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Roma,
Circolare n. 181/2008
Oggetto: Attività confederale – Porti – Audizione al
Senato sulla riforma portuale.
Il 29 ottobre scorso
la
In un documento
consegnato alla Commissione sono stati indicati gli interventi prioritari per
rilanciare la portualità: alcuni diretti ad efficientare il sistema nell’immediato (come la
semplificazione amministrativa e lo sblocco dei dragaggi), altri invece diretti
a dare respiro strategico di medio lungo periodo alla politica portuale. Con
riferimento a quest’ultimo aspetto è stata sottolineata la necessità di intervenire
su due elementi fondamentali per la competitività dei porti italiani prevedendo,
da un lato, la concentrazione delle risorse pubbliche disponibili su pochissimi
porti di interesse nazionale e, dall’altro lato, la definitiva affermazione
all’interno dei porti del principio della libertà di impresa.
f.to dr. Piero M. Luzzati |
Per riferimenti confronta circ.re conf.le n. 121/2008 |
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Allegato uno |
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M/t |
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RIFORMA
PORTUALE
MEMORIA
PER L’AUDIZIONE
Dopo lo slancio rinnovatore
conseguente alla legge 84/94, la capacità di acquisizione di traffico da parte
dei porti italiani sembra ora esaurita.
C’è bisogno di nuove strategie e di
nuovi strumenti che ridiano impulso competitivo alla nostra portualità.
1. Non tutto quello che c’è da fare passa attraverso
una riforma della legge 84/94: nel breve periodo, specie in questo ciclo
negativo dell’economia mondiale, le soluzioni immediate da ricercare quantomeno
per consolidare il traffico guadagnato riguardano innanzitutto l’efficientamento del sistema.
Ci si
riferisce in particolare:
·
alla semplificazione amministrativa, attraverso il
coordinamento in capo alle Autorità Portuali delle varie attività di presidio
svolte dalle pubbliche amministrazioni nei porti (controlli sanitari,
veterinari, security, ecc); a tal fine è anche necessario accelerare l’iter di
emanazione del D.P.C.M. che consente l’istituzione
dello Sportello Unico Doganale di cui alla legge n.80/2005. E’ inoltre opportuno
incentivare in tutti i porti processi di telematizzazione
delle procedure documentali analoghi a quello realizzato dall’Autorità Portuale
di Genova (Progetto E-Port);
·
allo sblocco dei dragaggi, attraverso una normativa
eccezionale sul materiale dragato che escluda temporaneamente la sua
assimilazione ai rifiuti come avviene oggi;
·
alla rimodulazione delle tariffe del rimorchio; oggi
le tariffe di rimorchio sono composte sia da una quota relativa ai costi della
fornitura del servizio, che da una quota relativa ai costi generali riguardanti
la sicurezza nei porti; questi ultimi costi dovrebbero essere ripartiti fra
tutte le navi che transitano per il porto anziché rimanere a carico solo delle
navi che utilizzano i servizi di rimorchio.
2. Per dare invece un respiro strategico di medio
lungo periodo alla nostra politica portuale bisognerà intervenire sui due
elementi fondamentali che condizioneranno in maniera determinante la
competitività dei nostri porti: da una parte la concentrazione di tutte le
risorse pubbliche disponibili su pochissimi porti di interesse nazionale e
dall’altra la definitiva affermazione all’interno dei porti del principio della
libertà di impresa come avviene nel resto del sistema economico nazionale.
·
Per quanto
concerne il primo aspetto è indispensabile superare l’attuale nanismo
dimensionale ed economico che penalizza tutti i nostri porti, nessuno escluso,
e fissare coraggiosamente una classificazione dei porti che tenga conto non
solo degli attuali parametri dimensionali di merci movimentate, ma anche e
soprattutto delle potenzialità future legate alla dotazione infrastrutturale
del territorio e all’interconnessione con le grandi reti transeuropee.
Solo in questa logica potranno essere attratte mediante procedure di Project Financing e di Partenariato Pubblico Privato, accanto alle
risorse pubbliche, le indispensabili risorse private.
Nell’ambito
della classificazione bisognerebbe inoltre tener distinti i porti di transhipment da quelli di destinazione finale. Mentre le
condizioni di competitività di questi ultimi infatti
partono da una necessaria (anche se non sufficiente) posizione geografica
vincente, per i porti di transhipment, comunque
collocati lungo le rotte transoceaniche delle portacontainer, la concorrenza si
basa quasi esclusivamente sull’efficienza dei servizi e sulla riduzione dei
costi. Se l’Italia vuole conservare nel proprio territorio la logistica del transhipment, deve rinunciare in questi porti alle tasse e
soprattasse di ancoraggio, come nei porti concorrenti della sponda africana.
·
Il rispetto
del principio basilare della libertà di impresa è anch’esso elemento fondamentale
per attrarre investimenti privati nelle infrastrutture e nelle iniziative
portuali. La legge 84/94 aveva raggiunto un delicato punto di equilibrio tra
opposte istanze imprenditoriali e sindacali sui delicati temi dell’utilizzo
della manodopera e delle esternalizzazioni, ma oggi i disegni di legge
presentati in Parlamento sembrano indicare un arretramento verso posizioni di
restaurazione di monopoli del passato. Qualsiasi passo indietro in quella
direzione sarebbe oggi devastante per le prospettive di sviluppo della nostra portualità. Le istanze imprenditoriali oggi spingerebbero
viceversa per ottenere la libertà, per il lavoro temporaneo, di attingere anche
nei porti alle agenzie di somministrazione di cui al D.LGV.
276/2003.
Sempre nella
logica della valorizzazione della libertà e del ruolo delle imprese nei porti
vanno respinte quelle proposte di ridurre nei Comitati Portuali il peso delle
categorie produttive a favore delle componenti pubbliche che verrebbero dotate
di una sorta di inaccettabile golden share, nonché
quelle proposte volte a sopprimere le Commissioni Consultive.