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Roma, 15 novembre 2010
Circolare n. 209/2010
Oggetto: Lavoro – Nuovo Statuto dei lavori – Bozza di disegno di legge del Ministro del
Lavoro.
Il Ministro del
Lavoro Sacconi ha inviato alle parti sociali (tra cui
L’iniziativa,
accolta positivamente dalla maggioranza delle organizzazioni imprenditoriali e
sindacali ad eccezione della CGIL, si propone di adattare l’attuale normativa lavoristica (basata sullo Statuto dei lavoratori di cui alla legge n.300/70) alle nuove esigenze
produttive e organizzative. Secondo il Ministro Sacconi, infatti, quarant’anni
di Statuto, pur consentendo enormi progressi a tutela del lavoratore, denotano
tuttavia un quadro regolatorio rigido non al passo
con l’evoluzione del mercato del lavoro. In particolare il disegno di legge si
propone di:
·
razionalizzare
e semplificare la normativa vigente riducendola di almeno del 50%;
·
identificare
un nucleo di diritti fondamentali applicabili sia ai lavoratori dipendenti che
ai collaboratori a progetto;
·
rinviare
alla contrattazione collettiva per la disciplina dei diritti non fondamentali
con possibilità di modularli, anche in deroga alle norme di legge, a seconda
dei territori, dei settori e delle dimensioni aziendali.
Tenuto conto della
rilevanza della riforma il Ministro Sacconi ha auspicato la definizione di un Avviso comune tra le parti sociali che
consenta di produrre un testo largamente condiviso da sottoporre prima al
Consiglio dei Ministri e successivamente al Parlamento.
Si fa riserva di
tornare sull’argomento per comunicare i successivi sviluppi.
Fabio
Marrocco |
Allegato uno |
Responsabile di Area |
M/cp |
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consentita esclusivamente alle organizzazioni aderenti alla |
BOZZA DISEGNO DI LEGGE DEL MINISTRO DEL
LAVORO
Delega al Governo per la predisposizione di uno
RELAZIONE
Maggiori e migliori posti di lavoro non si creano per
decreto. Le leggi possono contribuire a un contesto favorevole per la
competitività delle imprese e sostenere la loro naturale propensione ad
assumere e investire in modo stabile sulle persone. Ma possono anche determinare
un effetto contrario, comprimendo le potenzialità del sistema produttivo e le
istanze di inclusione, soprattutto là dove non siano capaci di interpretare e
governare gli imponenti cambiamenti intervenuti nella società e nel lavoro.
L’attuale centralismo regolatorio
di matrice pubblicista e statualista riflette assetti
di produzione propri della vecchia economia. Dominati dalla grande fabbrica
industriale. Con modelli di organizzazione del lavoro standardizzati e rigidi.
Con un perimetro aziendale ben definito quanto a struttura, composizione della
manodopera, localizzazione territoriale.
È questa l’immagine del lavoro riflessa nello “Statuto dei
lavoratori” del 1970.
Una legge storica perché ha consentito l’effettivo
ingresso nelle fabbriche dei diritti fondamentali
della persona sanciti nella Costituzione, anche attraverso la promozione della
presenza sindacale in azienda. Una legge che, tuttavia, trova oggi applicazione
per una parte limitata del mondo del lavoro.
Quarant’anni di Statuto evidenziano gli enormi progressi
compiuti a tutela della persona che lavora, ma anche tutta la distanza che
separa l’impianto di questa legge dai nuovi modelli di produzione e di
organizzazione del lavoro e dalla recente evoluzione di un mercato del lavoro
sempre più terziarizzato e plurale: con forza sempre meno radicata presso la
stessa azienda; con nuove istanze di conciliazione tra i tempi di vita e di
lavoro dettati dal massiccio (ma non ancora soddisfacente) ingresso delle donne
nel mercato del lavoro; con nuovi e crescenti dualismi, a partire da quello tra
Nord e Sud, che ampliano e rendono via via sempre più
profondo il solco tra chi partecipa al mercato del lavoro istituzionale, sindacalmente presidiato e tutelato, e chi invece è
costretto alla inattività quando non relegato in una economia informale
governata da rapporti di lavori grigi che progressivamente degradano nel
sommerso totale.
Al lavoro stabile e per una intera carriera si
contrappongono oggi sempre più frequenti transizioni occupazionali e
professionali che richiedono tutele più adeguate. I mutamenti del mondo del
lavoro implicano l’insorgere di esigenze che spiazzano un sistema di tutele
ingessato – perché fatto di norme rigide sulla carta quanto ineffettive
e poco adattabili alla mutevole realtà del lavoro – suggerendo l’introduzione
di assetti regolatori maggiormente duttili e la definizione di diritti universali
e di tutele di matrice promozionale.
Uno Statuto rigido, ancorato ai modelli e alle logiche di un passato
che non c’è più, tradirebbe la sua funzione storica che è ancora oggi
pienamente attuale. Quella cioè di approntare, al di là delle tecniche e delle
norme di dettaglio di volta in volta adottate, un sistema di tutele moderne e
mobili tali da consentire il pieno sviluppo della persona attraverso il lavoro e nel lavoro.
I tempi per discutere lo
Statuto dei lavoratori sono dunque maturi. Non si tratta di prospettarne la
cancellazione, quanto un suo aggiornamento. E come potrebbe essere diversamente
in un tempo in cui le sollecitazioni al più generale cambiamento dei paradigmi
della crescita sono straordinarie.
La verità è che l’attuale sistema normativo del diritto del lavoro non
soddisfa pienamente nessuna delle due parti del contratto di lavoro. Non i
lavoratori che, nel complesso, si sentono oggi più insicuri e precari. Né gli
imprenditori ritengono il quadro legale e contrattuale dei rapporti di lavoro
coerente con la sfida competitiva imposta dalla globalizzazione e dai nuovi
mercati.
Anche dopo le recenti innovazioni apportate dalla legge Treu e, più ancora,
dalla legge Biagi è palese, e non solo nei settori maggiormente esposti alla
competizione internazionale, l’insofferenza verso un corpo normativo
sovrabbondante e farraginoso che, pur senza dare vere sicurezze a chi lavora,
rallenta inutilmente il dinamismo dei processi produttivi e l’organizzazione
del lavoro.
Stime incerte ci portano a parlare di circa 1.000 atti normativi che
incidono, direttamente o indirettamente, sulla regolazione dei rapporti di
lavoro per un numero approssimativo di oltre 15.000 precetti e disposizioni.
Così, se per un verso i lavoratori chiedono tutele più incisive ed effettive,
le imprese reclamano a loro volta maggiore certezza del diritto e un quadro di
regole meno invasivo, chiaro, esigibile.
Il superamento delle molte criticità nel
mercato del lavoro – vere e proprie ingiustizie sociali per il valore che
attribuiamo al lavoro come occasione di sviluppo e formazione della persona –
non può più essere affidato a una concezione formalistica e statualista
dei rapporti di lavoro che alimenta un imponente contenzioso e un sistema antagonista
e conflittuale di relazioni industriali. Ma non può neppure essere affidato a
soluzioni semplicistiche, pensate a tavolino, che ipotizzano di ricondurre
forzatamente la multiforme e sfuggente realtà del lavoro in un unico schema
contrattuale. Un modello di giuridificazione dei rapporti
di lavoro rigido che non solo non è presente in nessun Paese industrializzato
ma che non è stato ipotizzato neppure nell’epoca, oggi superata, in cui
imperava il modello di organizzazione del lavoro massificato di tipo fordista.
È in effetti una operazione astratta – quanto illusoria – quella di
pensare di poter cristallizzare il dinamismo dei nuovi lavori e della nuova economia
in rigide categorie e schemi di legge unificanti (solo) sulla carta, ma lontani
da una realtà che, per essere governata e non rifuggire nella economia
sommersa, deve essere sempre meno ingabbiata dal legislatore statale e sempre
più affidata alla libera contrattazione collettiva tanto più quando accompagnata
da forme di partecipazione dei lavoratori ai destini dell’impresa.
La stessa dinamica del salario ne può beneficiare attraverso lo
sviluppo della componente collegata agli incrementi di produttività o ai
risultati dell’impresa.
È giunto il tempo di realizzare l’intuizione di una parte del
sindacato quando sosteneva con coraggio e lungimiranza, rispetto al dibattito
che ha poi portato alla codificazione dello Statuto dei lavoratori, che “il contratto
è il mio Statuto”.
È questa l’unica strada praticabile per superare una concezione sterilmente
conflittuale e antagonista dei rapporti di lavoro consolidando e, anzi,
estendendo i diritti del lavoro. Non solo quelli presidiati da norme
inderogabili di legge, ma anche quelli di matrice promozionale che li rendono
adattabili ed esigibili a una realtà in costante movimento.
Con l’obiettivo di incoraggiare una maggiore propensione ad assumere e un migliore adattamento
tra le esigenze del lavoro e quelle della impresa, l’articolo 1 del presente
disegno di legge affida pertanto al Governo la delega a emanare uno o più
decreti legislativi contenenti disposizioni, anche di carattere innovativo,
volte alla redazione di un testo unico della normativa in materia di lavoro
denominato «Statuto dei lavori».
I diritti universali della
persona e le moderne tutele di matrice promozionale possono infatti essere
esaltati e meglio perseguiti nella ottica unitaria dello «Statuto dei lavori»
ipotizzato da Marco Biagi già nel corso del passato decennio quale corpo di
tutele adattabili, affidate alla contrattazione collettiva e costruite per
geometrie variabili e modulabili in funzione di molteplici parametri tra cui,
in particolare, le caratteristiche del lavoratore e le condizioni della
azienda, del settore o del territorio di riferimento.
La delega di cui all’articolo 1
del presente disegno di legge, che dovrà essere esercitata in
conformità agli obblighi derivanti dalle normative comunitarie e dalle
convenzioni internazionali sul lavoro, si propone, in primo luogo, la
razionalizzazione e semplificazione del quadro legale con l’obiettivo di
ridurre almeno del 50 per cento la normativa attualmente vigente frutto di una
stratificazione disorganica. Ciò potrà avvenire anche
mediante abrogazione delle normative risalenti nel tempo prevedendo altresì,
ove opportuno, un nuovo regime di sanzioni civili, penali e amministrative.
La semplificazione del quadro legale vigente potrà essere
perseguita anche attraverso la valorizzazione delle sanzioni di tipo premiale
in modo da tenere conto della natura sostanziale o formale della singola
violazione anche attraverso la utilizzazione di strumenti che favoriscano la
regolarizzazione e la eliminazione degli effetti della condotta illecita da
parte dei soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi.
Avviata la razionalizzazione e semplificazione del quadro
legale la delega si propone di identificare nell’ambito della legislazione
vigente, che viene dunque confermata, un nucleo di diritti universali e
indisponibili, di rilevanza costituzionale e coerenti con
Le tutele non ricomprese nel nucleo dei diritti universali
potranno essere eventualmente rimodulate e adattate, anche in chiave
promozionale, alle reciproche esigenze di lavoratori e imprese attraverso un
rinvio permanente alla contrattazione collettiva per la definizione
di assetti di tutele variabili a livello territoriale, settoriale o aziendale
anche in deroga alle norme di legge, valorizzando altresì, mediante norme
promozionali e di sostegno, il ruolo e le funzioni degli organismi bilaterali.
La rimodulazione delle tutele da parte della
contrattazione collettiva potrà avvenire attraverso il riferimento ad alcuni
indicatori dinamici come l’andamento economico della impresa,
del territorio o del settore di riferimento con particolare riguardo alle
situazioni di crisi aziendale e occupazionale, all’avvio di nuove attività,
alla realizzazione di significativi investimenti e ai più generali obiettivi di
incremento della competitività e di emersione del lavoro nero e irregolare.
Potranno altresì essere prese in considerazione le caratteristiche e la
tipologia del datore di lavoro e dello stesso lavoratore con specifico
riferimento alla anzianità continuativa di servizio, alla professionalità o
alla appartenenza a gruppi svantaggiati ai sensi della regolamentazione
comunitaria di riferimento. Specifiche modulazioni potranno essere previste
anche per i contratti a contenuto formativo o di inserimento o reinserimento al
lavoro, nonché in ragione delle concrete modalità di esecuzione della attività
lavorativa con particolare riferimento alle collaborazioni coordinate e
continuative rese a favore di un unico committente.
Quanto
alle tutele sul mercato l’articolo 1 del disegno di legge – preso favorevolmente
atto delle deleghe in materia di razionalizzazione degli ammortizzatori esistenti
contenute nel “collegato lavoro” – dispone l’estensione (su base
volontaria od obbligatoria e mediante contribuzioni corrispondenti alle
prestazioni) degli ammortizzatori sociali e contempla interventi di politica attiva
del lavoro coerenti con le linee guida e i principi
concordati tra Governo, Regioni e parti sociali nell’accordo del 17 febbraio
2010 con particolare riferimento alla valorizzazione di percorsi formativi per
competenze e in ambiente produttivo, certificabili in funzione degli esiti e
programmati in coerenza con i fabbisogni professionali espressi a livello
settoriale e territoriale.
In una ottica di sussidiarietà e di maggior coinvolgimento
delle parti sociali, il disegno di legge prevede infine che tali principi
potranno essere integrati da un avviso comune reso al Governo da associazioni
rappresentative dei datori e prestatori di lavoro su scala nazionale entro nove
mesi dalla entrata in vigore della legge.
L’articolo 2 del disegno di legge contiene alcune
disposizioni di ordine tecnico concernenti l’esercizio della delega di cui
all’articolo 1. Gli schemi dei decreti legislativi,
deliberati dal Consiglio dei Ministri e corredati da una apposita relazione,
saranno trasmessi alle Camere, per l’espressione del parere da parte delle
competenti Commissioni parlamentari, solo una volta sentite le associazioni
sindacali comparativamente più rappresentative dei datori e prestatori di
lavoro.
Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata
in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, il Governo potrà
adottare eventuali disposizioni modificative e correttive, comprensive della
possibilità di adottare un testo unico delle disposizioni in materia di lavoro,
con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi criteri e princìpi direttivi.
* * * * *
Articolo 1
Delega al Governo per la predisposizione
di uno Statuto dei lavori
1.
Al fine di incoraggiare una
maggiore propensione ad assumere e un migliore adattamento tra le esigenze del
lavoro e quelle della impresa, il Governo è delegato a emanare, entro dodici
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni, anche di
carattere innovativo, volte alla redazione di un testo unico della normativa in
materia di lavoro denominato Statuto dei lavori.
2.
La delega di cui al comma 1 deve
essere esercitata in conformità agli obblighi derivanti dalle normative
comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro e nel rispetto dei
seguenti princìpi e criteri direttivi:
a)
razionalizzazione e semplificazione
con l’obiettivo di ridurre almeno del 50 per cento la normativa vigente anche mediante abrogazione delle normative
risalenti nel tempo, prevedendo un nuovo regime di sanzioni, in particolare di
tipo premiale, che tengano conto della natura sostanziale o formale della
violazione e favoriscano la immediata eliminazione degli effetti della condotta
illecita;
b)
identificazione di un nucleo di
diritti universali e indisponibili, di rilevanza costituzionale e coerenti con
c)
conseguente identificazione della
rimanente area di tutele con possibilità per la contrattazione collettiva di una
loro modulazione e promozione nei settori, nelle aziende e nei territori, anche
in deroga alle norme di legge, valorizzando il ruolo e le funzioni degli
organismi bilaterali. Nell’esercizio di questa capacità la contrattazione
collettiva tiene conto, in particolare, dei seguenti indici:
-
andamento economico della impresa,
del territorio o del settore di riferimento con particolare riguardo alle crisi
aziendali e occupazionali, all’avvio di nuove attività, alla realizzazione di
significativi investimenti e ai più generali obiettivi di incremento della
competitività e di emersione del lavoro nero e irregolare;
-
caratteristiche e tipologia del
datore di lavoro anche con riferimento a parametri dimensionali della impresa
non legati al solo numero dei dipendenti;
-
caratteristiche del lavoratore con
specifico riferimento alla anzianità continuativa di servizio, alla
professionalità o alla appartenenza a gruppi svantaggiati;
-
modalità di esecuzione della
attività lavorativa autonoma e coordinata con un solo committente, con
particolare riferimento all’impegno temporale e al grado di autonomia del lavoratore;
-
finalità del contratto con
riferimento alla valenza formativa o di inserimento al lavoro.
d)
riordino della regolazione delle
tutele nel mercato del lavoro con riferimento ai servizi di orientamento e
collocamento al lavoro e ad attività di formazione secondo percorsi per
competenze in ambiente produttivo, certificabili negli esiti, coerenti con i
fabbisogni professionali rilevati;
e)
estensione, su base volontaria od
obbligatoria e mediante contribuzioni corrispondenti alle prestazioni, degli
ammortizzatori sociali senza oneri aggiuntivi di finanza pubblica.
f)
I principi e criteri direttivi di
cui al comma 2 potranno essere integrati da un avviso comune reso al Governo
dalle associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative su scala nazionale entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge.
Articolo 2
Disposizioni concernenti l’esercizio
della delega di cui all’articolo 1
1.
Gli schemi dei decreti
legislativi di cui all’articolo 1, deliberati dal Consiglio dei Ministri e
corredati da una apposita relazione sono trasmessi alle Camere, una volta
sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative dei
datori e prestatori di lavoro, per l’espressione del parere da parte delle
competenti Commissioni parlamentari permanenti entro la scadenza del termine
previsto per l’esercizio della relativa delega.
2.
In caso di mancato rispetto
del termine per la trasmissione, il Governo decade dall’esercizio della delega.
Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il parere entro trenta giorni
dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l’espressione del parere
decorra inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.
Qualora il termine previsto per il parere delle Commissioni parlamentari scada
nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della
delega o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta giorni.
Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore
dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, il Governo può adottare
eventuali disposizioni modificative e correttive, comprensive della possibilità
di adottare un testo unico delle disposizioni in materia di lavoro, con le
medesime modalità e nel rispetto dei medesimi criteri e princìpi
direttivi.