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Roma, 25 luglio 2014

 

Circolare n. 143/201

 

Oggetto: Dogane – Depositi Iva – Illegittima la richiesta dell’Iva già versata con autofattura – Sentenza Equoland della Corte di Giustizia UE 17.7.2014, C-272/13.

 

Un nuovo punto fermo a favore degli operatori: la Corte di Giustizia Europea, interpellata dalla Commissione Tributaria della Toscana nell’ambito di un giudizio sui depositi Iva, ha affermato che in base al principio della neutralità dell’Iva una normativa nazionale non può imporre il pagamento dell’Iva già regolarizzato col meccanismo dell’autofattura (cd reverse charge).

 

La controversia verteva sulla nota questione della mancata introduzione fisica della merce nel magazzino Iva, con conseguente applicazione della sanzione del 30 per cento, nonché pretesa del versamento dell’Iva nonostante l’imposta fosse stata già assolta all’interno con l’autofattura.

 

La portata della sentenza è davvero rilevante perché chiarisce una volta per tutte che non c’è distinzione tra Iva interna e Iva in dogana, come viceversa riteneva oggi la nostra Corte di Cassazione (es. Sentenza 19.5.2010, n.12262).

 

Gli effetti si esplicheranno non solo sulle controversie in merito ai depositi Iva, ma anche su altre controversie riguardanti l’Iva non versata in dogana, ma regolarizzata all’interno con autofattura, come ad esempio l’Iva sulle royalties.

 

Anche il regime sanzionatorio doganale, basato sul valore dei diritti doganali compresa l’Iva, dovrebbe subire modifiche in senso favorevole agli operatori.

 

Daniela Dringoli

Allegato uno

Responsabile di Area

D/d

 

 

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Corte di Giustizia UE, sez. VI, sentenza 17 luglio 2014, C-272/13

 

Sentenza

 

1          La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 16 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2006/18/CE del Consiglio, del 14 febbraio 2006 (GU L 51, pag. 12; in prosieguo: la «sesta direttiva»), nonché degli articoli 154 e 157 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2          Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Equoland Soc. coop. arl (in prosieguo: la «Equoland») e l’Agenzia delle Dogane Ufficio delle Dogane di Livorno (in prosieguo: l’«Ufficio») in merito a una decisione di quest’ultima che faceva obbligo alla Equoland di pagare l’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») in relazione all’importazione su merci non introdotte fisicamente in un deposito fiscale, sebbene essa avesse g versato tale imposta mediante il meccanismo dell’inversione contabile («reverse charge»).

 

Omissis

 

Ciò premesso, la Commissione tributaria regionale per la Toscana ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

 

«1) Secondo l’art. 16 della [sesta direttiva] e gli artt. 154 e 157 della [direttiva IVA] la destinazione dei beni importati in un regime di deposito diverso da quello doganale, e cioè di deposito IVA, è sufficiente a consentire l’esenzione del pagamento dell’IVA all’importazione anche laddove l’introduzione avvenga solo cartolarmente e non fisicamente?

2)  La [sesta direttiva] e la [direttiva IVA] ostano alla prassi con cui uno Stato membro riscuote l’IVA all’importazione nonostante questa per errore o irregolarità sia stata assolta in reverse charge mediante emissione di autofattura e contestuale registrazione nel registro delle vendite e degli acquisti?

3) Viola il principio di neutralità dell’IVA la pretesa dello Stato membro di esigere l’IVA assolta in reverse charge mediante emissione di autofattura e contestuale registrazione nel registro delle vendite e degli acquisti?».

 

Omissis

P.Q.M.

 

la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

 

1)     L’articolo 16, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2006/18/CE del Consiglio, del 14 febbraio 2006, nella sua versione risultante dall’articolo 28 quater della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordini la concessione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, prevista da tale normativa, alla condizione che le merci importate e destinate a un deposito fiscale ai fini di tale imposta siano fisicamente introdotte nel medesimo.

2)    La sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18, deve essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione sebbene la medesima sia già stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, mediante un’autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo.