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Roma, 10 marzo 2004
Circolare n.26/2004
Oggetto: Lavoro – Nuova disciplina delle collaborazioni -
Circolare Min. Lavoro n. 1 dell’8.1.2004,
su G.U. n. 10 del 14.1.2004.
Il Ministero del Lavoro ha fornito le
prime istruzioni in merito alla nuova disciplina delle collaborazioni
coordinate e continuative (o lavoro a progetto)
introdotta dalla riforma Biagi (DLGVO n. 276/2003).
Come è noto, in base al citato decreto, che ha
previsto requisiti più stringenti e sanzioni più severe, le collaborazioni sono
rapporti di lavoro autonomo nei quali il lavoratore assume l’incarico di
eseguire, senza vincolo di subordinazione e con lavoro prevalentemente proprio,
uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso
determinati dal committente.
Si evidenziano di seguito i principali
aspetti della nuova disciplina sui quali si é soffermata
la circolare ministeriale.
Regime
transitorio – I contratti di
collaborazione già in vigore alla data di entrata in
vigore del decreto 276 (24 ottobre 2003) mantengono efficacia sino alla scadenza
e comunque non oltre il 24 ottobre 2004. Termini più ampi di efficacia
provvisoria potranno essere stabiliti nell’ambito di accordi aziendali che
disciplinino la transizione delle vecchie collaborazioni o verso contratti a
progetto o verso contratti di lavoro subordinato.
Campo
di applicazione
– Non rientrano nel regime del contratto a progetto, e pertanto continueranno
in via permanente ad essere disciplinate dalle vecchie regole, le collaborazioni
con pensionati di vecchiaia o con componenti di organi societari, collegi e
commissioni nonché le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i
rapporti di durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno
solare salvo che il compenso pattuito superi i 5 mila euro.
Requisiti – Requisito fondamentale del contratto a progetto
continua ad essere l’autonomia del collaboratore nello svolgimento della
propria attività. Tale autonomia comporta, fermi restando i vincoli del
raggiungimento del risultato convenuto con il committente e del necessario
coordinamento con lo stesso, la piena libertà del lavoratore di definire tempi
di lavoro e relative modalità.
Corrispettivo – Il corrispettivo del collaboratore deve essere
proporzionato alla qualità e quantità del lavoro svolto e deve tener conto dei
compensi normalmente erogati negli stessi luoghi per analoghe prestazioni di
lavoro autonomo. E’ pertanto escluso che, ai fini della determinazione del
corrispettivo, possa farsi riferimento ai trattamenti retributivi stabiliti dai
contratti collettivi di lavoro.
Tutele – Sono state rafforzate le tutele a favore del
collaboratore in caso di gravidanza, malattia e infortunio. Al collaboratore
devono inoltre applicarsi le disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro
(DLGVO n. 626/94) purché la prestazione si svolga presso i luoghi di lavoro del
committente.
Sanzioni – Le
collaborazioni instaurate al di fuori dello schema del contratto a progetto
saranno considerate rapporti di
lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall’inizio.
f.to dr. Piero M. Luzzati |
Per
riferimenti confronta circ.re conf.le
n. 124/2003 |
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Allegato uno |
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M/t |
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consentita esclusivamente alle organizzazioni aderenti alla Confetra. |
G.U. n.10 del 14.1.2004 (fonte Guritel)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
CIRCOLARE 8 gennaio 2004, n. 1
Disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative
nella modalita'
c.d. a progetto. Decreto legislativo n. 276/2003.
Alle direzioni regionali del lavoro
Alle direzioni provinciali del lavoro
Alla
Regione siciliana – Assessorato lavoro - Ufficio regionale del lavoro - Ispettorato
del lavoro
Alla provincia autonoma di Bolzano -
Assessorato lavoro
Alla provincia autonoma di Trento -
Assessorato lavoro
All'INPS - Direzione generale
All'INAIL - Direzione generale
Alla direzione generale AA.GG. R.U.
A.I. - Divisione VII
Al SECIN
I. Il contratto di
collaborazione coordinata e continuativa nella modalita' c.d. a progetto: definizione e campo di
applicazione.
La definizione di lavoro a progetto - e la
relativa disciplina - e' contenuta negli articoli da 61 a 69 del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
Ai sensi dell'art. 61, comma 1, i rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa di cui
all'art. 409, n. 3, c.p.c. devono essere
«riconducibili a uno o piu' progetti specifici o programmi
di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente
dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con
la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per
l'esecuzione della attivita' lavorativa».
L'art. 61 non sostituisce e/o modifica l'art.
409, n. 3, c.p.c. bensi' individua, per l'ambito
di applicazione del decreto e, nello specifico, della medesima disposizione, le
modalita' di svolgimento della prestazione di lavoro
del collaboratore, utili ai fini della qualificazione della fattispecie nel
senso della autonomia o della subordinazione.
Sul piano generale, peraltro, il lavoro a
progetto non tende, allo stato, ad assorbire tutti i modelli contrattuali
riconducibili in senso lato all'area della c.d. parasubordinazione. L'art. 61,
oltre a definire positivamente le modalita' di
svolgimento delle collaborazioni coordinate e continuative
c.d. a progetto, esclude infatti dalla riconducibilita'
a tale tipo contrattuale:
le prestazioni
occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore
a trenta giorni nel corso dell'anno solare con lo stesso committente, salvo che
il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare, sempre con il
medesimo committente, sia superiore a 5 mila euro. Si tratta di collaborazioni
coordinate e continuative per le quali, data la loro
limitata «portata», si e' ritenuto non fosse necessario il riferimento al
progetto e, dunque, di sottrarle dall'ambito di applicazione della nuova
disciplina; tali rapporti di collaborazione coordinata e continuativa si
distinguono sia dalle prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da
particolari soggetti di cui agli articoli 70 e seguenti del decreto
legislativo, sia dalle attivita' di lavoro autonomo
occasionale vero e proprio, ossia dove non si riscontra un coordinamento ed una
continuita' nelle prestazioni e che proprio per
questa loro natura non sono soggette agli obblighi contributivi previsti per le
collaborazioni coordinate e continuative bensi' a
quelli di cui all'art. 44, comma 2, del decreto-legge n. 269 del 30 settembre
2003, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
gli agenti ed i
rappresentanti di commercio continuano ad essere regolati dalle discipline
speciali;
le professioni
intellettuali, per i quali e' necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali,
esistenti alla data del 24 ottobre 2003;
le collaborazioni
rese nei confronti delle associazioni e societa'
sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle
discipline sportive associate ed agli Enti di promozione sportiva riconosciuti
dal CONI (art. 90, legge n. 289/2002);
componenti di organi
di amministrazione e controllo di societa';
partecipanti a collegi e commissioni;
collaboratori che
percepiscano pensione di vecchiaia.
La disciplina che emerge dall'art. 61 e', come
detto, finalizzata a impedire l'utilizzo improprio o
fraudolento delle collaborazioni coordinate e continuative. Al di fuori del
campo di applicazione dell'art. 61 si collocano, con
tutta evidenza, fattispecie che non presentano significativi rischi di elusione della normativa inderogabile del diritto del
lavoro.
Occorre, peraltro, ribadire
che sia l'introduzione nel nostro ordinamento della fattispecie dei rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa nella modalita'
a progetto sia la previsione di rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa a carattere occasionale ex art. 61, comma 2, del decreto
legislativo n. 276/2003, non hanno certamente comportato l'abrogazione delle
disposizioni del contratto d'opera di cui all'art. 2222 e ss. del codice
civile. Ne consegue che, ad esempio, nel caso di un prestatore d'opera che
superi, nei rapporti con uno stesso committente, uno dei due limiti previsti
dall'art. 61, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003, non necessariamente
dovra' veder qualificato il proprio rapporto come
collaborazione a progetto o a programma, ben potendosi verificare il caso che
quel prestatore abbia reso una o piu' prestazioni d'opera ai sensi dell'art. 2222 e seguenti del
codice civile.
L'art. 3 della legge n. 91 del 23 marzo 1981
ha previsto, al secondo comma, talune ipotesi in cui la prestazione sportiva
dell'atleta e' resa nella forma del contratto di lavoro autonomo; lavoro autonomo
che puo' anche
svolgersi, qualora ne ricorrano i presupposti, in forma di collaborazione
coordinata e continuativa. Deve ritenersi che in quest'ultimo
caso, trattandosi di attivita'
tipiche contemplate espressamente dal legislatore, non si applichi la
disposizione che prevede la necessita' dell'indicazione
di un progetto.
Va precisato, altresi',
che nell'espressione «collegi e commissioni» delle societa',
sopra richiamati, sono inclusi anche quegli organismi
aventi natura tecnica.
Nella esclusione dei
percettori di pensione di anzianita', e' evidente che
debbano essere compresi quei soggetti, titolari di pensione di anzianita' o di invalidita' che,
ai sensi della normativa vigente, al raggiungimento del 65° anno di eta', vedono automaticamente trasformato il loro
trattamento in pensione di vecchiaia.
Va peraltro rilevato che, ai sensi dell'art. 1
del decreto legislativo n. 276/2003, la pubblica amministrazione puo' continuare
a stipulare contratti di collaborazione senza tener conto dei limiti introdotti
dalla novella mantenendo il riferimento all'art. 409, n. 3 c.p.c.
la cui previsione, per i rapporti che vedano una parte pubblica, non ha subito
modificazioni in attesa delle eventuali future determinazioni da adottarsi, ai
sensi del comma 8 dell'art. 86 del decreto legislativo n. 276/2003, da parte
del Ministro per la funzione pubblica e delle organizzazioni sindacali, in sede
di armonizzazione dei profili conseguenti all'entrata in vigore del decreto
legislativo in argomento.
Si deve evidenziare, infine, che nell'ambito di applicazione della disciplina in esame dal 24 ottobre
2003 non e' piu' possibile porre in essere rapporti
ascrivibili alla collaborazione coordinata e continuativa che non siano
riconducibili alla modalita' del lavoro a progetto, fatte
salve le ipotesi di cui all'art. 61, sopra richiamate, per le quali continua a
trovare applicazione la previgente disciplina.
II. I requisiti
qualificanti della fattispecie.
Le collaborazioni coordinate e continuative secondo il modello approntato dal legislatore,
oltre al requisito del progetto, programma di lavoro o fase di esso, che
costituisce mera modalita' organizzativa della
prestazione lavorativa, restano caratterizzate dall'elemento qualificatorio essenziale, rappresentato dall'autonomia del
collaboratore (nello svolgimento della attivita'
lavorativa dedotta nel contratto e funzionalizzata
alla realizzazione del progetto, programma di lavoro o fase di esso), dalla
necessaria coordinazione con il committente, e dall'irrilevanza del tempo
impiegato per l'esecuzione della prestazione.
Quanto a quest'ultimo
requisito, va comunque ricordato che l'art. 62, comma
1, lettera d), del decreto legislativo, prevede che tra le forme di
coordinamento dell'esecuzione della prestazione del collaboratore a progetto
all'organizzazione del committente sono comprese anche forme di coordinamento
temporale. Ond'e' che l'autonomia del collaboratore a progetto si esplichera' pienamente, quanto al tempo impiegato per
l'esecuzione della prestazione, all'interno delle pattuizioni
intervenute tra le parti su dette forme di coordinamento.
Tali requisiti costituiscono il fulcro della
differenziazione tra la tipologia contrattuale in esame e quelle riconducibili,
da un lato, al lavoro subordinato e, dall'altro, al lavoro autonomo (art. 2222
del codice civile).
Con particolare riguardo al lavoro a tempo
determinato, ove la prestazione e' resa con vincolo di subordinazione ed il
termine delimita pertanto esclusivamente il periodo in cui il lavoratore e' a
disposizione del datore di lavoro per lo svolgimento delle mansioni contrattualmente
individuate, il lavoro a progetto si differenzia per cio'
che la durata del rapporto e' funzionale alla realizzazione del progetto, programma
di lavoro o fase di esso, in regime di totale autonomia.
In tal senso, infatti, e' significativo
che ai sensi dell'art. 61, comma 1, il collaboratore deve gestire il progetto
in funzione del risultato, che assume rilevanza giuridica indipendentemente dal
tempo impiegato per l'esecuzione dell'attivita' lavorativa.
Del tutto coerentemente, del resto, ai sensi
dell'art. 67, comma 1, il contratto si risolve al momento della realizzazione
del progetto o del programma di lavoro o della fase di esso.
Il progetto.
Il progetto consiste in un'attivita'
produttiva ben identificabile e funzionalmente collegata ad un determinato
risultato finale cui il collaboratore partecipa direttamente con la sua prestazione.
Il progetto puo' essere connesso all'attivita' principale od accessoria dell'impresa.
L'individuazione del progetto da dedurre nel
contratto compete al committente.
Le valutazioni e scelte tecniche,
organizzative e produttive sottese al progetto sono insindacabili.
Il programma o la fase
di esso.
Il programma di lavoro consiste in un tipo di attivita' cui non e'
direttamente riconducibile un risultato finale.
Il programma di lavoro o la fase di esso si caratterizzano, infatti, per la produzione di un
risultato solo parziale destinato ad essere integrato, in vista di un risultato
finale, da altre lavorazioni e risultati parziali.
L'autonoma gestione del
progetto o del programma.
Nell'ambito del progetto o del programma la
definizione dei tempi di lavoro e delle relative modalita' deve essere rimessa al collaboratore.
Cio' perche' l'interesse del creditore e'
relativo al perfezionamento del risultato convenuto e non, come avviene
nel lavoro subordinato, alla disponibilita' di una
prestazione di lavoro eterodiretta.
Le collaborazioni coordinate e continuative nella modalita' a
progetto hanno una durata determinata o determinabile, in funzione della durata
e delle caratteristiche del progetto, del programma di lavoro o della fase di
esso. Nel caso di programma di lavoro la determinabilita'
della durata puo' dipendere dalla persistenza dell'interesse del committente
alla esecuzione del progetto, programma di lavoro o fase di esso. La determinabilita' del termine e' dunque funzionale ad un avvenimento
futuro, certo nell'an ma non anche necessariamente
nel quando.
Il coordinamento.
Indipendentemente da cio',
pur tuttavia, il collaboratore a progetto puo' operare all'interno del ciclo produttivo del committente e,
per questo, deve necessariamente coordinare la propria prestazione con le
esigenze dell'organizzazione del committente.
Il coordinamento puo' essere riferito sia ai
tempi di lavoro che alle modalita' di esecuzione del
progetto o del programma di lavoro, ferma restando, ovviamente,
l'impossibilita' del committente di richiedere una prestazione o un'attivita' esulante dal progetto o programma di lavoro originariamente
convenuto.
III. La forma.
Il contratto e' stipulato in forma scritta.
E' una forma richiesta ad
probationem e non ad substantiam.
Contenuto necessario, ai fini della prova del
rapporto posto in essere, sono i seguenti elementi:
indicazione della
durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro;
indicazione del
progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuato nel suo contenuto
caratterizzante, che viene dedotto in contratto;
il corrispettivo e i
criteri per la sua determinazione, nonche' i tempi e
le modalita' di pagamento e la disciplina dei
rimborsi spese; le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al
committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa,
che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione
dell'obbligazione lavorativa;
le eventuali misure
per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto (oltre quelle
previste ex art. 66, comma 4, del decreto legislativo n. 276/2003).
E' opportuno sottolineare
che, seppure la forma scritta sia richiesta solo ai fini della prova, quest'ultima sembra assumere valore decisivo rispetto alla
individuazione del progetto, del programma o della fase di esso in quanto in
assenza di forma scritta non sara' agevole per le
parti contrattuali dimostrare la riconducibilita'
della prestazione lavorativa appunto a un progetto, programma di lavoro o fase
di esso.
IV. Possibilita'
di rinnovo.
Analogo progetto o programma di lavoro puo' essere
oggetto di successivi contratti di lavoro con lo stesso collaboratore.
Quest'ultimo puo' essere a maggior ragione impiegato
successivamente anche per diversi progetti o programmi aventi contenuto del
tutto diverso.
Tuttavia i rinnovi, cosi' come i nuovi progetti
in cui sia impiegato lo stesso collaboratore, non devono costituire strumenti
elusivi dell'attuale disciplina.
Ciascun contratto di lavoro a progetto deve
pertanto presentare, autonomamente considerato, i requisiti di legge.
V. Il corrispettivo.
Il corrispettivo deve essere proporzionato
alla quantita' e qualita'
del lavoro eseguito.
Il parametro individuato dal legislatore e'
costituito dai compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di
lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto.
Pertanto, stante la lettera della legge (art.
63) non potranno essere in alcun modo utilizzate le
disposizioni in materia di retribuzione stabilite nella contrattazione collettiva
per i lavoratori subordinati.
La quantificazione del compenso deve avvenire
in considerazione della natura e durata del progetto o del programma di lavoro,
e, cioe', in funzione del risultato che il collaboratore
deve produrre. Le parti del rapporto potranno, quindi, disciplinare nel
contratto anche i criteri attraverso i quali sia
possibile escludere o ridurre il compenso pattuito nel caso in cui il risultato
non sia stato perseguito o la qualita' del medesimo
sia tale da comprometterne l'utilita'.
VI. Le tutele.
Tra gli scopi dichiarati dal legislatore era
espressamente individuato l'incremento delle tutele per i collaboratori.
L'art. 66, infatti, appronta un sistema di
tutele minimo con particolare riferimento alla gravidanza, alla malattia ed
all'infortunio stabilendo in primo luogo che essi non comportano l'estinzione del
rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo.
Malattia e infortunio: fermo restando l'invio,
ai fini della prova, di idonea certificazione scritta,
la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto,
che si estingue alla scadenza (la previsione e' derogabile dalle parti), ma il
committente puo' recedere dal contratto se la
sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata
stabilita nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta
giorni per i contratti di durata determinabile.
Gravidanza: fermo restando l'invio, ai fini
della prova, di idonea certificazione scritta, la
durata del rapporto e' prorogata per un periodo di centottanta giorni, salva piu' favorevole disposizione del contratto individuale.
Si applicano inoltre al collaboratore:
le disposizioni di
cui alla legge n. 533 del 1973 sul processo del lavoro;
l'art. 64 del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151, che prevede per le lavoratrici iscritte alla
gestione separata di cui alla legge n. 335/1995, art. 2, comma 26, non iscritte
ad altre forme obbligatorie l'applicazione dell'art. 59 della legge n.
449/1997;
il decreto
legislativo n. 626 del 1994 e successive modifiche e integrazioni (ovviamente
quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del
committente, nonche' le norme di tutela contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali, le norme di cui all'art. 51,
comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e del decreto del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale 12 gennaio 2001).
Riguardo in particolare alla protezione contro
i rischi lavorativi, occorrera' naturalmente considerare
che, stante la ratio del decreto legislativo n. 626, principalmente orientata
alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori subordinati, ed alla corrispondente responsabilizzazione dei datori di
lavoro, non poche prescrizioni di tale provvedimento (per lo piu' sanzionate penalmente) risultano di problematica
applicazione nei confronti di figure, come quelle dei collaboratori, fortemente
connotate da una componente di autonomia nello svolgimento della prestazione
(in funzione del risultato, ancorche' nel rispetto
del coordinamento con la organizzazione del committente). Non a caso, per i
lavoratori autonomi (figure, sotto questo profilo, assai prossime ai collaboratori)
lo stesso decreto legislativo n. 626 ha previsto uno specifico regime di tutela
(art. 7).
In proposito, l'attuazione della delega (di
cui all'art. 3 della legge di semplificazione 2001, n.
229 del 2003) per il riassetto normativo in materia di salute e sicurezza nei
luoghi di lavoro costituisce l'occasione per un adattamento dei principi
generali di tutela prevenzionistica alle oggettive peculiarita' del lavoro a progetto.
VII. Svolgimento
del rapporto ed obblighi del collaboratore.
Il collaboratore puo' svolgere la sua attivita' a favore di piu'
committenti, tuttavia il contratto individuale puo'
limitare in tutto od in parte tale facolta'.
Il collaboratore non deve svolgere attivita' in concorrenza con i committenti ne', in ogni caso, diffondere notizie e apprezzamenti attinenti
ai programmi e alla organizzazione di essi, ne' compiere, in qualsiasi modo,
atti in pregiudizio della attivita' dei committenti
medesimi.
VIII. Risoluzione del
rapporto.
In tema di risoluzione del contratto l'art. 66
prevede che esso si risolva al momento della realizzazione del progetto o del
programma o della fase di esso che ne costituisce
l'oggetto.
Inoltre le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa ed altre cause e modalita' (incluso il preavviso) stabilite dalle parti nel
contratto di lavoro individuale.
Si deve ritenere pertanto che
indipendentemente dal termine apposto al contratto qualora il progetto sia
ultimato prima della scadenza il contratto debba
intendersi risolto. Tuttavia se, come ha inteso il legislatore, e' il progetto
l'elemento caratterizzante della collaborazione il
corrispettivo determinato nel contratto sara' dovuto
comunque per l'intero.
IX. Rinunzie e
transazioni.
I diritti derivanti dalle disposizioni
contenute nelle predette disposizioni possono essere oggetto di rinunzie o
transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro secondo lo schema dell'art. 2113 del codice
civile.
X. Sanzioni.
I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno
specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso sono considerati rapporti
di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del
rapporto. Si tratta di una presunzione che puo'
essere superata qualora il committente fornisca in giudizio prova della esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo.
Qualora invece, in corso di rapporto, venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato sia
venuto a configurare un contratto di lavoro subordinato per difetto del
requisito dell'autonomia, esso si trasforma in un rapporto di lavoro
subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra
le parti.
Il controllo giudiziale e' limitato
esclusivamente, in conformita' ai principi generali
dell'ordinamento, all'accertamento della esistenza del
progetto, programma di lavoro o fase di esso e non puo'
essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche,
organizzative o produttive che spettano al committente.
Detto controllo, inoltre, concerne in entrambi
i casi l'esistenza nei fatti di un progetto e non la
sua mera deduzione nel contratto.
La mancata deduzione del progetto nel
contratto, infatti, preclude solo la possibilita' di
dimostrarne l'esistenza e la consistenza con prova testimoniale.
XI. Regime transitorio.
L'art. 86, comma 1, prevede che le
collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai
sensi della disciplina vigente al momento di entrata in vigore del decreto e
che non possono essere ricondotte ad un progetto o a una fase di esso,
mantengono efficacia fino alla scadenza e, in ogni caso, non oltre un anno
dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo, ossia non
oltre il 24 ottobre 2004.
Sempre per le collaborazioni in atto che non
possono essere ricondotte ad un progetto o a una fase
di esso e' prevista la facolta' di stabilire termini piu' lunghi di efficacia transitoria, purche'
cio' sia stabilito nell'ambito di un accordo
aziendale con il quale il datore di lavoro contratta con i sindacati interni la
transizione di questi collaboratori o verso il lavoro a progetto, cosi' come disciplinato dal decreto legislativo n.
276/2003, o verso una forma di rapporto di lavoro subordinato che puo' essere individuata fra quelle disciplinate dal «nuovo
regime» dei rapporti di lavoro previsti dal medesimo decreto legislativo (job
on call, job sharing,
distacco, somministrazione, appalto), ma anche gia'
disciplinate (contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a termine,
a tempo parziale, ecc.).
Roma, 8 gennaio 2004
Il Ministro: Maroni