Circolare n.189/2012

Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica

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Roma, 1 agosto 2012

 

Circolare n. 189/2012

 

Oggetto: Lavoro – Riforma del mercato del lavoro – Licenziamenti – Art. 1, commi da 37 a 69 della Legge 28.6.2012, n. 92, su S.O. alla G.U. n. 153 del 3.7.2012.

 

La Riforma Fornero interviene sulla materia dei licenziamenti (individuali e collettivi) introducendo novità sia sotto l’aspetto procedurale che sanzionatorio. In particolare la Riforma modifica il famigerato art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (legge n.300/70), che com’è noto riconosce al lavoratore illegittimamente licenziato da aziende con più di 15 dipendenti il diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro, eliminando la sanzione del reintegro automatico in caso di licenziamento per motivi economici.

 

 

LICENZIAMENTI INDIVIDUALI

 

Procedure – Sono state introdotte le seguenti novità:

 

·   la comunicazione del licenziamento, qualunque sia il numero dei dipendenti del datore di lavoro, deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato (in precedenza il datore di lavoro era tenuto a comunicare i motivi solo su richiesta del lavoratore);

 

·   le aziende con oltre 15 dipendenti devono obbligatoriamente esperire, prima di intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (determinato cioè da ragioni inerenti all’attività produttiva o all’organizzazione del lavoro), una procedura di conciliazione obbligatoria presso la Direzione Territoriale del Lavoro;

 

·   è stato ridotto a 180 giorni (in precedenza 270) il termine entro il quale il lavoratore deve depositare il ricorso al Tribunale contro il licenziamento dopo l’impugnazione stragiudiziale.

 

Sanzioni – Nulla cambia per quanto concerne le aziende fino a 15 dipendenti per le quali, in caso di licenziamento illegittimo, scatta unicamente una sanzione di tipo risarcitorio compresa tra 2,5 e 6 mensilità. Per le aziende invece con oltre 15 dipendenti, per le quali sino ad oggi vigeva unicamente una sanzione di tipo reale (comportante cioè l’obbligo di reintegrare il lavoratore), il quadro si differenzia in relazione a quattro ipotesi di licenziamenti illegittimi. In particolare:

 

·   per i licenziamenti discriminatori o intimati oralmente rimane sostanzialmente confermata la normativa precedente che prevede il reintegro del lavoratore più il risarcimento di tutte le mensilità perdute (con il minimo di 5 mensilità), a meno che lo stesso lavoratore non opti (in sostituzione del reintegro) per un’indennità pari a 15 mensilità; la sanzione per i licenziamenti discriminatori si applica alle imprese di qualsiasi dimensione e scatta anche se il lavoratore interessato sia un dirigente;

 

·   per i licenziamenti disciplinari (motivati cioè dal comportamento del lavoratore) si applica la sanzione del reintegro, accompagnata dal risarcimento delle retribuzioni perdute dal lavoratore fino ad un massimo di 12 mensilità, se il fatto non sussiste o rientra tra quei comportamenti che i contratti collettivi individueranno come punibili con sanzioni diverse dal licenziamento; rimane ferma anche in questo caso la facoltà per il lavoratore di optare, in sostituzione al reintegro nel posto di lavoro, per una indennità risarcitoria pari a 15 mensilità; in tutti gli altri casi di licenziamenti disciplinari scatta solamente una sanzione di tipo risarcitorio compresa tra 12 e 24 mensilità;

 

·   per i licenziamenti per motivi economici non trova più applicazione la reintegrazione nel posto di lavoro che è sostituita da una sanzione risarcitoria (compresa tra 12 e 24 mensilità) salvo il caso in cui non venga ravvisata dal giudice “la manifesta infondatezza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo”;

 

·   per i licenziamenti affetti da meri vizi formali (quali la mancanza di motivazione scritta o la violazione delle relative procedure) si applica esclusivamente una sanzione risarcitoria compresa tra 6 e 12 mensilità.

 

 

LICENZIAMENTI COLLETTIVI

 

Anche per i licenziamenti collettivi di cui alla legge n. 223/91 sono state previste novità sia procedurali che di tipo sanzionatorio. Sotto l’aspetto procedurale è stato stabilito che la comunicazione dell’elenco dei lavoratori collocati in mobilità, che come è noto l’impresa deve effettuare nei confronti di determinati soggetti pubblici, possa avvenire entro 7 giorni dalla comunicazione dei recessi a ciascuno dei lavoratori interessati e non più contestualmente agli stessi. E’ stato inoltre stabilito che eventuali vizi attinenti alla comunicazione di avvio alla procedura di licenziamento collettivo possano essere sanati con accordo sindacale concluso nel corso della medesima procedura.

 

Sotto l’aspetto sanzionatorio è stato invece precisato che:

 

·   in caso di licenziamenti intimati senza l’osservanza della forma scritta si applica il regime più severo previsto per i licenziamenti discriminatori (reintegro più risarcimento di tutte le retribuzioni perse dal lavoratore);

 

·   in caso di violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare si applica il regime previsto per i licenziamenti disciplinari (reintegro più risarcimento fino a 12 mensilità);

 

·   in caso di violazioni meramente formali si applica esclusivamente una sanzione risarcitoria compresa tra i 12 e 24 mensilità.

 

 

Fabio Marrocco

Per riferimenti confronta circ.re conf.le n.160/2012

Responsabile di Area

Allegato uno

 

M/t

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S.O. alla G.U. n. 153 del 3.7.2012 (fonte Guritel)

LEGGE 28 giugno 2012, n. 92

Disposizioni in materia di riforma del  mercato  del  lavoro  in  una
prospettiva di crescita. 
 
  La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno
approvato; 
 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
                              Promulga 
                        la seguente legge: 
 
                               Art. 1 
Disposizioni generali, tipologie contrattuali e disciplina in tema di
           flessibilita' in uscita e tutele del lavoratore 

 

                           *****OMISSIS*****

 

  37. Il comma 2 dell'articolo 2 della legge 15 luglio 1966, n.  604,
e' sostituito dal seguente: 
  «2.  La  comunicazione  del   licenziamento   deve   contenere   la
specificazione dei motivi che lo hanno determinato». 
  38. Al secondo comma dell'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n.
604, e successive modificazioni,  la  parola:  «duecentosettanta»  e'
sostituita dalla seguente: «centottanta». 
  39. Il termine di cui all'articolo 6, secondo comma, primo periodo,
della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 38  del
presente articolo, si applica in relazione ai licenziamenti  intimati
dopo la data di entrata in vigore della presente legge. 
  40. L'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e'  sostituito
dal seguente: 
  «Art. 7. - 1. Ferma  l'applicabilita',  per  il  licenziamento  per
giusta causa e per giustificato motivo  soggettivo,  dell'articolo  7
della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento per giustificato
motivo oggettivo di cui all'articolo 3, seconda parte, della presente
legge, qualora disposto da un datore di  lavoro  avente  i  requisiti
dimensionali di cui all'articolo 18, ottavo  comma,  della  legge  20
maggio  1970,  n.  300,  e  successive  modificazioni,  deve   essere
preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di  lavoro  alla
Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta
la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore. 
  2. Nella comunicazione di cui al comma 1, il datore di lavoro  deve
dichiarare l'intenzione di  procedere  al  licenziamento  per  motivo
oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo  nonche'  le
eventuali misure di assistenza  alla  ricollocazione  del  lavoratore
interessato. 
  3. La Direzione territoriale del lavoro trasmette  la  convocazione
al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio  di  sette
giorni dalla ricezione della richiesta: l'incontro si svolge  dinanzi
alla commissione provinciale di conciliazione di cui all'articolo 410
del codice di procedura civile. 
  4. La comunicazione contenente l'invito  si  considera  validamente
effettuata quando e' recapitata al domicilio del lavoratore  indicato
nel contratto di lavoro o ad altro domicilio  formalmente  comunicato
dal  lavoratore  al  datore  di  lavoro,  ovvero  e'  consegnata   al
lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta. 
  5. Le  parti  possono  essere  assistite  dalle  organizzazioni  di
rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da  un
componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori,  ovvero  da
un avvocato o un consulente del lavoro. 
  6. La procedura di cui al presente articolo, durante  la  quale  le
parti, con la partecipazione attiva della commissione di cui al comma
3, procedono ad esaminare anche soluzioni alternative al recesso,  si
conclude  entro  venti  giorni  dal  momento  in  cui  la   Direzione
territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per  l'incontro,
fatta salva  l'ipotesi  in  cui  le  parti,  di  comune  avviso,  non
ritengano di proseguire la discussione finalizzata al  raggiungimento
di un accordo. Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque,
decorso il termine di cui al  comma  3,  il  datore  di  lavoro  puo'
comunicare il licenziamento al lavoratore. 
  7. Se la conciliazione ha esito positivo e prevede  la  risoluzione
consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le  disposizioni  in
materia di Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI) e  puo'  essere
previsto, al  fine  di  favorirne  la  ricollocazione  professionale,
l'affidamento del lavoratore ad un'agenzia  di  cui  all'articolo  4,
comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 10 settembre  2003,
n. 276. 
  8. Il comportamento complessivo delle parti, desumibile  anche  dal
verbale redatto in sede di commissione provinciale di conciliazione e
dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa,  e'  valutato  dal
giudice per la determinazione  dell'indennita'  risarcitoria  di  cui
all'articolo 18, settimo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e
successive modificazioni, e per l'applicazione degli articoli 91 e 92
del codice di procedura civile. 
  9. In caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore  a
presenziare all'incontro di cui al comma 3, la procedura puo'  essere
sospesa per un massimo di quindici giorni». 
  41.  Il   licenziamento   intimato   all'esito   del   procedimento
disciplinare di cui all'articolo 7 della legge  20  maggio  1970,  n.
300, oppure all'esito del procedimento di cui  all'articolo  7  della
legge 15 luglio 1966, n.  604,  come  sostituito  dal  comma  40  del
presente articolo, produce effetto dal giorno della comunicazione con
cui il procedimento medesimo  e'  stato  avviato,  salvo  l'eventuale
diritto del  lavoratore  al  preavviso  o  alla  relativa  indennita'
sostitutiva; e' fatto  salvo,  in  ogni  caso,  l'effetto  sospensivo
disposto dalle norme del testo unico delle  disposizioni  legislative
in materia di tutela della maternita' e della paternita', di  cui  al
decreto legislativo 26 marzo 2001,  n.  151.  Gli  effetti  rimangono
altresi' sospesi in  caso  di  impedimento  derivante  da  infortunio
occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza
della procedura si considera come preavviso lavorato. 
  42. All'articolo 18 della  legge  20  maggio  1970,  n.  300,  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
    a)  la  rubrica  e'  sostituita  dalla  seguente:   «Tutela   del
lavoratore in caso di licenziamento illegittimo»; 
    b) i commi dal primo al sesto sono sostituiti dai seguenti: 
  «Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullita'  del
licenziamento perche' discriminatorio ai sensi dell'articolo 3  della
legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero  intimato  in  concomitanza  col
matrimonio  ai  sensi  dell'articolo  35  del   codice   delle   pari
opportunita' tra uomo e donna,  di  cui  al  decreto  legislativo  11
aprile 2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento  di
cui all'articolo 54, commi 1,  6,  7  e  9,  del  testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e della paternita', di cui al decreto legislativo 26 marzo
2001,  n.   151,   e   successive   modificazioni,   ovvero   perche'
riconducibile ad altri  casi  di  nullita'  previsti  dalla  legge  o
determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo
1345 del codice civile, ordina al datore di  lavoro,  imprenditore  o
non imprenditore, la  reintegrazione  del  lavoratore  nel  posto  di
lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale  che
sia il numero dei  dipendenti  occupati  dal  datore  di  lavoro.  La
presente disposizione  si  applica  anche  ai  dirigenti.  A  seguito
dell'ordine di reintegrazione,  il  rapporto  di  lavoro  si  intende
risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro  trenta
giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in  cui  abbia
richiesto l'indennita' di cui al terzo comma del  presente  articolo.
Il  regime  di  cui  al  presente  articolo  si  applica   anche   al
licenziamento dichiarato inefficace perche' intimato in forma orale. 
  Il giudice, con  la  sentenza  di  cui  al  primo  comma,  condanna
altresi' il datore di lavoro al risarcimento  del  danno  subito  dal
lavoratore per  il  licenziamento  di  cui  sia  stata  accertata  la
nullita', stabilendo a tal fine un'indennita' commisurata  all'ultima
retribuzione globale di fatto maturata dal giorno  del  licenziamento
sino  a  quello   dell'effettiva   reintegrazione,   dedotto   quanto
percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di  altre
attivita' lavorative. In ogni caso la  misura  del  risarcimento  non
potra'  essere  inferiore  a  cinque  mensilita'  della  retribuzione
globale di fatto. Il datore di lavoro e' condannato inoltre,  per  il
medesimo  periodo,  al  versamento  dei  contributi  previdenziali  e
assistenziali. 
  Fermo restando il diritto al risarcimento del danno  come  previsto
al secondo comma, al lavoratore e' data la facolta'  di  chiedere  al
datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel  posto  di
lavoro,  un'indennita'  pari  a   quindici   mensilita'   dell'ultima
retribuzione  globale  di  fatto,  la  cui  richiesta  determina   la
risoluzione del rapporto di lavoro,  e  che  non  e'  assoggettata  a
contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennita' deve essere
effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della
sentenza, o dall'invito del datore di lavoro a  riprendere  servizio,
se anteriore alla predetta comunicazione. 
  Il giudice, nelle ipotesi in cui  accerta  che  non  ricorrono  gli
estremi del giustificato  motivo  soggettivo  o  della  giusta  causa
addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto  contestato
ovvero perche' il fatto rientra tra  le  condotte  punibili  con  una
sanzione conservativa  sulla  base  delle  previsioni  dei  contratti
collettivi ovvero dei codici  disciplinari  applicabili,  annulla  il
licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione  nel
posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un'indennita'
risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal
giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione,
dedotto  quanto  il  lavoratore  ha   percepito,   nel   periodo   di
estromissione, per lo  svolgimento  di  altre  attivita'  lavorative,
nonche' quanto avrebbe potuto  percepire  dedicandosi  con  diligenza
alla ricerca di  una  nuova  occupazione.  In  ogni  caso  la  misura
dell'indennita' risarcitoria  non  puo'  essere  superiore  a  dodici
mensilita' della retribuzione globale di fatto. Il datore  di  lavoro
e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e
assistenziali dal  giorno  del  licenziamento  fino  a  quello  della
effettiva reintegrazione, maggiorati  degli  interessi  nella  misura
legale  senza  applicazione  di  sanzioni  per  omessa  o   ritardata
contribuzione, per un  importo  pari  al  differenziale  contributivo
esistente  tra  la  contribuzione  che  sarebbe  stata  maturata  nel
rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo  licenziamento  e  quella
accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento  di  altre
attivita' lavorative. In  quest'ultimo  caso,  qualora  i  contributi
afferiscano ad  altra  gestione  previdenziale,  essi  sono  imputati
d'ufficio  alla  gestione  corrispondente  all'attivita'   lavorativa
svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi  al
datore  di  lavoro.  A  seguito  dell'ordine  di  reintegrazione,  il
rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non  abbia
ripreso servizio  entro  trenta  giorni  dall'invito  del  datore  di
lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennita' sostitutiva
della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma. 
  Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta  che  non  ricorrono
gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della  giusta  causa
addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di  lavoro
con effetto dalla data del licenziamento  e  condanna  il  datore  di
lavoro al pagamento  di  un'indennita'  risarcitoria  onnicomprensiva
determinata tra un minimo di dodici  e  un  massimo  di  ventiquattro
mensilita' dell'ultima retribuzione globale di  fatto,  in  relazione
all'anzianita'  del  lavoratore  e  tenuto  conto  del   numero   dei
dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita'  economica,  del
comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di  specifica
motivazione a tale riguardo. 
  Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace  per
violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2,  comma
2, della legge 15 luglio 1966, n. 604,  e  successive  modificazioni,
della procedura di cui all'articolo 7 della presente legge,  o  della
procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e
successive modificazioni, si applica  il  regime  di  cui  al  quinto
comma,  ma  con   attribuzione   al   lavoratore   di   un'indennita'
risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla  gravita'
della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro,
tra un minimo di sei e un massimo di  dodici  mensilita'  dell'ultima
retribuzione globale di fatto, con onere di specifica  motivazione  a
tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base  della  domanda  del
lavoratore, accerti che vi e' anche un difetto di giustificazione del
licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal
presente comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo. 
  Il giudice applica la medesima disciplina di cui  al  quarto  comma
del presente articolo nell'ipotesi  in  cui  accerti  il  difetto  di
giustificazione del licenziamento  intimato,  anche  ai  sensi  degli
articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68,
per motivo oggettivo consistente nell'inidoneita' fisica  o  psichica
del lavoratore, ovvero che il  licenziamento  e'  stato  intimato  in
violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Puo'
altresi' applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti
la manifesta insussistenza del fatto posto a base  del  licenziamento
per giustificato motivo oggettivo; nelle altre ipotesi in cui accerta
che non ricorrono gli estremi del predetto  giustificato  motivo,  il
giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale  ultimo
caso il giudice, ai fini della determinazione dell'indennita' tra  il
minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al
quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la  ricerca
di una nuova occupazione e del comportamento delle parti  nell'ambito
della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966,  n.
604, e successive modificazioni. Qualora,  nel  corso  del  giudizio,
sulla base della domanda formulata dal lavoratore,  il  licenziamento
risulti  determinato  da  ragioni  discriminatorie  o   disciplinari,
trovano  applicazione  le  relative  tutele  previste  dal   presente
articolo. 
  Le disposizioni dei commi dal quarto al  settimo  si  applicano  al
datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore,  che  in  ciascuna
sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale  ha
avuto luogo il licenziamento  occupa  alle  sue  dipendenze  piu'  di
quindici lavoratori o piu' di cinque se  si  tratta  di  imprenditore
agricolo,  nonche'  al  datore  di   lavoro,   imprenditore   o   non
imprenditore, che nell'ambito dello  stesso  comune  occupa  piu'  di
quindici dipendenti e all'impresa agricola che  nel  medesimo  ambito
territoriale occupa piu' di  cinque  dipendenti,  anche  se  ciascuna
unita' produttiva,  singolarmente  considerata,  non  raggiunge  tali
limiti, e in ogni caso  al  datore  di  lavoro,  imprenditore  e  non
imprenditore, che occupa piu' di sessanta dipendenti. 
  Ai fini del computo del numero dei  dipendenti  di  cui  all'ottavo
comma si tiene conto dei lavoratori assunti  con  contratto  a  tempo
indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente  svolto,
tenendo  conto,  a  tale  proposito,  che  il  computo  delle  unita'
lavorative fa riferimento all'orario  previsto  dalla  contrattazione
collettiva del settore. Non si computano il coniuge e i  parenti  del
datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e  in  linea
collaterale. Il computo dei limiti occupazionali  di  cui  all'ottavo
comma non incide su  norme  o  istituti  che  prevedono  agevolazioni
finanziarie o creditizie. 
  Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purche' effettuata  entro
il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro
dell'impugnazione del medesimo, il  rapporto  di  lavoro  si  intende
ripristinato  senza  soluzione  di  continuita',  con   diritto   del
lavoratore alla retribuzione maturata  nel  periodo  precedente  alla
revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal
presente articolo»; 
    c) all'ultimo comma, le parole: «al quarto comma» sono sostituite
dalle seguenti: «all'undicesimo comma». 
  43. All'articolo 30, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n.  183,
e' aggiunto, in fine,  il  seguente  periodo:  «L'inosservanza  delle
disposizioni di cui al precedente periodo, in materia  di  limiti  al
sindacato di  merito  sulle  valutazioni  tecniche,  organizzative  e
produttive che competono al datore di lavoro, costituisce  motivo  di
impugnazione per violazione di norme di diritto». 
  44. All'articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, al
secondo periodo, la parola:  «Contestualmente»  e'  sostituita  dalle
seguenti: «Entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi». 
  45. All'articolo 4, comma 12, della legge 23 luglio 1991,  n.  223,
e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Gli eventuali vizi  della
comunicazione di cui al comma 2 del presente articolo possono  essere
sanati, ad ogni effetto di legge, nell'ambito di un accordo sindacale
concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo». 
  46. All'articolo 5 della legge 23 luglio 1991, n. 223, il  comma  3
e' sostituito dal seguente: 
  «3. Qualora il licenziamento sia intimato senza l'osservanza  della
forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all'articolo
18, primo comma, della legge 20 maggio 1970,  n.  300,  e  successive
modificazioni. In  caso  di  violazione  delle  procedure  richiamate
all'articolo 4, comma 12, si  applica  il  regime  di  cui  al  terzo
periodo del settimo comma  del  predetto  articolo  18.  In  caso  di
violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1, si applica  il
regime di cui al quarto comma  del  medesimo  articolo  18.  Ai  fini
dell'impugnazione del licenziamento si applicano le  disposizioni  di
cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604,  e  successive
modificazioni». 
  47. Le disposizioni  dei  commi  da  48  a  68  si  applicano  alle
controversie aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti  nelle
ipotesi regolate dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300,
e  successive  modificazioni,  anche  quando  devono  essere  risolte
questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro. 
  48. La domanda avente ad oggetto l'impugnativa del licenziamento di
cui al comma 47 si propone con ricorso al tribunale  in  funzione  di
giudice del  lavoro.  Il  ricorso  deve  avere  i  requisiti  di  cui
all'articolo 125 del codice di procedura civile. Con il  ricorso  non
possono essere proposte domande diverse da quelle di cui al comma  47
del presente articolo, salvo che siano fondate sugli  identici  fatti
costitutivi. A seguito della presentazione  del  ricorso  il  giudice
fissa con decreto l'udienza di comparizione  delle  parti.  L'udienza
deve essere fissata  non  oltre  quaranta  giorni  dal  deposito  del
ricorso. Il giudice assegna un termine per la notifica del ricorso  e
del decreto non inferiore a venticinque  giorni  prima  dell'udienza,
nonche' un termine, non inferiore a cinque giorni prima della  stessa
udienza, per la costituzione del resistente. La  notificazione  e'  a
cura del ricorrente, anche a mezzo di posta elettronica  certificata.
Qualora dalle parti siano  prodotti  documenti,  essi  devono  essere
depositati presso la cancelleria in duplice copia. 
  49. Il giudice, sentite le  parti  e  omessa  ogni  formalita'  non
essenziale al contraddittorio, procede  nel  modo  che  ritiene  piu'
opportuno agli atti  di  istruzione  indispensabili  richiesti  dalle
parti o disposti d'ufficio, ai sensi dell'articolo 421 del codice  di
procedura civile, e provvede, con ordinanza immediatamente esecutiva,
all'accoglimento o al rigetto della domanda. 
  50. L'efficacia esecutiva del provvedimento di cui al comma 49  non
puo' essere sospesa o revocata fino alla pronuncia della sentenza con
cui il giudice definisce il giudizio instaurato ai sensi dei commi da
51 a 57. 
  51. Contro l'ordinanza di accoglimento o di rigetto di cui al comma
49  puo'  essere  proposta  opposizione  con  ricorso  contenente   i
requisiti di cui all'articolo 414 del codice di procedura civile,  da
depositare innanzi  al  tribunale  che  ha  emesso  il  provvedimento
opposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notificazione
dello stesso, o dalla comunicazione se anteriore. Con il ricorso  non
possono essere proposte domande diverse da quelle di cui al comma  47
del presente articolo, salvo che siano fondate sugli  identici  fatti
costitutivi o siano svolte nei  confronti  di  soggetti  rispetto  ai
quali la causa e' comune o dai quali si intende essere garantiti.  Il
giudice fissa con  decreto  l'udienza  di  discussione  non  oltre  i
successivi  sessanta  giorni,  assegnando  all'opposto  termine   per
costituirsi fino a dieci giorni prima dell'udienza. 
  52. Il ricorso, unitamente al decreto di  fissazione  dell'udienza,
deve  essere  notificato,  anche  a  mezzo   di   posta   elettronica
certificata, dall'opponente all'opposto almeno  trenta  giorni  prima
della data fissata per la sua costituzione. 
  53. L'opposto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria  di
memoria difensiva a norma e con le decadenze di cui all'articolo  416
del codice di procedura civile.  Se  l'opposto  intende  chiamare  un
terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne  dichiarazione  nella
memoria difensiva. 
  54. Nel caso di chiamata in  causa  a  norma  degli  articoli  102,
secondo comma, 106 e 107 del codice di procedura civile,  il  giudice
fissa una nuova udienza entro i successivi sessanta giorni, e dispone
che siano notificati al terzo, ad opera delle parti, il provvedimento
nonche'  il   ricorso   introduttivo   e   l'atto   di   costituzione
dell'opposto, osservati i termini di cui al comma 52. 
  55. Il terzo chiamato deve costituirsi non  meno  di  dieci  giorni
prima dell'udienza fissata, depositando la propria  memoria  a  norma
del comma 53. 
  56. Quando la causa relativa alla domanda  riconvenzionale  non  e'
fondata su fatti costitutivi identici a quelli  posti  a  base  della
domanda principale il giudice ne dispone la separazione. 
  57.  All'udienza,  il  giudice,  sentite  le  parti,  omessa   ogni
formalita' non essenziale al contraddittorio, procede  nel  modo  che
ritiene  piu'  opportuno  agli  atti  di  istruzione  ammissibili   e
rilevanti richiesti dalle parti nonche' disposti d'ufficio, ai  sensi
dall'articolo 421 del codice di  procedura  civile,  e  provvede  con
sentenza all'accoglimento o al  rigetto  della  domanda,  dando,  ove
opportuno, termine alle parti per il deposito di note difensive  fino
a dieci  giorni  prima  dell'udienza  di  discussione.  La  sentenza,
completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria  entro
dieci  giorni   dall'udienza   di   discussione.   La   sentenza   e'
provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per  l'iscrizione  di
ipoteca giudiziale. 
  58. Contro la sentenza che decide sul ricorso  e'  ammesso  reclamo
davanti alla corte d'appello. Il reclamo si propone  con  ricorso  da
depositare,  a  pena  di  decadenza,  entro   trenta   giorni   dalla
comunicazione, o dalla notificazione se anteriore. 
  59. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova o documenti, salvo che il
collegio, anche d'ufficio, li ritenga indispensabili  ai  fini  della
decisione ovvero la parte dimostri di non  aver  potuto  proporli  in
primo grado per causa ad essa non imputabile. 
  60. La corte d'appello fissa con decreto l'udienza  di  discussione
nei successivi sessanta giorni e si applicano i termini previsti  dai
commi 51, 52 e 53. Alla  prima  udienza,  la  corte  puo'  sospendere
l'efficacia della sentenza reclamata se ricorrono  gravi  motivi.  La
corte  d'appello,  sentite  le  parti,  omessa  ogni  formalita'  non
essenziale al contraddittorio, procede  nel  modo  che  ritiene  piu'
opportuno agli atti di istruzione ammessi  e  provvede  con  sentenza
all'accoglimento o al rigetto della domanda,  dando,  ove  opportuno,
termine alle parti per il deposito di note  difensive  fino  a  dieci
giorni prima dell'udienza di discussione. La  sentenza,  completa  di
motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro dieci giorni
dall'udienza di discussione. 
  61. In mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza  si
applica l'articolo 327 del codice di procedura civile. 
  62. Il ricorso  per  cassazione  contro  la  sentenza  deve  essere
proposto,  a  pena  di  decadenza,  entro   sessanta   giorni   dalla
comunicazione della stessa, o dalla notificazione  se  anteriore.  La
sospensione dell'efficacia della sentenza deve  essere  chiesta  alla
corte d'appello, che provvede a norma del comma 60. 
  63. La Corte fissa l'udienza di  discussione  non  oltre  sei  mesi
dalla proposizione del ricorso. 
  64. In mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza  si
applica l'articolo 327 del codice di procedura civile. 
  65. Alla trattazione delle controversie regolate dai commi da 47  a
64 devono essere riservati particolari giorni  nel  calendario  delle
udienze. 
  66. I capi degli uffici giudiziari vigilano  sull'osservanza  della
disposizione di cui al comma 65. 
  67. I commi da 47 a 66 si applicano  alle  controversie  instaurate
successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge. 
  68. I capi degli uffici giudiziari vigilano  sull'osservanza  della
disposizione di cui al comma 67. 
  69. Dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 47  a  68
non devono derivare nuovi o maggiori oneri  a  carico  della  finanza
pubblica, ovvero minori entrate. 

 

                           *****OMISSIS*****

 

FINE TESTO