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Roma, 14 febbraio 2013
Circolare n. 45/2013
Oggetto: Attività
confederale – Convegno “Legalità Concorrenza e Sicurezza per l’Autotrasporto
Italiano” – Atti della manifestazione.
Alla presenza di un folto pubblico,
il 13 febbraio 2013 si è svolto presso l’Auditorium della Tecnica il convegno
organizzato da Confetra e Confindustria “Legalità Concorrenza e Sicurezza per
l’Autotrasporto italiano”.
Nella relazione iniziale il
Vicepresidente Confindustria per lo Sviluppo Economico Aurelio Regina ha
sottolineato tra l’altro come legalità, concorrenza e sicurezza, insieme a una
semplificazione amministrativa sostanziale, siano i pilastri sui quali occorre
puntare per il rilancio della competitività dell’autotrasporto, superando
l’impasse normativa tutta italiana dei costi minimi.
Successivamente il Presidente
Confetra Fausto Forti, nel rimarcare come il regime dei costi minimi crei
un’asimmetria concorrenziale tra vettori italiani e vettori comunitari, ha
illustrato la proposta per regolare i rapporti con le imprese di autotrasporto
elaborata da Confetra e Confindustria. La proposta si basa sulla forma scritta
del contratto come elemento fondamentale di chiarezza nei rapporti tra le
parti; sull’utilizzo del “rating di legalità” (introdotto di recente nel nostro
ordinamento) per la scelta del partner logistico; sulla certezza dei tempi di
pagamento mediante l’introduzione contrattuale di una clausola penale; sulla
tracciabilità dei pagamenti; sull’introduzione di limiti al ricorso alla
subvezione; sulla promozione di clausole di durata per stabilizzare i rapporti;
sul riconoscimento certo, non negoziabile, del costo del gasolio e dei pedaggi;
sulla semplificazione delle controversie attraverso il tentativo di mediazione
presso le associazioni di categoria o mediante clausole arbitrali; sulla
razionalizzazione del regime assicurativo della merce trasportata.
L’avv. Giulia Mauri,
dello studio legale internazionale Verhaegen Walravens, ha presentato uno
studio comparato sulla normativa dell’autotrasporto in sei principali stati
europei (Italia, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, Olanda) relativamente
alla sicurezza stradale, alla libertà contrattuale, ai costi minimi e al legame
tra sicurezza e costi. Lo studio conferma come l’Italia sia l’unico paese ad
aver introdotto un corrispettivo minimo da riconoscere ai vettori e ad aver
collegato l’obbligo di quel corrispettivo minimo con la garanzia della
sicurezza della circolazione.
Dopo quegli
interventi introduttivi si è tenuta la tavola rotonda moderata da Giorgio
Santilli del Sole 24 Ore cui hanno partecipato Enrico Letta del PD, Anna Cinzia
Bonfrisco del PdL, Luciano Ciocchetti dell’UdC e Andrea Gibelli della Lega
Nord.
Letta, nel
richiamare la necessità di una pacificazione dei rapporti all’interno del settore,
ha peraltro ritenuto che per comprendere come dovrà evolvere il quadro
normativo sia necessario attendere il pronunciamento del tribunale
amministrativo (che, com’è noto, deve decidere sui ricorsi pendenti contro i
costi minimi). Bonfrisco ha difeso il regime dei costi minimi introdotto dal
Governo Berlusconi, ribadendo che spetta in primo luogo alle rappresentanze del
settore e della committenza cercare di trovare soluzioni condivise. Il
rappresentante dell’UdC Ciocchetti ha viceversa sottolineato come il suo
partito creda nella politica delle liberalizzazioni e dunque si è dichiarato
contrario al mantenimento dei costi minimi dell’autotrasporto. Anche Gibelli
della Lega Nord ha ribadito l’esigenza di sburocratizzazione e di semplificazione
del paese.
Gli atti del
Convegno sono disponibili sul sito confederale (www.confetra.com).
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Per
riferimenti confronta circ.re conf.le n.23/2013 |
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Allegati
tre |
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D/d |
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INTERVENTO
DI AURELIO REGINA
VICE
PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA PER LO SVILUPPO ECONOMICO
Gentili Rappresentanti delle forze politiche e
Colleghi Imprenditori, Signore e Signori,
desidero innanzitutto ringraziarvi della presenza e
della disponibilità a discutere, in questo periodo di intenso confronto
elettorale e in una fase economica così critica e ancora incerta, di un tema
particolarmente importante per il nostro sistema produttivo.
Da anni le imprese pongono al centro del dibattito
e del confronto di politica economica e industriale la questione della crescita
e dei ritardi strutturali che la ostacolano.
Proprio recentemente Confindustria ha lanciato un
“Progetto per l’Italia”, nel quale ha formulato e ribadito una serie di
proposte necessarie alla ripresa, da adottare nell’immediato, per dare uno shock positivo al sistema produttivo
e al Paese e riavviare
l’economia e l’occupazione. Tra queste proposte,
alcune, determinanti, riguardano proprio l’assetto logistico e infrastrutturale
dedicato alla mobilità delle merci, e sono basate su un approccio che integra
le esigenze di investimento con quelle di regolazione dei relativi mercati dei
servizi, convinti che l’efficienza logistica del nostro Sistema-Paese,
stabilmente inserito nel contesto europeo e nella competizione globale, dipenda
non solo dall’adeguamento delle dotazioni e delle reti, ma anche e soprattutto
dall’efficienza dei mercati dei servizi di mobilità e delle imprese che vi
operano.
In quest’ambito, l’autotrasporto ricopre un ruolo
obiettivamente fondamentale, dovuto al fatto che la mobilità delle merci si
svolge prevalentemente su strada, e anche in misura eccessiva rispetto ad altri
Paesi più o meno industrializzati del nostro.
La produttività dell’autotrasporto è quindi un
fattore essenziale per l’efficienza logistica del nostro sistema economico e
per queste ragioni, insieme a Confetra, abbiamo condiviso l’opportunità di un
Convegno specificamente dedicato a questo settore, che cogliesse l’occasione
del confronto elettorale per invitare autorevoli
Rappresentanti
politici a discutere della sua attuale difficile situazione e dei suoi impatti
negativi sulle imprese della committenza industriale e logistica.
***
Confindustria
e Confetra hanno sempre dedicato e vogliono continuare a dedicare grande
attenzione al settore dell’autotrasporto.
In
questo, siamo favoriti dal fatto di rappresentare non solo la domanda
industriale e logistica di trasporto stradale, ma anche importanti Associazioni
imprenditoriali di questo settore; di poter condividere, al nostro interno e
anche con altre importanti rappresentanze disponibili al dialogo e al
confronto, una visione comune sul futuro di questo settore e proposte di
riforma delle regole che ne dettano il funzionamento.
Il
motivo fondamentale di questo Convegno è che queste regole, incentrate dal 2008
sulla riedizione di un sistema tariffario noto come “costi minimi”, non
funzionano. Né per la committenza industriale e logistica, né per lo stesso
autotrasporto. Né per l’efficienza del sistema logistico e trasportistico e del
sistema produttivo, né per la competitività del Sistema-Paese.
I
“costi minimi” si sono dimostrati largamente insostenibili; per diversi
importanti settori merceologici appaiono irrealistici se non punitivi; sono
complicati da applicare e spesso sono interpretati in modo imprevedibile; non
tengono conto dei rapporti tra le imprese, come la continuità, la durata, la
collaborazione, le economie di scala; prescindono dall’assetto industriale del
Paese e dei suoi squilibri Nord-Sud; non favoriscono efficienza, produttività e
competitività dei servizi di autotrasporto. Infine, sono contrari alle più
elementari logiche concorrenziali, sancite nei principi della Costituzione e
del Trattato sull’UE.
Anche
le motivazioni addotte a sostegno dei “costi minimi” erano e si sono dimostrate
infondate: non hanno ridotto l’illegalità e l’irregolarità, non hanno eliminato
la concorrenza sleale e scorretta tra gli operatori e non hanno aumentato la
sicurezza stradale.
La
sostanza è che i “costi minimi” vorrebbero garantire per legge reddito e
rimuneratività a tutti gli autotrasportatori, purtroppo anche a quelli
inefficienti e irregolari, ponendo un intero settore fuori da ogni logica
economica e imprenditoriale.
A
tutela di questo sistema tariffario, economicamente irragionevole e
inefficiente, sono state poste anche sanzioni insostenibili a carico della
committenza, incentivando e moltiplicando un contenzioso abnorme, fondato su
interpretazioni di norme ambigue, in base alle quali si ritiene plausibile
l’applicazione dei “costi minimi” persino agli anni in cui era in vigore la
liberalizzazione. In alcuni casi si è arrivati a calcolare rivalse talmente
elevate, senza alcun fondamento o possibilità di contestazione, da veder
persino iscrivere ipoteche sui beni immobili del committente!
Riguardo
all’irregolarità, i controlli effettuati dalle autorità di Polizia dimostrano
che l’incidenza delle violazioni sulle verifiche effettuate è aumentata, non diminuita.
Anzi, i dati dicono che è aumentata tra i vettori italiani, che hanno i costi
minimi, ed è diminuita tra i vettori esteri, ai quali i costi minimi non si applicano.
Riguardo
alla concorrenza, coi “costi minimi” il nostro autotrasporto merci è diventato
il meno liberalizzato tra i paesi industrializzati, con un indice di regolazione
complessiva del mercato pari a 4 volte la media OCSE e un indice di regolazione
dei prezzi pari a 12 volte!
Dal
2010, il nostro è il solo paese dell’UE a 27 ad avere un sistema
di
tariffe amministrate; nell’OCSE, oltre l’Italia, c’è solo la Turchia. Riguardo
alla sicurezza, la realtà dei fatti è molto diversa da quella che qualcuno
continua strumentalmente a diffondere nell’opinione pubblica. Nel 2011, anno in
cui si è esteso l’obbligo dei “costi minimi” a tutti i contratti di trasporto,
il numero dei morti per incidente stradale “causati” da mezzi di trasporto
merci è sì diminuito rispetto al 2010, ma è diminuito anche il trasporto, per
cui la mortalità non si è ridotta, ma è aumentata del 6,9%.
Proprio
l’analisi di più lungo periodo di questi dati fa comprendere una cosa
importante. Tra il 2006 e il 2008, anni in cui era vigente la liberalizzazione,
la mortalità sulle strade ha avuto sensibili riduzioni, mentre negli anni
precedenti, con le famose “tariffe a forcella” si sono avute alcune riduzioni e
spesso incrementi. Ciò non vuol dire che la liberalizzazione ha ridotto la
mortalità sulle strade più dei sistemi tariffari.
La
verità è che i risultati positivi sulla sicurezza sono dovuti esclusivamente
alle restrizioni introdotte nel Codice della Strada, all’aumento dei controlli
e all’inasprimento delle sanzioni. È sufficiente guardare i dati per accorgersi
che la mortalità subisce drastiche riduzioni proprio in corrispondenza di
queste iniziative, non dei “costi minimi” o della liberalizzazione.
Non
basta, quindi, chiamarli “costi minimi della sicurezza” o anche “costi
incomprimibili della sicurezza”, per giustificarli con una motivazione di
interesse pubblico smentita dai fatti. In questo modo, si inganna l’opinione
pubblica, la politica e persino la giurisdizione, ma non si migliora la
sicurezza stradale!
Non
siamo i soli a dirlo. Lo affermano anche autorevoli istituzioni di garanzia e
di tutela.
L’Autorità
Antitrust ha sempre confermato nei suoi pareri la contrarietà ai “costi minimi”,
perché non rispettano i principi della concorrenza e non tutelano la sicurezza.
Anche
a livello europeo, le politiche comuni sui trasporti hanno sempre indicato
altri strumenti per rafforzare la sicurezza sulle strade: incremento dei controlli,
organizzazione del lavoro dei dipendenti, formazione dei medesimi, introduzione
sugli automezzi di sistemi di sicurezza.
Del
resto, come dimostrato dall’interessante studio su sicurezza e “costi minimi”,
che verrà presentato fra poco, nessuno dei più importanti paesi europei ha
adottato una regolamentazione come la nostra! E neppure gli altri!
La
stessa Commissione Europea ha avviato una procedura informativa sul sistema dei
“costi minimi”, per i suoi potenziali contrasti con il diritto alla libera
prestazione di servizi e con il diritto di stabilimento sanciti dal Trattato, e
la normativa comunitaria vieta espressamente ad uno Stato membro di imporre
prezzi e condizioni nel settore dei trasporti idonei a determinare un sistema
di protezione per determinate imprese.
A
fronte di tutte queste palesi contraddizioni e criticità, va aggiunto anche il
modo in cui sono stati determinati i “costi minimi”. L’evidente arbitrarietà e
il mancato rispetto della stessa legge che li ha introdotti hanno costretto una
vastissima rappresentanza della committenza a rivolgersi al Giudice Amministrativo.
***
Nonostante
la netta e ferma contrarietà della committenza alla tariffazione dei servizi di
autotrasporto merci, non è mai mancata da parte nostra e non mancherà in ogni
caso la disponibilità al dialogo e al confronto.
Per
questo abbiamo condiviso le iniziative promosse in tal senso dal Governo, prima
del Ministro Matteoli e più recentemente dal Sottosegretario Improta.
Quest’ultima iniziativa sembrava poter avere qualche migliore opportunità di
sviluppo, ma la prematura fine della Legislatura ha impedito l’avvio del confronto,
anche se dagli esiti comunque incerti.
È
per questo che abbiamo promosso questo Convegno, per verificare con le forze
politiche, che si stanno confrontando sul rinnovo del Parlamento, quale sia la
loro effettiva volontà di promuovere una vera riforma del settore, per
riprendere un percorso che pure era stato positivamente avviato nel 2005, ma
che è stato sostanzialmente interrotto negli anni immediatamente successivi e
praticamente annullato in quelli più recenti.
Il
merito di alcune proposte specifiche sarà illustrato, dopo questo mio
intervento di apertura, dal Presidente Forti. Rispetto ad esse, voglio solo
cercare di puntualizzare che esse partono dall’esigenza di dare concreta e
corretta attuazione ai tre aspetti che abbiamo posto come tema di questo
Convegno.
Confindustria
e Confetra ritengono che si possa, che si debba ripartire dalla liberalizzazione,
dalla concorrenza, dalla promozione dell’efficienza e della produttività
di un settore che ha notevoli margini di competitività e di sviluppo
organizzativo e imprenditoriale, anche in chiave logistica, tutti ancora da
sfruttare.
La concorrenza è una condizione essenziale, ma non
sufficiente per riportare l’autotrasporto a livelli di efficienza e
produttività. È necessaria una “vera” politica industriale del settore,
con misure incentivanti la crescita dimensionale, organizzativa e strutturale
delle imprese di autotrasporto, per migliorarne la qualità e la competitività,
soprattutto rispetto ad una crescente ed agguerrita concorrenza estera. Ciò
vuol dire che non vanno più distribuiti all’autotrasporto sussidi a pioggia per
centinaia di milioni di euro ogni anno, spesso “intermediati” anche con metodi
consociativi e poco trasparenti.
Per definizione, la sicurezza è un bene
pubblico. Non ha un costo, perché va solo rispettata. E chi non la rispetta, va
pesantemente sanzionato! Riteniamo quindi importante ribadire il principio
della “responsabilità condivisa” tra vettore e committente, già presente nella
liberalizzazione del 2005. La sua applicazione può essere semplificata e anche
rafforzata, con la concreta e piena attuazione della disciplina comunitaria
sull’indice di rischio delle imprese in materia di regolarità su strada.
Ma è soprattutto il tema della legalità che
vorrei richiamare all’attenzione di noi tutti e al quale voglio dedicare la
parte conclusiva di questo mio intervento.
Il fenomeno delle infiltrazioni mafiose
nell’autotrasporto ha assunto ormai dimensioni sempre più evidenti e pericolose
tendenze espansive. Le indagini si moltiplicano in tutta Italia e intere
regioni, non solo quelle del Mezzogiorno, ma anche del Centro-Nord, come
l’Emilia-Romagna, presentano livelli veramente preoccupanti di infiltrazione
criminale, che arrivano a minacciare direttamente anche il sistema di
rappresentanza.
L’ultima Relazione della Commissione Parlamentare
Antimafia del 25 gennaio 2012 è costellata di segnalazioni e indagini sulle
infiltrazioni criminali nel trasporto e in particolare nell’autotrasporto. I
casi di aziende di autotrasporto infiltrate o conniventi con le organizzazioni
mafiose sono sempre più numerose, come dimostrano le crescenti misure
d’interdizione, di chiusura delle imprese e di sequestro dei loro beni.
L’autotrasporto, dopo edilizia e servizi
commerciali, è il terzo settore per numero di aziende confiscate ed è stato già
oggetto di sei grandi operazioni antimafia coordinate a livello nazionale, da
cui emergono segnali di estensione dell’infiltrazione mafiosa verso l’intera
filiera logistica e industriale.
Non manca, per fortuna, il coraggio della denuncia
di rappresentanti di categoria e di giornalisti d’inchiesta, anche se
minacciati in modo aperto e plateale dalla malavita. Dobbiamo però dare tutta
la nostra solidarietà e soprattutto agire, facendo tutti fronte comune.
Una seria riforma dell’autotrasporto può offrire
delle vere opportunità per contrastare l’illegalità in questo settore. Anche
per questo, è necessario intervenire sulle regole di accesso al mercato e alla
professione e vigilare sul loro rispetto in modo rigoroso e
continuativo. L’Albo degli autotrasportatori
potrebbe diventare un efficace strumento di trasparenza e di controllo, ma deve
assumere connotati diversi da quelli attuali; deve assumere un ruolo di garante
della regolarità, non di gestione diretta dei finanziamenti al settore.
Servono però regole chiare e applicate su tutto il
territorio nazionale. Da questo punto di vista, va superata la frammentazione
della gestione dell’Albo tra le Province, perché non consente neppure di
procedere alla cancellazione delle imprese prive di mezzi di trasporto, cioè
l’applicazione di una regola che già esiste.
Ci attendiamo che il Governo continui a dare
seguito al Protocollo d’Intesa – tra il Ministero dei Trasporti e il Ministero
dell’Interno – del luglio 2009, diretto a potenziare e semplificare i controlli
di legalità nel settore del trasporto stradale di merci. Ma a garanzia della
legalità è importante anche porre in essere un’azione congiunta tra forze
dell’ordine, associazioni di categoria, istituzioni pubbliche a vari livelli e
società civile, e coordinare le attività degli osservatori sulla criminalità
presenti sul territorio.
Anche le associazioni di categoria devono, quindi,
fare la loro parte sul piano etico ed organizzativo, assumendosi la
responsabilità di adottare regole che impongono agli associati l’obbligo di
denuncia di reati riconducibili a organizzazioni criminali e di sospensione o
di espulsione degli associati sottoposti a giudizio o condannati.
Come Confindustria abbiamo definito un modello
etico associativo, al fine di porre in essere un’efficace politica di contrasto
alla criminalità organizzata e garantire il corretto e regolare svolgimento
delle attività di impresa. Lo abbiamo formalizzato in un Protocollo di
Legalità, sottoscritto con il Ministero dell’Interno, che a sua volta è
diventato un paradigma per il rating di
legalità, che sarà attribuito dall’Autorità Antitrust sulla base di specifici
requisiti.
Cominciamo da qui, mobilitiamo le nostre imprese a
richiedere il rating e iniziamo
a utilizzarlo nei rapporti negoziali tra vettori e committenti!
***
Le rappresentanze economiche della domanda e
dell’offerta possono fare già qualcosa per migliorare l’autotrasporto e i suoi
servizi. Per questo, nonostante i ristretti margini offerti dall’attuale
regolamentazione, abbiamo promosso un protocollo sull’autotrasporto del cemento,
tra la nostra Associazione industriale di settore, AITEC, quelle del trasporto
e della logistica, ANITA-Confindustria e FISI-Confetra, e CNA-FITA, finalizzato
alla semplificazione, alla regolarità e alla legalità, ma soprattutto alla
collaborazione tra le rispettive imprese. Ma non basta.
È necessario che la Politica riprenda il suo ruolo
e si assuma l’impegno di riformare seriamente la regolamentazione di questo
settore.
Quello che ci attendiamo da questo confronto sono
parole chiare rispetto ad una situazione di oggettiva difficoltà, della
committenza industriale e logistica e delle imprese di autotrasporto.
Il nostro auspicio è che da questo confronto
elettorale, con la nuova legislatura possa nascere un progetto di riforma
dell’autotrasporto efficace e condiviso, per rilanciare lo sviluppo e la
competitività di questo settore nell’interesse di tutti, a cominciare dallo
stesso autotrasporto.
Grazie della vostra attenzione!
FINE TESTO
INTERVENTO DI FAUSTO FORTI
PRESIDENTE CONFETRA
In
Italia, i servizi alla merce da chiunque svolti catalogati genericamente sotto
la voce logistica[1] quotano oggi circa 200 miliardi
di euro, intorno al 13% del PIL.
Tra dipendenti
diretti, indiretti e indotto, quei servizi danno lavoro a 1 milione di unità.
La logistica è una
risorsa preziosa le cui potenzialità possono positivamente incidere sulla
ripartenza del nostro sistema economico.
Tutte le rilevazioni
testimoniano come a fronte di una stagnazione della domanda interna, in Italia
l’export continui a crescere.
Nel 2012 il totale
delle esportazioni italiane è stato di circa 400 miliardi di euro (oltre il 25%
del PIL). Eppure secondo l’economista Pankaj Ghemawat, che ha elaborato il Global Connectedness Index (che misura
per ciascun paese la profondità e l’ampiezza dei suoi flussi commerciali
internazionali), l’Italia si colloca solo al 28° posto nella classifica dei 125
paesi analizzati, e al 18° posto in quella dei 38 paesi europei (UE e non UE),
tra i quali primeggiano l’Olanda ed il Regno Unito.
Ciò significa che,
operando scelte politiche consapevoli e adeguate, le nostre capacità di
esportare potrebbero avere significativi margini di crescita, con evidente
effetto tonificatore sul nostro PIL. Confindustria stessa ha indicato, nel suo
programma per la crescita, un forte sviluppo delle esportazioni.
L’industria
logistica è un fattore determinante nella competizione globale tra paesi.
Infatti, oggi a
competere non sono più soltanto i prodotti, ma le reti logistiche che stanno a
monte e a valle di quei prodotti.
La globalizzazione e
l’accresciuto peso del commercio internazionale hanno di fatto modificato il
ruolo della logistica e del trasporto, accrescendo il loro peso come fattore di
vantaggio competitivo per la produzione nazionale.
Proprio nei confronti
dell’assetto polverizzato delle piccole e medie imprese italiane, in difficoltà
a raggiungere i mercati emergenti più lontani, l’operatore logistico diventa il
partner ideale capace di provvedere non solo ai collegamenti minimizzando i
costi unitari per merce trasportata, ma anche ad una delicata funzione di
supporto commerciale fondata sulla conoscenza e spesso sulla presenza diretta
nei mercati di destinazione.
Noi oggi vogliamo
qui testimoniare che la nostra logistica soffre e non riesce ad esprimere tutte
le potenzialità di cui essa realmente dispone e chiediamo alle forze politiche
che concorrono alla guida del paese di far tesoro delle nostre indicazioni.
I
dati ancora provvisori della nostra Nota Congiunturale sul trasporto merci
italiano 2012 continuano ad evidenziare valori negativi: calo del traffico in
tutte le modalità; calo del fatturato (tranne i courier); aumento delle
sofferenze bancarie (+ 18%); rassegnazione degli imprenditori circa le
aspettative per il 2013. Unico dato positivo, confermato anche
dall’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano, è il processo
in atto di concentrazione aziendale che potrà contribuire ad una
razionalizzazione del nostro settore ancora polverizzato.
E’
evidente come pesino su questi dati la stagnazione del mercato interno e
l’andamento del commercio estero con un forte calo dell’import non compensato
dalla tenuta dell’export. Inoltre è ormai assodato come una quota significativa
del nostro traffico internazionale venga gestita da imprese e impianti
collocati in altri paesi.
Peraltro,
l’analisi che assegna principalmente al gap infrastrutturale dell’Italia,
rispetto ai paesi competitors, la causa principale di questa sofferenza della
logistica nazionale è superficiale. Vi sono altri mali che accomunano il nostro
settore a tutto il sistema produttivo italiano.
Siamo
sopraffatti da una pubblica amministrazione che, per alimentare apparati
burocratici autoreferenziali, tanto costosi quanto inefficienti, sottrae al
circuito produttivo risorse indispensabili.
Le energie delle
imprese devono essere concentrate sul mercato, sulle tecniche produttive, sulle
reti commerciali, e non disperse dietro a innumerevoli disposizioni e regolamenti,
spesso solo formali, inefficaci a raggiungere gli stessi obiettivi che li
avevano giustificati, fonte alla fine di arbitrarietà, soprusi, contenzioso,
corruzione.
L’essere collocati
ormai in zona retrocessione da tutti gli istituti internazionali che stilano
graduatorie e indici di competitività tra sistemi-paesi vuol dire che le
imprese italiane sono costrette a combattere una battaglia impari con le
imprese di altri paesi e che gli investimenti prendono altre strade verso lidi
più attrattivi e remunerativi.
Due
anni fa, durante la propria Assemblea annuale, la Confetra presentò uno studio
dell’AT Kearney che individuava come svantaggi competitivi della logistica
italiana, oltre la “frammentazione del nostro tessuto infrastrutturale privo di
approccio di sistema”, la presenza di “eccessivi
ostacoli, in termini di mancato coordinamento e complessità di un sistema
burocratico sovradimensionato che fatica ad interagire con il mondo
industriale”.
Per la logistica la lentezza delle procedure e l’indeterminatezza
dei tempi di resa e di attraversamento arrecano un danno incalcolabile.
Al sistema logistico nazionale non servono più teorici
piani destinati a rimanere esercizi di stile, ma pochi mirati interventi per
portare a compimento le opere infrastrutturali strategiche già iniziate, di cui
si parla da anni, e per realizzare un reale processo di semplificazioni
amministrative come l’attuazione del messianico sportello unico doganale.
Noi non chiediamo
aiuti.
Anzi siamo
tendenzialmente diffidenti nei confronti delle politiche di aiuti finanziari
alle imprese; aiuti che spesso drogano il mercato facendolo crollare quando il
regime di aiuti cessa. Quando le risorse messe a disposizione dallo Stato sono
ingenti, c’è anche la possibilità che gli imprenditori vengano distolti dalla
gestione dell’impresa, dalla creazione di nuovi prodotti, dalla ricerca di
nuovi mercati, per concentrarsi su come ottenere il sussidio. I sussidi non
andranno agli imprenditori migliori, ma ai più furbi.
Inoltre nel
complesso sistema dei trasporti i sussidi non finalizzati all’integrazione modale
e al contenimento degli impatti negativi sull’ambiente e sulla circolazione si
risolvono alla fine in un danno economico generale.
Infine
i sussidi pubblici vengono spesso intercettati dalle mafie tramite la
costituzione di imprese fittizie e la corruzione dei pubblici funzionari. Già
oggi la logistica ed in particolare l’autotrasporto in conto terzi è
considerato dalla legge ad alto rischio di infiltrazione mafiosa.
Ciò che noi
chiediamo è la semplificazione dell’assetto amministrativo e regolamentare
dell’ordinamento affinché la burocrazia sia al servizio e non di ostacolo alle
imprese. La legge “Semplifica Italia” di
un anno fa correttamente dispone la eliminazione di adempimenti ridondanti, di
documentazioni, di certificazioni, di licenze, di controlli superflui, ma
sembra inadeguata, malata di velleitarismo normativo, laddove, senza intaccare
le procedure sottostanti, assegna termini irrealistici alla Pubblica
Amministrazione, ovvero istituisce “poteri
sostitutivi”, ovvero impone alle amministrazioni report sulla riduzione
degli oneri burocratici: la legge non può demandare alla Pubblica
Amministrazione il compito di efficientare se stessa.
Sul tema delle
semplificazioni occorre una vera e propria rivoluzione culturale.
Occorre pensare a
terapie d’urto, con la soppressione di tutto ciò che non è strettamente
necessario per rispettare i dettami minimi europei, con la valorizzazione a
tutti gli effetti delle certificazioni private o delle autocertificazioni.
Le imprese hanno
bisogno di certezze: certezze negli adempimenti, certezze nei tempi, certezze
nei costi.
Nella logistica
italiana con l’istituzione dei cosiddetti costi
minimi dell’autotrasporto per la sicurezza della circolazione si è
introdotto il massimo dell’incertezza.
Le imprese della
committenza logistica sono state poste davanti al dilemma di rispettare i costi
minimi dell’autotrasporto e porsi automaticamente fuori dal mercato, ovvero continuare
a vivere nel mercato, ma scontando un elevato grado di incertezza e di rischio
di vertenziosità.
Voglio subito
ribadire che la sicurezza è un must, per tutti.
Quando in gioco c’è
la sicurezza non ci sono esigenze di mercato che tengano: vedi il settore del
cargo ferroviario dove gli operatori ed i detentori di carri si sono addossati
oneri rilevanti senza sussidio alcuno per la messa in sicurezza del materiale
rotabile e delle strutture aziendali.
Non vi possono
essere furbizie, né scorciatoie, né giustificazioni per scendere a compromessi
con i princìpi di sicurezza che sono princìpi di civiltà. Questo vale
certamente per la vita e l’integrità delle persone in generale e vale anche per
la sicurezza dei carichi, per la fluidità della circolazione, per la puntualità
delle rese. I danni umani, sociali ed economici che possono essere provocati dalla
incidentalità stradale sono incommensurabili.
La sicurezza della
circolazione è un tema centrale in ambito europeo. Ascolteremo dalla relazione
dell’avvocato Mauri come è stato affrontato nei principali paesi europei.
Sicuramente è
indispensabile una cultura della sicurezza, da realizzarsi con qualificata
attività formativa, a livello pubblico, associativo e aziendale. Occorre un’attività di controllo costante,
severa, mirata, tanto su strada quanto presso le aziende. E’
fondamentale investire in strumenti di sorveglianza innovativi, che le moderne
tecnologie satellitari mettono ora a disposizione. Producono un sicuro effetto
deterrenza i sistemi a punteggio, come la patente a punti.
Anche la ricerca e
l’utilizzo di mezzi di trasporto sempre più sicuri va incentivata.
Infine, e veniamo al
punto centrale dell’odierno dibattito, dobbiamo promuovere rapporti economici
equilibrati tra la committenza industriale e logistica ed i suoi fornitori di
servizi di vezione stradale.
Dobbiamo
promuoverli con politiche “business
friendly”, che avvicinino gli attori della filiera, che diano certezza
degli obblighi e dei diritti reciproci, che si fondino sulla convenienza
imprenditoriale, che non stressino la dialettica contrattuale.
Nulla di tutto ciò
si trova nel regime dei costi minimi dell’autotrasporto, introdotto recentemente
per legge nel nostro ordinamento.
E’ un sistema rigido
di fissazione di tariffe minime obbligatorie che non tiene conto del mercato,
dei flussi, della fidelizzazione dei rapporti, delle innumerevoli variabili che
influiscono sulla determinazione di un prezzo. E’ un sistema che appiattisce la
concorrenza, penalizza le imprese più corrette e premia quelle più furbe. E’ un
sistema che mina il rapporto fiduciario tra committente e vettore, rendendo
incerta la validità del prezzo pattuito e creando volumi ingenti di
contenzioso. E’ un sistema che contraddice le politiche di liberalizzazione
delle attività economiche condivise da tutti gli schieramenti.
E’ un sistema che
non potendosi applicare ai vettori comunitari operanti in Italia li avvantaggia
ulteriormente rispetto ai vettori nazionali.
E’ un sistema infine
che non dà alcuna garanzia di incidere positivamente sulla sicurezza della
circolazione.
Non a caso l’Autorità
Antitrust ha prima chiesto al Ministero competente la disapplicazione dei costi
minimi, e poi impugnato tutto quel regime innanzi alla Giustizia Amministrativa
per violazione dei princípi della concorrenza stabiliti dalla normativa
europea.
Quello che noi oggi
sottoponiamo all’attenzione delle forze politiche che si confrontano per il
Governo del Paese è un progetto totalmente alternativo, che si prefigge di
incidere positivamente sulle pratiche commerciali tra committenti e vettori,
senza traumi né spaccature tra imprenditori, che di tutto hanno bisogno meno
che di guerre di religione.
In estrema sintesi
si propone:
1.
la
forma scritta del contratto di trasporto come elemento fondamentale di
chiarezza nei rapporti tra le parti;
2.
rendere
possibile l’utilizzo dei “rating di
legalità” introdotti dalla legge “Cresci
Italia” da parte del mercato per la scelta del partner logistico;
3.
la
certezza dei tempi di pagamento mediante l’introduzione contrattuale di una clausola
penale;
4.
la
tracciabilità dei pagamenti per contribuire a contrastare le pratiche illecite;
5.
l’introduzione
di limiti al ricorso alla subvezione, per evitare lo sfruttamento dell’ultimo
anello della filiera;
6.
la
promozione di clausole di durata per stabilizzare i rapporti;
7.
il
riconoscimento certo, non negoziabile, del costo del gasolio e dei pedaggi come
costi fissi non dipendenti dalle capacità imprenditoriali;
8.
la
semplificazione delle controversie attraverso il tentativo di mediazione presso
le associazioni di categoria o mediante clausole arbitrali;
9.
la razionalizzazione del regime assicurativo
della merce trasportata.
Con gli amici della
Confindustria non abbiamo voluto semplicemente proporre un elenco di titoli.
Abbiamo inteso indicare un metodo diverso per gli interventi dello Stato
nell’economia: bisogna assecondare le buone pratiche e contenere quelle
negative; bisogna limare i motivi di conflitto; bisogna ridurre al minimo i
pretesti che possono sfociare in un contenzioso.
Il Paese per
riprendere il suo cammino di progresso e di sviluppo ha bisogno che tutte le
energie del mondo produttivo siano indirizzate verso una crescita stabile e
ordinata: la pacificazione del mondo del trasporto e della logistica
costituisce un presupposto non secondario per la realizzazione di questo
processo di crescita.
FINE TESTO
INTERVENTO DI GIULIA MAURI
STUDIO LEGALE VERHAEGEN WALRAVENS
Anche se mi
piacerebbe essere qualcuno che non ha bisogno di presentazioni come i due
illustri oratori che mi hanno preceduta, la realtà si impone.
Concedetemi quindi
di cominciare questo intervento con una breve spiegazione del mio ruolo e
contributo al dibattito odierno.
Avete tutti ricevuto
copia del rapporto prodotto dal mio studio dal nome impronunciabile. Verhaegen
Walravens ha sede a Bruxelles e abbiamo un dipartimento specializzato in
materia di trasporti che ho il piacere di dirigere.
Al fine di
contribuire al dibattito odierno, abbiamo preparato uno studio comparato della
legislazione in vigore nei principali stati europei in materia di tutela della
sicurezza della circolazione e di costi minimi.
Come anticipato dal
presidente Forti nella sua relazione, il mio intervento consiste pertanto nel
presentare come sia stato affrontato il tema della sicurezza della circolazione
negli stati presi a campione.
Si tenga presente
che l’analisi comparatistica di ordinamenti giuridici differenti persegue
normalmente due obiettivi primari: da un lato essa svolge un ruolo informativo
in quanto consente di verificare come problemi simili siano stati trattati da
altri ordinamenti e dall’altro essa consente di osservare il proprio ordinamento
giuridico “dall’alto” in modo da valutare la coerenza interna del sistema.
Questi sono infatti
i due obiettivi che ci siamo prefissi e oggi sono qui per condividere con voi i
risultati da noi ottenuti.
Il documento che
avete ricevuto spiega ampiamente la metodologia di lavoro da noi utilizzata al
fine di disporre di risultati comparabili nei diversi ordinamenti.
Abbiamo innanzitutto
selezionato cinque mercati di riferimento in materia di autotrasporto di merci.
Si tratta, come vi potete immaginare, della Francia, della Germania,
dell’Olanda, del Regno Unito e della Spagna.
Abbiamo quindi
elaborato un questionario contenente una decina di domande che sono state poi
sottoposte all’attenzione di giuristi specializzati nei vari stati.
Le nostre domande
sono volte a capire quale sia il legame, e se tale legame esista, nei paesi
prescelti tra la tutela della sicurezza della circolazione stradale e
l’autonomia contrattuale delle parti nel determinare costi e corrispettivi di
un contratto di autotrasporto.
Il nostro studio è
stato poi elaborato in base alle risposte ricevute.
La slide che vedete
riassume i risultati della nostra indagine comparatistica.
Vi propongo di
percorrerla insieme.
[Riga 1]
La prima riga
evidenzia chiaramente come la tutela della sicurezza della circolazione sia una
priorità a livello europeo. Tale priorità è stata ancora recentemente ribadita
dalla Commissione nel luglio dell’anno scorso quando sono stati pubblicati gli
orientamenti 2011-2020 per la sicurezza stradale. In aggiunta alle norme
attualmente in vigore in materia di orari di lavoro e di riposo, di formazione,
di merci pericolose, ecc., la Commissione ha messo l’accento in tale
comunicazione sul miglioramento delle infrastrutture stradali e della sicurezza
dei veicoli nonché sulla promozione dell’uso di moderne tecnologie per migliorare
la sicurezza stradale.
In Germania,
l’accento è posto sulla frequenza dei controlli, controlli già importanti, ma
che saranno raddoppiati negli anni a venire. In effetti l’ufficio federale
incaricato della tutela della sicurezza della circolazione ha recentemente
dichiarato che, a partire da gennaio 2013, i controlli sulle strade tedesche
aumenteranno.
In Olanda, i soli
casi in cui il committente possa rispondere in solido con il vettore a infrazioni
della normativa in materia di sicurezza stradale sono quelli in cui abbia
omesso di comunicare dati relativi alle merci trasportate.
Anche nel Regno
Unito il vettore è l’unico responsabile del rispetto della normativa relativa
alla sicurezza della circolazione. L’accento è messo sulla formazione e
sull’informazione fornita dal Vehicle and Operator Service Agency, un’agenzia
ministeriale.
Spagna e Francia
applicano la normativa europea.
L’Italia dal canto
suo ha introdotto, a fianco della normativa europea, la disciplina dei costi
minimi di sicurezza.
[Riga 2]
Nei paesi del
nord-europa il principio di autonomia contrattuale è sovrano. Le ingerenze
legislative nell’autonomia delle parti sono guardate con sospetto. Nel Regno
Unito, per esempio, la richiesta al vettore di comunicare i propri costi al
committente o allo stato viene percepita come un’interferenza indebita in elementi
che sono di sola pertinenza dell’autotrasportatore e sono considerati dati
sensibili e riservati.
Per quanto riguarda
la Francia e la Spagna, vi è un minimo intervento del legislatore nel
determinare il contenuto del contratto di trasporto. In Spagna l’intervento è
estremamente ridotto. Il legislatore si è limitato a prevedere che il
committente debba farsi carico del costo del carburante e delle sue fluttuazioni
anche in assenza di una pattuizione specifica tra le parti.
In Francia, che è lo
stato che più limita l’autonomia contrattuale in materia di autotrasporto, gli
elementi fondamentali del contratto sono previsti legislativamente (in modo
simile a quanto previsto in Italia) e il corrispettivo il cui ammontare è
sempre rimesso alla libera contrattazione tra le parti deve obbligatoriamente
tener conto di una serie di elementi tra cui i costi del carburante,
l’ammortamento dei veicoli, i pedaggi e il costo dei documenti di trasporto.
L’Italia è lo stato
in cui si interviene più pesantemente sulla libertà contrattuale delle parti in
quanto il vettore non è libero di determinare i propri costi (in quanto non può
scendere al di sotto di una soglia stabilita per legge) e di stabilire il
prezzo dei servizi offerti in base alla propria organizzazione interna, ma deve
attenersi (almeno nei minimi) a tabelle pre-stabilite.
[Riga 3]
Ritengo che questa
riga sia particolarmente interessante. Parte del nostro studio era infatti
finalizzata a comprendere se in altri stati europei il legislatore avesse
legato l’esigenza di garantire una circolazione stradale sicura alla
determinazione dei costi minimi del vettore.
In nessuno degli
stati da noi considerati si è ipotizzato un legame di causa a effetto tra la
remunerazione di costi minimi legislativamente predeterminati e una migliore
protezione della sicurezza della circolazione stradale.
In particolare,
siamo rimasti molto colpiti dalla reazione dei colleghi spagnoli. Reazione che,
quando abbiamo iniziato a lavorare su questa problematica, ci saremmo maggiormente
aspettati da parte di paesi come il Regno Unito e l’Olanda. I colleghi spagnoli
indicano infatti che un regime come quello italiano dei costi minimi sarebbe
impensabile in Spagna in quanto in conflitto con la costituzione spagnola e con
il principio di libero mercato stabilito dalla costituzione.
I colleghi si
spingono oltre (e vi invito a leggere il loro contributo al capitolo IX del nostro
rapporto) a indicare che non solo non vedono un legame tra costi minimi e
sicurezza stradale, ma che, secondo loro, la fissazione di costi minimi
potrebbe avere l’effetto di non stimolare gli investimenti in materia di
ricerca e sviluppo per promuovere nuove tecnologie per la protezione della
sicurezza della circolazione.
[Riga 4]
In effetti, il
sistema dei costi minimi appare come una peculiarità italiana. Nessuno degli
ordinamenti da noi analizzati ha introdotto misure simili.
Lo stato che più si
avvicina, come regolamentazione di settore, all’Italia è la Francia. Anche in
Francia, come in Italia, il legislatore ha previsto gli elementi fondamentali
del contratto di autotrasporto. Anche in Francia, come in Italia, il vettore
deve obbligatoriamente tener conto di determinati elementi di costo nel calcolo
del prezzo da offrire al committente. Il sistema francese è ispirato a criteri
di protezione dei piccoli autotrasportatori e quindi impone legislativamente
che certi costi (reali) debbano essere obbligatoriamente remunerati.
E qui si ferma
l’intervento legislativo. Ogni vettore è libero, ferma restando la lista dei
costi che devono essere presi in considerazione, di determinare l’ammontare di
tali costi in base alla propria organizzazione interna.
Possiamo quindi
concludere che il sistema italiano si è ispirato a quello francese, andando
tuttavia ben oltre.
La presentazione di
questa tabella risponde quindi al primo obiettivo che ci eravamo prefissati,
ovvero quello di condividere le informazioni da noi raccolte nei vari
paesi.
Sulla base di queste
informazioni, possiamo quindi procedere a osservare il regime italiano dei
costi minimi nella prospettiva del diritto comparato, ovvero al fine di
verificare la coerenza tra l’enunciato teoretico della tutela della sicurezza
della circolazione e la regola operativa rappresentata dal regime dei costi minimi.
Possiamo concludere
che, sebbene tutti gli ordinamenti da noi analizzati riconoscano l’importanza
della protezione della sicurezza della circolazione, nessuno di questi ha effettuato
un legame tra tale enunciato teoretico e una norma operazionale che predetermini
in via generale quali siano i costi minimi del vettore che debbono essere
fatturati al committente.
Penso che, alla luce
di quanto precede, occorra interrogarsi circa la coerenza tra la protezione
della sicurezza della circolazione, protezione che credo tutti in questa sale
riconoscano come estremamente importante, e la predeterminazione di costi
minimi.
Le esperienze estere
dimostrano che i grandi ordinamenti giuridici limitrofi hanno considerato che
altre misure fossero più efficaci per proteggere la sicurezza della circolazione.
Pensiamo in particolare ai controlli sulle strade tedesche, alle formazione
offerta ai vettori inglesi e agli oneri di comunicazione tra vettore e
committente previsti dal sistema olandese.
Spero che questa presentazione
possa contribuire al dibattito attuale e fornire spunti di riflessione.
Vi ringrazio
dell’attenzione e vi invito a dare un’occhiata al nostro studio comparato se
volete informazioni più dettagliate in merito ai vari ordinamenti giuridici.