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Roma,
9 marzo 2015
Circolare n. 45/2015
Oggetto:
Lavoro – Jobs Act – Riforma dell’art.18 in materia di licenziamenti –
Introduzione del contratto a tutele
crescenti – DLGVO 4.3.2015 n. 23, su G.U. n. 54 del 6.3.2015.
Con la riforma dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori
(legge n.300/70) e la contestuale introduzione del contratto a tutele crescenti è entrata nel vivo la fase attuativa
del Jobs Act (legge n.183/2014). Il decreto legislativo n. 23/2015 modifica
radicalmente, per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato a
decorrere dal 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore dello stesso decreto), il
sistema di tutele spettanti in caso di licenziamenti illegittimi. Il salto
rispetto al precedente regime, che rimane comunque in vigore per i lavoratori
assunti prima della suddetta data, è notevole per tutte le imprese ma soprattutto
per quelle con oltre 15 dipendenti per le quali si passa da un regime basato
sul reintegro del lavoratore ad un regime basato, salvo casi particolari, sul
riconoscimento allo stesso di un indennizzo commisurato all’anzianità aziendale
(da qui la definizione di contratto a tutele crescenti) e quindi non soggetto
alla discrezionalità del giudice.
Secondo le intenzioni del Governo la sostanziale
neutralizzazione dell’art.18, accompagnata dall’esonero contributivo triennale
sulle assunzioni effettuate nel 2015, dovrebbe favorire un maggior ricorso al
contratto a tempo indeterminato con conseguente contrazione delle altre
tipologie contrattuali sia di natura subordinata che autonoma.
Si evidenzia di seguito il nuovo regime sanzionatorio per i licenziamenti
illegittimi.
Campo di applicazione (art.1)
– Le nuove regole si applicheranno ai datori di lavoro di qualsiasi dimensione
per i neoassunti (quadri, impiegati o operai) a tempo indeterminato a decorrere
dal 7 marzo 2015, nonché per i lavoratori con contratto a termine e per gli
apprendisti che successivamente alla stessa data siano confermati a tempo
indeterminato.
Ai vecchi assunti continuerà invece ad applicarsi l’art.18
(come modificato dalla legge Fornero)
con conseguente doppio binario di tutele all’interno della stessa azienda che
secondo gli oppositori al Jobs Act sarebbe incostituzionale. Fa eccezione a
questa regola il caso di aziende che superino la soglia dei 15 dipendenti a
seguito di nuove assunzioni a tempo indeterminato effettuate dopo il 7 marzo
2015: in tale ipotesi, infatti,il nuovo regime si applicherà anche ai vecchi
assunti per non scoraggiare la crescita dimensionale delle aziende.
Licenziamenti discriminatori
(art.2) – Sono state sostanzialmente confermate le tutele per
i licenziamenti discriminatori (cioè per motivi politici, sindacali, religiosi,
razziali, ecc.) e per quelli nulli o intimati oralmente per i quali continuerà
a scattare nei confronti del lavoratore, a prescindere dalla dimensione
aziendale, il reintegro nel posto di lavoro più il riconoscimento di tutte le
mensilità pendenti (con un minimo di 5) a meno che lo stesso lavoratore non
opti, in sostituzione del reintegro, per un’indennità pari a 15 mensilità (non
assoggettata a contribuzione previdenziale).
La suddetta disciplina si applicherà anche nel caso di
licenziamenti intimati per disabilità fisica o psichica del lavoratore qualora
ne venga accertata l’insussistenza da parte del giudice.
Licenziamenti economici (art.3,
comma 1) – In presenza di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, di
cui quelli economici rappresentano il caso tipico, scatterà per tutti i datori
di lavoro una sanzione esclusivamente risarcitoria. Ai lavoratori licenziati
illegittimamente dovrà infatti essere riconosciuta un’indennità (esente da
contribuzione previdenziale) pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio con
un minimo di 4 ed un massimo di 24.
Come già evidenziato continuerà ad applicarsi, per i
lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 da aziende con oltre 15 dipendenti, la
precedente disciplina comportante la sanzione del reintegro qualora venga ravvisata
dal giudice la manifestata infondatezza del
fatto alla base del licenziamento economico.
Licenziamenti disciplinari (art.3,
comma 2) – Per le imprese con oltre 15 dipendenti permarrà per i licenziamenti
disciplinari, a differenza di quelli economici, la sanzione del reintegro anche
se eccezionalmente e cioè solo quando sia direttamente dimostrata in giudizio
dal lavoratore l’insussistenza del fatto materiale contestato. Ricorrendo tale
ipotesi il lavoratore avrà diritto al reintegro più ad un’indennità non
superiore a 12 mensilità salvo non opti, in sostituzione della reintegrazione, per
un’indennità sostitutiva di 15 mensilità esenti da contribuzione previdenziale.
In tutti gli altri casi di licenziamento disciplinare, ivi
compreso quello in cui il giudice ritenga il licenziamento sproporzionato
rispetto al fatto contestato al lavoratore, si applicherà la sola tutela risarcitoria
da 4 a 24 mensilità come per i licenziamenti economici.
Licenziamenti affetti da
irregolarità procedurali (art.4) - Saranno sanzionati solo sul
piano economico i licenziamenti intimati senza l’indicazione dei motivi o senza
l’osservanza della procedura di contestazione prevista dall’art.7 della legge
300/70. L’indennizzo spettante al lavoratore sarà peraltro più leggero rispetto
ai licenziamenti economici e disciplinari essendo pari a 1 mensilità per
ciascun anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 12 mensilità,
sempre esenti da contribuzione previdenziale.
Offerta di conciliazione (art.6)
– Allo scopo di decongestionare il contenzioso in materia di lavoro il nuovo
decreto ha introdotto uno strumento innovativo di conciliazione che consentirà
all’azienda di chiudere la controversia a costi ragionevoli e senza dover
affrontare le lungaggini processuali e al lavoratore di ottenere in tempi brevi
una somma certa e con un trattamento fiscale di maggior favore rispetto
all’indennità che potrebbe scaturire da un giudizio. Ai lavoratori licenziati,
sempre che siano stati assunti dal 7 marzo 2015, il datore di lavoro potrà infatti
offrire entro 60 giorni, mediante assegno circolare, un’indennità di importo
pari a 1 mensilità per ogni anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di
18. L’accettazione dell’indennità da parte del lavoratore, che sarà totalmente esente
da IRPEF oltre che da contribuzione previdenziale, comporterà l’estinzione del
rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia all’impugnazione anche se
già proposta.
Appalti
(art.7) – La disposizione in questione disciplina il computo dell’anzianità di
servizio nel caso in cui un lavoratore passi alle dipendenze dell’impresa che subentra
in un appalto. In particolare è stato precisato che, ai fini del calcolo delle
indennità sia di licenziamento che di conciliazione, si dovrà tener conto di
tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’appalto.
Datori di lavoro fino a 15
dipendenti (art.9) – Nei confronti dei datori di lavoro fino a 15
dipendenti gli importi delle indennità previste tanto in caso di licenziamenti
illegittimi quanto di offerta di conciliazione saranno dimezzati e comunque non
potranno superare in entrambi i casi il limite di 6 mensilità.
Licenziamenti collettivi (art.10)
– Le nuove tutele risarcitorie si applicheranno anche ai licenziamenti
collettivi di cui agli artt.4 e 24 della legge n.223/91. Di conseguenza, fatta
eccezione per i licenziamenti intimati oralmente per i quali scatterà anche in
questo caso il reintegro dei lavoratori, la violazione delle procedure di
licenziamento collettivo e dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare sarà
sanzionata, come per i licenziamenti individuali, unicamente con un indennizzo di
importo crescente all’anzianità maturata dai dipendenti.
Anche per i licenziamenti collettivi il salto rispetto alla
disciplina previgente, che continuerà comunque ad applicarsi per i vecchi
assunti, è notevole atteso che la violazione dei criteri di scelta veniva
sanzionata con il reintegro.
Fabio Marrocco |
Per
riferimenti confronta circ.ri conf.li nn. 230/2014 e 189/2012
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di Area |
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G.U. n. 54 del 6.3.2015
DECRETO
LEGISLATIVO 4 marzo 2015, n. 23
Disposizioni
in materia di contratto di lavoro a tempo
indeterminato
a tutele
crescenti, in attuazione della legge 10
dicembre 2014, n.
183.
IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
Visti
gli articoli 76, 87, quinto comma, e
117, secondo comma,
della Costituzione;
Visto
l'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183,
recante delega al Governo allo scopo di
rafforzare le opportunita' di
ingresso nel mondo del lavoro da parte di
coloro che sono in cerca di
occupazione, nonche' di riordinare i contratti
di lavoro vigenti per
renderli maggiormente coerenti con le attuali
esigenze del contesto
occupazionale e produttivo e di rendere
piu' efficiente l'attivita'
ispettiva;
Visto
l'articolo 1, comma 7, lettera c), della
medesima legge n.
183 del 2014, recante il criterio di delega
volto a prevedere, per le
nuove
assunzioni, il contratto
a tempo indeterminato
a tutele
crescenti in relazione all'anzianita' di
servizio, escludendo per i
licenziamenti economici la
possibilita' della reintegrazione del
lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un
indennizzo economico
certo e crescente con l'anzianita' di servizio
e limitando il diritto
alla reintegrazione ai licenziamenti
nulli e discriminatori e a
specifiche fattispecie di licenziamento
disciplinare ingiustificato,
nonche'
prevedendo termini certi
per l'impugnazione del
licenziamento;
Vista
la preliminare deliberazione del
Consiglio dei ministri,
adottata nella riunione del 24 dicembre 2014;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della
Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica;
Vista
la deliberazione del Consiglio dei ministri,
adottata nella
riunione del 20 febbraio 2015;
Sulla
proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
E m a n a
il seguente decreto
legislativo:
Art. 1
Campo di applicazione
1. Per
i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati
o quadri,
assunti con contratto
di lavoro subordinato
a tempo
indeterminato a
decorrere dalla data
di entrata in
vigore del
presente decreto, il regime di
tutela nel caso
di licenziamento
illegittimo e' disciplinato dalle
disposizioni di cui
al presente
decreto.
2. Le
disposizioni di cui al presente decreto
si applicano anche
nei
casi di conversione,
successiva all'entrata in
vigore del
presente decreto, di contratto a tempo
determinato o di apprendistato
in contratto a tempo indeterminato.
3.
Nel caso
in cui il
datore di lavoro,
in conseguenza di
assunzioni a tempo indeterminato avvenute
successivamente all'entrata
in vigore del presente decreto, integri il
requisito occupazionale di
cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, della
legge 20 maggio 1970,
n. 300, e successive modificazioni, il
licenziamento dei lavoratori,
anche se assunti precedentemente a tale data,
e' disciplinato dalle
disposizioni del presente decreto.
Art. 2
Licenziamento discriminatorio,
nullo
e intimato in forma orale
1. Il
giudice, con la pronuncia con la quale dichiara
la nullita'
del licenziamento perche' discriminatorio
a norma
dell'articolo 15
della legge 20 maggio 1970,
n. 300, e
successive modificazioni,
ovvero
perche' riconducibile agli
altri casi di
nullita'
espressamente previsti dalla legge,
ordina al datore
di lavoro,
imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione
del lavoratore nel
posto di lavoro, indipendentemente dal motivo
formalmente addotto. A
seguito dell'ordine di reintegrazione, il
rapporto di lavoro
si
intende risolto quando il lavoratore non abbia
ripreso servizio entro
trenta giorni dall'invito del datore di lavoro,
salvo il caso in cui
abbia richiesto l'indennita' di cui al comma 3.
Il regime di cui al
presente
articolo si applica
anche al licenziamento
dichiarato
inefficace perche' intimato in forma orale.
2. Con
la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresi'
il datore di lavoro al risarcimento del danno
subito dal lavoratore
per il licenziamento di
cui sia stata
accertata la nullita'
e
l'inefficacia,
stabilendo a tal
fine un'indennita' commisurata
all'ultima retribuzione di riferimento per il
calcolo del trattamento
di
fine rapporto, corrispondente al
periodo dal giorno
del
licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto
quanto percepito, nel periodo di estromissione,
per lo svolgimento di
altre attivita' lavorative. In ogni caso la
misura del risarcimento
non
potra' essere inferiore
a cinque mensilita'
dell'ultima
retribuzione di riferimento per il calcolo
del trattamento di
fine
rapporto. Il
datore di lavoro
e' condannato, altresi',
per il
medesimo
periodo, al versamento
dei contributi previdenziali
e
assistenziali.
3.
Fermo restando il
diritto al risarcimento
del danno come
previsto al comma 2, al lavoratore e' data la
facolta' di chiedere al
datore di lavoro, in sostituzione della
reintegrazione nel posto di
lavoro,
un'indennita' pari a
quindici mensilita' dell'ultima
retribuzione di riferimento per il calcolo
del trattamento di
fine
rapporto, la cui richiesta determina la
risoluzione del rapporto di
lavoro, e che non e' assoggettata a
contribuzione previdenziale. La
richiesta dell'indennita' deve essere
effettuata entro trenta giorni
dalla comunicazione del deposito della
pronuncia o dall'invito
del
datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore
alla predetta
comunicazione.
4. La
disciplina di cui al presente articolo
trova applicazione
anche
nelle ipotesi in
cui il giudice
accerta il difetto
di
giustificazione per motivo consistente nella
disabilita' fisica o
psichica del lavoratore, anche ai sensi degli
articoli 4, comma 4, e
10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68.
Art. 3
Licenziamento per giustificato
motivo
e giusta causa
1.
Salvo quanto disposto dal comma 2, nei
casi in cui
risulta
accertato
che non ricorrono
gli estremi del
licenziamento per
giustificato motivo oggettivo o per
giustificato motivo soggettivo o
giusta causa, il giudice dichiara estinto il
rapporto di lavoro alla
data del licenziamento e condanna il datore di
lavoro al pagamento di
un'indennita'
non assoggettata a
contribuzione previdenziale di
importo pari a due mensilita' dell'ultima
retribuzione di riferimento
per il calcolo del trattamento di fine rapporto
per ogni anno
di
servizio, in misura comunque non inferiore a
quattro e non superiore
a ventiquattro mensilita'.
2.
Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento
per giustificato
motivo
soggettivo o per
giusta causa in
cui sia direttamente
dimostrata in giudizio l'insussistenza del
fatto materiale contestato
al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea
ogni valutazione
circa la
sproporzione del licenziamento, il
giudice annulla il
licenziamento e condanna il datore di lavoro
alla reintegrazione del
lavoratore nel posto di
lavoro e al
pagamento di un'indennita'
risarcitoria commisurata all'ultima
retribuzione di riferimento per
il calcolo
del trattamento di
fine rapporto, corrispondente al
periodo dal giorno del licenziamento fino
a quello dell'effettiva
reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore
abbia percepito per lo
svolgimento di altre attivita' lavorative,
nonche' quanto avrebbe
potuto percepire accettando una congrua offerta
di lavoro ai
sensi
dell'articolo 4, comma 1, lettera c),
del decreto legislativo
21
aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni. In
ogni caso la
misura dell'indennita' risarcitoria relativa al periodo
antecedente
alla pronuncia di reintegrazione non puo'
essere superiore a dodici
mensilita' dell'ultima retribuzione di
riferimento per il calcolo del
trattamento di fine rapporto. Il datore
di lavoro e'
condannato,
altresi', al versamento dei contributi
previdenziali e assistenziali
dal
giorno del licenziamento fino
a quello dell'effettiva
reintegrazione,
senza applicazione di
sanzioni per omissione
contributiva.
Al lavoratore e'
attribuita la facolta'
di cui
all'articolo 2, comma 3.
3. Al
licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 1 non trova
applicazione l'articolo 7 della legge 15
luglio 1966, n. 604, e
successive modificazioni.
Art. 4
Vizi formali e procedurali
1.
Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione
del requisito di motivazione di cui
all'articolo 2, comma 2,
della
legge n. 604 del 1966 o della procedura di cui
all'articolo 7 della
legge n. 300 del 1970, il giudice dichiara estinto
il rapporto di
lavoro alla data del licenziamento e condanna
il datore di lavoro al
pagamento
di un'indennita' non
assoggettata a contribuzione
previdenziale
di importo pari
a una mensilita'
dell'ultima
retribuzione di riferimento per il calcolo
del trattamento di
fine
rapporto per ogni anno di servizio, in misura
comunque non inferiore
a due e non superiore a dodici mensilita',
a meno
che il giudice,
sulla base della domanda del lavoratore,
accerti la sussistenza dei
presupposti per l'applicazione delle tutele di
cui agli articoli 2 e
3 del presente decreto.
Art. 5
Revoca del licenziamento
1.
Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purche'
effettuata
entro il termine di quindici giorni dalla
comunicazione al datore di
lavoro dell'impugnazione del medesimo,
il rapporto di
lavoro si
intende ripristinato senza soluzione di continuita',
con diritto del
lavoratore alla retribuzione maturata nel
periodo precedente alla
revoca, e non trovano applicazione i regimi
sanzionatori previsti dal
presente decreto.
Art. 6
Offerta di conciliazione
1. In
caso di licenziamento dei lavoratori di cui
all'articolo 1,
al fine di evitare il giudizio e ferma restando
la possibilita' per
le parti di
addivenire a ogni
altra modalita' di
conciliazione
prevista dalla legge, il datore di lavoro puo'
offrire al lavoratore,
entro i termini di impugnazione stragiudiziale
del licenziamento, in
una delle sedi di cui all'articolo 2113, quarto
comma, del codice
civile, e all'articolo 76 del decreto
legislativo 10 settembre 2003,
n. 276, e successive modificazioni, un
importo che non
costituisce
reddito imponibile ai fini dell'imposta sul
reddito delle persone
fisiche e non
e' assoggettato a
contribuzione previdenziale, di
ammontare pari a una mensilita' della
retribuzione di riferimento per
il calcolo
del trattamento di
fine rapporto per
ogni anno di
servizio, in misura comunque non inferiore a
due e non superiore
a
diciotto mensilita', mediante consegna al
lavoratore di un
assegno
circolare. L'accettazione dell'assegno in tale
sede da parte
del
lavoratore
comporta l'estinzione del
rapporto alla data
del
licenziamento e la rinuncia alla impugnazione
del licenziamento anche
qualora il lavoratore l'abbia gia' proposta.
Le eventuali ulteriori
somme pattuite nella stessa sede conciliativa
a chiusura di
ogni
altra pendenza derivante dal rapporto di
lavoro sono soggette
al
regime fiscale ordinario.
2. Alle
minori entrate derivanti dal comma 1 valutate in 2 milioni
di euro per l'anno 2015, 7,9 milioni di euro
per l'anno 2016,
13,8
milioni di euro per l'anno 2017, 17,5 milioni
di euro per l'anno
2018, 21,2 milioni di euro per l'anno 2019,
24,4 milioni di euro per
l'anno 2020, 27,6 milioni di euro per l'anno
2021, 30,8 milioni
di
euro per l'anno 2022, 34,0 milioni di euro
per l'anno 2023
e 37,2
milioni di euro annui a decorrere dall'anno
2024 si provvede mediante
corrispondente riduzione del fondo di cui
all'articolo 1, comma 107,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
3. Il
sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito a
norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 28
giugno 2012, n. 92,
assicura il monitoraggio sull'attuazione della
presente disposizione.
A tal fine la comunicazione obbligatoria
telematica di cessazione del
rapporto di cui all'articolo 4-bis del decreto
legislativo 21 aprile
2000, n.
181, e successive
modificazioni, e' integrata
da una
ulteriore comunicazione, da effettuarsi da
parte del datore di lavoro
entro 65 giorni dalla cessazione
del rapporto, nella
quale deve
essere indicata l'avvenuta ovvero la non avvenuta
conciliazione di
cui al comma 1 e la cui
omissione e' assoggettata
alla medesima
sanzione prevista per l'omissione
della comunicazione di cui al
predetto
articolo 4-bis. Il
modello di trasmissione della
comunicazione
obbligatoria e' conseguentemente riformulato.
Alle
attivita' di cui al presente comma si provvede
con le risorse umane,
strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente
e,
comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica.
Art. 7
Computo dell'anzianita' negli
appalti
1. Ai
fini del calcolo delle indennita'
e dell'importo di cui
all'articolo
3, comma 1,
all'articolo 4, e
all'articolo 6,
l'anzianita' di servizio del lavoratore che
passa alle dipendenze
dell'impresa subentrante nell'appalto si
computa tenendosi conto di
tutto il periodo durante il quale il lavoratore e'
stato impiegato
nell'attivita' appaltata.
Art. 8
Computo e misura delle
indennita'
per frazioni di anno
1. Per
le frazioni di anno d'anzianita' di servizio, le indennita'
e l'importo di
cui all'articolo 3,
comma 1, all'articolo
4, e
all'articolo 6, sono riproporzionati e le
frazioni di mese uguali o
superiori a quindici giorni si computano come
mese intero.
Art. 9
Piccole imprese e organizzazioni di
tendenza
1. Ove
il datore di lavoro non raggiunga i
requisiti dimensionali
di cui all'articolo 18, ottavo e nono comma,
della legge n. 300 del
1970, non si applica l'articolo 3,
comma 2, e
l'ammontare delle
indennita'
e dell'importo previsti
dall'articolo 3, comma
1,
dall'articolo 4, comma 1 e dall'articolo 6,
comma 1, e' dimezzato e
non puo' in ogni caso superare il limite di sei
mensilita'.
2. Ai
datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di
lucro
attivita' di natura
politica, sindacale, culturale,
di
istruzione ovvero di religione o di culto, si
applica la disciplina
di cui al presente decreto.
Art. 10
Licenziamento collettivo
1. In
caso di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e
24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato
senza l'osservanza
della forma scritta, si
applica il regime
sanzionatorio di cui
all'articolo 2 del presente decreto. In
caso di violazione
delle
procedure richiamate all'articolo 4, comma
12, o dei
criteri di
scelta di cui all'articolo 5, comma 1, della
legge n. 223 del 1991,
si applica il regime di cui all'articolo 3,
comma 1.
Art. 11
Rito applicabile
1. Ai
licenziamenti di cui al presente decreto non si applicano le
disposizioni dei commi da 48 a 68 dell'articolo
1 della legge
28
giugno 2012, n. 92.
Art. 12
Entrata in vigore
1. Il
presente decreto entra in vigore
il giorno successivo
a
quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale della
Repubblica italiana.
Il
presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella
Raccolta ufficiale degli
atti normativi della
Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarlo e di farlo
osservare.
Dato
a Roma, addi' 4 marzo 2015
MATTARELLA
Renzi, Presidente
del Consiglio dei
ministri
Poletti, Ministro
del lavoro e
delle
politiche sociali
Visto, il Guardasigilli: Orlando