Venerdì, 29 Marzo 2024

IMPRESE UNITE SU TAV E MANOVRA

Martedì 4 DICEMBRE 2018

Imprese unite su Tav e manovra
Boccia: la pazienza è al limite
La trattativa con l’Europa. Il presidente di Confindustria: «Conte chiami i due vicepremier per togliere 2 miliardi l’uno ed evitare la procedura d’infrazione. Se rifiutassero, mi dimetterei»
Nicoletta Picchio
Torino

Tremila imprenditori in sala, alle Officine Grandi Riparazioni, fabbrica storica torinese dove si riparavano i treni. E soprattutto per la prima volta 12 associazioni, insieme: Confindustria accanto a commercianti, artigiani e cooperative, che rappresentano circa 3 milioni di aziende, il 65% della ricchezza nazionale, l’80% dell’export, oltre 13 milioni di addetti. Da Torino arriva la protesta del mondo della produzione: bisogna aprire i cantieri, delle grandi e piccole opere, per far crescere l’Italia, collegarla all’Europa e al mondo, creare posti di lavoro. «Tre messaggi: sì alla Tav, sì alle infrastrutture, sì alla crescita», ha detto Vincenzo Boccia, entrando alle Ogr. «Un segnale forte al governo perché recuperi senso del limite e della sostenibilità della manovra. Siamo contro questa manovra che non ha nulla per la crescita», ha continuato il presidente di Confindustria. La politica ieri non c’era a Torino, per mantenere neutralità dell’evento. E non si è formato un partito del Pil: «ce ne sono già troppi, non ci mettiamo anche noi. Siamo i protagonisti dell’economia reale, che aprono le imprese la mattina, con coraggio, e rischiano, pagano i mutui e si preoccupano dello spread», ha commentato Boccia. Una stato d’animo condiviso da tutto il mondo produttivo: «la compattezza – ha continuato il presidente di Confindustria – sta a significare che esiste una criticità oggettiva, farebbe bene il governo a chiedersi perché. Se siamo qui, mettendo insieme 12 associazioni alcune in concorrenza tra loro, è perché la nostra pazienza è al limite. Non ci interessa fare l’opposizione all’esecutivo, non è nostro compito. Il mondo della produzione sa che non può più stare zitto e lanciamo un allarme: senza crescita rischiamo i finire dentro un’altra recessione». Si al confronto, ma la politica «non deve cercare alibi, questa stagione è finita. Chi è contro l’industria è contro il paese».
Sono tutti seduti sul palco i 12 presidenti di Confindustria, Ance, Confcommercio, Confesercenti, Confapi, Casartigiani, Cna, Confagricoltura, Legacoop, Agci, Confcooperative, Confartigianato. Alla fine del dibattito, la firma del Manifesto “Infrastrutture per lo sviluppo. Tav, l’Italia in Europa” sottoscritto anche da Confetra, Claai e Federazione del Mare. Per dire sì al rilancio delle grandi infrastrutture, strategiche europee, sì al futuro, allo sviluppo e alla crescita sostenibile. Obiettivi, scritti in maiuscolo, esplicitati in una serie di punti, sostenuti dai numeri. Vanno realizzati i Corridoi europei, sarebbe «inconcepibile» fermare i cantieri, nell’integrazione Ue si sviluppa quasi il 60% dell’export e dell’import italiano, cioè quasi 500 miliardi di euro su 850 che attraversano le Alpi. In particolare sulla Tav, se l’opera non si realizzasse il trasporto merci, che quota 205 miliardi di euro, di cui 81 solo con la Francia, sarebbe più costoso; con la Tav il transito stradale si ridurrebbe di quasi un milione di veicoli pesanti al 2030; completarla costerebbe meno che fermarla, per la restrizione dei finanziamenti e rescissione dei contratti.
La vera posta in gioco, sulla Tav, sulle altre grandi opere strategiche, su tutti i cantieri è «una grande opportunità di crescita del paese, una leva per la trasformazione economica e sociale per aumentare lo sviluppo e garantire il benessere delle future generazioni». Applaudono spesso gli imprenditori in platea, per Confindustria il consiglio generale, i presidenti di territoriali e categorie, dei gruppi tecnici, l’Advisory Board, i comitati investitori esteri. Domani ci sarà un incontro sulla Tav a Palazzo Chigi: «il governo ha convocato i vertici locali. Questo la dice lunga sulla valutazione localistica che fanno di questa opera. Invece ha una portata nazionale» sottolinea Boccia. Se la Tav si fermasse, ha aggiunto, bisognerebbe restituire 1 miliardo di finanziamenti, non si creerebbero 50mila posti di lavoro: «motivi scientifici, non hanno a che fare con le ideologie». Il governo, ha continuato Boccia, ha davanti un’emergenza, che è la procedura di infrazione europea, e una questione strategica che è la crescita. «Non si può crescere chiudendo i cantieri, depotenziando Industria 4.0 e non pagando 65 miliardi di debiti della Pa alle imprese» ha continuato Boccia. Che ha aggiunto: «ho una promessa a Di Maio: se ci convoca tutti e 12 non lo contaminiamo; un consiglio per Salvini, che ha preso molti voti al Nord, di pensare allo spread che preoccupa le imprese; un contributo al premier: questa manovra vale 41 miliardi, con 4 miliardi evitiamo la procedura di infrazione. Fossi in Conte chiamerei i due vice premier per dire di togliere 2 miliardi l’uno. Se qualcuno rifiutasse mi dimetterei e lo denuncerei all’opinione pubblica».