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Roma, 9 marzo 2015

 

Circolare n. 45/2015

 

Oggetto: Lavoro – Jobs Act – Riforma dell’art.18 in materia di licenziamenti – Introduzione del contratto a tutele crescenti – DLGVO 4.3.2015 n. 23, su G.U. n. 54 del 6.3.2015.

 

Con la riforma dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori (legge n.300/70) e la contestuale introduzione del contratto a tutele crescenti è entrata nel vivo la fase attuativa del Jobs Act (legge n.183/2014). Il decreto legislativo n. 23/2015 modifica radicalmente, per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato a decorrere dal 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore dello stesso decreto), il sistema di tutele spettanti in caso di licenziamenti illegittimi. Il salto rispetto al precedente regime, che rimane comunque in vigore per i lavoratori assunti prima della suddetta data, è notevole per tutte le imprese ma soprattutto per quelle con oltre 15 dipendenti per le quali si passa da un regime basato sul reintegro del lavoratore ad un regime basato, salvo casi particolari, sul riconoscimento allo stesso di un indennizzo commisurato all’anzianità aziendale (da qui la definizione di contratto a tutele crescenti) e quindi non soggetto alla discrezionalità del giudice.

 

Secondo le intenzioni del Governo la sostanziale neutralizzazione dell’art.18, accompagnata dall’esonero contributivo triennale sulle assunzioni effettuate nel 2015, dovrebbe favorire un maggior ricorso al contratto a tempo indeterminato con conseguente contrazione delle altre tipologie contrattuali sia di natura subordinata che autonoma.

 

Si evidenzia di seguito il nuovo regime sanzionatorio per i licenziamenti illegittimi.

 

Campo di applicazione (art.1) – Le nuove regole si applicheranno ai datori di lavoro di qualsiasi dimensione per i neoassunti (quadri, impiegati o operai) a tempo indeterminato a decorrere dal 7 marzo 2015, nonché per i lavoratori con contratto a termine e per gli apprendisti che successivamente alla stessa data siano confermati a tempo indeterminato.

Ai vecchi assunti continuerà invece ad applicarsi l’art.18 (come modificato dalla legge Fornero) con conseguente doppio binario di tutele all’interno della stessa azienda che secondo gli oppositori al Jobs Act sarebbe incostituzionale. Fa eccezione a questa regola il caso di aziende che superino la soglia dei 15 dipendenti a seguito di nuove assunzioni a tempo indeterminato effettuate dopo il 7 marzo 2015: in tale ipotesi, infatti,il nuovo regime si applicherà anche ai vecchi assunti per non scoraggiare la crescita dimensionale delle aziende.

 

Licenziamenti discriminatori (art.2) – Sono state sostanzialmente confermate le tutele per i licenziamenti discriminatori (cioè per motivi politici, sindacali, religiosi, razziali, ecc.) e per quelli nulli o intimati oralmente per i quali continuerà a scattare nei confronti del lavoratore, a prescindere dalla dimensione aziendale, il reintegro nel posto di lavoro più il riconoscimento di tutte le mensilità pendenti (con un minimo di 5) a meno che lo stesso lavoratore non opti, in sostituzione del reintegro, per un’indennità pari a 15 mensilità (non assoggettata a contribuzione previdenziale).

La suddetta disciplina si applicherà anche nel caso di licenziamenti intimati per disabilità fisica o psichica del lavoratore qualora ne venga accertata l’insussistenza da parte del giudice.

 

Licenziamenti economici (art.3, comma 1) – In presenza di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, di cui quelli economici rappresentano il caso tipico, scatterà per tutti i datori di lavoro una sanzione esclusivamente risarcitoria. Ai lavoratori licenziati illegittimamente dovrà infatti essere riconosciuta un’indennità (esente da contribuzione previdenziale) pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio con un minimo di 4 ed un massimo di 24.

Come già evidenziato continuerà ad applicarsi, per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 da aziende con oltre 15 dipendenti, la precedente disciplina comportante la sanzione del reintegro qualora venga ravvisata dal giudice la manifestata infondatezza del fatto alla base del licenziamento economico.

Licenziamenti disciplinari (art.3, comma 2) – Per le imprese con oltre 15 dipendenti permarrà per i licenziamenti disciplinari, a differenza di quelli economici, la sanzione del reintegro anche se eccezionalmente e cioè solo quando sia direttamente dimostrata in giudizio dal lavoratore l’insussistenza del fatto materiale contestato. Ricorrendo tale ipotesi il lavoratore avrà diritto al reintegro più ad un’indennità non superiore a 12 mensilità salvo non opti, in sostituzione della reintegrazione, per un’indennità sostitutiva di 15 mensilità esenti da contribuzione previdenziale.

In tutti gli altri casi di licenziamento disciplinare, ivi compreso quello in cui il giudice ritenga il licenziamento sproporzionato rispetto al fatto contestato al lavoratore, si applicherà la sola tutela risarcitoria da 4 a 24 mensilità come per i licenziamenti economici.

 

Licenziamenti affetti da irregolarità procedurali (art.4) - Saranno sanzionati solo sul piano economico i licenziamenti intimati senza l’indicazione dei motivi o senza l’osservanza della procedura di contestazione prevista dall’art.7 della legge 300/70. L’indennizzo spettante al lavoratore sarà peraltro più leggero rispetto ai licenziamenti economici e disciplinari essendo pari a 1 mensilità per ciascun anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 12 mensilità, sempre esenti da contribuzione previdenziale.

 

Offerta di conciliazione (art.6) – Allo scopo di decongestionare il contenzioso in materia di lavoro il nuovo decreto ha introdotto uno strumento innovativo di conciliazione che consentirà all’azienda di chiudere la controversia a costi ragionevoli e senza dover affrontare le lungaggini processuali e al lavoratore di ottenere in tempi brevi una somma certa e con un trattamento fiscale di maggior favore rispetto all’indennità che potrebbe scaturire da un giudizio. Ai lavoratori licenziati, sempre che siano stati assunti dal 7 marzo 2015, il datore di lavoro potrà infatti offrire entro 60 giorni, mediante assegno circolare, un’indennità di importo pari a 1 mensilità per ogni anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 18. L’accettazione dell’indennità da parte del lavoratore, che sarà totalmente esente da IRPEF oltre che da contribuzione previdenziale, comporterà l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia all’impugnazione anche se già proposta.

 

Appalti (art.7) – La disposizione in questione disciplina il computo dell’anzianità di servizio nel caso in cui un lavoratore passi alle dipendenze dell’impresa che subentra in un appalto. In particolare è stato precisato che, ai fini del calcolo delle indennità sia di licenziamento che di conciliazione, si dovrà tener conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’appalto.

 

Datori di lavoro fino a 15 dipendenti (art.9) – Nei confronti dei datori di lavoro fino a 15 dipendenti gli importi delle indennità previste tanto in caso di licenziamenti illegittimi quanto di offerta di conciliazione saranno dimezzati e comunque non potranno superare in entrambi i casi il limite di 6 mensilità.

 

Licenziamenti collettivi (art.10) – Le nuove tutele risarcitorie si applicheranno anche ai licenziamenti collettivi di cui agli artt.4 e 24 della legge n.223/91. Di conseguenza, fatta eccezione per i licenziamenti intimati oralmente per i quali scatterà anche in questo caso il reintegro dei lavoratori, la violazione delle procedure di licenziamento collettivo e dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare sarà sanzionata, come per i licenziamenti individuali, unicamente con un indennizzo di importo crescente all’anzianità maturata dai dipendenti.

Anche per i licenziamenti collettivi il salto rispetto alla disciplina previgente, che continuerà comunque ad applicarsi per i vecchi assunti, è notevole atteso che la violazione dei criteri di scelta veniva sanzionata con il reintegro.

 

 

Fabio Marrocco

Per riferimenti confronta circ.ri conf.li nn. 230/2014 e 189/2012

Responsabile di Area

Allegato uno

 

M/n

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G.U. n. 54 del 6.3.2015

DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2015, n. 23

Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo  indeterminato

a tutele crescenti, in attuazione della legge 10  dicembre  2014,  n.

183.

 

                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

  Visti gli articoli 76, 87, quinto  comma,  e  117,  secondo  comma,

della Costituzione;

  Visto l'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n.  183,

recante delega al Governo allo scopo di rafforzare le opportunita' di

ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di

occupazione, nonche' di riordinare i contratti di lavoro vigenti  per

renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze  del  contesto

occupazionale e produttivo e di rendere piu'  efficiente  l'attivita'

ispettiva;

  Visto l'articolo 1, comma 7, lettera c), della  medesima  legge  n.

183 del 2014, recante il criterio di delega volto a prevedere, per le

nuove  assunzioni,  il  contratto  a  tempo  indeterminato  a  tutele

crescenti in relazione all'anzianita' di servizio, escludendo  per  i

licenziamenti economici  la  possibilita'  della  reintegrazione  del

lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo  un  indennizzo  economico

certo e crescente con l'anzianita' di servizio e limitando il diritto

alla reintegrazione ai  licenziamenti  nulli  e  discriminatori  e  a

specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare  ingiustificato,

nonche'   prevedendo   termini   certi   per    l'impugnazione    del

licenziamento;

  Vista la preliminare  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri,

adottata nella riunione del 24 dicembre 2014;

  Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari  della

Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

  Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,  adottata  nella

riunione del 20 febbraio 2015;

  Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali;

 

                              E m a n a

 

                  il seguente decreto legislativo:

 

                               Art. 1

                        Campo di applicazione

  1. Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati

o quadri,  assunti  con  contratto  di  lavoro  subordinato  a  tempo

indeterminato a  decorrere  dalla  data  di  entrata  in  vigore  del

presente decreto, il regime  di  tutela  nel  caso  di  licenziamento

illegittimo e' disciplinato dalle disposizioni  di  cui  al  presente

decreto.

  2. Le disposizioni di cui al presente decreto  si  applicano  anche

nei  casi  di  conversione,  successiva  all'entrata  in  vigore  del

presente decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato

in contratto a tempo indeterminato.

  3. Nel  caso  in  cui  il  datore  di  lavoro,  in  conseguenza  di

assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all'entrata

in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di

cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970,

n. 300, e successive modificazioni, il licenziamento dei  lavoratori,

anche se assunti precedentemente a tale data, e'  disciplinato  dalle

disposizioni del presente decreto.

 

                               Art. 2

                Licenziamento discriminatorio, nullo

                      e intimato in forma orale

  1. Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara  la  nullita'

del licenziamento perche' discriminatorio a  norma  dell'articolo  15

della legge 20 maggio  1970,  n.  300,  e  successive  modificazioni,

ovvero  perche'   riconducibile   agli   altri   casi   di   nullita'

espressamente previsti dalla  legge,  ordina  al  datore  di  lavoro,

imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel

posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto.  A

seguito dell'ordine di  reintegrazione,  il  rapporto  di  lavoro  si

intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro

trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in  cui

abbia richiesto l'indennita' di cui al comma 3. Il regime di  cui  al

presente  articolo  si  applica  anche  al  licenziamento  dichiarato

inefficace perche' intimato in forma orale.

  2. Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresi'

il datore di lavoro al risarcimento del danno subito  dal  lavoratore

per il licenziamento  di  cui  sia  stata  accertata  la  nullita'  e

l'inefficacia,  stabilendo  a  tal  fine  un'indennita'   commisurata

all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento

di  fine  rapporto,  corrispondente  al  periodo   dal   giorno   del

licenziamento sino a quello  dell'effettiva  reintegrazione,  dedotto

quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di

altre attivita' lavorative. In ogni caso la misura  del  risarcimento

non  potra'  essere  inferiore  a   cinque   mensilita'   dell'ultima

retribuzione di riferimento per il calcolo del  trattamento  di  fine

rapporto. Il  datore  di  lavoro  e'  condannato,  altresi',  per  il

medesimo  periodo,  al  versamento  dei  contributi  previdenziali  e

assistenziali.

  3. Fermo  restando  il  diritto  al  risarcimento  del  danno  come

previsto al comma 2, al lavoratore e' data la facolta' di chiedere al

datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel  posto  di

lavoro,  un'indennita'  pari  a   quindici   mensilita'   dell'ultima

retribuzione di riferimento per il calcolo del  trattamento  di  fine

rapporto, la cui richiesta determina la risoluzione del  rapporto  di

lavoro, e che non e' assoggettata a contribuzione  previdenziale.  La

richiesta dell'indennita' deve essere effettuata entro trenta  giorni

dalla comunicazione del deposito della pronuncia  o  dall'invito  del

datore di lavoro a riprendere servizio, se  anteriore  alla  predetta

comunicazione.

  4. La disciplina di cui al  presente  articolo  trova  applicazione

anche  nelle  ipotesi  in  cui  il  giudice  accerta  il  difetto  di

giustificazione per motivo consistente  nella  disabilita'  fisica  o

psichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4,  e

10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68.

 

                               Art. 3

                Licenziamento per giustificato motivo

                           e giusta causa

  1. Salvo quanto disposto dal comma  2,  nei  casi  in  cui  risulta

accertato  che  non  ricorrono  gli  estremi  del  licenziamento  per

giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo  o

giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro  alla

data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di

un'indennita'  non  assoggettata  a  contribuzione  previdenziale  di

importo pari a due mensilita' dell'ultima retribuzione di riferimento

per il calcolo del trattamento di fine  rapporto  per  ogni  anno  di

servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non  superiore

a ventiquattro mensilita'.

  2. Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento  per  giustificato

motivo  soggettivo  o  per  giusta  causa  in  cui  sia  direttamente

dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato

al lavoratore, rispetto alla quale resta  estranea  ogni  valutazione

circa la  sproporzione  del  licenziamento,  il  giudice  annulla  il

licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione  del

lavoratore nel posto  di  lavoro  e  al  pagamento  di  un'indennita'

risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di  riferimento  per

il calcolo  del  trattamento  di  fine  rapporto,  corrispondente  al

periodo dal giorno del licenziamento  fino  a  quello  dell'effettiva

reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito  per  lo

svolgimento di altre attivita'  lavorative,  nonche'  quanto  avrebbe

potuto percepire accettando una congrua offerta di  lavoro  ai  sensi

dell'articolo 4, comma 1, lettera  c),  del  decreto  legislativo  21

aprile 2000, n. 181, e successive  modificazioni.  In  ogni  caso  la

misura dell'indennita' risarcitoria relativa al  periodo  antecedente

alla pronuncia di reintegrazione non puo' essere superiore  a  dodici

mensilita' dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del

trattamento di fine rapporto. Il  datore  di  lavoro  e'  condannato,

altresi', al versamento dei contributi previdenziali e  assistenziali

dal  giorno  del   licenziamento   fino   a   quello   dell'effettiva

reintegrazione,  senza  applicazione  di   sanzioni   per   omissione

contributiva.  Al  lavoratore  e'  attribuita  la  facolta'  di   cui

all'articolo 2, comma 3.

  3. Al licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 1 non  trova

applicazione l'articolo 7 della legge  15  luglio  1966,  n.  604,  e

successive modificazioni.

 

                               Art. 4

                     Vizi formali e procedurali

  1. Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione

del requisito di motivazione di cui all'articolo 2,  comma  2,  della

legge n. 604 del 1966 o della procedura di cui all'articolo  7  della

legge n. 300 del 1970, il giudice dichiara  estinto  il  rapporto  di

lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro  al

pagamento  di  un'indennita'   non   assoggettata   a   contribuzione

previdenziale  di  importo  pari   a   una   mensilita'   dell'ultima

retribuzione di riferimento per il calcolo del  trattamento  di  fine

rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non  inferiore

a due e non superiore a dodici mensilita', a  meno  che  il  giudice,

sulla base della domanda del lavoratore, accerti la  sussistenza  dei

presupposti per l'applicazione delle tutele di cui agli articoli 2  e

3 del presente decreto.

 

                               Art. 5

                      Revoca del licenziamento

  1. Nell'ipotesi di revoca  del  licenziamento,  purche'  effettuata

entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore  di

lavoro dell'impugnazione del  medesimo,  il  rapporto  di  lavoro  si

intende ripristinato senza soluzione di continuita', con diritto  del

lavoratore alla retribuzione maturata  nel  periodo  precedente  alla

revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal

presente decreto.

 

                               Art. 6

                      Offerta di conciliazione

  1. In caso di licenziamento dei lavoratori di cui  all'articolo  1,

al fine di evitare il giudizio e ferma restando la  possibilita'  per

le parti di  addivenire  a  ogni  altra  modalita'  di  conciliazione

prevista dalla legge, il datore di lavoro puo' offrire al lavoratore,

entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento,  in

una delle sedi di cui all'articolo 2113,  quarto  comma,  del  codice

civile, e all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre  2003,

n. 276, e successive modificazioni, un importo  che  non  costituisce

reddito imponibile ai fini dell'imposta  sul  reddito  delle  persone

fisiche e non  e'  assoggettato  a  contribuzione  previdenziale,  di

ammontare pari a una mensilita' della retribuzione di riferimento per

il calcolo  del  trattamento  di  fine  rapporto  per  ogni  anno  di

servizio, in misura comunque non inferiore a due e  non  superiore  a

diciotto mensilita', mediante consegna al lavoratore  di  un  assegno

circolare. L'accettazione dell'assegno in  tale  sede  da  parte  del

lavoratore  comporta  l'estinzione  del  rapporto   alla   data   del

licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche

qualora il lavoratore l'abbia gia' proposta. Le  eventuali  ulteriori

somme pattuite nella stessa sede  conciliativa  a  chiusura  di  ogni

altra pendenza derivante dal rapporto  di  lavoro  sono  soggette  al

regime fiscale ordinario.

  2. Alle minori entrate derivanti dal comma 1 valutate in 2  milioni

di euro per l'anno 2015, 7,9 milioni di euro per  l'anno  2016,  13,8

milioni di euro per l'anno 2017, 17,5  milioni  di  euro  per  l'anno

2018, 21,2 milioni di euro per l'anno 2019, 24,4 milioni di euro  per

l'anno 2020, 27,6 milioni di euro per l'anno 2021,  30,8  milioni  di

euro per l'anno 2022, 34,0 milioni di euro per  l'anno  2023  e  37,2

milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024 si provvede mediante

corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma  107,

della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

  3. Il sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito  a

norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno  2012,  n.  92,

assicura il monitoraggio sull'attuazione della presente disposizione.

A tal fine la comunicazione obbligatoria telematica di cessazione del

rapporto di cui all'articolo 4-bis del decreto legislativo 21  aprile

2000, n.  181,  e  successive  modificazioni,  e'  integrata  da  una

ulteriore comunicazione, da effettuarsi da parte del datore di lavoro

entro 65 giorni dalla  cessazione  del  rapporto,  nella  quale  deve

essere indicata l'avvenuta ovvero la non  avvenuta  conciliazione  di

cui al comma 1 e la  cui  omissione  e'  assoggettata  alla  medesima

sanzione prevista per  l'omissione  della  comunicazione  di  cui  al

predetto  articolo  4-bis.   Il   modello   di   trasmissione   della

comunicazione  obbligatoria  e'  conseguentemente  riformulato.  Alle

attivita' di cui al presente comma si provvede con le risorse  umane,

strumentali e  finanziarie  disponibili  a  legislazione  vigente  e,

comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

                               Art. 7

                Computo dell'anzianita' negli appalti

  1. Ai fini del calcolo  delle  indennita'  e  dell'importo  di  cui

all'articolo  3,  comma  1,  all'articolo  4,   e   all'articolo   6,

l'anzianita' di servizio del lavoratore  che  passa  alle  dipendenze

dell'impresa subentrante nell'appalto si computa tenendosi  conto  di

tutto il periodo durante il quale il lavoratore  e'  stato  impiegato

nell'attivita' appaltata.

 

                               Art. 8

                  Computo e misura delle indennita'

                        per frazioni di anno

  1. Per le frazioni di anno d'anzianita' di servizio, le  indennita'

e l'importo di  cui  all'articolo  3,  comma  1,  all'articolo  4,  e

all'articolo 6, sono riproporzionati e le frazioni di mese  uguali  o

superiori a quindici giorni si computano come mese intero.

 

                               Art. 9

            Piccole imprese e organizzazioni di tendenza

  1. Ove il datore di lavoro non raggiunga i  requisiti  dimensionali

di cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n.  300  del

1970, non si applica l'articolo  3,  comma  2,  e  l'ammontare  delle

indennita'  e  dell'importo  previsti  dall'articolo  3,   comma   1,

dall'articolo 4, comma 1 e dall'articolo 6, comma 1, e'  dimezzato  e

non puo' in ogni caso superare il limite di sei mensilita'.

  2. Ai datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di

lucro  attivita'  di  natura  politica,  sindacale,   culturale,   di

istruzione ovvero di religione o di culto, si applica  la  disciplina

di cui al presente decreto.

 

                               Art. 10

                      Licenziamento collettivo

  1. In caso di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4  e

24 della legge 23 luglio 1991, n. 223,  intimato  senza  l'osservanza

della forma scritta,  si  applica  il  regime  sanzionatorio  di  cui

all'articolo 2 del presente decreto.  In  caso  di  violazione  delle

procedure richiamate all'articolo 4,  comma  12,  o  dei  criteri  di

scelta di cui all'articolo 5, comma 1, della legge n. 223  del  1991,

si applica il regime di cui all'articolo 3, comma 1.

 

                               Art. 11

                          Rito applicabile

  1. Ai licenziamenti di cui al presente decreto non si applicano  le

disposizioni dei commi da 48 a 68  dell'articolo  1  della  legge  28

giugno 2012, n. 92.

 

                               Art. 12

                          Entrata in vigore

  1. Il presente decreto entra  in  vigore  il  giorno  successivo  a

quello  della  sua  pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale   della

Repubblica italiana.

  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito

nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica

italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo

osservare.

    Dato a Roma, addi' 4 marzo 2015

 

                             MATTARELLA

 

                            Renzi,  Presidente  del   Consiglio   dei

                            ministri

 

                            Poletti,  Ministro  del  lavoro  e  delle

                            politiche sociali

 

Visto, il Guardasigilli: Orlando