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Roma, 20 giugno 2008

 

Circolare n. 111/2008

 

Oggetto: Europa – Proposta di direttiva sull’orario di lavoro.

 

Il Consiglio europeo ha approvato uno schema di proposta di direttiva sull’orario di lavoro volta a modificare la vigente disciplina (direttive nn.88/2003 e 104/93) riguardante il personale non viaggiante. La proposta, che dopo l’approvazione definitiva del Consiglio sarà sottoposta all’esame dell’Europarlamento, prevede la possibilità di derogare alla durata massima settimanale di lavoro pari a 48 ore (comprensive dello straordinario) come media su 4 mesi.

Come è noto, in base alla citata direttiva n. 88/2003 già oggi tale limite potrebbe essere superato con il consenso del lavoratore, ma diversi Stati membri (tra cui l’Italia) hanno preferito non recepire nella normativa nazionale (DLGVO n. 66/2003) tale possibilità per le forti resistenze sindacali.

 

La proposta in questione interviene proprio su questo aspetto prevedendo, nel tentativo di rimuovere gli ostacoli che ne hanno impedito l’applicazione, un maggiore equilibrio tra le esigenze imprenditoriali di flessibilità degli orari e la tutela della salute dei lavoratori.

In particolare, con una impostazione analoga a quella adottata dall’Italia per il recepimento della direttiva 15/2002 sull’orario degli autisti (DLGVO n. 234/2007), lo schema di direttiva conferma la facoltà dei singoli Stati di derogare con il consenso dei lavoratori alle 48 ore per allungarle fino a 60 ore medie su 3 mesi, a patto però che tale facoltà sia espressamente prevista dalla contrattazione collettiva o dalla normativa nazionale. Inoltre la proposta prevede una serie di garanzie a tutela dei lavoratori, tra cui la possibilità di revocare il consenso in qualsiasi momento, la rinnovabilità dello stesso di anno in anno e l’obbligo per le imprese di tenere specifici registri sui quali annotare il superamento delle 48 ore settimanali.

 

Si fa riserva di tornare sull’argomento per comunicare gli ulteriori sviluppi.

 

f.to dr. Piero M. Luzzati

Per riferimenti confronta circ.ri conf.li nn.61/2003 e 187/2007

 

Allegato uno

 

M/n

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CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA

Bruxelles, 11 giugno 2008

 

Oggetto:   Proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro

- Accordo politico su una posizione comune

 

 

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 137, paragrafo 2,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo,

visto il parere del Comitato delle regioni,

deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato,

considerando quanto segue:

 

(1)        l'articolo 137 del trattato prevede che la Comunità sostenga e completi l'azione degli Stati membri al fine di migliorare l'ambiente di lavoro per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori. Le direttive adottate sulla base di tale articolo devono evitare di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese.

 

(2)        La direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro stabilisce requisiti minimi in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, tra l'altro in relazione ai periodi di riposo quotidiano e settimanale, di pausa, di durata massima settimanale del lavoro e di ferie annuali, nonché relativamente a taluni  aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.

 

(3) Due disposizioni della direttiva 2003/88/CE sono provviste di una clausola di riesame entro il 23 novembre 2003. Si tratta dell'articolo 19 e dell'articolo 22, paragrafo 1.

 

(4)        Essendo trascorsi oltre dieci anni dall’adozione della direttiva 93/104/CE del Consiglio prima direttiva in materia di organizzazione dell’orario di lavoro appare necessario tener conto delle nuove realtà e richieste sia dei datori di lavoro che dei lavoratori e dotarsi delle risorse per raggiungere gli obiettivi in materia di crescita e di occupazione fissati dal Consiglio europeo del 22 e 23 marzo 2005 nel quadro della strategia di Lisbona.

 

(5)        La conciliazione della vita professionale con la vita familiare è anch’essa un elemento essenziale per conseguire gli obiettivi che l'Unione si è prefissata nella strategia di Lisbona, in particolare per accrescere il tasso di occupazione femminile. Lo scopo è non solo rendere più soddisfacente il clima lavorativo, ma anche consentire un migliore adattamento ai bisogni dei lavoratori, in particolare di quelli che hanno responsabilità familiari. Varie modifiche introdotte nella direttiva 2003/88/CE sono volte a permettere una migliore compatibilità tra vita professionale e vita familiare.

 

6)         In questo contesto gli Stati membri dovrebbero incoraggiare le parti sociali a concludere, al livello appropriato, accordi che permettano una migliore conciliazione della vita professionale con la  vita familiare.

 

(7)        Si ravvisa la necessità di rafforzare la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e di introdurre una maggiore flessibilità nell’organizzazione dell’orario di lavoro, in particolare per quanto riguarda il servizio di guardia e, più specificamente, i periodi inattivi durante il servizio di guardia, come anche di trovare un nuovo equilibrio tra la conciliazione della vita professionale con la vita familiare, da un lato, e un’organizzazione più flessibile dell’orario di lavoro, dall’altro.

 

(7bis)    Ai lavoratori dovrebbero essere accordati periodi di riposo compensativo in circostanze in cui non sono concessi periodi di riposo. È opportuno lasciare agli Stati membri la facoltà di determinare il termine di tempo ragionevole entro cui è concesso al lavoratore l'equivalente riposo compensativo, tenendo conto sia dell'esigenza di garantire la sicurezza e la salute del lavoratore in questione, sia del principio di proporzionalità.

 

(8)        Anche le disposizioni concernenti il periodo di riferimento devono essere riviste nell’intento di adattarle alle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori, fatte salve le garanzie per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori.

 

(8bis)    Qualora la durata del contratto di lavoro sia inferiore ad un anno, il periodo di riferimento non dovrebbe essere superiore alla durata del contratto di lavoro.

 

(9)        L'esperienza acquisita nell’applicazione dell'articolo 22, paragrafo 1, dimostra che la decisione puramente individuale di non applicare l'articolo 6 della direttiva può comportare dei problemi per quanto concerne la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori e la libertà di scelta del lavoratore.

 

(9bis)    La facoltà prevista all'articolo 22, paragrafo 1, costituisce una deroga al principio di una durata massima settimanale del lavoro pari a 48 ore, calcolata come media su un periodo di riferimento. È subordinata alla protezione efficace della salute e della sicurezza dei lavoratori e al consenso esplicito, libero e informato del lavoratore in questione. Il ricorso a tale facoltà deve essere subordinato a garanzie adeguate per proteggere queste condizioni e essere oggetto di un controllo rigoroso.

 

(9 bis bis) Prima di valersi della facoltà di cui all'articolo 22, paragrafo 1, si dovrebbe valutare se il massimo periodo di riferimento o le altre misure in materia di flessibilità previste dalla direttiva non garantiscano la flessibilità necessaria.

 

(9 ter)   Per evitare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, il periodo di riferimento flessibile previsto all'articolo 19, lettera b), non può essere cumulato in uno Stato membro con la facoltà di cui all'articolo 22, paragrafo 1, della presente direttiva.

 

(9quater) Soppresso.

 

(10)      Ai sensi dell'articolo 138, paragrafo 2, del trattato, la Commissione ha consultato le parti sociali a livello comunitario sul possibile orientamento di un’azione comunitaria in materia.

 

(11)      Dopo tale consultazione la Commissione, ritenendo opportuna un'azione comunitaria, ha nuovamente consultato le parti sociali sul contenuto della proposta prevista, ai sensi dell'articolo 138, paragrafo 3, del trattato.

 

(12)      Al termine di tale seconda fase di consultazione le parti sociali a livello comunitario non hanno informato la Commissione della loro volontà di avviare il processo che potrebbe condurre alla conclusione di un accordo, come previsto all'articolo 138, paragrafo 4 del trattato.

 

(13)      Poiché gli scopi dell’azione prevista, ossia attualizzare la normativa comunitaria in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, non possono essere realizzati in maniera sufficiente dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

 

(14)      La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi specificamente riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Essa mira in particolare ad assicurare il pieno rispetto del diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque di cui all’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, e in particolare al paragrafo 2 di detto articolo il quale statuisce che"ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite".

 

(14 bis) L'attuazione della presente direttiva manterrebbe il livello generale di protezione assicurato ai lavoratori per quanto riguarda la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro.

 

(15)      Conformemente ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità, enunciati all'articolo 5 del trattato, gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri, poiché si tratta di modificare un atto di diritto comunitario in vigore,

 

 

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

 

 

Articolo 1

 

La direttiva 2003/88/CE è così modificata:

 

1.              All’articolo 2, sono inseriti i punti 1bis, 1bis bis e 1ter:

 

"1bis. "servizio di guardia":periodo durante il quale il lavoratore è obbligato a tenersi a disposizione, sul proprio luogo di lavoro, alfine di intervenire, su richiesta del datore di lavoro, per esercitare la propria attività o le proprie funzioni.

 

1bis bis. "luogo di lavoro": il luogo o i luoghi in cui il lavoratore esercita normalmente le sue attività o funzioni e che è determinato conformemente a quanto previsto nel rapporto o contratto di lavoro che si applica al lavoratore.

 

1ter. "periodo inattivo del servizio di guardia":periodo durante il quale il lavoratore è di guardia ai sensi dell'articolo 1bis, ma non è chiamato dal suo datore di lavoro ad esercitare la propria attività o le proprie funzioni.".

 

2.      E’ inserito il seguente articolo 2 bis:

 

"Articolo 2 bis

Servizio di guardia

 

Il periodo inattivo del servizio di guardia non è considerato orario di lavoro, a meno che la normativa nazionale o, conformemente alla normativa e/o alle pratiche nazionali, un contratto collettivo o un accordo tra parti sociali non dispongano altrimenti.

 

Il periodo inattivo del servizio di guardia può essere calcolato in base a una media del numero di ore o a una proporzione del servizio di guardia, tenendo conto dell’esperienza del settore in questione, tramite contratto collettivo o accordo tra le parti sociali o in base alla normativa nazionale previa consultazione delle parti sociali.

 

Il periodo inattivo del servizio di guardia non può essere conteggiato per il calcolo dei periodi di riposo previsti agli articoli 3 (riposo giornaliero) e 5 (riposo settimanale), salvo altrimenti previsto:

 

a)in un contratto collettivo o in un accordo tra le parti sociali;

 

o

 

b) nella normativa nazionale previa consultazione delle parti sociali.

 

Il periodo durante il quale il lavoratore esercita effettivamente la propria attività o le proprie funzioni durante il servizio di guardia è sempre considerato orario di lavoro.".

 

3.       È inserito il seguente articolo 2 ter:

 

“Articolo 2 ter

Conciliazione della vita professionale con la vita familiare

 

Gli Stati membri incoraggiano le parti sociali al livello adeguato, lasciandone impregiudicata all'autonomia, a concludere accordi finalizzati a meglio conciliare la vita professionale con la vita familiare.

 

Gli Stati membri assicurano, senza pregiudizio della direttiva 2002/14/CE e consultando le parti sociali, che i datori di lavoro informino a tempo debito i lavoratori di eventuali modifiche sostanziali del ritmo o dell'organizzazione del loro orario di lavoro.

 

Tenendo conto delle esigenze dei lavoratori in materia di flessibilità del loro orario e del loro ritmo di lavoro, gli Stati membri incoraggiano parimenti, in conformità delle prassi nazionali,  i datori di lavoro ad esaminare le richieste di modifiche dell'orario o del ritmo di lavoro suddetti, fatti salvi i bisogni aziendali e le esigenze dei lavoratori e dei datori di lavoro in termini di flessibilità.".

 

4.         Soppresso.

 

5.         L'articolo 17 è così modificato:

 

a)      Nel paragrafo 1, le parole "agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16" sono sostituite dalle parole"agli articoli 3, 4, 5, 6 e8 nonché all'articolo 16, lettere a) ecc.)".

 

b)      Nel paragrafo 2, le parole "a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo" sono sostituite dalle parole "a condizione che siano accordati ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo entro un termine  ragionevole, da stabilirsi in base alla normativa nazionale o a un contratto collettivo ovvero a un accordo sottoscritto dalle parti sociali".

 

c)       Al paragrafo 3, nella frase introduttiva, le parole"agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16" sono sostituite dalle parole "agli articoli 3, 4, 5 e  8, nonché all'articolo 16, lettere a) e c)".

 

d)      Il paragrafo 5 è così modificato:

                i)       Il primo comma è sostituito dal seguente:

 

"In conformità del paragrafo 2, le deroghe all'articolo 6, nel caso dei medici in formazione, possono essere concesse secondo il disposto dei commi dal secondo al sesto del presente paragrafo.".

 

ii) L'ultimo comma è soppresso.

 

6.         Nell’articolo 18, terzo comma, le parole"a condizione che ai lavoratori interessati siano concessi periodi equivalenti di riposo compensativo" sono sostituite dalle parole"a condizione che siano accordati ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo entro un termine  ragionevole, da stabilirsi in base alla normativa nazionale o a un contratto collettivo ovvero a un accordo sottoscritto dalle parti sociali".

 

7.         Il testo dell'articolo 19 è sostituito dal seguente:

 

"Senza pregiudizio dell'articolo 22bis, lettera b) e in deroga all'articolo 16, lettera b), gli Stati membri hanno la facoltà, nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, di consentire che, per ragioni oggettive o tecniche ovvero per ragioni inerenti all'organizzazione del lavoro, il periodo di riferimento sia portato a un periodo non superiore a dodici mesi:

 

a)       mediante contratto collettivo o accordo sottoscritto dalle parti sociali, come  previsto all’articolo 18;

 

b)       per via legislativa o regolamentare previa consultazione delle parti sociali a livello adeguato.

 

Se si avvalgono della facoltà di cui alla lettera b), gli Stati membri provvedono affinché il datore di lavoro adempia agli obblighi che gli incombono in virtù della direttiva 89/391/CEE, sezione II."

8.      Soppresso.

 

9.      L'articolo 22 è così modificato:

 

”Articolo 22

Disposizioni varie

 

1.       Quantunque il principio generale sia che l'orario settimanale di lavoro nell'UE  deve essere al massimo di 48 ore e che in pratica per i lavoratori nell'UE una maggiore durata del lavoro rappresenti l'eccezione,  gli Stati membri possono decidere di non applicare l'articolo 6 a condizione di adottare le misure necessarie per assicurare la protezione efficace della salute e della sicurezza dei lavoratori. Il ricorso a detta facoltà è tuttavia espressamente previsto da un contratto collettivo o da un accordo sottoscritto dalle parti sociali a livello adeguato o dalla normativa nazionale, previa consultazione delle parti sociali a livello adeguato.

 

1bis. In ogni caso, gli Stati membri che desiderano valersi di tale facoltà prendono le misure necessarie ad assicurare che:

 

a) nessun datore di lavoro chieda a un lavoratore di lavorare più di 48 ore nel corso di un periodo di sette  giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all'articolo 16, lettera b), a meno che non abbia ottenuto il consenso previo del lavoratore all’esecuzione di tale lavoro. La validità di detto consenso non è superiore a un anno ed é rinnovabile;

 

b) nessun lavoratore possa subire un danno per il fatto di non essere disposto ad accettare di effettuare tale lavoro o perché revoca,per qualsiasi motivo, il suo consenso;

 

c) il consenso dato:

 

i) all'atto della firma del contratto di lavoro individuale; ovvero

 

ii) nel corso delle prime quattro settimane del rapporto di lavoro

sia nullo e non avvenuto;

 

d) nessun lavoratore che abbia dato il suo consenso ai sensi del presente articolo lavori , nel corso di un periodo di sette giorni, più di:

 

i) 60 ore, calcolate come media su un periodo  di tre mesi, salvo qualora un contratto collettivo o un accordo sottoscritto dalle parti sociali disponga altrimenti; ovvero

 

ii) 65 ore, calcolate come media su un periodo di tre mesi, in assenza di un contratto collettivo e se il periodo inattivo del servizio di guardia è considerato orario di lavoro in conformità dell'articolo 2bis;

 

e) ciascun lavoratore abbia il diritto, durante i primi sei mesi successivi alla stipula di un accordo valido o durante un periodo massimo di tre mesi dalla fine del periodo di prova specificato nel suo contratto, se tale periodo ha durata superiore, di revocare, con effetto immediato, il suo consenso ad effettuare tale lavoro, informandone a tempo debito e per iscritto il suo datore di lavoro. Successivamente il datore di lavoro può chiedere al lavoratore di dare per iscritto un preavviso, di durata non superiore a due mesi;

 

f) il datore di lavoro tenga registri aggiornati di tutti i lavoratori che effettuano talelavoro e registri adeguati che consentano di accertare che le disposizioni della presente direttiva siano rispettate;

 

g) i registri siano messi a disposizione delle autorità competenti, le quali possono vietare o limitare, per ragioni di sicurezza e/o di salute dei lavoratori, la possibilità di superare la durata massima settimanale del lavoro;

 

h) il datore di lavoro, su richiesta delle autorità competenti, trasmetta loro informazioni sui consensi dati dai lavoratori all’esecuzione di un lavoro che supera le 48 ore nel corso di un periodo di sette giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all’articolo 16, lettera b), e i registri adeguati che consentono di accertare che le disposizioni della presente direttiva siano rispettate.

 

1ter. Sempre ché siano rispettati i principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, qualora un lavoratore sia impiegato dal medesimo datore di lavoro per un periodo o periodi non superiori complessivamente a dieci settimane nell'arco di dodici mesi, le disposizioni di cui al paragrafo 1bis, lettera c) punto ii) e lettera d) non sia applicano.".

 

10.     È inserito il seguente articolo 22bis:

 

"Articolo 22bis

Disposizioni speciali

 

Qualora uno Stato membro si avvalga della facoltà prevista all'articolo 22:

 

a) l'opzione ç di cui all'articolo 19, lettera b) non è d'applicazione.

 

b) tale Stato membro può, in deroga all'articolo 16, lettera b), consentire per via legislativa, regolamentare o amministrativa che, per ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, il periodo di riferimento sia portato a un periodo non superiore a sei mesi.

 

Detto periodo di riferimento è soggetto ai principi generali della protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori e non incide sul periodo di riferimento trimestrale applicabile a titolo dell'articolo 22, paragrafo 1bis, lettera d)ai lavoratori che hanno concluso un accordo ancora valido a titolo dell'articolo 22, paragrafo 1bis, lettera a)."

 

11.     L’articolo 24 è così modificato:

 

 Articolo 24

Relazioni

 

1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto nazionale adottate o in via di adozione nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

 

2.       Ogni cinque anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali.

La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale europeo ed il Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro.

 

3.       A decorrere dal 23 novembre 1996 la Commissione presenta ogni cinque anni al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1 e 2.".

 

12.     È inserito il seguente articolo 24 bis:

 

"Articolo 24bis

Relazione valutativa

 

1. Entro i tre anni successivi alla data di cui all'articolo 3 della direttiva (2008//CE):

 

a) Gli Stati membri che si avvalgono della facoltà di cui all'articolo 22, paragrafo 1 informano la Commissione in merito ai motivi, al settore o ai settori, alle attività e al numero di lavoratori interessati, previa consultazione delle parti sociali a livello nazionale. La relazione di ciascuno Stato membro contiene informazioni sugli effetti per la salute e la sicurezza dei lavoratori, elenca le posizioni delle parti sociali a livello adeguato ed è trasmessa altresì alle parti sociali a livello nazionale.

 

b) Gli Stati membri che applicano l'articolo 19, lettera b) informano la Commissione sulle modalità di attuazione di tale disposizione e sui suoi effetti per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

 

2. Entro i quattro anni successivi alla data di cui all'articolo 3 della direttiva (2008//CE), la Commissione, previa consultazione delle parti sociali europee, trasmette al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo una relazione riguardante:

 

a) il ricorso alla facoltà di cui all'articolo 22, paragrafo 1 e relativi motivi; e

 

b) altri fattori che possono contribuire a lunghi orari di lavoro, come l'applicazione dell'articolo 19, lettera b).

 

La relazione può essere corredata di appropriate proposte per ridurre orari di lavoro eccessivamente lunghi, tra cui il ricorso alla facoltà di cui all'articolo 22, paragrafo 1, tenendo conto del suo impatto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori interessati.

 

3.In base alla relazione della Commissione, il Consiglio valuterà il ricorso alle facoltà previste dalla direttiva, segnatamente quelle consentite dall'articolo 19, lettera b)e dall'articolo 22.

 

Tenendo conto di tale valutazione, e non oltre cinque anni dalla data di cui all'articolo 3 della direttiva (2008/-/CE), la Commissione, se opportuno, può sottoporre al Consiglio e al Parlamento europeo una proposta di revisione della presente direttiva, che includa la facoltà di cui all'articolo 22, paragrafo 1.".

 

Articolo 2

 

Gli Stati membri stabiliscono norme relative alle sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni nazionali emanate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per assicurarne l'applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano dette disposizioni alla Commissione al più tardi entro il termine di cui all'articolo 3 e le eventuali successive modifiche quanto prima. In particolare essi provvedono a che i lavoratori e/o i loro rappresentanti dispongano di mezzi adeguati per dare esecuzione agli obblighi previsti dalla presente direttiva.

 

Articolo 3

 

1.       Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi entro il [...][1]1 o si accertano che le parti sociali attuino le disposizioni necessarie mediante accordo, nel qual caso gli Stati membri devono adottare tutte le misure necessarie a consentire loro di poter garantire in qualsiasi momento il conseguimento degli obiettivi della presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

 

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

 

2.       Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

 

 

Articolo 4

 

La presente direttiva entra in vigore il [...] giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

 

 

Articolo 5

 

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

 

Fatto a ......., addì [...]

 

Per il Parlamento europeo

Il presidente

Per il Consiglio

Il presidente

 



[1] Tre anni dopo l'entrata in vigore della direttiva.