3,  comma  9,  d.lgs.  n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera l) del d.lgs. n. 276/2003.
(18)Articolo   3,   comma   10,  d.lgs.  n.  61/2000  ora  modificato
dall'articolo  46,  comma  1,  lettera  l) del d.lgs. n. 276/2003 che
esplicita   la   possibilita'  di  inserire  clausole  flessibili  ed
elastiche nei contratti a termine.
(19) Cfr. Circ. Min.Lav. n. 37/93
(20)Articolo  5,  comma  1,  d.lgs.  n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera o) del d.lgs. n. 276/2003.
(21)Articolo  5,  comma  1,  d.lgs.  n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera o) del d.lgs. n. 276/2003.
(22) Cfr. Circ. Min. Lav. del 24 novembre 2003, n. 37.
(23)articolo  5,  comma  2,  d.lgs.  n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera o) del d.lgs. n. 276/2003.
(24)articolo  5,  comma  2,  d.lgs.  n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera o) del d.lgs. n. 276/2003.
(25)articolo  5,  comma  3,  d.lgs.  n. 61/2000 cosi' come modificato
dall'articolo 46, comma 1, lettera o) del d.lgs. n. 276/2003.
Roma, 18 marzo 2004
                                            Il Ministro del lavoro
                                           e delle politiche sociali

                                                     Maroni