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Roma, 29 dicembre 2009
Circolare n.235/2009
Oggetto: Dogane – Made
in Italy – Circolare MISE 9.11.2009 – Nota Agenzia Dogane prot. n.155971
R.U. del 30.11.2009.
Com’è noto, in materia
di lotta alla contraffazione, dopo una breve fase transitoria in cui sono
stati posti a carico delle dogane speciali controlli sui marchi italiani,
è stata introdotta una normativa a tutela del Made
in Italy più in linea con la disciplina comunitaria (Legge n.166/2009
di conversione del decreto legge n.135/2009).
Le due circolari ministeriali
indicate in oggetto illustrano la nuova normativa. Si richiama in particolare
l’attenzione sulla nota dell’Agenzia delle Dogane laddove sottolinea come
le nuove disposizioni consentano di evitare le contestazioni da parte degli
uffici doganali per le fallaci indicazioni sull’origine dei prodotti, dal
momento che i titolari dei marchi possono integrare le informazioni sulla
effettiva origine della merce in fase di commercializzazione del prodotto.
Daniela
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Per riferimenti confronta circ.re conf.le n.161/2009 |
Responsabile
di Area |
Allegati due |
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D/d |
© CONFETRA – La riproduzione totale o parziale è
consentita esclusivamente alle organizzazioni aderenti alla |
-9 NOV. 2009
ALLE ORGANIZZAZIONI IMPRENDITORIALI e, p.c. ALLA AGENZIA DELLE DOGANE |
Circolare esplicativa sull'art. 4 comma 49-bis della legge 24 dicembre
2003, n. 350, come introdotto dall'art 16 del decreto legge 25 settembre 2009,
n. 135.
Premessa
La Legge 23 luglio 2009 n. 99, recante disposizioni
per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese nonché
in materia di energia, prevedeva, all'art. 17, comma
4, una norma dedicata specificatamente alla tutela del Made in Italy.
Detta norma, laddove considerava fallace
indicazione l'uso di marchi di aziende italiane
su prodotti o merci non originari dell'Italia senza l'indicazione precisa,
in caratteri evidenti del Paese o del luogo di fabbricazione o di produzione, ha dato luogo ad una serie di problemi interpretativi, in particolare di diritto transitorio,
che ne hanno reso problematica l'applicazione.
In conseguenza di ciò e nell'ottica della depenalizzazione degli elementi della fattispecie recati dalla
legge 23 luglio 2009 n. 99 che avevano integrato la previsione dell'articolo 4, comma
49 della legge 24 dicembre 2003, n.350, il legislatore ha tipizzato la fattispecie
di cui si tratta, introducendo uno specifico comma nella predetta norma (il comma 49-bis),abrogando
(con l'art. 16, comma 8, rubricato "Made in ltaly e prodotti interamente italiani",
del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti
per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia
delle Comunità europee) la disposizione introdotta dalla legge n. 99 del 2009 e definendo
positivamente i contorni della condotta richiesta al titolare o al licenziatario del marchio
al fine di informare correttamente il consumatore circa l'effettiva origine
del prodotto accompagnata dallo stesso.
Campo
di applicazione
Il nuova articolo 4, comma 49-bis (introdotta
dall'art.16, comma 6 del citato decreto
legge n.135/09), ha stabilito, sotto comminatoria di una. Sanzione amministrativa pecuniaria, la illiceità, sub specie di fallace indicazione, dell'
uso del marchio, da parte del titolare
o del licenziatario, qualora lo stessa avvenga con modalità tali da indurre
il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana,
ai sensi della normativa europea sull'origine.
Al riguardo, è fatto obbligo ai soggetti
interessatî, (titolari o licenziatari di marchi), di accompagnare
i prodotti o le merci alternativamente con:
-
indicazioni precise ed evidenti sull’origine o provenienza estera
o comunque sufficienti ad evitare
qualsiasi fraintendimento del consumatore sull'effettiva origine del prodotto;
-
un'attestazione, circa le informazioni -che gli stessi soggetti
renderanno in fase di commercializzazione - sulla
effettiva origine estera di prodotti o merci.
Modalità
applicative e adempimenti richiesti.
L'art. 17, comma 4, della legge 99/09 considerava
“fallace indicazione l'uso dei marchi
di aziende italiane su prodotti o merci non originari dell'Italia... senza
l’indicazione precisa,
in caratteri evidenti del Paese o del luogo di fabbricazione...”
L’art. 16 D.L. 135/09 ha abrogata la suddetta
disposizione, stabilendo che il prodotto o la merce sia accompagnata da "indicazioni
precise ed evidenti… o comunque sufficienti… ad evitare qualsiasi fraintendimento
del consumatore sull’effettiva origine del prodotto…”.
Da quanto precede si evince che la nuova
disposizione, eliminando il riferimento al Paese o al luogo di fabbricazione
a di produzione, di cui all’abrogato art. 17, comma 4, legge n.99/09 ed avendo
di mira una carretta informazione al consumatore, consente di accompagnare
il prodotto sul quale il marchio è apposto da una appendice informativa, escludendo
pertanto la fattispecie della fallace indicazione.
Tale appendice informativa (che, oltre ad
essere direttamente applicata sul prodotto a sulla confezione, nei casi concreti
può assumere anche le forme di cartellino o targhetta applicata allo stesso)
può concretizzarsi, a titola meramente esemplificativo, in una dalle seguenti
diciture:
- prodotto fabbricato in ........;
- prodotto fabbricato in Paesi extra Ue,
- prodotto di provenienza extra Ue;
- prodotto impartito da Paesi extra Ue;
- prodotto non fabbricato in Italia.
Rimane" quindi, impregiudicata la facoltà
per il titolare del marchio o il licenziatario di provvedere ad indicazioni
più puntuali circa l’origine a la provenienza del prodotto, sia esplicitando
anche il Paese di produzione o fabbricazione sia provvedendo alle indicazioni
suddette direttamente sul prodotto o la confezione, laddove sia possibile.
Nei casi in cui tali attività non fossero
materialmente possibili anteriormente alla fase della commercializzazione
(anche per ragioni dimensionali, produttive a distributive) il titolare o
il licenziatario del marchio può comunque far ricorso ad una specifica attestazione
(nella fase di transita presso gli umici doganali) il cui modello é allegato
alla presente circolare, con cui si impegna a rendere, in fase di commercializzazione,
le informazioni ai consumatori sull'effettiva origine estera del prodotto.
In tale
caso, si reputa necessario, al fine di evitare una disparità di trattamento
nei confronti di coloro che avessero optato per le diciture sopraindicate,
rendere, in detta attestazione, le "indicazioni
precise ed evidenti....o comunque sufficienti..." che si sostanziano
nelle diciture e modalità sopraindicate a titola esemplificativo.
L'Amministrazione deputata al ricevimento
delle attestazioni provvederà esclusivamente alla loro raccolta e alla messa
a disposizione dell'autorità competente al controllo.
Ulteriori indicazioni operative
La prescritta indicazione dell'origine non
italiana dei prodotti va inserita dove trovano abitualmente posto le indicazioni
sulla qualità e le caratteristiche dei prodotti stessi, in modo conforme alla
prassi del settore e alle abitudini dei consumatori dei prodotti considerati
(purché comunque in modo distinto dalle altre indicazioni), così da poter
essere percepita chiaramente dal pubblico.
Tale indicazione non dev'essere necessariamente
incorporata nel prodotto, ma può anche essere inserita in elementi amovibili
come hang-tags o similari,
anche aggiunti dopo l'importazione, dal momento che, per il rispetto della
norma, è considerato sufficiente che l'origine non italiana sia specificata
al consumatore in sede di commercializzazione, ciò dovendo in tal caso essere
dichiarato dal titolare o licenziatario del marchio all’atto dell'importazione.
La nuova norma non può trovare applicazione
ai prodotti che sono già nei negozi, e più in generale a quelli che sono già
stati realizzati e contrassegnati dal marchio prima della sua applicabilità
(10 novembre 2009). Tale circostanza potrà essere oggetto di autocertificazione.
I prodotti sottoposti a regimi sospensivi
e quelli immessi in libera pratica, ma non destinati al mercato italiano,
non rientrano nel campo di applicazione della normativa in commento, rimanendo
impregiudicata l'applicazione delle norme doganali in materia.
Ai prodotti
per i quali "il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento
sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano" sono riservate
l’indicazione "realizzato interamente in Italia", oppure "100%
made in Italy", "100%
Italia", "tutto italiano" e similari, come prescritto dall'art.
16 del decreto legge n.135/2009, ai commi da 1 a 4.
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Protocollo:
155971 R.U.
Rif.: 33281 R.I. del 12/11/2009
Allegati:
1
Indirizzi omessi
OGGETTO: Circolare esplicativa
del Ministero dello Sviluppo Economico prot. n. 124898 del 9/11/2009 sull’art.4
comma 49-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350, come introdotto dall’art.
16 del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135. Diramazione e ulteriori istruzioni.
Con la circolare n. 124898
del 9 novembre 2009 del Ministero dello Sviluppo Economico sono stati disposti
aggiornamenti e chiarimenti di taluni problemi interpretativi ed applicativi
legati alla più recente evoluzione della disciplina normativa sulla tutela
del made in Italy di cui al
decreto legge 25 settembre 2009,
n. 135 (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 223 del 25 settembre
2009), recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari
e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.
In proposito si ritiene
opportuno, contestualmente alla pubblicazione della legge di conversione
n. 166 del 20 novembre 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 274 del
24 novembre 2009 - Supplemento Ordinario n. 215, diramare la menzionata circolare
e fornire ulteriori indicazioni applicative in relazione alle disposizioni
recate dall’art. 16 del decreto legge 25 settembre 2009, n.135. Con tale innovazione
legislativa si precisa che, oltre che depenalizzare la fattispecie semplice
della fallace indicazione di origine, il legislatore ha voluto spostare più
a valle l’impianto di salvaguardia della tutela del made in Italy.
1. Made in Italy
Il made in Italy è stato
oggetto di tutela con numerosi interventi normativi e giurisprudenziali finalizzati
ad una più precisa regolamentazione degli obblighi in capo ai soggetti economici.
L’art. 4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 ha riscritto
la disciplina dell’etichettatura sull’origine delle merci prevedendo che «l’importazione
e l’esportazione ai fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione
di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza costituisce
reato ed è punita ai sensi dell’articolo 517 del c.p.». Con circolare n. 20/D
del 13 maggio 2005 e nota prot. 2704 del 9 agosto 2005 questa Direzione aveva
chiarito la portata delle due fattispecie di reato di falsa e fallace indicazione
di provenienza e di origine, sia in importazione che in esportazione, prevedendo,
nelle ipotesi in cui l’indicazione della denominazione e della sede dell’azienda
possa ingenerare dubbi circa la sussistenza della seconda fattispecie di reato,
di apporre la chiara indicazione “importato da: [nome e sede dell’impresa]” sull’etichetta che accompagna
la merce di origine non preferenziale terza.
Con l’art. 17, comma 4, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante
disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese nonché
in materia di energia, l’art. 4, comma 49, della legge 350 del 2003, era stato
integrato con una disciplina specifica per la tutela del made in Italy che aveva tipizzato una
fattispecie di fallace indicazione di provenienza o di origine caratterizzata
dall’«uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari
dell’Italia ai sensi della normativa europea sull’origine senza l’indicazione
precisa, in caratteri evidenti, del loro Paese o del loro luogo di fabbricazione
o di produzione, o altra indicazione sufficiente ad evitare qualsiasi errore
sulla loro effettiva origine estera». Tale disposizione è stata abrogata dall’art.
16, comma 8, del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135. Con nota prot.
129830/RU del 29 settembre 2009 dell’Area Centrale
Verifiche e Controlli, questa Agenzia ha chiarito che le specifiche direttive
ed istruzioni di carattere transitorio che nel frattempo erano state fornite
dalla medesima Area Centrale con note prott. 110635/RU dell’11 agosto 2009
e 111601/RU del 13 agosto 2009, alla luce della intervenuta abrogazione dell’art.
17, comma 4, non trovavano più applicazione a partire dalla data di entrata
in vigore del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135 (26 settembre 2009).(1)
Attualmente, pertanto,
il quadro normativo di riferimento in materia di tutela delle corrette indicazioni
di origine e provenienza è dato dalla preesistente disciplina recata dall’art.
4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, come integrato dall’art.16
del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135. Le integrazioni, afferenti in
particolare all’uso del marchio, potranno avere effetti rilevanti nel contrasto
ai fenomeni di fallace indicazione di origine riducendo fortemente, a nostro
avviso, la contestazione in dogana di tali illeciti. L’art. 16, comma 6,
del
D.L. 135/2009 convertito in L. 2009/166 ha infatti introdotto uno specifico comma 49-bis,
dopo il comma 49 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n.
350. Il
comma 49-bis stabilisce che «costituisce fallace indicazione l’uso del marchio,
da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il
consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana
ai sensi della normativa europea sull’origine, senza che gli stessi siano
accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull’origine o provenienza
estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore
sull’effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione,
resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni
che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva
origine estera del prodotto. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000».
Come evidenziato nella
circolare n. 124898 del 9.11.09 del Ministero dello Sviluppo Economico, la
nuova disposizione ha:
- eliminato il riferimento
al Paese o al luogo di fabbricazione o di produzione, di cui all’abrogato
art. 17, comma 4, della legge 23 luglio 2009, n. 99;
- previsto, in difetto,
la comminatoria di una sanzione amministrativa da euro
10.000 ad euro 250.000 in caso di violazione;
- consentito, nel caso
in cui il marchio possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto
sia di origine italiana, di accompagnare il prodotto sul quale il marchio
è apposto con una appendice informativa sulla effettiva origine, escludendo
in tal modo la fattispecie della fallace indicazione;
- permesso altresì di evitare la contestazione
in dogana di tale fattispecie di fallace indicazione, fornendo all’ufficio
doganale di controllo una attestazione del titolare o licenziatario
del marchio che le informazioni sulla effettiva origine della merce saranno
fornite in fase di commercializzazione.
Dalle precisazioni fornite dalla competente Amministrazione
si evince, pertanto, che l’appendice informativa debba sempre accompagnare
i prodotti sui quali è apposto il marchio (registrato e non) che possa indurre
il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia italiana, ai sensi
della normativa europea sull’origine, necessitando invece una condotta caratterizzata
da ulteriori artifizi o raggiri (quid pluris) per integrare l’ipotesi
di uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina
sulle pratiche commerciali ingannevoli (quali, ad esempio, quelle indicate
dalla direttiva 2005/29/CE dell’11.05.05), avente rilevanza penale (art. 4,
comma 49, ultima parte, primo periodo).
Appendice informativa
Si riportano qui di seguito le diciture,
indicate a titolo meramente esemplificativo nella predetta circolare, nelle
quali può concretizzarsi l’appendice informativa, restando impregiudicata
la facoltà per il titolare del marchio o il licenziatario di provvedere
ad indicazioni più puntuali circa l’origine o la provenienza del prodotto,
sia esplicitando anche il Paese di fabbricazione o di produzione sia provvedendo
all’apposizione delle diciture direttamente sul prodotto
o sulla confezione,
laddove sia possibile.
- Prodotto fabbricato
in …;
- Prodotto fabbricato
in Paesi extra Ue;
- Prodotto di
provenienza extra Ue;
- Prodotto importato
da Paesi extra Ue;
- Prodotto non
fabbricato in Italia.
Oltre alle predette diciture continua ad avere rilevanza anche la dicitura
“importato da: [nome e sede dell’impresa]”,
prevista dalla richiamata nota prot. 2704 del 9 agosto 2005.
Attestazione ex articolo 4, comma 49-bis, L. 350/2003
Nel caso in cui tali attività informative non fossero materialmente realizzabili
prima della fase della commercializzazione del prodotto, come ad esempio all’atto
della sua immissione in libera pratica o in consumo, il titolare del marchio
o il licenziatario potrà comunque, al momento della sua presentazione in dogana,
far ricorso ad una specifica attestazione, il cui modello è allegato
alla circolare n. 124898 del Ministero dello Sviluppo Economico, con cui si
impegna a rendere, in fase di commercializzazione, le informazioni ai consumatori
sull’effettiva origine estera del prodotto. Al fine di evitare una disparità
di trattamento nei confronti di coloro che avessero optato per le diciture
sopraindicate l’attestazione dovrà riportare “indicazioni precise ed evidenti … o comunque sufficienti ..” che
si sostanziano nelle diciture e modalità sopraindicate a titolo esemplificativo.
Si fa riserva all’esito della consultazione con i competenti organi del
Ministero dello Sviluppo Economico di eventuali ulteriori istruzioni sull’individuazione
dell’«autorità competente al controllo» alla quale l’Amministrazione doganale
inoltrerà le attestazioni ex articolo 4, comma 49-bis, L. 350/2003 allegate
alle dichiarazioni doganali.
Ulteriori indicazioni operative
Il Ministero dello Sviluppo Economico ha chiarito che la prescritta indicazione
dell’origine non preferenziale estera dei prodotti commercializzati sul territorio
nazionale va inserita dove trovano abitualmente posto le indicazioni sulla
qualità e le caratteristiche dei prodotti stessi, secondo la prassi del settore
e le abitudini dei consumatori. «Tale indicazione non deve essere necessariamente
incorporata nel prodotto ma può anche essere inserita in elementi amovibili
come hang-tags e similari,
anche aggiunti dopo l’importazione, dal momento che, per il rispetto della
nuova norma, è considerato sufficiente che l’origine non italiana sia specificata
al consumatore in sede di commercializzazione, ciò dovendo in tal caso essere
dichiarato dal titolare o licenziatario del marchio all’atto dell’importazione».
La circolare n. 124898 precisa inoltre che la disciplina di cui all'articolo
4, comma 49-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 non può trovare applicazione
ai prodotti che sono già nei negozi, e più in generale a quelli che sono già
stati realizzati e contrassegnati dal marchio prima della sua applicabilità
(10 novembre 2009) e che tale circostanza potrà esser oggetto di autocertificazione.
In proposito, potrà essere utilizzato il medesimo schema di attestazione allegato
alla predetta circolare, opportunamente integrato con tale specifica dichiarazione,
resa sempre ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 445/2000.
Il Ministero dello Sviluppo Economico ha poi indicato che i prodotti
sottoposti a regimi sospensivi e quelli immessi in libera pratica, ma non
destinati al mercato italiano, non rientrano nel campo di applicazione della
normativa in commento, rimanendo impregiudicata l’applicazione delle norme
doganali in materia. Ciò significa che se tali prodotti recassero indicazioni
fallaci, ancorché destinati in altri paesi comunitari, sarebbero sottoposti
alle sanzioni penali previste dall’art. 4, comma 49, della legge n.
350/2003 (sequestro e comunicazione di notizia di reato all’A.G.). In proposito,
va precisato che – pur avendo la portata delle norme in commento effetto sul
territorio nazionale – le fattispecie di cui al comma 49 sono integrate anche
all’atto della immissione in libera pratica e, per quanto riguarda i regimi
sospensivi di cui all’art. 84, comma 1, del Reg. (CEE) n. 2913/92, occorrerà
verificare, all’atto del loro appuramento, la destinazione finale conferita
alla merce. Restano peraltro applicabili, in presenza delle relative condizioni,
le disposizioni recate dall’Accordo di Madrid del 1891 sulla repressione delle
false o ingannevoli indicazioni di provenienza, riveduto a Lisbona il 31 ottobre
1958 e recepito nell’ordinamento nazionale dalla legge n. 676/67.
2. Full made in Italy
Si fa riferimento al testo dell’art. 16 sul made in Italy e prodotti interamente italiani,
commi da 1 a 4, del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, che circostanziano
una fattispecie di made in Italy in cui il prodotto sia accompagnato da un’indicazione
di vendita idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione che esso sia
«realizzato interamente in Italia».(2)
Per chiarire la portata applicativa della norma, con particolare riferimento
a tale tipologia rafforzata di made in Italy, si precisa innanzitutto che
il titolo dell’art. 16 presuppone l’esistenza delle due fattispecie: quella
del made in Italy semplice che qualifica le merci di origine italiana ai sensi
della normativa europea sull’origine; l’altra riguardante un full made in
Italy, attribuibile a merci interamente ottenute sul territorio italiano a
seguito delle fasi di lavorazione tassativamente prescritte dal comma 1. Esempi
della prima categoria sono le merci indicate nelle ex voci degli allegati
10 e 11 del Regolamento (CEE) n. 2454/93 che elenca le lavorazioni o trasformazioni
alle quali devono essere sottoposti i materiali non originari affinché il
prodotto finito possa acquisire l’origine non preferenziale Italia. Nella
stessa categoria rientrano le merci indicate nelle ex voci dell’allegato 15
del medesimo Regolamento che, a seguito delle operazioni ivi descritte, acquisiscono
l’origine preferenziale Italia. Tali prodotti possono recare la semplice dicitura
made in Italy perché la norma comunitaria prescrive una o alcune delle operazioni
di lavorazione o trasformazione di cui ai citati allegati, al fine del conferimento
dell’origine italiana (rispettivamente non preferenziale e preferenziale),
ma ovviamente non fa l’elencazione tassativa delle fasi di cui all’art. 163.
(3) Esempi della seconda categoria sono le merci
le cui quattro fasi di lavorazione, corrispondendo alle condizioni prescritte
dall’art. 16, comma 1 ed essendo compiute esclusivamente sul territorio italiano,
sono idonee ad attribuire il full made in Italy.
Materiali non originari di varia provenienza
Nel caso in cui un prodotto fabbricato in Italia contenga elementi di
varia provenienza e origine, ove l’incidenza in termini di rapporti percentuali
di materiale originario, di valore aggiunto, di lavorazione, trasformazione
o processo produttivo attribuibili all’Italia sia idonea a conferire l’origine
italiana (made in Italy) perché
superiore ai rispettivi rapporti relativi alle componenti estere, si applica
la comune normativa europea sull’origine di cui ai citati allegati 10 e 11
(origine non preferenziale) e 15 (origine preferenziale) del Regolamento (CEE)
n. 2454/93. Va da sé che anche in questa ipotesi di utilizzo di materiali
non originari di varia provenienza il prodotto finito sarà considerato «realizzato
interamente in Italia» se abbia l’origine italiana ai sensi delle citate regole
di lista e se il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento
siano compiuti esclusivamente sul territorio italiano.
Indicazione dell’origine dei prodotti esportati
La norma dell’art. 16 a tutela del made in Italy e prodotti interamente italiani si applica anche
quando i beni realizzati interamente in Italia sono destinati a un paese extracomunitario.
Finalità della norma in questione è, ancora una volta, quella di contribuire
a tutelare il made in Italy impedendo la commercializzazione di prodotti in cui
scritte, segni o figure inducano la fallace convinzione che un prodotto indicato
come «100% made in Italy», «100% Italia», «tutto italiano» sia stato manifatturato
in Italia mentre lo stesso è stato realizzato in un paese terzo. Tale esigenza
prescinde dalla circostanza che il consumatore finale sia un cittadino italiano
o straniero. Il comma 2 dell’art. 16 stabilisce altresì che con uno o più
decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri
delle politiche agricole alimentari e forestali, per le politiche europee
e per la semplificazione normativa, possono essere definite le modalità di
applicazione del comma 1. Per quanto riguarda il full made in Italy, il Ministero dello Sviluppo Economico con la
circolare n. 124898 ha chiarito che ai prodotti per i quali il disegno, la
progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti esclusivamente
sul territorio italiano sono riservate l’indicazione «realizzato interamente
in Italia», oppure «100% made in Italy», «100% Italia», «tutto italiano» e
similari, come prescritto dall’art. 16, ai commi da 1 a 4.
Indicazione dell’origine sulla confezione
Il comma 3 dell’art. 16 prescrive che, ai fini dell'applicazione del
comma 4, per uso dell'indicazione di vendita si intende la sua utilizzazione
a fini di comunicazione commerciale ovvero l'apposizione della stessa non
solo sul prodotto ma anche sulla «confezione di vendita». Sia il prodotto
che la confezione di vendita potranno perciò riportare un’indicazione di vendita
quale «100% made in Italy», «100% Italia», «tutto italiano» a condizione che
il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento del prodotto
siano compiuti esclusivamente sul territorio italiano.
*
* *
Si coglie l’occasione della diffusione della circolare n. 124898 del
Ministero dello Sviluppo Economico per rispondere con la presente nota ai
problemi applicativi già segnalati dagli uffici doganali responsabili della
tutela del made in Italy e
chiarire la portata ermeneutica della suddetta disciplina come già chiesto
da taluni operatori economici nazionali.
Si richiamano, infine, le diposizioni
inerenti le attività di controllo nel settore in esame fin qui fornite con
le linee guida annuali e con le altre direttive emanate dalle Strutture Centrali
Antifrode e Controlli.
Il
Direttore Centrale
Ing. Walter De Santis
(firma
autografa sostituita a mezzo stampa ai sensi dell’art.3,comma 2 del decreto
L.gs. n°39/1993)
(1) Per chiarire gli aspetti applicativi delle disposizioni recate dall’art. 17, comma 4, della legge 23 luglio 2009, n. 99 l’Agenzia delle Dogane con le menzionate note prott. 110635/RU dell’11 agosto 2009 e 111601/RU del 13 agosto 2009 aveva chiarito i casi riguardanti il trattamento delle merci viaggianti la cui produzione era stata conclusa – su ordine del committente / acquirente – anteriormente all’entrata in vigore del novellato art. 4 comma 49, legge 350 del 2003 ed il cui ingresso nel territorio doganale comunitario avveniva attraverso una dogana nazionale successivamente al 15 agosto 2009 (data dell’entrata in vigore della legge 23 luglio 2009, n. 99). |
(2)
Il comma 1 dell’art. 16 recita: «si intende realizzato interamente in
Italia il prodotto o la merce, classificabile come made in Italy ai sensi
della normativa vigente, e per il quale il disegno, la progettazione,
la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul
territorio italiano». |
(3)
Nel caso dell’origine non preferenziale le regole per il conferimento
dell’origine, le cd. regole di lista, riprese negli allegati 10
e 11 del Regolamento (CEE) n. 2454/93 riportano per taluni prodotti la
descrizione delle lavorazioni che permettono al prodotto finito (per la
cui produzione sono utilizzati materiali aventi origine diversa) di acquisire
l’origine del paese dove è avvenuta la trasformazione considerata sostanziale.
Nel caso dell’origine preferenziale, che conferisce benefici tariffari
determinati (ingresso ad un’aliquota del dazio ridotta o nulla) sui beni
oggetto di scambio tra i paesi che hanno firmato accordi preferenziali,
occorre fare riferimento alle regole di lista fissate da tali accordi
siglati dalla Comunità europea con i singoli paesi o gruppi di paesi extracomunitari
beneficiari ovvero dalla stessa concesse unilateralmente.
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