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Roma, 15 giugno 2009
Circolare n.86/2009
Oggetto: Tributi – Associazioni di categoria – Obbligo di
comunicazione dei dati fiscali – Legge n.2/2009 – Circolare Agenzia delle
Entrate n.12/E del 9.4.2009.
L’articolo 30 del
decreto legge n.185/2008, convertito dalla legge indicata in oggetto, ha
previsto l’obbligo per le associazioni di categoria di effettuare una comunicazione
all’Agenzia delle Entrate per poter continuare a beneficiare dell’attuale regime
fiscale agevolato.
Com’è noto,
l’attività svolta dalle associazioni di categoria nei confronti degli associati
in conformità agli scopi statutari non è considerata attività commerciale né ai
fini delle imposte sui redditi, né ai fini Iva; di conseguenza i contributi
associativi riscossi, anche qualora si tratti di corrispettivi specifici, non
costituiscono un reddito tassabile, né un compenso gravato da Iva.
Inoltre alcune
attività particolari - quali la cessione di proprie pubblicazioni a terzi,
l’organizzazione di viaggi e soggiorni per gli associati, l’assistenza contrattuale
e di legislazione sul lavoro agli associati – non sono considerate attività
commerciali ai fini delle imposte sui redditi (la vendita di pubblicazioni non
è considerata attività commerciale neanche ai fini Iva, purché sia rivolta in
prevalenza agli associati).
Fino ad oggi, per poter
usufruire del suddetto regime agevolato era sufficiente che la natura di “ente
non commerciale” dell’associazione di categoria emergesse dagli statuti o dagli
atti costitutivi che a tal fine, com’è noto, devono prevedere espressamente il
divieto di distribuzione di utili o avanzi di gestione durante la vita dell’associazione,
l’obbligo di approvazione annuale del rendiconto economico e finanziario, il
divieto di trasmissione della quota associativa e di rivalutazione della stessa,
nonché l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’associazione, nel caso di
scioglimento, ad altra associazione con finalità analoga.
Con la normativa in
esame è stato ora introdotto a carico delle associazioni di categoria
l’ulteriore obbligo di comunicare all’amministrazione finanziaria “dati e notizie rilevanti ai fini fiscali”.
Come illustrato nella circolare dell’Agenzia delle Entrate indicata in oggetto,
il nuovo onere riguarda tutti gli enti di tipo associativo (oltre le associazioni
di categoria riguarda i partiti politici, i sindacati, le associazioni
culturali, quelle religiose, ecc.) e non solo i “circoli privati” come riporta
la rubrica dell’articolo 30 del decreto legge in oggetto.
Il modello per
effettuare la comunicazione, nonché i tempi e le modalità di trasmissione, dovranno
essere stabiliti con un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate
tuttora in corso di emanazione.
Si fa riserva di
tornare sull’argomento non appena il provvedimento sarà emanato.
f.to
Piero M. Luzzati |
Per riferimenti confronta circ.re conf.le n.28/1998 |
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Allegati due |
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D/d |
© CONFETRA – La riproduzione totale o parziale è
consentita esclusivamente alle organizzazioni aderenti alla |
S.O. alla G.U. n. 22 del 28.1.2009( fonte Guritel)
TESTO COORDINATO DEL DECRETO-LEGGE 29 novembre 2008, n.185
Testo del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, coordinato con la legge di conversione 28 gennaio 2009, n. 2, recante: «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale».
Art. 30.
Controlli sui circoli privati
1. I corrispettivi, le quote e i contributi di cui all'articolo 148
del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e all'articolo
4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
non sono imponibili a condizione che gli enti associativi siano in
possesso dei requisiti qualificanti previsti dalla normativa
tributaria e, ad esclusione delle organizzazioni di volontariato
iscritte nei registri regionali di cui all'articolo 6 della legge 11
agosto 1991, n. 266, in possesso dei requisiti di cui al comma 5 del
presente articolo, trasmettano per via telematica all'Agenzia
delle entrate, al fine di consentire gli opportuni controlli, i
dati e le notizie rilevanti ai fini fiscali mediante un apposito
modello da approvare entro il 31 gennaio 2009 con provvedimento del
Direttore dell'Agenzia delle entrate.
2. Con il medesimo provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle
entrate sono stabiliti i tempi e le modalita' di trasmissione del
modello di cui al comma 1, anche da parte delle associazioni gia'
costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto, ad
esclusione delle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri
regionali di cui all'articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266,
in possesso dei requisiti di cui al comma 5 del presente articolo,
nonche' le modalita' di comunicazione da parte dell'Agenzia delle
entrate in merito alla completezza dei dati e delle notizie trasmessi
ai sensi del comma 1.
3. L'onere della trasmissione di cui al comma 1 e' assolto anche
dalle societa' sportive dilettantistiche di cui all'articolo 90 della
legge 27 dicembre 2002, n. 289.
3-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alle
associazioni pro loco che optano per l'applicazione delle norme di
cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e agli enti associativi
dilettantistici iscritti nel registro del Comitato olimpico nazionale
italiano che non svolgono attivita' commerciale.
*** omissis ***
FINE TESTO
Direzione Centrale Normativa e
Contenzioso
Circolare n. 12/E
Roma 9 aprile 2009
OGGETTO: Art. 30
del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito, con modificazioni, dalla
legge 28 gennaio 2009, n. 2 - Enti
associativi e norme in materia di ONLUS -
PREMESSA
L’art. 30, commi 1, 2, 3 e 3-bis, del decreto-legge 29 novembre
2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2,
al fine di consentire gli opportuni controlli, introduce per gli enti di tipo
associativo, che siano in possesso dei requisiti qualificanti richiesti dalle
norme fiscali per avvalersi delle disposizioni di favore previste dall’art. 148
del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e dall’art. 4 del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’onere di comunicare all’Agenzia
delle entrate dati e notizie rilevanti ai fini fiscali.
L’applicazione delle richiamate
disposizioni fiscali di favore, rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e
ai fini IVA, è pertanto subordinata alla ricorrenza delle seguenti condizioni:
a) possesso dei
requisiti previsti dalla normativa tributaria;
b) comunicazione dei dati e delle
notizie rilevanti ai fini dell’accertamento.
La comunicazione di dati e notizie
deve essere effettuata con apposito modello approvato con provvedimento del
Direttore dell’Agenzia delle entrate, nei termini e secondo le modalità
stabilite con lo stesso provvedimento.
La norma ha finalità esclusivamente
fiscali e risponde a reali esigenze di controllo che l’Agenzia delle entrate
potrà effettuare anche attraverso l’acquisizione di informazioni necessarie a
garantire che i regimi tributari diretti ad incentivare il fenomeno del libero
associazionismo non costituiscano di fatto uno strumento per eludere il pagamento delle imposte dovute.
L’intento della norma è quello di
acquisire una più ampia informazione e conoscenza del mondo associativo e dei
soggetti assimilati sotto il profilo fiscale (società sportive
dilettantistiche), con l’obiettivo primario di tutelare le vere forme
associazionistiche incentivate dal legislatore fiscale e, conseguentemente, di
isolare e contrastare l’uso distorto dello strumento associazionistico
suscettibile di intralciare - tra l’altro – la libertà di concorrenza tra gli
operatori commerciali.
L’art. 30 in esame reca altresì
alcune disposizioni in materia di ONLUS, ai commi 4, 5, 5-bis e 5-ter.
Il comma 4 disciplina il settore
della beneficenza, riconducendo nell’ambito di tale attività, oltre agli
interventi diretti a favore di soggetti svantaggiati, le erogazioni effettuate
ad altri enti che realizzano programmi di utilità sociale (c.d. beneficenza indiretta).
Il comma 5 disciplina le organizzazioni
di volontariato, fissando le condizioni necessarie perché le stesse possano
acquisire la qualifica di ONLUS di diritto.
Infine, i commi 5-bis e 5-ter dell’art. 30 introducono un’agevolazione temporanea in
materia di imposta catastale a favore delle ONLUS.
1 COMUNICAZIONE DI DATI E NOTIZIE RILEVANTI AI FINI FISCALI
1.1 Requisiti qualificanti per fruire dei regimi
agevolativi dell’art. 148 del TUIR e dell’art. 4 del DPR n. 633.
In merito ai requisiti per
avvalersi delle disposizioni di cui ai menzionati articoli 148 del TUIR e 4 del
DPR n. 633 che escludono dalla imposizione, ai fini delle imposte sui redditi e
dell’IVA, i contributi, le quote e i corrispettivi, pagati alle associazioni,
la norma in commento ribadisce la necessità che gli enti associativi
interessati posseggano i “requisiti
qualificanti previsti dalla normativa
tributaria”.
Al riguardo si evidenzia che
presupposto di carattere generale per l’applicazione sia delle disposizioni
dell’art. 148 del TUIR, sia di quelle dell’art. 4, commi quarto e sesto, del
DPR n. 633, è la qualificazione dell’ente associativo come ente non commerciale.
1.1.1 Natura tributaria
degli enti di tipo associativo
Gli enti di tipo associativo che
possono fruire delle disposizioni dell’art. 148 del TUIR e dell’art. 4, commi
quarto e sesto, del DPR n. 633 sono solo gli enti che non hanno per oggetto
esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali ai sensi dell’art.
73 del TUIR.
L’art. 148 è inserito, infatti, nel
Titolo II, Capo III, del TUIR concernente gli enti non commerciali, così come
l’art. 4, commi quarto e sesto, del DPR n. 633 disciplina agli effetti IVA gli
stessi enti non commerciali.
Gli enti di tipo associativo che
svolgono in via esclusiva o principale attività commerciale non possono fruire
del regime di favore previsto dall’art. 148 del TUIR e dall’art. 4, commi
quarto e sesto, del DPR n. 633.
In particolare per detti enti la
natura commerciale fa sì che anche le quote e i contributi associativi
concorrono alla determinazione del reddito d’impresa.
Si ricorda che la commercialità o meno di un’attività è determinata ai fini fiscali
sulla base di parametri oggettivi che prescindono dalle motivazioni del
soggetto che la pone in essere e dalle sue finalità.
In sostanza la qualificazione ai
fini fiscali dell’attività deve essere operata verificando se la stessa possa
ricondursi fra quelle previste dall’art. 2195 del codice civile o, qualora essa
consista nella prestazione di servizi non riconducibili nel menzionato articolo
(es. prestazioni didattiche, sanitarie, terapeutiche etc.), se venga svolta con
i connotati dell’organizzazione, della professionalità e abitualità.
Il carattere di imprenditorialità
può di fatto derivare anche dallo svolgimento di un solo affare in considerazione
della sua rilevanza economica e della complessità delle operazioni in cui si
articola e la funzione organizzativa dell’imprenditore può rilevarsi nel
coordinamento dei mezzi finanziari nell’ambito di un’operazione di rilevante
entità economica.
1.1.2 Requisiti per particolari tipologie di
associazioni
Il comma 3 dell’art. 148 del TUIR e
il quarto comma, secondo periodo, dell’art. 4 del DPR n. 633 prevedono un
particolare regime agevolativo, consistente nella decommercializzazione delle attività rese in diretta
attuazione degli scopi istituzionali, nei confronti di iscritti, associati o
partecipanti verso il pagamento di corrispettivi specifici, applicabile ad
associazioni che, oltre a dover essere preventivamente qualificate come enti
non commerciali, appartengano a una delle seguenti tipologie:
- associazioni
politiche;
- associazioni sindacali;
- associazioni di
categoria;
- associazioni religiose;
- associazioni
assistenziali;
- associazioni
culturali;
- associazioni
sportive dilettantistiche;
- associazioni di
promozione sociale;
- associazioni di
formazione extra-scolastica della persona.
Le associazioni sportive
dilettantistiche sono definite dall’art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n.
289, mentre le associazioni di promozione sociale sono quelle disciplinate
dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383.
Altri specifici benefici sono
stabiliti, a favore di una o più tipologie di associazioni sopra richiamate,
dai commi 5, 6 e 7 dell’art. 148 del TUIR nonché dal sesto comma dell’art. 4
del DPR n. 633 in presenza delle condizioni previste dalle stesse disposizioni.
Si precisa che l’attività “esterna”
degli enti associativi, cioè quella resa nei confronti di terzi, non rientra di
regola nella sfera di applicazione delle norme agevolative
sopra riportate.
Il regime agevolativo
previsto per i corrispettivi specifici pagati dagli associati, iscritti o
partecipanti ai sensi del comma 3 dell’art. 148 del TUIR e del quarto comma,
secondo periodo, dell’art. 4 del DPR n. 633 nonché gli ulteriori benefici
recati dai commi 5, 6 e 7 dello stesso art. 148 e dal sesto comma del
menzionato art. 4 si applicano a condizione che le associazioni interessate si
conformino, oltre che alle anzidette condizioni recate dai commi sopra citati,
anche alle seguenti clausole, da inserire nei relativi statuti redatti nella
forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata:
a) divieto di distribuire, anche in
modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale
durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione
non siano imposte dalla legge;
b) obbligo di devolvere il patrimonio
dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra
associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito
l’organismo di controllo di cui all’art. 3, comma 190, della legge 23 dicembre
1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
c) disciplina uniforme del rapporto
associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del
rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della
partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o
partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le
modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi
dell’associazione;
d) obbligo di redigere e di approvare
annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni
statutarie;
e) eleggibilità libera degli organi
amministrativi, principio del voto singolo di cui all’art. 2532, comma 2, del
codice civile, sovranità dell’assemblea dei soci, associati o partecipanti e i
criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità
delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o
rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui
atto costitutivo, anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto
ai sensi dell’art. 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse
abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello
locale;
f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a
causa di morte e non rivalutabilità della stessa.
Per espressa previsione normativa
(comma 9 dell’art. 148 del TUIR e ottavo comma dell’art. 4 del DPR n. 633 del
1972) le clausole indicate alle lettere c) ed e) non si applicano alle
associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha
stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche,
sindacali e di categoria.
1.2 Soggetti tenuti alla presentazione del modello
di comunicazione dei dati e delle notizie rilevanti ai fini del controllo
fiscale.
Dalle disposizioni dei commi 1, 2 e
3-bis dell’art. 30 emerge che
l’onere della presentazione del modello di comunicazione dei dati e delle
notizie rilevanti ai fini fiscali è previsto per tutti gli enti di tipo
associativo che fruiscono della detassazione delle quote associative ovvero dei
contributi o dei corrispettivi prevista dai richiamati articoli 148 del TUIR e
4 del DPR n. 633, ad esclusione degli enti espressamente indicati dalle stesse
disposizioni (v. paragrafo 1.2.1).
Come si desume dalla rubrica della
norma, riferita ai circoli privati,
la disposizione in esame si applica esclusivamente agli enti di carattere
privato.
Pertanto, sono tenuti alla
presentazione del modello di comunicazione previsto dall’art. 30 del
decreto-legge n. 185 gli enti associativi di natura privata, con o senza
personalità giuridica, che si avvalgono di una o più delle previsioni di decommercializzazione previste dagli articoli 148 del TUIR
e 4, quarto comma, secondo periodo, e sesto comma, del DPR n. 633.
Ne consegue che l’onere della
comunicazione grava anche sugli enti associativi che, in applicazione del comma
1 dell’art. 148 del TUIR, si limitano a riscuotere quote associative oppure
contributi versati dagli associati o partecipanti a fronte dell’attività istituzionale svolta dai
medesimi.
L’onere della comunicazione si
estende, in forza del comma 3 dell’art. 30 in commento, alle società sportive
dilettantistiche di cui all’art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Sono
tenute, altresì, alla trasmissione del modello in argomento le organizzazioni
di volontariato, ad eccezione di quelle espressamente escluse dal comma 1
dell’art. 30 (v. paragrafo 1.2.1.3).
Come si evince dal comma 2
dell’articolo in commento sono tenuti a trasmettere il modello di comunicazione
previsto dallo stesso articolo sia le associazioni già costituite alla data di
entrata in vigore del decreto-legge n. 185 sia gli enti di nuova costituzione.
L’onere della comunicazione grava
su tutti i soggetti associativi con autonomia giuridica tributaria e, pertanto,
anche sulle articolazioni territoriali o funzionali di un ente nazionale,
qualora queste si configurino come autonomi soggetti d’imposta ai sensi
dell’art. 73 del TUIR.
Resta inteso che gli enti
associativi interessati dalle disposizioni fiscali di favore di cui ai citati
articoli 148 del TUIR e 4 del DPR n. 633 del 1972, non potranno più farne
applicazione qualora non assolvano all’onere della comunicazione nei termini e
secondo le modalità stabilite con il menzionato provvedimento del Direttore
dell’Agenzia delle entrate.
1.2.1 Enti esonerati
dalla trasmissione del modello
L’art. 30 in commento, fermo
restando il potere di controllo dell’Agenzia delle entrate della sussistenza
dei requisiti qualificanti previsti dalla normativa tributaria, esclude dall’onere
di comunicare all’Agenzia dell’entrate i dati e le notizie rilevanti ai fini
fiscali:
·
le associazioni pro-loco che optano
per l’applicazione delle disposizioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n.
398;
·
gli enti associativi
dilettantistici iscritti nel registro del Comitato olimpico nazionale italiano
che non svolgono attività commerciale.
·
le organizzazioni di volontariato
iscritte nei registri regionali di cui all’art. 6 della legge 11 agosto 1991,
n. 266 che non svolgono attività commerciali diverse da quelle marginali
individuate con decreto del Ministro delle finanze 25 maggio 1995.
1.2.1.1 Associazioni pro-loco
Il disposto del comma 3-bis dell’art. 30 esonera dalla
trasmissione dei dati e delle notizie rilevanti ai fini fiscali le associazioni
pro-loco che abbiano esercitato l’opzione per il regime agevolativo
recato dalla legge n. 398 del 1991.
Si fa presente che le associazioni
pro-loco possono optare per l’anzidetto regime fiscale sempre che, nel periodo
di imposta precedente, abbiano esercitato attività commerciali, conseguendo
proventi di ammontare non superiore a
250.000 euro.
Sono tenute, pertanto, a comunicare
all’Agenzia delle entrate i dati e le notizie rilevanti ai fini fiscali, le
associazioni pro-loco che, nel periodo di imposta precedente, abbiano
conseguito proventi superiori a 250.000 euro nonché le associazioni pro-loco
che, pur avendo realizzato proventi di ammontare inferiore a tale importo, non
abbiano optato per il regime agevolativo recato dalla
legge n. 398 del 1991.
1.2.1.2 Associazioni
sportive dilettantistiche
Il comma 3-bis dell’art. 30 esonera dall’onere della trasmissione dei dati
e delle notizie rilevanti sotto il profilo fiscale gli enti associativi
dilettantistici in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal
CONI che non svolgono attività commerciale.
Sono, per converso, tenute
all’invio dei dati e delle notizie rilevanti ai fini fiscali, secondo le
modalità precisate nel paragrafo 1.3, le associazioni sportive dilettantistiche
che, oltre all’attività sportiva dilettantistica riconosciuta dal CONI, effettuano
cessioni di beni (ad es. somministrazione di alimenti e bevande, vendita di
materiali sportivi e gadget pubblicitari) e prestazioni di servizi (es.
prestazioni pubblicitarie, sponsorizzazioni) rilevanti ai fini dell’IVA e delle
imposte sui redditi.
L’onere della comunicazione dei
dati grava anche sulle associazioni che effettuano operazioni strutturalmente
commerciali anche se non imponibili ai sensi dell’articolo 148, terzo comma,
del TUIR e dell’articolo 4 del DPR n. 633 del 1972.
1.2.1.3 Organizzazioni di
volontariato iscritte nei registri della legge n. 266 del 1991 che non svolgono
attività commerciali diverse da quelle marginali di cui al decreto del Ministro
delle Finanze 25 maggio 1995
L’art. 30 in commento al comma 1
esonera dalla trasmissione del modello di comunicazione le “organizzazioni di volontariato iscritte nei
registri di cui all’art. 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, in possesso dei
requisiti di cui al comma 5 del presente articolo”.
Il comma 5 dell’art. 30, richiamato
dal comma 1 dello stesso articolo, disciplina le organizzazioni di volontariato
di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, che non svolgono attività commerciali
diverse da quelle individuate con decreto del Ministro delle Finanze 25 maggio
1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 134 del 10 giugno 1995.
Sono escluse pertanto dall’onere
della comunicazione in argomento le organizzazioni iscritte nei registri di cui
all’art. 6 della legge n. 266 del 1991, che non svolgono attività commerciali
se non in via marginale, nei limiti consentiti dal richiamato decreto del 1995.
1.3 Modalità
di trasmissione e contenuti della comunicazione
La comunicazione dei dati e delle
notizie rilevanti ai fini fiscali deve essere effettuata, ai sensi del comma 1
dell’art. 30 in commento, compilando l’apposito modello, approvato con
provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, che deve essere
trasmesso esclusivamente per via telematica.
Come accennato in premessa,
l’intento del legislatore, attraverso l’introduzione dell’onere della
comunicazione a carico degli enti che si avvalgono dei regimi agevolativi
richiamati nei precedenti paragrafi ai fini delle imposte sui redditi e
dell’IVA, è quello di conoscere e monitorare gli enti associativi esistenti al
fine di acquisire per ciascun soggetto informazioni sugli elementi di
identificazione e qualificazione soggettiva dell’ente associativo, sui
contenuti statutari e sui profili organizzativi, sul settore di operatività e
sulle specifiche attività poste in essere, per modo che l’azione di controllo
fiscale possa concentrarsi sulle pseudo-associazioni,
con esclusione di quelle correttamente organizzate che operano nell’interesse
degli associati.
2 NORME IN MATERIA DI ONLUS
2.1 Organizzazioni di volontariato ONLUS di
diritto
Il comma 5 dell’art. 30 in commento
stabilisce che le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri del
volontariato di cui all’art. 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266 acquistano,
in forza dell’art. 10, comma 8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n.
460, la qualifica di ONLUS di diritto a condizione che non svolgano attività
commerciali diverse da quelle marginali indicate nel decreto 25 maggio 1995.
La norma in esame modifica, in
sostanza, la previsione del comma 8 dell’art. 10 del decreto legislativo n.
460, intervenendo sui requisiti richiesti alle organizzazioni di volontariato
per l’acquisizione della qualifica di ONLUS di diritto.
Le attività commerciali marginali
individuate dal predetto decreto del 1995, consentite alle organizzazioni di
volontariato, ai sensi dell’art. 30, comma 5, al fine dell’acquisizione della
qualifica di ONLUS di diritto e al fine dell’esonero dalla trasmissione
telematica dei dati e delle notizie fiscalmente rilevanti, sono le seguenti:
a) attività di vendita occasionali o
iniziative occasionali di solidarietà svolte nel corso di celebrazioni o
ricorrenze o in concomitanza a campagne di sensibilizzazione pubblica verso i
fini istituzionali dell’organizzazione di volontariato;
b) attività di vendita di beni
acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la
vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
c) cessione di beni prodotti dagli
assistiti e dai volontari sempre che la vendita di prodotti sia curata
direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
d) attività di somministrazione di
alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili
a carattere occasionale;
e) attività di prestazione di servizi
rese in conformità alle finalità istituzionali, non riconducibili nell’ambito
applicativo dell’art. 148, comma 3, del TUIR, verso pagamento di corrispettivi
specifici che non eccedano del 50% i costi di diretta imputazione.
Le attività sopra elencate, ai
sensi del comma 2 dell’art. 1 del citato decreto del 25 maggio 1995, devono
essere svolte:
a) in funzione della
realizzazione del fine istituzionale dell’organizzazione di volontariato iscritta
nei registri di cui all’art. 6 della legge n. 266 del 1991;
b) senza l’impiego di
mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato,
quali l’uso di pubblicità dei prodotti, di insegne elettriche, di locali
attrezzati secondo gli usi dei corrispondenti esercizi commerciali, di marchi
di distinzione dell’impresa.
In sintesi, in base alla previsione
del comma 5 dell’art. 30, le organizzazioni di volontariato sono ONLUS di
diritto e possono fruire della disciplina a favore delle ONLUS se:
1) sono iscritte negli
appositi registri del volontariato di cui alla legge n. 266 del 1991;
2) non svolgono attività
commerciali diverse da quelle marginali elencate nel decreto del 25 maggio
1995.
Pertanto, qualora le organizzazioni
di volontariato, ancorché iscritte negli anzidetti registri, svolgano attività
commerciali non riconducibili fra quelle sopra richiamate, le stesse non
possono assumere la qualifica di ONLUS di diritto e sono tenute, ai sensi dei
commi 1 e 5 dell’art. 30 del decreto-legge n. 185, a trasmettere il modello di
comunicazione previsto dallo stesso articolo.
La qualificazione dell’attività
come commerciale o non commerciale deve essere effettuata ai fini fiscali sulla
base dei parametri oggettivi richiamati nel precedente paragrafo 1.1.1, senza
che a tal fine possa assumere rilievo la qualificazione statutaria della
stessa.
In sostanza, in base alla
disposizione in esame, l’Agenzia delle entrate esercita l’autonoma attività di
controllo anche sulle organizzazioni iscritte negli appositi registri del
volontariato al fine di accertare l’eventuale svolgimento di attività
commerciali diverse da quelle elencate dal decreto del 25 maggio 1995 e,
conseguentemente, la spettanza o meno delle agevolazioni fiscali.
2.2 Attività di beneficenza svolta da ONLUS
Il comma 4 dell’art. 30 prevede
quanto segue:
4. All’art. 10 del decreto
legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
“2-bis.
Si considera attività di beneficenza, ai sensi del comma 1, lettera a), numero
3), anche la concessione di erogazioni gratuite in denaro con utilizzo di somme
provenienti dalla gestione patrimoniale o da donazioni appositamente raccolte,
a favore di enti senza scopo di lucro che operano prevalentemente nei settori
di cui al medesimo comma 1, lettera a), per la realizzazione diretta di
progetti di utilità sociale”.
La formulazione della norma con le
parole “si considera attività di
beneficenza (…)” fa assumere carattere interpretativo alla disposizione
che qualifica e delimita l’attività di beneficenza, conferendo alla previsione
in esame efficacia retroattiva.
Il comma 4 dell’art. 30,
aggiungendo all’art. 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, dopo
il comma 2, il comma 2-bis),
riconduce nella beneficenza, quale settore di attività in cui possono operare
le ONLUS, oltre all’attività consistente direttamente nella concessione di
erogazioni gratuite in denaro o in natura a favore degli indigenti, anche
l’attività di erogazione gratuita di somme di denaro, provenienti dalla gestione
patrimoniale della ONLUS o da campagne di raccolta di donazioni, a favore di
enti che presentino i requisiti stabiliti dallo stesso comma 4.
In particolare gli enti destinatari
delle erogazioni gratuite di denaro devono avere i seguenti requisiti:
a) devono essere enti senza scopo di
lucro;
b) devono operare prevalentemente e
direttamente nei settori di attività previsti dal medesimo art. 10, comma 1,
lettera a) del decreto legislativo n. 460 del 1997 e quindi nei settori dell’assistenza
sociale e socio-sanitaria, dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione, della
formazione, dello sport dilettantistico, della tutela, promozione e valorizzazione
delle cose d’interesse artistico e storico, della tutela e valorizzazione della
natura e dell’ambiente, della promozione della cultura e dell’arte, della
tutela dei diritti civili, della ricerca scientifica di particolare interesse
sociale.
Per quanto riguarda la natura degli
enti destinatari delle erogazioni, in mancanza di una limitazione normativa, si
ritiene che gli stessi possano avere natura pubblica o privata, non esclusi gli
enti religiosi, e possano assumere qualsiasi forma giuridica.
L’espressa previsione dell’assenza
di lucratività comporta che l’ente deve osservare di
fatto e prevedere statutariamente il divieto di distribuzione anche indiretta
degli utili e avanzi di gestione nonché di fondi riserve o capitale.
Affinché le erogazioni destinate a
tali enti possano essere ricondotte nell’attività di beneficenza è inoltre
necessario che:
• provengano dalla gestione
patrimoniale o da donazioni appositamente raccolte;
• siano destinate alla realizzazione
diretta di progetti di utilità sociale.
Riguardo a quest’ultima previsione
si chiarisce che la norma esclude che gli enti beneficiari delle erogazioni
effettuate dalle ONLUS c.d. erogative possano a loro
volta riversare le donazioni raccolte a
favore di altri enti.
La norma non consente, quindi, che
si verifichi il fenomeno delle erogazioni a catena attraverso molteplici
passaggi di denaro tra enti diversi, ma impone che gli enti beneficiari
utilizzino “direttamente” le erogazioni ricevute per la realizzazione di progetti
di utilità sociale.
La specifica destinazione delle
erogazioni a progetti di utilità sociale comporta, peraltro, da una parte la
necessità della tracciabilità della donazione attraverso strumenti bancari o
postali che evidenzino la particolare causa del versamento e dall’altra
l’esistenza non di un programma generico, ma di un progetto già definito nell’ambito
del settore di attività dell’ente destinatario prima dell’effettuazione
dell’erogazione.
L’utilità sociale del progetto
comporta che esso si connoti per la realizzazione di attività solidaristiche.
2.3 Agevolazione in materia di imposta catastale
per le ONLUS
I commi 5-bis e 5-ter
dell’art. 30 in commento introducono, con efficacia temporale limitata al 31
dicembre 2009, una nuova agevolazione in favore delle ONLUS in materia di
imposta catastale.
Tale agevolazione consiste, in
sostanza, nella previsione dell’applicazione dell’imposta catastale in misura
fissa, pari a 168 euro, per i trasferimenti a titolo oneroso a favore delle
ONLUS, a condizione che la ONLUS dichiari nell’atto che intende utilizzare
direttamente i beni per lo svolgimento della propria attività e che realizzi
l’effettivo utilizzo diretto entro due anni dall’acquisto.
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Le Direzioni Regionali vigileranno affinché i principi enunciati nella
presente circolare vengano applicati con uniformità.