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Roma, 30 marzo 2012
Circolare n. 83/2012
Oggetto: Lavoro – Riforma del mercato del lavoro – Linee
guida approvate dal Governo il 23.3.2012.
Il Consiglio dei
Ministri dello scorso 23 marzo ha approvato le linee guida della riforma del
mercato del lavoro che saranno ora tradotte in un disegno di legge da presentare
al Parlamento. Come testimoniato dall’acceso dibattito di questi giorni,
sebbene la volontà del Governo sia quella di realizzare un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo, la
riforma presenta luci ed ombre. Mentre dal lato della flessibilità in uscita
interviene per la prima volta sul famigerato art.18 dello Statuto dei
lavoratori (legge n.300/70) allentando la disciplina dei licenziamenti
individuali, dal lato della flessibilità in entrata rafforza la centralità del
contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato rendendo più costoso per
le imprese il ricorso ad altri tipi di contratti e imprimendo un sostanziale
giro di vite ai rapporti di lavoro di natura autonoma (collaborazioni, partite
IVA, associazioni in partecipazione, ecc.).
Inoltre viene
ridisegnato il sistema degli ammortizzatori sociali prevedendone la graduale
trasformazione entro il 2017 e l’estensione ai settori attualmente non coperti.
La riforma può
schematicamente essere suddivisa in quattro capitoli principali: tipologie
contrattuali, licenziamenti individuali, ammortizzatori sociali, tutela delle
fasce deboli. Se ne illustrano gli aspetti principali con riserva di tornare
sull’argomento nel corso dell’iter parlamentare.
Tipologie contrattuali – La riforma Fornero
prevede una serie di interventi sulle forme contrattuali di più larga
diffusione al fine di limitarne gli usi impropri.
Contratti a termine – L’innovazione più rilevante consisterà
nell’introduzione di una contribuzione aggiuntiva dell’1,4% a carico delle
aziende sulle assunzioni con contratto a termine (salvo non si tratti di
lavoratori assunti in sostituzione); la maggiore contribuzione potrà essere
parzialmente recuperata dall’azienda (fino ad un massimo di 6 mensilità di
contributi in più versati) in caso di trasformazione del contratto a tempo
indeterminato. La durata massima del contratto sarà fissata in 36 mesi senza possibilità
di ulteriori proroghe come previsto attualmente. Per contrastare l’eccessiva
reiterazione dei contratti a termine tra gli stessi soggetti, sarà infine allungato
l’intervallo di tempo che deve intercorrere tra un contratto e l’altro; tale intervallo
sarà portato a 60 giorni nel caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi e a
90 giorni nel caso di contratti di durata superiore (attualmente 10 e 20 giorni).
Apprendistato – L’apprendistato dovrebbe diventare il canale
privilegiato di accesso dei giovani nel mondo del lavoro. A tal fine, fermo
restando l’impianto generale previsto dal DLGVO n. 16/2011 del precedente
Governo, saranno introdotti i seguenti correttivi al contratto di
apprendistato:
·
rafforzamento
dei contenuti formativi;
·
fissazione
di una durata minima di 6 mesi;
·
innalzamento
del rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati dall’attuale 1/1 a 3/2
(con possibilità quindi per l’impresa di assumere 3 apprendisti ogni 2 lavoratori
qualificati in forza);
·
introduzione
di un meccanismo di stabilizzazione in base al quale per poter assumere nuovi
apprendisti è necessario avere confermato almeno il 50% dei contratti di
apprendistato scaduti nell’ultimo triennio (meccanismi di questo tipo peraltro
sono già presenti nella generalità dei contratti collettivi, tra cui il CCNL logistica,
trasporto e spedizioni).
Contratti di inserimento – Le agevolazioni attualmente previste
per i contratti di inserimento, introdotti dal DLGVO n. 276/2003 per
l’assunzione di lavoratori appartenenti a categorie svantaggiate, saranno
destinate esclusivamente all’assunzione di over 50
disoccupati da almeno 12 mesi.
Part-time – Il datore di lavoro sarà tenuto ad effettuare una
comunicazione amministrativa, contestualmente al preavviso da dare al
lavoratore, per tutte le variazioni di orario in regime di part-time.
Collaborazioni a progetto – L’intenzione del Governo è quella
di evitare, attraverso disincentivi tanto normativi quanto contributivi,
utilizzi ritenuti impropri dell’istituto in quanto diretti a sostituire contratti
di lavoro subordinato. Sul piano normativo sarà in particolare prevista una
definizione più stringente del progetto che non potrà consistere in una mera
riproposizione dell’oggetto sociale dell’impresa committente; la limitazione
dell’istituto a mansioni non meramente esecutive o ripetitive; la presunzione
di subordinazione qualora l’attività svolta dal collaboratore sia analoga a
quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente (fatta
eccezione per le prestazioni di elevata professionalità); l’eliminazione della
facoltà di introdurre nel contratto di collaborazione clausole individuali che
consentano il recesso anticipato del committente.
Sul piano
contributivo si prevede di elevare le aliquote INPS di un punto all’anno a partire
dal
Partita IVA – Come per le collaborazioni a progetto, anche per le
collaborazioni professionali con titolari di partita IVA sarà introdotta la presunzione
di subordinazione, con conseguente trasformazione del rapporto in contratto di
lavoro dipendente, tutte le volte che la collaborazione duri complessivamente più
di 6 mesi nell’arco di un anno, da essa il collaboratore ricavi più del 75% dei
corrispettivi e comporti l’utilizzo di una postazione di lavoro presso il committente.
Tali indici presuntivi potranno essere considerati anche disgiuntamente in occasione
delle verifiche sulla genuinità del rapporto con i titolari di partita IVA.
Associazione in partecipazione – L’utilizzo dell’istituto sarà
limitato solo nei casi di associazioni tra familiari entro il 1° grado o tra
coniugi.
Licenziamenti individuali – Il Governo intende restringere i
casi in cui scatta il diritto al reintegro nel posto di lavoro a favore del
lavoratore illegittimamente licenziato da parte di aziende con più di 15
dipendenti (art.18 della legge n.300/170). A fronte della situazione attuale
che riconosce tale diritto in tutti i casi di licenziamento non sorretto da
giusta causa o da giustificato motivo (fatta salva la facoltà per il lavoratore
di chiedere in alternativa il pagamento di 15 mensilità), la riforma Fornero distingue tre ipotesi di licenziamenti illegittimi:
·
licenziamenti discriminatori, per i quali nulla cambierà rispetto
alla disciplina attuale;
·
licenziamenti disciplinari, per i quali sarà attribuita al
giudice la possibilità di scegliere se condannare l’azienda al reintegro del
lavoratore e al risarcimento dei danni subiti (entro un massimo di 12
mensilità) o, in alternativa, al solo pagamento di un’indennità risarcitoria
compresa tra 15 e 27 mensilità;
·
licenziamenti economici, per i quali sarà esclusa la
sanzione del reintegro potendo essere adottata unicamente solo una sanzione di
tipo pecuniario (compresa anche in questo caso tra 15 e 27 mensilità).
Ammortizzatori sociali – Gli interventi previsti puntano ad estendere in
maniera stabile le tutele ai lavoratori di tutti i settori, superando la
provvisorietà dei cosiddetti ammortizzatori
in deroga ormai riconosciuti da alcuni anni alle aziende non rientranti nel
sistema tradizionale degli ammortizzatori sociali. Secondo il Governo il nuovo
sistema dovrebbe entrare gradualmente a regime solo nel 2017, anche se non è ancora
chiaro in che termini nel frattempo conviverà con il
vecchio. Il nuovo assetto poggerà sui seguenti istituti.
·
ASPI (Assicurazione sociale per
l’impiego) – Sostituirà le attuali discipline sull’indennità di disoccupazione
e sulla mobilità e sarà finalizzata a riconoscere un’indennità ai lavoratori
licenziati per un periodo variabile a seconda dell’età (da
·
Cassa integrazione –
·
Fondi di solidarietà bilaterali – L’estensione degli ammortizzatori
sociali alle imprese con oltre 15 dipendenti non destinatarie della CIGS sarà
realizzata tramite l’istituzione di appositi Fondi di solidarietà previsti dalla contrattazione collettiva e
alimentati dalla contribuzione a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori
(2/3 e 1/3). Gli accordi potranno decidere di destinare al finanziamento dei
Fondi il gettito contributivo dello 0,30% attualmente versato ai Fondi per la
formazione continua (tipo il Fondo Forte per i lavoratori del terziario) che
conseguentemente verrebbero riconvertiti. I settori che non provvederanno alla
costituzione del Fondo di solidarietà bilaterale dovranno comunque far
riferimento ad un Fondo di solidarietà residuale che sarà istituito con decreto
del Ministero del Lavoro.
Tutela delle fasce deboli – L’ultimo capitolo della riforma
prevede una serie di interventi a favore di alcune fasce di lavoratori
considerate deboli. Tali interventi vanno dalla tutela, con costi a carico dei datori
di lavoro, per gli esodi di lavoratori anziani a cui manchino quattro anni per
la maturazione della pensione, alla maggiore inclusione delle donne nel mercato
del lavoro (contrastando in particolare il fenomeno delle dimissioni in bianco e favorendo la conciliazione tra tempi di vita
e di lavoro) e al rafforzamento della disciplina sul collocamento obbligatorio
dei disabili.
Fabio Marrocco |
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Responsabile di Area |
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